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Analisi e interpretazione dei risultati Sostenere le madri non basta: la ne cessità di un approccio integrato

A multiple case study Marta Bertagnoll

5. Analisi e interpretazione dei risultati Sostenere le madri non basta: la ne cessità di un approccio integrato

Nel presente paragrafo verranno presentati alcuni dati generali emersi dallo studio di caso multiplo; quelli che seguono sono tuttavia dei risultati necessa- riamente di carattere provvisorio, in quanto frutto di un’analisi ancora incom- pleta e parziale.

Risulta interessante soffermarsi innanzitutto sulle modalità con cui i pro- getti in questione hanno scelto di affrontare il tema della genitorialità a di- stanza. Fondamentale per l’avvio di un lavoro sulla maternità con le lavoratrici della cura, appare l’aver precedentemente instaurato un rapporto di fiducia. Quest’ultimo in genere ha bisogno di tempo per rafforzarsi e di un legame in- terpersonale avviato su un ambito che a differenza della maternità a distanza – risulti minor fonte di sofferenza. Nel caso del progetto Madreperla, ad esem- pio, è stata importante la scelta di collocare “carezze al telefono-madri da lon-

tano” presso il Punto di Incontro Madreperla, uno spazio già funzionante nella

città di Reggio Emilia, destinato alle donne migranti provenienti dall’Europa dell’Est. Imprescindibile appare, infatti, il rapporto di fiducia precedentemente instaurato tra il coordinamento e le donne migranti, così come la scelta rica-

duta su questo spazio già conosciuto e da molte vissuto come una vera e pro- pria casa per il tempo libero. Ne è consapevole la coordinatrice del progetto che a questo proposito sottolinea il faticoso percorso finalizzato a costruire un rapporto di fiducia con le donne, favorito e consolidato anche da un lavoro di intervento su molteplici aspetti, quali la socializzazione, gli aspetti culturali, lo svago; mirato inizialmente al soddisfacimento di bisogni ritenuti prioritari e più facilmente esprimibili da parte delle donne che frequentano lo spazio:

«abbiamo lavorato su tanti aspetti prima di arrivare a quello [sostegno genitorialità a distanza] [..] Sì, eravamo già amici..non so come dire, perché se andavamo direttamente su quello la risposta sarebbe stata: – “Non ne ho bisogno, sono a posto grazie!» (Coordinatrice Punto di Incontro Madreperla, Reggio Emilia).

Si tratta di un aspetto che viene sottolineato e valorizzato anche da una delle psicologhe che hanno lavorato al progetto “carezze al telefono”:

«[...] eravamo all’interno del loro ambito, sì poi facevano un thè e sta- vamo lì in un ambiente informale, il fatto che quel luogo fosse un posto di fiducia, che già conoscevano è stato fondamentale» (Psicologa 1 “Carezze al telefono – madri da lontano”, Reggio Emilia).

Emerge, dunque, la necessità di tempi distesi, spazi accoglienti e di un la- voro di collaborazione su altri fronti prima di toccare terreni più delicati e complessi come la maternità a distanza che, come già visto, può diventare og- getto di accuse e stigma sociale, costituendo in molti casi un’esperienza ac- compagnata da vissuti di colpa, vergogna e profondo dolore. L’attenzione progettuale, quindi, sembra vada rivolta alle donne migranti intervenendo at- traverso una presa in carico globale della persona e orientata a un benessere olistico23. Una direzione senz’altro intrapresa dal progetto attuato da Soleterre,

dove il lavoro è stato portato avanti sulla base di approccio integrato e tran- snazionale. Una metodologia che implica la presenza di un’équipe di lavoro composita, formata da mediatrice, psicologa, counseler e consulente legale, dove è quest’ultima a fungere da primo “aggancio”:

23 Iavarone (2008) fa riferimento al modello del “pentagono del benessere” (American Journal

of Health Promotion, 2005) composto da benessere emotivo, sociale, intellettuale, spirituale,

«l’aggancio era legale, perché altrimenti non sarebbero mai arrivate, quindi da un aggancio di tipo pratico si proponeva poi un accompa- gnamento più completo [...] la legale aveva già esperienza e quindi in- sieme avevamo visto quali erano le problematiche che emergevano man mano che portavi avanti la pratica e quindi abbiamo cercato un metodo di lavoro di squadra anche con una psicologa […] ma non si faceva un supporto di tipo psicoterapeutico, era un accompagnamento psicologico che in alcuni casi poteva durare 4-5 incontri, in altri invece l’abbiamo dovuto fare anche per anni […] poi c’era una mediatrice nello staff, era lei ad incontrare per prima le donne [..] la sua compe- tenza l’abbiamo declinata non tanto sulla competenza culturale-lin- guistica, ma appunto la sua capacità di mediazione, di conoscenza dell’esperienza migratoria» (Coordinatrice Centro Migranti Soleterre, Milano).

Nei pochi stralci di intervista sin qui proposti sono numerose le espressioni – quali “eravamo già amici”, “posto di fiducia”, “informalità”, “accompagna-

mento più completo”, “lavoro di squadra”; “accompagnamento psicologico”; “pro- blematiche che emergono man a mano”; “capacità di mediazione”; “conoscenza dell’esperienza migratoria” – che sembrano rimandare a una concettualizzazione

del sostegno alla genitorialità intesa come un processo, l’esito di un percorso di accompagnamento costruito sulla base di un rapporto di fiducia reciproco. Si tratta di elementi condivisi dall’impostazione di molti servizi educativi di sostegno alla genitorialità (Milani, 2009); nel caso dei progetti analizzati inoltre è forte la linea di demarcazione posta tra il lavoro portato avanti e un modello prestazionale, ritenuto del tutto inefficace:

«È con il tempo che riesci a costruire una relazione e forse dopo puoi dare un aiuto, non è la prestazione..Per cui per me, so che sembra ri- duttivo però molto parte dallo spazio e dal tempo che gli offri» (Psi- cologa 2, Carezze al telefono – Madri da lontano, Reggio Emilia). «[...] un servizio che non è solo erogazione semplice di una compila- zione, di un kit, di una prestazione, ma quello che è la presa in carico globale di una persona» (Mediatrice culturale Soleterre, Milano).

Una presa in carico capace di favorire l’instaurarsi di un rapporto di fiducia, necessario al complesso lavoro di sostegno della genitorialità, sembra un aspetto che è mancato invece al terzo progetto analizzato, Te Iubeşte mama.

Quest’ultimo infatti, nonostante il tentativo di rispondere a un bisogno con- creto delle madri migranti, quale l’agevolazione della comunicazione a di-

stanza, è riuscito a coinvolgere e “agganciare” le donne migranti solo in modo parziale.

Considerazioni conclusive

In questo contributo è stato affrontato il tema del sostegno alla genitorialità per le famiglie che vivono divise dai confini, caratterizzate dalle migrazioni materne verso l’estero. Una delle molteplici sfide che i fenomeni globali odierni pongono agli studi pedagogici e sociali sembra riguardare anche una nuova frontiera della genitorialità e il riconoscimento delle famiglie transnazionali come soggetti delle politiche e potenziali destinatarie di progetti socio-educa- tivi. Questo è particolarmente vero e auspicabile per l’Italia, uno dei paesi d’Europa con la maggiore necessità di lavoratrici domestiche straniere per la cura e l’assistenza delle persone anziane. Siamo di fronte a un fenomeno com- plesso, dalla dubbia sostenibilità ed eticità, che lungi dall’esaurirsi nei prossimi decenni si presume andrà rafforzandosi, in corrispondenza con l’indice di vec- chiaia stimato dall’Istat24. La linea di ricerca intrapresa, l’aver cura di chi cura,

attraverso il sostegno alla genitorialità a distanza ha promosso il riconoscimento della dimensione familiare implicita nel progetto migratorio, dando spazio anche all’ambito di realizzazione personale delle donne migranti. I dati generali emersi dallo studio di caso multiplo sembrano mettere in evidenza l’efficacia di una progettazione capace di prendere in carico la persona – e non solo il suo problema – e di mirare alla realizzazione di un benessere integrato.

Infine non sorprende più di tanto – ma dovrebbe far riflettere e dibattere – la chiusura dei progetti in questione e quindi l’abbandono di un tale ambito di intervento socio-educativo, di carattere sostanzialmente preventivo e poco soggetto alle logiche dell’accountability, che una gestione “emergenziale” della spesa sociale e in particolare l’attuale “crisi” dei migranti hanno contribuito progressivamente a mettere in ombra.

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