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1.4. La Grande Guerra e la comunità internazionale

1.4.1. L’esperienza inglese: Save the Children

Immediatamente dopo l’Armistizio del novembre 1918, gli Alleati avevano preso coscienza e avevano realizzato che i civili, inclusi i bambini, stavano soffrendo la fame. Le terribili condizioni di vita delle popolazioni civili portarono Eglentyne Jebb, fondatrice di Save The Children, a convocare un incontro nella Royal Albert Hall il 19 giugno 1919 per raccogliere fondi da riutilizzare per fornire aiuti alimentari ai bambini che ne necessitavano161.

L’evento segnò la nascita di Save The Children Fund (SCF). Eglentyne Jebb (1876-1928) era una donna inglese di buona famiglia educata ad Oxford. Finiti gli studi, si dedicò all’insegnamento ma si rese presto conto di non essere adatta per ricoprire quel ruolo. Decise di lavorare nella Charity Organisation Society (COS), una struttura caritativa che si occupava di implementare i fondi da riutilizzare per i poveri162. Quando il lavoro al COS

finì, nel 1913, partì per i Balcani. Lavorava, in quel tempo, per il Cambridge

157 A. Best, J. M. Hanhimäki, J. A. Maiolo, K. E. Schulze, op. cit., p. 47. 158 Ivi, p. 53.

159 Ivi, p. 54. 160 Ibidem.

161 J. Muckle, “Saving the Russian Children: Materials in the Archive of the Save The

Children Fund Relating to Eastern Europe in 1920-23” in The Slavonic and East European Review, Vol. 68, N. 3, 1990, p.507.

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Magazine e, grazie a questa esperienza, potè confrontarsi con la realtà che la circondava. Questo le permise di essere pronta per prendere di mira la censura governativa cercando di risvegliare le coscienze dei cittadini nei confronti delle difficoltà incontrate dai bambini tedeschi del tempo. Il 15 maggio 1915, Eglentyne e la suffragetta Barbara Ayrton Gould, furono arrestate in Trafalgar Square mentre stavano distribuendo materiale dove si richiedeva la fine del blocco163. Il pamphlet, intitolato “A starving baby” ,

conteneva fotografie di bambini scheletrici, capaci di stare in piedi solamente grazie all’aiuto dell’infermiera. La censura costrinse la donna a pagare una multa di 5 £ e la National Labour Press, che aveva stampato il volantino, 80 £164. Questo episodio contribuì a far uscire Eglentyne

dall’anonimato. Poco più di un mese dopo, durante l’incontro alla Royal Albert Hall, la donna, con la sorella Dorothy Buxton, fondarono SCF. L’organizzazione concentrava la sua attenzione sui bambini prevalentemente perché Eglentyne aveva avuto la possibilità, negli anni precedenti, di poter vedere, con i propri occhi, lo stato di estrema debolezza in cui versavano i bambini nei Balcani e a Vienna. Il bambino, per lei, rappresentava la misura di un migliore ordine sociale. I bambini, inoltre, rappresentavano l’umanità e incoraggiavano tutti, specialmente le donne, a proteggerli. L’organizzazione, attraverso la sua figura, poteva fare da veicolo per creare l’unità del genere umano165. Il bambino era un’astrazione, il

simbolo di ciò che il mondo poteva diventare. La fondatrice voleva fare ciò che la Croce Rossa faceva per i feriti in guerra166. Nel febbraio 1920, SCF

aprì il suo primo ufficio in Londra in Golden Square. L’agenzia vedeva impegnati decine di operatori e di volontari, tra cui molte donne della borghesia londinese e raccoglieva forniture prevalentemente dai surplus dell’esercito. Ogni giorno ricevevano richieste di aiuto da centinaia di persone. Molti dei fondi che riuscivano a raccogliere, almeno inizialmente, venivano impiegati per ampliare la visibilità della causa. Eglentyne, e la sua agenzia, fu una delle prime a capire l’importanza di fornire un’immagine e di pubblicizzarla per cogliere l’attenzione dei donors. Fotografie di bambini sofferenti e malnutriti venivano inserite nei pamphlet e nei cartelloni affissi in tutta Londra167. Jebb sottolineava la differenza che esisteva tra la sua

agenzia e le precedenti organizzazioni caritative dicendo: «la nuova carità doveva essere scientifica e doveva possedere la stessa accuratezza, la stessa

163 B. Cabanes, The Great War and the origins of humanitarianism 1918-1924, Cambridge

University Press, New York, 2014, p. 277.

164 Ivi, p. 278.

165 M. Barnett, op. cit., p. 85. 166 B. Cabanes, op. cit., p. 279. 167 Ivi, p. 280.

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intelligenza, nell’utilizzo dei fondi, di un’azienda commerciale o industriale».168 Oltre all’utilizzo pubblicitario delle immagini per la raccolta

dei fondi per fornire assistenza, uno dei primi impegni dell’agenzia, molto utilizzato anche oggi, fu quello relativo alle adozioni. Veniva data l’opportunità di “adottare” un bambino tedesco, polacco, o russo per due scellini a settimana, stabilendo un contatto familiare simbolico che semplificava il legame emozionale del donor con il beneficiario169.

L’esperienza di Save The Children oltrepassava i confini dell’umanitarismo. Eglentyne e la sorella erano, infatti, profondamente convinte che, oltre a prestare soccorso ai bambini, fosse necessario rafforzare la stabilità del mondo futuro. Una convinzione ampliamente diffusa al tempo era infatti quella che nell’infanzia e nell’adolescenza si acquisissero vizi e virtù. Era quindi necessario intervenire per forgiare adulti moralmente irreprensibili nel fututo170. L’azione del SCF cercava, quindi, di dare una risposta ai

bisogni primari come la fame, le malattie e il freddo, ed indicava i bambini come le vittime per eccellenza delle politiche internazionali, facendo leva sull’idea di innocenza e purezza che possiede la figura del bambino. Questa caratteristica facilitò l’organizzazione nella conquista del consenso da parte dell’opinione pubblica. Riuscirono, grazie al forte sostegno, a contribuire in modo rilevante alla ratifica della Dichiarazione di Diritti dei Bambini, promossa dall’assemblea generale della Società delle Nazioni nel settembre del 1924171. Eglentyne era determinata anche a rafforzare l’agenzia creando

una struttura internazionale di soccorso. Fu così che venne creata Save The Children International, con sede a Ginevra.

I primi campi di azione per i componenti di SCF furono quelli dell’Europa Orientale, dove si trovarono a dover affrontare la miseria che regnava in Russia e nei paesi circostanti. Non fu facile per i giovani operatori di soccorso mantenere l’imparzialità politica. Molti erano gli operatori sul territorio russo e le agenzie coinvolte avevano differenti rapporti con i governi dei paesi di provenienza. Gli operatori di SCF per poter lavorare in modo efficiente dovevano collaborare con differenti organizzazioni, ognuna con caratteristiche proprie e interessi diversi172. La Russia rappresentò, da

questo punto di vista, una sfida per Save the Children, ma fu anche un’occasione di miglioramento. L’agenzia dovette confrontarsi con altre organizzazioni umanitarie, come American Relief Administration,

168 B. Cabanes, op. cit., p. 280. 169Ivi, p. 282.

170 S. Salvatici, Nel Nome degli altri, op. cit., p. 140. 171 Ivi, p. 289.

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maggiormente organizzate e capaci di operare in modo più efficiente ed efficace. Questo contribuì a far crescere e professionalizzare SCF.