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Innovative strategies for initial teacher training Elif Gülbay

1. Quadro teorico

L’ultimo studio OCSE (2015) sul rapporto tra competenze digitali e appren- dimenti degli studenti ha posto in primo piano l’importanza della consapevo- lezza dei docenti nell’uso delle ICT a scuola, rivelando come sia necessaria un’alfabetizzazione digitale come base non solo delle conoscenze informatiche ma anche delle competenze orientate all’innovazione della pratica didattica.

A questa indicazione dell’OCSE si può rispondere con la flipped classroom durante gli studi preparatori all’esercizio della professione docente. La dimen- sione progettuale è ancora carente nella professionalità docente in quanto, pur progettando e riprogettando ogni giorno, sperimentando nuovi modi di inse- gnare, usando le tecnologie per realizzare ambienti didattici più adeguati per

i propri studenti, le “scoperte” degli insegnanti rimangono spesso relegate a contesti locali, non essendo discusse e condivise con i colleghi e con esperti di didattica.

Attraverso un processo di documentazione e comunicazione delle proprie attività, gli insegnanti potrebbero invece sviluppare collettivamente la dimen- sione professionale della progettualità.

Dalla letteratura internazionale emerge l’urgenza di sviluppare comporta- menti e strategie che siano in grado di facilitare l’apprendimento: la motiva- zione verso i saperi, la capacità di rapportarsi con gli altri, l’attitudine ad analizzare i processi cognitivi per renderli sempre più consapevoli ed efficaci. È stato ampiamente dimostrato che l’apprendimento responsabile migliora il rendimento degli studenti (Hake, 1998; Knight & Wood, 2005; Michael, 2006; Freeman et al., 2007; Chaplin, 2009); aumenta il coinvolgimento degli studenti e migliora il pensiero critico; migliora inoltre l’atteggiamento degli studenti, la loro capacità di interagire e cooperare (O’Dowd & Aguilar-Roca, 2009; Akinoglu & Tandogan, 2006).

La letteratura sulla didattica universitaria sta inoltre progressivamente di- ventando un settore con contributi internazionali numerosi e consistenti, che merita quindi un adeguato approfondimento. Questi si focalizzano, per esem- pio, sulle rappresentazioni dell’insegnamento che hanno docenti e studenti, sulla pianificazione, organizzazione e gestione degli aspetti comunicativo-re- lazionali delle lezioni, sulle strategie motivazionali, sull’efficacia dell’impiego di strumenti multimediali, sui modelli di valutazione degli apprendimenti e sugli effetti conseguenti rilevabili negli studenti.

I brevi cenni alla letteratura riportati evidenziano alcuni temi chiave da approfondire per predisporre gli interventi di formazione.

L’università si trova di fronte una domanda di formazione del tutto diversa da quella abituale, in uno scenario caratterizzato da un mercato del lavoro in cui è necessario porre al centro dell’attenzione principalmente il valore dei sa- peri e delle competenze all’interno dei contesti organizzativi e sociali.

La proposta della didattica capovolta nasce dalla necessità di adeguare il sistema formativo universitario alle nuove esigenze educative, proponendo at- tività più coinvolgenti, in modalità blended, come esercitazioni, casi di studio e laboratori che si adattano in modo flessibile alle capacità di ciascun studente (Gulbay, La Marca & Longo, 2016).

La flipped classroom è un ribaltamento del tradizionale metodo didattico: ciò che veniva fatto in aula e a casa viene capovolto (Franchini, 2014; Longo, 2017).

L’aula capovolta è considerata un cambiamento intenzionale nel modo di svolgere la didattica universitaria, che consente agli studenti di essere al centro

del proprio apprendimento (Bergmann & Sams, 2011). Con la flipped gli stu- denti – da soli o in gruppo, e ognuno nel rispetto dei propri tempi – hanno modo di realizzare delle esperienze di apprendimento responsabile (Gencer, Gurbulak & Adiguzel, 2014). Quando lo studente sa perché sta studiando, è libero di affrontare lo studio coi propri tempi e modi, si sente spinto ad espri- mere le proprie idee, nella consapevolezza di stare facendo un lavoro utile per sé e per gli altri (La Marca & Longo, 2016; Gulbay & La Marca, 2016; Gulbay & Longo, 2016).

La letteratura mette in luce anche l’opportunità di avviare interventi che tengano in considerazione attentamente aspetti affettivi rilevanti per l’appren- dimento, come la motivazione, l’autostima e l’attribuzione causale (Winne & Hadwin 2008).

Queste caratteristiche si trovano in un approccio flipped che permette di lavorare in piccolo gruppo di pari un contesto favorevole di sviluppo, se l’inse- gnamento è a dato a un docente motivante ed esperto di mediazione.

Il modello d’intervento che proponiamo prevede dunque la strutturazione di una didattica preferibilmente laboratoriale, volta ad effettuare speciche sti- molazioni cognitive e motivazionali, e a fornire agli studenti un significativo supporto sociale ed emotivo del docente e dei pari (Kearney, Smith & Maika, 2014).

Con la flipped si crea online un ambiente cooperativo di condivisione delle informazioni, delle domande e delle risposte per i lavori di gruppo (Kong, 2014); vi è una maggiore soddisfazione negli studenti (Roach, 2014; Jacot et al., 2014) a cui si potrebbe agganciare la correlazione studiata tra agio in aula (in questo caso l’aula universitaria è fusa con tutto l’ambiente mediatico digi- tale a portata degli studenti) e resa accademica.

Non sembra tuttavia esistere ancora una letteratura scientifica sufficiente per attestare la miglior resa degli studenti nella flipped classroom rispetto alla modalità didattica tradizionale nell’università (O’Flaherty & Craig, 2015; Fin- dlay- Thompson & Mombourquette, 2014), così come non c’era per le pre- cedenti forme di e-learning.

In ogni caso, dalle prime esperienze internazionali emergono sia importanti linee guida per ottimizzare la flipped classroom sia alcuni suoi limiti, che più o meno rimangono gli stessi dell’e-learning classico; diverse però sono le possibili soluzioni offerte dalla natura stessa della classe capovolta.

2. Metodologia

Le ricerche che abbiamo analizzato mettono in luce fattori che possono essere introdotti in un modello complesso d’intervento, supponendo che diventino fat-tori e caci sugli esiti. Non si tratta di aderire in maniera acritica alla ricerca di principi generali per la didattica, ma di utilizzare la best evidence synthesis rea- lizzata sulla letteratura di ricerca (con l’integrazione tra esiti di meta-analisi e rassegne tradizionali), per operare scelte informate e strutturare un modello d’in- tervento basato sulla probabilità di ottenere risultati significativi (Calvani, 2012).

Si è adottata la metodologia della ricerca basata su progetti poiché abbiamo ritenuto che meglio si adattasse alla complessa dinamicità della situazione e perché consente di strutturare percorsi di apprendimento sulla base di teorie e ricerche precedenti, facendo riferimento ad attività svolte in situazioni for- mative concrete (Pellerey, 2005). Nello specifico ci si è avvalsi delle linee spe- rimentali della Design-based research (DBR) per condurre un’operazione di

design che ha coinvolto direttamente gli studenti nella coprogettazione, nel te- sting e nella sperimentazione di iTunesU. In conformità con gli impianti pro-

cedurali dei design experiment, la ricerca ha assunto forma flessibile e ricorsivo-ciclica, che consente di procedere a una progressiva attuazione e dif- fusione dell’intervento.

I dati di natura qualitativa e quantitativa sono stati raccolti, fase per fase, attraverso un insieme di tecniche e strumenti (focus group, osservazione parte- cipante, intervista semi-strutturata, checklist, rubriche di valutazione).

L’analisi dei dati è stata condotta seguendo due tipi diversi di approccio: uno strettamente qualitativo e un altro sistematico in cui si prevede una codi- fica attraverso l’analisi del contenuto. Si è scelto di utilizzare entrambi i metodi poiché uno non esclude l’altro, ma anzi si completano a vicenda.