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Architetto Giuseppe Rallo

BIOGRAFIA

Funzionario alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, l’architetto Giuseppe Rallo comincia ad occuparsi di Villa Pisani a Stra nel 2009 come direttore del Museo Nazionale e responsabile del parco. Autore di numerose pubblicazioni, lavora sul tema del progetto di conservazione e trasformazione del paesaggio, delle architetture, dei giardini e dei parchi storici pubblicando, a riguardo, numerosi saggi su riviste nazionali e internazionali e alcuni libri tra i quali: I giardini della Riviera del Brenta (Marsilio 1995), e Torre e Grotta: dal mito al

giardino. Il restauro del castelletto del Belvedere a Mirano (Marsilio 2000). Con altri autori

cura volumi e due guide di Villa Nazionale Pisani a Stra. Dal 2004 al 2012 insegna allo IUAV come professore a contratto di “ Restauro del giardino e del paesaggio”. Partecipa a conferenze, convegni e seminari in Italia e all’estero sulle tematiche della tutela, del restauro, della valorizzazione dei beni architettonici e paesaggistici. È anche direttore dei corsi di formazione sul restauro dei giardini storici promossi dalla Provincia di Trento, dalla Soprintendenza BB.AA.PP. del Veneto orientale e da Fondazioni private.

Nel 2009 il restauro e la riprogettazione di “Un sistema di giardini alla Giudecca” dell’Hotel Palladio alle Zitelle vincono il premio Ippolito Pizzetti indetto dall’AIAPP nazionale, mentre nel 2008 il parco restaurato di Villa Pisani conquista il titolo di “Parco più bello d’Italia”. È impegnato nella redazione del primo progetto d’ambito regionale del Piano Paesaggistico del Veneto. Oltre al restauro del parco di Villa Pisani, si occupa anche del giardino di Palazzo Cappello, del giardino dell’Hotel Palladio alla Giudecca e come supervisore per la Soprintendenza segue numerosi restauri tra i quali il Parco di Ca’Tron a Roncade, Villa Albrizzi Franchetti a Preganziol.

INTERVISTA

Villa Pisani e il suo parco non hanno bisogno di ospitare mostre d’arte per essere conosciuti e ammirati. Anzi, molto spesso le esposizioni accolte tra le sale del Palazzo o lungo i viali del parco “disturbano” il pubblico, «sopraffatto da troppe proposte. I visitatori, soprattutto stranieri, preferiscono gustarsi la Villa». Il direttore Giuseppe Rallo conosce bene il museo, le sue stanze, il suggestivo giardino e tutto il mondo che li circonda. Villa Pisani, che ha cominciato a guidare nel 2009 come responsabile per la Soprintendenza, è una strana “creatura” non facilmente catalogabile, tanto più in tema di accoglienza-mostre. Perché la Villa, in fondo, «funziona benissimo da sola, anche senza mostre. E se l’offerta è troppo vasta, il visitatore rischia di perdersi. E abbiamo osservato che molte esposizioni di grande respiro accolte in Villa - da Mimmo Paladino ai Classici del contemporaneo passando per Oliviero Rainaldi - non hanno prodotto i risultati sperati».

I problemi?

«Si trattava di uno sforzo economicamente eccessivo rispetto alla risposta del pubblico. Bisogna capire il target di chi si ha davanti. Non tutti i visitatori erano interessati alle mostre, che per noi rappresentavano un grosso investimento. Chi viene a Villa Pisani solo per gustarsi una mostra apprezza molto. Ma lo sforzo era maggiore della risposta. Allora abbiamo virato sull’arte dell’Ottocento. D’altra parte, quando l’offerta è molto vasta, forse eccessiva, un visitatore fatica a trascorrere un giorno intero a Stra: deve vedere la Villa e il labirinto, le opere e poi le mostre. Troppo. Allora si è scelto di privilegiare quello che, dal punto di vista dell’attrattiva, poteva contare su un pubblico maggiore. L’Ottocento ha avuto un bel riscontro».

Quali sfide le si sono poste davanti quando ha accettato il suo incarico nel 2009?

«Dapprima ho cercato di organizzare in maniera coerente e organica tutta l’attività manutentiva. Del parco me ne occupavo già da tempo, ma non delle parti architettoniche. Una prima parte del tempo l’ho dedicata a questo. Poi ho preso in mano il rapporto con l’esterno. Certo, tutto è sempre subordinato alle indicazioni e ai mandati che ricevo dalla Soprintendenza. Non posso muovermi in maniera autonoma».

Quale era il suo progetto? Cosa le veniva richiesto? E cosa avrebbe voluto fare? «Il mio primo obiettivo era migliorare l’offerta dal punto di vista della conoscibilità della

Villa. Avevo anche realizzato un progetto, inviato al Ministero ma poi non approvato, dedicato proprio a questo, a come rivedere l’accoglienza. Abbiamo lavorato molto sull’attività didattica: l’offerta è consultabile sul sito della Villa, è abbastanza interessante e cospicua, fatta con professionalità. Poi avrei voluto riprendere in mano alcuni allestimenti

interni che abbiamo realizzato, in alcuni casi con finanziamenti proprio per il 150° anniversario. Poi non è stato più possibile procedere perché non ci sono stati fondi».

Si riferisce ai restauri?

«La sala da pranzo è stata finanziata con interventi stranieri. Avrei anche voluto mettere mano ad alcune sale della Villa, e anche del parco».

Alcune zone, in effetti, sono trascurate.

«Sì, ma negli ultimi anni abbiamo potuto contare su fondi risicatissimi: per pagare le pulizie della Villa e la corrente elettrica. Ma non le pulizie che si facevano un tempo, bensì ridotte ad un quarto».

Poi c’erano le mostre da organizzare.

«Certo, l’intento era quello di valorizzare il bene, ma anche di allestire al suo interno delle mostre di un certo spessore che potessero concorrere ad ampliare l’offerta culturale, e soprattutto attrarre il visitatore veneto. Perché i visitatori “esterni” vengono comunque, e vengono per ammirare la Villa».

Il pubblico di Villa Pisani è per lo più straniero.

«Infatti: la Villa è un’attrazione internazionale, mentre i “locali” hanno bisogno di un’occasione speciale per visitarla. Questo lo abbiamo realizzato: la prima grande mostra risale al 2008 con la personale di Mimmo Paladino. All’inizio potevamo contare anche su un finanziamento regionale importante, e quindi si potevano creare mostre che avessero riscontro anche a livello internazionale. Poi però, venuti meno i contributi della Regione, abbiamo dovuto rivedere drasticamente, e quindi siamo stati costretti a virare».

Cioè?

«Questo è il primo anno che non proponiamo un’esposizione di pittura, l’anno scorso abbiamo ospitato la personale di Tomaso Filippi. Si tratta di una mostra meno costosa, ma questo è dovuto a esigenze pratiche: o così o niente. Abbiamo preferito così, perché comunque portiamo avanti un ragionamento che parte dalla pittura di fine Ottocento ed ora esplora la fotografia. Seguiamo questo filone, sull’Arte Contemporanea per adesso ci siamo fermati».

Vedendo dall’esterno, questa insistenza sull’Ottocento può venir percepita come scarsa motivazione alla ricerca.

«No, questo no. Siamo passati da Emma Ciardi agli Allievi dell’Accademia, offrendo poi con “Paesaggi d’acqua” il paesaggio classico veneziano e quindi il paesaggio veneto, altro tema bellissimo. L’anno scorso c’è stato “Arti e Mestieri” nella pittura e nella fotografia. Secondo me questo indica una volontà di approfondimento di un periodo della storia dell’arte che

è sì conosciuto, ma non quanto merita di essere. Poi cerchiamo di indagare la relazione molto forte che si instaura tra fotografia e pittura, ancora non sufficientemente analizzato. Non mi sembra una scelta di ripiego, casomai una volontà culturale molto precisa di analizzare a fondo».

Però in molte esposizioni gli artisti si ripetono con opere differenti.

«A nostro avviso la ricerca su quel periodo ha dato risultati molto aprezzabili: c’è stata gente che è venuta annualmente per vedere l’evoluzione del progetto. L’anno prossimo proporremo un progetto sui tre Ciardi».

La Villa si avvale della collaborazione di Munus: come è nato questo rapporto?

«C’è stata una gara nazionale, Munus ha vinto l’appalto per i Servizi Aggiuntivi. Tra i suoi obiettivi c’è anche quello di organizzare mostre. Munus presenta un progetto che poi portiamo avanti insieme. Bisogna tenere conto che i fondi arrivano tutti da loro, non ci sono soldi pubblici. Noi diamo solo la sede, neanche la luce elettrica».

Ma da chi parte la decisione di organizzare un determinato tipo di mostra?

«Dipende. Da noi, da loro. A volte noi proponiamo cose e poi si discute, oppure il contrario. Emma Ciardi l’hanno lanciata loro, le fotografie le ho proposte io la prima volta, e l’anno seguente loro. Anche la Soprintendenza è coinvolta nell’organizzazione e nella scelta».

E per quanto riguarda le mostre nelle sale?

«Si affittano le sale ai privati, ma nello stesso tempo controlliamo un po’il progetto. C’è un minimo di verifica, non è solo questione di canone da pagare. Una cosa è l’attività che facciamo noi, altro è quando affittiamo gli ambienti: dipende da chi chiede, nel sito ci sono le indicazioni, si presenta il progetto, noi valutiamo…in linea di massima viene accolto».

Il confronto con Villa Manin è inevitabile: il loro sito è molto più ricco del vostro, e le mostre ospitate sono sempre state di alto spessore.

«Villa Pisani è molto diversa da Villa Manin. Che è bella sì, ma non così scenografica come Villa Pisani con il suo giardino. Per di più Villa Manin non può contare sulla Riviera del Brenta. A Villa Pisani se affastello eccessivamente le proposte, rischio di infastidire il pubblico, la maggioranza, che viene soprattutto per gustarsi la Villa. E anche se volessi ospitare mostre a livelo internazionale, sarebbe complicato perché dovrei adeguare la Villa a certi standard: ci sono sì le condizioni per esporre, ma non sono adatte per avere, che so, un Picasso. Non è il MAXXI, non è il MART. La nostra missione principale è far conoscere la Villa».

A parte il MART e il MAXXI la maggior parte dei musei italiani sono luoghi storici riconvertiti a sede espositiva.

«Vero, ma bisogna essere precisi: noi facciamo mostre, ma per noi non sono una priorità. Anzi, all’inizio io non le volevo, a mio avviso non erano indispensabili. Oltretutto i fondi non restano a noi. Questo è un altro aspetto che nessuno sa: non è che il denaro che introitiamo con le mostre rimanga in Villa. Prima di tutto dobbiamo coprire le spese, e se qualcosa avanza, va direttamente allo Stato. Villa Pisani non ha ricevuto dalle mostre alcun beneficio economico. Casomai un beneficio di immagine. E soprattutto con le mostre di Paladino, dei Classici contemporanei, Rainaldi e le mostre sull’Ottocento».

Si nota una discrepanza: emerge la volontà di crescere come luogo espositivo del Contemporaneo, ma vi siete un po’stabilizzati sull’Ottocento.

«Le mostre sull’Ottocento sono anche un modo di caratterizzare la Villa. Piuttosto di proporre una piccola mostra diversa ogni anno, preferisco si sommino le esperienze costruendo un iter culturale che è di conoscenza. Se metto insieme i quattro cataloghi sull’Ottocento, si approfondisce un periodo interessante. Adesso stiamo facendo qualcosa con la fotografia. Ripeto, la missione principale della Villa non è quella di essere spazio espositivo, ma di mostrare se stessa. Infatti esponiamo nei corridoi. Che prima non si visitavano».

Che trend avete avuto con le visite? Potete distinguere i visitatori della Villa da quelli delle mostre?

«La Villa segue perfettamente l’andamento del mercato: c’è stato un incremento fino a tre anni fa, e poi è cominciato anche per noi un decremento nonostante le mostre. La mia convinzione è che l’unica attrattiva per i visitatori locali siano le mostre, mentre la villa lo è per chi viene da fuori. Ma non abbiamo dati perché non riesco a sganciare il biglietto delle mostre da quello della Villa».

Veniamo alle note dolenti: è difficile recuperare i cataloghi delle mostre che avete ospitato.

«Purtroppo il bookshop non dipende da noi, ma da Munus, sono loro che lo gestiscono. Così come gestiscono il caffè, la biglietteria, gli eventi. Sono soddisfatto del loro lavoro, certo non mi voglio assolvere, non sono messo in condizione di lavorare come il direttore di Villa Manin, che deve seguire solo il Complesso di Passariano. Io ho molti più compiti. Ma il Ministero è troppo distante e non riesce a curare tutti gli aspetti. Oltretutto non c’è una politica nazionale sui musei. E quindi mancano gli indirizzi, non ci sono soldi, e le direzioni regionali tutto hanno fatto tranne lavorare sui musei. A volte molto dipende anche dall’attenzione dei dirigenti. Il dirigente di adesso ci tiene molto, ma si è senza una lira. Questo è il momento peggiore in assoluto. E non credo che un ente locale possa

gestire una villa come questa. Ci vuole invece una struttura che abbia discreta autonomia decisionale e la possibilità di introitare i biglietti: così una percentuale di questo incasso resta all’interno anche per gestire il personale e riferimenti nazionali».

In Villa manca un ufficio mostre, e non c’è una lista delle esposizioni effettuate, e in biblioteca i testi non sono catalogati in maniera ordinata.

«Si tratta di una biblioteca spenta ormai da 15 anni, non ci sono fondi per tenerla. Un vero peccato».