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Silvia Bordini suggerisce che negli anni '80 iniziò la storicizzazione della videoarte prima con il saggio di Celant, Offmedia (1977)75 poi con Videotapes. Arte

tecnica storia (1980)76

di Sirio Luginbuhl, Paolo Cardozzo. Da quel momento una

71 Vedi Valentina Valentini (a cura di), Catalogo Dissensi, Taormina Arte 1991, VII Rassegna

Internazionale del Video d'Autore (Palermo: Sellerio, 1991).

72 Bordini, “Le molte dimore” in Sega Serra Zanetti (a cura di), La coscienza luccicante, cit.,37. 73 Per degli approfondimenti rimando ad Alessandro Silj (a cura di), Catalogo Video 79. Video-the frist

decade. Dieci anni di videotape (Roma: Kane, 1979).

74 Bordini, “Le molte dimore” in Sega Serra Zanetti (a cura di), La coscienza luccicante, cit., 38. 75 Vedi Germano Celant, Offmedia. Nuove tecniche artistiche: video, disco, libro (Bari: Dedalo, 1977). 76 Vedi Sirio Luginbuhl e Paolo Cardozzo, Videotapes. Arte tecnica storia (Padova: Mastrogiacomo,

generazione di critici, provenienti dalla storia e dalla critica dell'arte, del cinema e del teatro (Vittorio Fagone, Valentina Valentini, Sandra Lischi, Marco Maria Gazzano) fece della videoarte il proprio oggetto di analisi e di ricerca.77

Peraltro, la studiosa afferma che le istituzioni pubbliche manifestarono una sconsolante “miopia” nei confronti della videoarte.78 Tesi condivisa anche da Fagone che mette in luce come negli anni '80 le istituzioni sembrarono più interessate alla pittura e lasciarono da parte le sperimentazioni video che attraevano principalmente i Festival <<Caratterizza l'evoluzione della videoarte nella svolta degli anni Ottanta – momento in cui gallerie, musei ed esposizioni internazionali d'arte ritornano, per la gran parte, alla convenzione del quadro e sembrano considerare “archiviate” le sperimentazioni video come collegate o addirittura dipendenti delle ricerche concettuali o delle performances correlate al “linguaggio del corpo”, tipiche degli anni Settanta- l'assai articolata, anche se del tutto spontanea, costituzione di una rete di diffusione internazionale di produzioni video. Il sistema, che accomuna le diverse manifestazioni designate come festival video, ricalca il modello ampiamente sperimentato dei festival cinematografici incrociandolo con quello delle esposizioni temporanee negli spazi d'arte.[...] Il regime di scambi e conferenze, assai vivace, in questo modo realizzato ha probabilmente privilegiato negli anni Ottanta la diffusione di filmati video rispetto a quella, tecnicamente più complessa, di videoinstallazioni, videoambienti e videosculture, per altro documentati in molti casi da filmati direttamente derivati>>.79

1980).

77 Vedi Bordini, “Le molte dimore” in Sega Serra Zanetti (a cura di), La coscienza luccicante, cit., 38. 78 Ibidem, 38.

3.6.1 I contributi del settore ricerca e sperimentazione Rai

Vittorio Fagone afferma che i contributi del settore ricerca e sperimentazione della Rai divennero riconoscibili solo negli anni Ottanta con la diffusione nel circuito dei festival video dell'originale opera di “poetronica” (poesia elettronica) di Gianni Toti.80

La questione è in verità un po' più complessa, infatti, dal 1968 la Rai aveva riservato una piccola struttura alla sperimentazione denominata “Servizio Programmi Sperimentali” (PS), guidata da Mario Raimondo e Italo Moscati, che cercò di sviluppare in assenza di risorse adeguate molteplici linee di ricerca. Anna Barenghi nel saggio Un

(di) sperimentale alla Rai ricorda che gli esordi video di Gianni Toti si intrecciarono a

questa attività e tra gli anni '60 e '80 l'autore partecipò a diversi programmi Rai.81 Nel 1976, in seguito alla riforma Rai, il servizio PS diventò “Settore Ricerca e Sperimentazione Programmi” (RSP) diretto da Emilio Pozzi e l'anno seguente Gianni Toti e Annita Triantafyllidou redassero una ricerca intitolata Videolettura, con l'intento di analizzare le possibili relazioni fra i testi letterari (in prosa e in poesia) e video, per produrre poi <<espressioni specificamente televisionali nel campo della scrittura- lettura>>.82

Barenghi inoltre sottolinea che “ fra le ricerche promosse da Enrico Pozzi, che in passato era stato collega di Toti a L'unità, centrali furono gli studi sul linguaggio, e sulla comunicazione televisiva in rapporto alla poesia, al colore, alla musica, alla scienza, alle arti figurative. Le proposte di Toti trovarono spazio nell'ambito delle ricerche su TV e

80 Ibidem, 16.

81 Vedi Anna Barenghi, “Un (di) sperimentale alla Rai” in Sandra Lischi e Silvia Moretti (a cura di),

Gianni Toti o della poetronica. La casa totiana (Pisa: Edizioni ETS,2012), 144-155.

poesia, che la RSP intraprese alla fine del decennio coinvolgendo poeti e registi, da Giorgio Bassani ad Andrea Zanzotto, da Nelo Risi a Jean-Marie Straub.”.83

3.6.2 Il videoteatro

Sandra Lischi, nel libro Il linguaggio del video, evidenzia l'avvento del

videoteatro negli anni '80: “Una delle grandi novità degli anni ottanta è l'incontro fra teatro e video. […] In questo l'Italia si è contraddistinta nel panorama internazionale, dando vita al fenomeno del video-teatro e a vivacissime e importanti esperienze in questo settore”.84

Infatti, fino agli anni '70 il nastro magnetico è stato un supporto eccezionale per registrare gli eventi teatrali e per sperimentare le distorsioni dell'immagine, poi lentamente cominciò ad essere utilizzato sul palcoscenico per creare fondali virtuali, per moltiplicare artificiosamente gli attori, diventando così, elemento della narrazione.85 Andrea Balzola, in Riflessi delle scene elettroniche, riassume il contesto in cui è nato il videoteatro, agli inizi opera dei primi gruppi del rinnovamento come Magazzini Criminali di Firenze, Gaia scienza di Roma, Falso Movimento di Napoli: <<Negli anni Settanta Carmelo Bene e Giuseppe Bartolucci recuperavano in Italia la grande lezione artaudiana, teorizzando il superamento del primato del testo, della tradizionale divisione dei generi e dei linguaggi dello spettacolo all'interno di una rinnovata processualità creativa che fu chiamata “scrittura scenica”. Alla fine di quel decennio debuttava una generazione teatrale cresciuta sullo slancio dei movimenti giovanili che esplorava e

83 Ibidem, 145.

84 Lischi, Il linguaggio del video, cit., 69. 85 Ibidem., 69-77.

scopriva il divenire multimediale della “scrittura scenica”. Le immagini virtuali dei video o dei fumetti, la parodia dei mass media, bucavano le scene interagendo con i corpi mutanti di attori-performer-danzatori, in una rigenerante disarticolazione poetica della drammaturgia. Per una breve stagione, tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, la scena italiana si affermava come frontiera di sperimentazione – anche se spesso misconosciuta o semplicemente sconosciuta – di livello internazionale. Se infatti si confrontano le date si scopre con una certa sorpresa che quanto accadeva sulla scena italiana di quegli anni, non era una eco, un'onda lunga dei soliti pionieri d'oltre Oceano, d'oltre Manica o d'oltre Alpe. Era un fenomeno per molti aspetti originale e fu originario di una nuova ricerca “iconocoreografica” e di una drammaturgia “intermediale” che ancora oggi non hanno esaurito le loro potenzialità>>.86

In Italia tra le rassegne più significative dedicate al video-teatro si ricordano dal 1984 il POW- Progetto Opera Video-Videoteatro (poi dal 1987 Scenari

dell'immateriale) svolto a Narni (Terni), il TTV di Riccione e il Festival 'O Curt di

Napoli.87

Così, video e teatro confermarono un'armoniosa convivenza e negli anni '90 si assistette ad un’esplosione del mezzo elettronico che diventò uno strumento imprescindibile per l’espressione creativa.

86 Andrea Balzola, “Riflessi delle scene elettroniche” in Di Marino (a cura di), Elettroshock, cit., 55. 87 Per approfondimenti sul video-teatro rinvio a Andrea Balzola, Franco Prono, La nuova scena

elettronica. Il video e la ricerca teatrale in Italia. Teatro/Spettacolo n.6 (Torino: Rosenberg e Sellier,