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La Comunità Economica Europea e i Paesi in via di Sviluppo: il superamento di Youndé

2.2.1 “Ricostruzione” e “Sviluppo”

2.2.3. La Comunità Economica Europea e i Paesi in via di Sviluppo: il superamento di Youndé

La Comunità Economica Europea vide la luce nello stesso momento storico, il finire degli anni Cinquanta, in cui il problema dello sviluppo del Terzo Mondo saliva alla ribalta internazionale. La Comunità, contando fra i suoi membri ex-potenze coloniali e le maggiori economie europee, ebbe al suo interno una predisposizione particolare per l’attenzione al Terzo Mondo.

307http://mealsformillions.org/ consultato il 16.06.2015. 308 S. Salvatici, Nel nome degli Altri, op. cit., p. 267. 309 Ivi, pp. 268-269.

Fig. 21 Stemma della campagna Freedom from Hunger

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Il vento sociale e culturale del Sessantotto contribuì ad un mutamento del clima politico europeo, smuovendo maggioranze parlamentari e sensibilizzando la leadership dei partiti verso nuovi temi. Nel 1969 furono gli anni d’oro della socialdemocrazia in Europa Occidentale, con le uniche eccezioni dell’Italia, dove però la Democrazia Cristiana governava con il partito socialista in un governo di centro sinistra, e la Francia, dove i gollisti successero a se stessi con Georges Pompidou. Profondi mutamenti nella politica e nella società intervennero comunque anche all’interno di questi due Paesi. Grazie alle pressioni sempre più insistenti di un’opinione pubblica europea disillusa dalla politica di potenza militare, e permeata di una nuova consapevolezza della vastità dei problemi del mondo industrializzato, le priorità dei governi della Comunità cambiarono310. In

primo luogo occorreva rafforzare la politica della Distensione, che avrebbe potuto consentire un’ulteriore riduzione delle spese militari, e l’apertura di un dialogo, anche economico, con l’Europa dell’Est. In secondo luogo occorreva impegnarsi in un approfondimento dell’integrazione economica e della solidarietà europea come strumento per riattivare uno spazio economico e incentivare l’innovazione tecnologica, ridistribuire risorse verso le aree più svantaggiate, fornire una sponda ideale alternativa a quella del nazionalismo screditato. Infine, vi era la ricerca di un rapporto comune con i Paesi in via di sviluppo, volta a trovare nuovi sbocchi commerciali, ma anche a costruire sponde politiche per un’Europa che sembrava pronta a ritrovare margini di autonomia nelle relazioni internazionali311.

La politica di cooperazione comunitaria era già stata prevista dai Trattati di Roma. In particolare una convenzione annessa al trattato sulla CEE definiva un regime di associazione del quale avrebbero beneficiato le colonie francesi, belghe, la Somalia sotto tutela italiana ed i territori d’oltremare olandesi312. La politica di cooperazione comunitaria si basava su due tipi di

misure, le prime legate alla politica commerciale, le seconde agli aiuti allo sviluppo. Le CEE ed i territori associati avrebbero formato un’area di libero scambio all’interno della quale gli ostacoli tariffari sarebbero stati eliminati. Le esportazioni dei territori associati godevano quindi di una certa preferenza e i territori stessi avrebbero beneficiato di un fondo europeo di sviluppo (FES) che serviva a finanziare gli investimenti economici e sociali.

310 G. Garavini, Dopo gli Imperi. L’integrazione europea nello scontro Nord-Sud, Le

Monnier, Firenze, 2009, pp. 149-153.

311 Ivi, p. 153.

312G. Migani, “Strategie nazionali ed istituzionali alle origini dell’assistenza comunitaria

allo sviluppo: la Cee, la Francia e l’Africa negli anni Sessanta” in E. Calandri (a cura di), Il primato sfuggente. L’Europa e l’intervento per lo sviluppo (1957-2007), Franco Angeli, Milano, 2009, pp. 17-18.

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Nel 1960, quando i paesi africani associati divennero indipendenti, la Comunità fu costretta a contrattare un accordo nuovo per la cooperazione con i paesi di recente indipendenza. Dopo una lunga serie di discussioni si giunse alla firma, il 20 luglio 1963, della Convenzione di Yaoundé. Nella convenzione, i diciotto paesi africani associati rinnovarono per altri cinque anni il regime di associazione, mantenendo la zona di libero scambio euro africana e rinnovando gli accordi per usufruire di nuove forme di aiuto313.

Nel corso degli anni Sessanta la Comunità Europea diventò un attore sempre più rilevante per l’Africa. Nel 1963 anche la Nigeria negoziò un accordo con la Comunità che prevedeva una serie di vantaggi commerciali e tariffari. L’esempio nigeriano fu seguito, qualche anno dopo, dal Kenya, dalla Tanzania e dall’Uganda, ai quali la Comunità Europea concesse un accordo simile a quello di Yaoundé, escludendo però assistenza tecnica o finanziaria. La zona di libero scambio era mantenuta ma gli stati associati di prima generazione continuavano a godere di un regime privilegiato314.

Nel 1968 iniziarono le trattative per il rinnovo della Convenzione di Yaoundé. Negli aspetti essenziali la Convenzione non sarebbe stata modificata, tuttavia alcune problematiche cominciarono ad emergere in modo particolarmente evidente. A livello internazionale si discuteva riguardo all’affermazione del principio di un sistema di preferenze generalizzate in favore dei paesi in via di sviluppo, questione che avrebbe costretto la CEE a costituire un sistema in cui tutti, paesi associati e paesi terzi in via di sviluppo, avrebbero potuto beneficiare delle stesse condizioni. Il 29 luglio 1969 fu rinnovata la Convenzione. Nonostante le raccomandazioni internazionali, le disposizioni generali della Convenzione vennero mantenute, il principio della zona di libero scambio venne però riconfermato, il Fondo europeo di sviluppo fu rinnovato e aumentato e, infine, in sostituzione degli aiuti alla produzione, venne previsto un nuovo tipo di aiuti non rimborsabili destinati ad intervenire in caso di brusco deterioramento dei prezzi. Un protocollo interno però affermava che le disposizioni della Convenzione non rappresentavano un ostacolo alla realizzazione e alla partecipazione degli stati associati ad un sistema di preferenze generalizzate315. La situazione sarebbe cambiata solo dopo

l’ingresso britannico nella CEE nel 1973 e con la partecipazione dell’Africa anglofona nelle trattative di rinnovo della Convenzione d’associazione. La

313G. Migani, op. cit., pp. 24-26. 314 Ivi, pp. 27-30.

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Convenzione di Lomé del 1975 avrebbe modificato, in modo essenziale, il contenuto e gli strumenti della politica di cooperazione comunitaria316.

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