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L’Italia durante gli anni Sessanta e Settanta

3.1. I movimenti politici, civili e religios

3.1.5. Gli anni di piombo.

La crisi economica dei primi anni Settanta portò ad un progressivo indebolimento la forze sindacali che si trovarono costrette ad affrontare problemi più rilevanti come l’inflazione, la chiusura delle fabbriche e il decentramento produttivo. L’aggravarsi della crisi e la minaccia del peggioramento delle condizioni di lavoro non indebolì comunque il movimento operaio che riprese con forza la protesta attraverso l’occupazione delle fabbriche e attraverso atti di disobbedienza civile. I gruppi rivoluzionari, in questo quadro, iniziarono ad individuare nuove prospettive che prendessero in considerazione il ruolo dei gruppi nel più ampio contesto della politica italiana: il loro rapporto con le istituzioni, con i sindacati e con le elezioni. Nonostante ciò per una parte dei militanti dei gruppi rivoluzionari questi ultimi non offrivano alcuna prospettiva.

Il 20 ottobre 1970 le Brigate Rosse annunciarono la loro costituzione come organizzazioni operaie autonome. La lotta armata prese il primo posto. L’impazienza di fronte al mancato avanzamento della rivoluzione portava, per loro, necessariamente a forzare la mano attraverso l’uso della violenza, che avrebbe inasprito le contraddizioni del capitalismo italiano e che avrebbe reso inevitabile lo scontro tra sfruttatori e sfruttati. Il modello dei terroristi rossi furono i movimenti sudamericani di guerriglia urbana e il movimento partigiano italiano del 1943-1945481. La giustificazione di una

violenza proletaria e rivoluzionaria presente nell’azione collettiva degli anni precedenti rappresentò un terreno fertile per il fiorire del terrorismo rosso. Nonostante ciò il movimento rivoluzionario, a differenza delle bande terroriste, comprese che per cambiare la società italiana era necessario agire in profondità, all’interno della società civile stessa, cercando di costituire un movimento di massa e di mutarne la coscienza. I terroristi, al contrario, scelsero la clandestinità e l’azione violenta ponendosi fuori dalla realtà e

480 S. Colarizi, op. cit., pp. 426-427. 481 P. Ginsborg, op. cit., p. 432.

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isolandosi in un mondo tutto loro. Le prime azioni delle Brigate Rosse non furono altro che propaganda armata circoscritta a Milano e Torino. I loro primi obiettivi furono sindacalisti di destra, amministratori e capisquadra, soprattutto nelle fabbriche milanesi della Pirelli e della Sit Siemens482.

L’altro gruppo dell’estrema sinistra che all’epoca si muoveva in modo clandestino erano i Gap (Gruppi di azione partigiana) di Giangiacomo Feltrinelli483. Il gruppo era ossessionato dalla possibilità di un colpo di stato

di destra e il loro gruppo voleva costituire la base per una resistenza armata contro di esso.

Dal 1974 le Brigate Rosse cambiarono però metodo. Il 18 aprile 1974 sequestrarono il giudice Mario Sossi e lo detennero per 35 giorni. Sossi ne uscì indenne nonostante le richieste dei brigatisti non fossero state accolte ma l’evento rese noto in tutta Italia il gruppo. Il reclutamento terrorista si diffuse. Nel 1973 il Potere Operaio si sciolse e una parte dei suoi militanti scelsero la clandestinità. Nel frattempo i deboli governi della Democrazia Cristiana, profondamente messa alla prova dalle proteste e dai cambiamenti sociali, si trovarono a collaborare con il Pci, guidato da Berlinguer, che, in un momento di forte sostegno alle sinistre da parte dell’elettorato italiano, ritenne necessario, alla luce degli eventi, mantenere un saldo legame con il partito centrista. Fu così che, nell’agosto del 1976, un nuovo governo guidato da Giulio Andreotti, ottenne la fiducia alla Camera484. Socialisti e comunisti non facevano parte

del governo ma erano concordi nel non provocarne la caduta, e come contropartita chiesero di essere consultati sulla stesura del programma. Il governo resse in queste condizioni fino al gennaio del 1978, quando Andreotti si dimise per formare immediatamente un altro governo che sarebbe durato fino al 1979. In questa occasione i comunisti si avvicinarono

482 S. Colarizi, op. cit., p. 416.

483 Cfr. al riguardo G. Panvini, Ordine nero, guerriglia rossa. La violenza politica nell’Italia

degli anni Sessanta e Settanta (1966-1975), Einaudi, Torino, 2009, oppure A. Ventrone, Vogliamo tutto. Perché due generazioni hanno creduto nella rivoluzione 1960-1988, Laterza, Roma-Bari, 2012.

484 P. Ginsborg, op. cit., p. 451.

Fig. 32 Stemma del gruppo terroristico denominato Brigate Rosse

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leggermente al governo del paese, anche se non ottennero alcun ministero. I due governi Andreotti passarono alla storia come i “governi di solidarietà nazionale”.

I “governi di solidarietà nazionale” furono costretti ad affrontare per la maggior parte del tempo il problema del terrorismo. Nella seconda metà del 1975, infatti, il terrorismo crebbe in modo rilevante. Gli elementi rilevanti che contribuirono a questa forte crescita furono tre. Il primo derivava dalla sconfitta che i gruppi rivoluzionari avevano subito alle elezioni. Ciò contribuì alla radicalizzazione delle posizioni di alcuni militanti che decisero di prender parte all’esperienza terroristica. L’altro elemento fu l’avvicinamento del Pci alla Dc. I comunisti, che così facendo volevano prevenire l’estendersi della violenza, finirono per ampliare la frattura tra il loro partito e il gruppo giovanile urbano e universitario che lo aveva sostenuto alle elezioni e che, in parte, decise di muoversi in direzione del terrorismo. La fiacchezza delle forze dell’ordine pubblico, inoltre, e l’allentamento della vigilanza della polizia sui gruppi terroristici non fecero che amplificare il fenomeno. Fu così che nel 1976, in contrasto con la caduta verticale della forza e dell’attività dei gruppi terroristi negli altri paesi europei interessati dal fenomeno, in termini numerici e organizzativi i gruppi italiani si rafforzarono485.

Il Pci e la gioventù italiana, colpita profondamente dalla disoccupazione crescente, sempre più si allontanavano. I giovani, nelle principali città, andarono a costituire un movimento nuovo, diverso da quello che aveva caratterizzato la gioventù intellettuale del 1968. La sfiducia nella politica tradizionale, l’incapacità di trovare un’occupazione e desiderosi di muoversi assieme, i giovani del movimento del ’77 presero le mosse dai loro bisogni reali per avviare un cambiamento486. Vennero occupati edifici per

trasformarli in centri sociali dove vennero istituite attività cinematografiche, laboratori di fotografia e di musica, centri di discussione, servizi di consultorio per tossicodipendenti. Il movimento si divise in due parti: la prima spontanea, incline a muoversi in favore dei bisogni, l’altra militarista. Le due facce del movimento arrivarono a scontrasi sulle piazze

485 D. Saresella, “L’Italia tra ottimismo e delusione (1963-1978)”, op. cit., pp. 443-449. 486 Ivi, p. 467.

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più importanti d’Italia, come Bologna e Milano, ma non riuscirono a dare un seguito alla loro esperienza che si spense lentamente487.

Le Brigate Rosse, che speravano che il movimento del ’77 riuscisse a rendere il terrorismo un fenomeno di massa, furono costrette a radicalizzare la loro azione. Nel 1976 le BR ed altri gruppi terroristi di sinistra uccisero otto persone e ne ferirono seriamente altre sedici; nel 1977, sette furono assassinati e quaranta i feriti. Nel 1978, il 16 marzo, fu rapito Aldo Moro. Per cinquantaquattro giorni le BR, sotto la direzione di Mario Moretti, tennero Moro prigioniero in un nascondiglio segreto. Il politico democristiano fu ucciso il 9 maggio 1978. I suoi assassini abbandonarono il cadavere nel bagagliaio di un’auto proprio nel centro di Roma, a via Caetani, una strada a metà tra la direzione della Dc e del Pci.

La vicenda Moro turbò l’opinione pubblica ma non riuscì ad impedire l’aumento della violenza degli anni successivi. Nel 1978 le BR e altri gruppi affiliati uccisero ventinove persone, nel 1979 ventidue e nel 1980 trenta. I terroristi comunque si isolavano sempre più e le defezioni nelle loro file aumentavano costantemente. Attraverso la linea della fermezza, il governo

487 E. Taviani, “Il terrorismo rosso, la violenza e le crisi della cultura politica del PCI”, in A.

Ventrone (a cura di), I dannati della rivoluzione. Violenza politica e storia d’Italia negli anni Sessanta e Settanta, Eum, Macerata, 2010, pp. 103-104.

Fig. 33 Prima pagina del giornale “La Repubblica” e fotografia di Aldo Moro diffusa dai membri delle Brigate Rosse

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riuscì ad avere la meglio sulla minaccia terroristica e, anche se la sfiducia dell’opinione pubblica nel governo rimaneva alta, sempre meno persone si affidavano all’arma della violenza per tentare di risolvere i problemi del paese488.