• Non ci sono risultati.

1.3. L’evoluzione dell’umanitarismo nella prima metà del XIX secolo

1.3.3. Il disarmo è l’obiettivo

Gli Stati non erano totalmente disinteressati a promuovere la formazione di una struttura legislativa che regolamentasse le norme consuetudinarie da applicare nei conflitti armati. Emer de Vattel e Rousseau avevano avanzato la proposta di regolamentare la guerra già nel XVIII secolo. Rousseau aveva riflettuto anche sulla necessità di non far più essere strumento dello Stato l’individuo che non interviene all’interno del conflitto e che necessita, quindi, di protezione136. Nel corso degli anni l’interesse degli Stati, da questo punto

di vista, crebbe sempre più, tanto da portare alla firma della Convenzione di Ginevra, alla redazione del “Codice Lieber”137 e alla riflessione attorno alla

possibilità del disarmo.

133 M. Barnett, op. cit., p. 82. 134 G. Del Vecchio, op. cit., p.582 135Ibidem.

136 M. Barnett, op. cit., p. 78.

137 Con il termine “Codice Lieber” si intende indicare una serie di articoli all’interno dei

quali il diritto consuetudinario relativo alla condotta di guerra viene istituzionalizzato. Il codice venne emesso tra gli Ordini generali del 1863, emanati da Abraham Lincoln, e viene conosciuto anche come “Istruzioni per il governo dell’esercito degli Stati Uniti sul terreno”.

41

La Convenzione che nacque dall’esperienza ginevrina, fu un tentativo di limitazione della guerra che chiamava in causa le emozioni e che, attraverso la descrizione della sofferenza individuale, aveva scioccato il pubblico e lo aveva spinto a mobilitarsi attraverso l’azione umanitaria. La necessità militare non avrebbe comunque impedito lo scoppio di un conflitto138. É in

questo contesto che lo zar Alessandro II convocò, nel 1868, il congresso di San Pietroburgo. In questo incontro venne stabilito che l’unico legittimo obiettivo di ogni guerra era l’indebolimento del legittimo avversario. Furono bandite le armi che potevano inutilmente causare sofferenze aggiuntive, come i proiettili esplosivi o recanti sostanze infiammabili. Una successiva conferenza internazionale a Bruxelles, nel 1874, stabilì poi i diritti e i doveri delle potenze neutrali. Sembrava pertanto che, da un punto di vista concettuale, la strada fosse ormai aperta per giungere, in prospettiva, a conclusioni più coerenti e definitive, capaci di impegnare l’intera comunità internazionale139.

1.3.3.1.

Le conferenza dell’Aja del 1899

Il 24 agosto 1898 si svolse una conferenza a San Pietroburgo per discutere dei problemi connessi con lo sviluppo degli armamenti e, quindi, con l’aumento delle distruzioni e dei morti. Durante questo incontro, i rappresentati degli Stati partecipanti discussero sulla questione degli armamenti, ma avanzarono anche proposte di alleanze tra potenze, sempre evidenziando la necessità di limitare i conflitti. La circolare con cui venne convocata la conferenza cercò di colpire i cuori delle persone e coinvolse anche il movimento pacifista che si era sviluppato in quegli anni140.

Ovviamente l’interesse umano non era l’unico a muovere in favore della limitazione della armi. Di fronte all’aumento della capacità di fuoco della Germania e dell’Austro - Ungheria, la Russia avrebbe dovuto affrontare alti costi per riuscire a mantenere una parità a livello militare141. In questi anni,

il clima era comunque favorevole allo sviluppo di trattative di pace o di regolamentazione delle armi. Lo zar, Nicola II, non era l’unico ad essersi occupato di questioni simili. I membri del gabinetto dello zar e i diplomatici

Fonte:http://www.difesa.it/SMD_/CASD/IM/ISSMI/Documents/Precorso_Diritto_Umanitario .pdf consultato il 30.06.2015.

138 M. Flores, op. cit., p. 113. 139 Ibidem.

140 Dan L. Morrill, “Nicholas II and the Call for the First Hague Conference” in The Journal

of Modern History ,Vol. 46, N. 2, 1974, pp.296-297.

42

europei del tempo, durante incontri precedenti, avevano riflettuto assieme sulla possibilità di costruire strumenti di arbitrato che facilitassero le relazioni internazionali e che permettessero, limitando la guerra, la formazione di trattative favorevoli allo sviluppo degli stati, piuttosto che alla loro distruzione142.

Parlare di “pace” era comunque prematuro e, durante la sessione che precedette la conferenza dell’Aja del 1899, venne evidenziato dalle autorità che la volontà delle grandi potenze era quella di limitare l’uso di alcune armi e di non interferire con il sistema di difesa di ogni singolo Stato143. La prima

conferenza dell’Aja venne convocata il 18 maggio 1899 per discutere possibili misure di disarmo, il mantenimento della pace e la regolamentazione della guerra, riprendendo su questo terreno la conferenza di Bruxelles del 1874, i cui risultati si erano arenati di fronte al susseguirsi dei conflitti armati144.

Alla conferenza presero parte ventisei Stati, tra cui due americani (Usa e Brasile) e quattro asiatici (Cina, Giappone, Siam e Persia), e vi parteciparono numerose associazioni pacifiste internazionali145. Venne

stilata una lista di azioni proibite, come l’uso dei gas e veleni, il bombardamento delle città indifese e di edifici d’arte, di culto o di ospedali, l’uso di armi, proiettili atti a perpetuare inutili sofferenze. Una dichiarazione vietò l’uso delle pallottole esplosive Dum Dum. Veniva sostenuto infatti che questo genere di armi non si limitavano a mettere fuori combattimento l’avversario, ma provocavano inutili sofferenze che non sembravano essere giustificate rispetto a quello che era considerato il fine della guerra: quello di impedire al maggior numero dei belligeranti di partecipare alle ostilità146. Vennero precisate poi le caratteristiche degli

eserciti e dei corpi volontari, il trattamento dei prigionieri di guerra e si stabilì che le popolazioni civili e gli eserciti belligeranti sarebbero rimasti sotto la protezione e l’imperio dei principi del diritto delle genti, come risultava dagli usi stabiliti dai popoli civili, dalle leggi di umanità e dai dettami della coscienza pubblica147.

Antonio Cassese ci illumina sui limiti di questa conferenza con poche ma chiare parole:

142 Thomas K. Ford, “The Genesis of the First Hague Peace Conference” in Political Science

Quarterly, Vol. 51, N. 3, 1936, pp.354-360.

143 Ivi, p. 378.

144 M. Flores, op. cit., p. 131. 145 Ibidem.

146 Ibidem. 147 Ivi, p. 132.

43

A ben guardare, però, la portata propriamente umanitaria di questi strumenti giuridici di diritto internazionale è piuttosto limitata. Le convenzioni di codificazione del diritto dei conflitti armati (le Convenzioni dell’Aja, appunto), sebbene motivate dall’intento di limitare le sofferenze causate dalla guerra, sono improntate soprattutto alla tutela degli stati coinvolti nel conflitto piuttosto che a quella degli individui. Inoltre, esse si applicano solo ai conflitti armati internazionali (cioè ai conflitti tra stati, e non a quelli di carattere interno); dunque, la concezione è ancora quella tradizionale in base alla quale gli individui sono presi in considerazione in quanto pertinenza dello stato148.

44