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A cura di Marco Minuz, 20 ottobre 2013 19 gennaio

Evento13 con il supporto di International Center of Photography, New York

In occasione del centenario della nascita, Villa Manin ospita una retrospettiva del grande fotografo Robert Capa, considerato il padre del fotogiornalismo moderno.

La mostra La realta’ di fronte presenta un’ampia panoramica di 180 immagini ed è accompagnata da un programma di incontri e proiezioni volti ad approfondire alcuni aspetti della carriera del fotoreporter di origine ungherese, attivo nella prima metà del Novecento e celebre inviato di guerra, cineasta e fotografo di scena. All’interno del percorso espositivo anche The Journey, documentazione filmica, realizzata dallo stesso Capa, sulla nascita dello Stato di Israele.

Spericolato e temerario, in costante movimento tra i diversi fronti rivoluzionari, Capa documenta con passione ed entusiasmo cinque conflitti bellici. È sul campo durante la Guerra civile spagnola (1936-1939), segue la resistenza della Cina all’invasione giapponese nel 1938, copre la Seconda Guerra Mondiale (1941-1945), il primo conflitto arabo- israeliano (1948) e la guerra francese in Indocina, che gli è fatale (1954). Esperienze di drammi che vengono restituiti attraverso immagini toccanti e di forte impatto visuale. Il debutto fotografico ufficiale del giovane Capa coincide con un evento molto rappresentativo: una conferenza tenuta nel 1932 a Copenhagen da “Lev Trotckij […] da oltre tre anni, dopo la sua espulsione dall’Unione Sovietica, […] confinato su un’isola al largo delle coste turche, impossibilitato a procurarsi un visto per gli Stati Uniti d’America o qualunque altro stato europero”14. Attraverso i suoi scatti penetranti Capa registra “una serie di immagini

evocative che colgono il pathos di quegli attimi”15. Dopo l’ascesa al potere del partito nazista

il fotografo si trasferisce a Parigi dove coglie i tumulti che precedono l’elezione del Fronte Popolare, la coalizione di governo di liberali, socialisti e comunisti formata per combattere la minaccia del fascismo. Pur trattandosi di foto in qualche modo legate alla “quotidianità”, è già evidente come Capa “schierava la macchina fotografica per la costruzione di un racconto che sposava anche le sue personali convinzioni”16, affermando fin d’ora la sua

13  Evento in collaborazione con Centro regionale di catalogazione e restauro dei beni culturali, Passariano (UD); Cinemazero, Pordenone; Cineteca del Friuli, Gemona del Friuli (UD); Steven Spielberg Jewish Film Archive, Gerusalemme; Filmoteca Espanola, Madrid; CRAF, Spilimbergo (PN); Collezione Michel Lefebvre, Parigi.

14  R. WHELAN, in M. MINUZ (a cura di), Robert Capa la realtà di fronte, catalogo della mostra, Cinisello Balsamo (MI), Silvana Editoriale, 2013, p. 22.

15  Ibidem

emotiva partecipazione alle vicende narrate. Nel 1936, allo scoppio della Guerra civile, Capa è inviato in Spagna per documentare fotograficamente i combattimenti per conto di prestigiose riviste quali “VU”, “Life” e “Weekly illustrated”. Le foto di Capa vengono pubblicate anche dal quotidiano francese “Regards” che esalta la potenza di queste immagini. “Non era necessario nessun trucco per fare delle foto in Spagna. Bastava sistemare la macchina fotografica. Le foto erano lì e si doveva solo scattare. La verità era la migliore immagine, la migliore propaganda”17.Ed è probabilmente sistemando la sua macchina fotografica

che Capa riesce a fissare per sempre l’attimo fuggente nella celeberrima Morte di un

miliziano lealista (Fronte di Cordova,

inizio settembre, 1936), “catartica immagine […] registrata fortunosamente durante quella vicenda bellica”18. Grande

fotografo di guerra, Capa è capace di catturare con calore e sensibilità anche la rassegnazione, la sofferenza e la dignità dell’essere umano condannato alle più terribili avversità. Ecco allora il potente lirismo di Una bambina (che) si

riposa durante l’evacuazione della città (Barcellona, gennaio, 1939) o il dolore

cupo della città ridotta in macerie di Civili

fanno ritorno a casa (Pont l’Abbé, Bretagna,

Francia, 15 giugno 1944). Nel luglio del 1937 il Giappone, alleato con la Germania e l’Italia, invade la Cina. “Capa vede, nella guerra in Cina, il fronte orientale della lotta mondiale contro il fascismo, il cui 17  Affermazione di Robert Capa riportata in M. MINUZ (a cura di), Robert Capa la realtà di fronte, 2013, op. cit., p. 32. 18  I. ZANNIER, Robert Capa, un mito, in M. MINUZ (a cura di), Robert Capa la realtà di fronte, 2013, op. cit., p. 10.

Morte di un miliziano lealista, Fronte di Cordova, inizio settembre 1936.

Una bambina si riposa durante l’evacuazione della città,

fronte occidentale è rappresentato dalla guerra civile spagnola”19. Nel 1948 il fotografo

giunge in Cina per testimoniare la resistenza attraverso le sue immagini e un documentario intitolato I 400 milioni (1939). Nelle sue foto non c’è spettacolo, alcune colpiscono per la profonda e partecipata umanità con la quale ritrae i più deboli, le donne, i bambini, i giovani “chiamati alle armi”. Mentre descrive con estrema dolcezza Bambini che giocano

nella neve ad Hankou, nel marzo del 1938,

riesce a dare una forza dirompente al volto del Soldato bambino (Hankou, Cina, 1938), immagine poi scelta per la copertina della rivista “Life”. Attraverso ritratti ravvicinati, semplici gesti, espressioni di forte impatto emotivo pur nella loro profonda dolcezza, Capa riesce a conferire nuova “personalità” alla guerra, idolo conclamato della più totale disumanizzazione. Secondo John Steinbeck, Capa “sapeva che non si può fotografare la guerra, perché si tratta per lo più di un’emozione. Ma lui riuscì a catturare quell’emozione scattando accanto ad essa. Era in grado di mostrare l’orrore patito da un intero popolo sul volto di un bambino”20. Capa lascia la Cina nel 1938 poco prima che questa cada nelle mani

dei Giapponesi. Durante la Seconda Guerra Mondiale è in Inghilterra, in Nord Africa, in Tunisia. Nel 1943 è in Sicilia per documentare la liberazione da parte degli alleati. Fronti e luoghi diversi, immagini di dolore e devastazione, che tuttavia nelle sue foto divengono solo uno sfondo, una sorta di quinta teatrale in cui il vero protagonista è l’umanità: civili e bambini innocenti, testimoni e vittime della tragedia in atto. In Sicilia Capa fotografa Donne

che piangono al funerale di venti giovani partigiani, giovani trucidati dai tedeschi per aver

cercato di ribellarsi (ottobre 1943). Un’immagine dolcissima e straziante. Robert Capa con i suoi scatti riesce a trasmettere un senso di “intimità e immediatezza, compassione ed empatia”21, consapevole e talora commossa partecipazione alle sofferenze dei soggetti

rappresentati. Lontane dalla aberrante assuefazione di immagini cruente alla quale, ignari spettatori, anche noi ci obblighiamo, nelle foto di Capa “non c’è mai l’eccesso, il 19  R. WHELAN, in M. MINUZ (a cura di), Robert Capa la realtà di fronte, 2013, op. cit., p. 44.

20  John Ernst Steinbeck, (1902-1968) scrittore statunitense e per un periodo giornalista e cronista di guerra nella Seconda guerra mondiale. Affermazione citata in R. WHELAN, Robert Capa, 2013, op. cit., p. 9.

21  R. WHELAN, Robert Capa, in M. MINUZ (a cura di), Robert Capa la realtà di fronte, 2013, op. cit., p. 8.

massacro per se stesso […]; il sangue nel suo bianco-nero, quando c’è, è controllato dalla dolcezza dell’immagine, che tende a essere romantica, antica e irripetibile nella speranza esistenziale della pace”22.

Nel giugno del 1944, Robert Capa partecipa e documenta con i suoi scatti lo sbarco delle truppe americane in Normandia, sul tratto di costa chiamato “Omaha Beach”. È il primo giornalista che riesce a giungere su quella spiaggia e a raccontare da vicino quel massacro senza farsi uccidere. Tuttavia, a causa di un problema durante lo sviluppo, dei quattro rullini rimangono solo undici negativi, i cosiddetti “Magnificent Eleven”23 da cui Steven

Spielberg trae le immagini del suo film “Salvate il soldato Ryan”. Dalla Normandia Capa

giunge a Parigi dove fissa veri e propri momenti di storia dell’umanità con le foto cariche di entusiasmo e speranza della Folla che celebra la liberazione della città (1944). “Le sue foto non sono incidenti. L’emozione che contengono non arriva per caso. Capa era in grado di fotografare il movimento, l’allegria e lo sconforto. Era in grado di fotografare il pensiero. Le sue foto catturano un intero mondo”24. Tra il 1948 e il 1950 si reca ripetutamente a

Tel Aviv per raccogliere una testimonianza fotografica sulla nascita del nuovo stato di Israele e realizza The Journey, toccante documentario sulle condizioni dei profughi sopravvissuti ospitati in grandi campi di internamento. Dopo la guerra scopre il cinema, frequenta e fotografa le star di Hollywood. “C’è il sorriso di Robert, nei ritratti agli amici e alle amiche, ripresi in fretta nelle ‘retrovie’ di un set cinematografico; ritratti che però 22  I. ZANNIER, Robert Capa, un mito, in M. MINUZ (a cura di), Robert Capa la realtà di fronte, 2013, op. cit., p. 10. 23  R. WHELAN, in M. MINUZ (a cura di), Robert Capa la realtà di fronte, 2013, op. cit., p. 74.

24  Citazione dal Diario Russo di John Ernst Steinbeck, in M. MINUZ (a cura di), Robert Capa la realtà di fronte, 2013, op. cit., p. 96.

sembrano registrati controvoglia, […]. Immagini finalmente ‘deboli’, meno strutturate stilisticamente”25, prive di quel pathos che contraddistingue tutta la sua produzione e che

sembrano tradire una sorta di insofferenza di Capa lontano dai “teatri” di guerra.

Le fotografie di Robert Capa sono considerate “icone della cultura visiva nel Novecento, nonostante la loro forza non risieda né nel tecnicismo, né nella bellezza, bensì nell’ancora intatta capacità di testimoniare la partecipazione diretta a quegli eventi. […] Una partecipazione come espressione di un esercizio di intelligenza e consapevolezza. Capa partecipava non solo fisicamente […] ma lo faceva anche ideologicamente attraverso la sua macchina fotografica”26. Sempre in prima linea, disposto a rischiare la vita “per coprire

le guerre di cui amava un fronte e odiava l’altro”27.

BIOGRAFIA

Robert Capa (1913-1954) nasce a Budapest da una famiglia ebrea con il nome di Andre Erno Friedman. Nel 1931, costretto a fuggire dal suo paese perché sospettato di proteste contro il regime, si trasferisce a Berlino dove studia giornalismo alla Hochschule fur Politik. In questo stesso anno riceve dall’agenzia berlinese Dephot dapprima piccoli incarichi per servizi fotografici locali, poi il primo importante lavoro da fotografo, inviato a Copenhagen per riprendere una conferenza di Lev Trotckij. Nel 1933, con l’ascesa al potere del partito nazista, Capa abbandona Berlino e si stabilisce a Parigi che diventa per lui base di riferimento nei primi anni della guerra civile spagnola. A Parigi stringe amicizia con Henri Cartier-Bresson, il fotografo polacco David Seymour “Chim” e André Kertész. Nel 1934 incontra Gerda Pohorylle, nota come Gerda Taro, una rifugiata tedesca che diventa sua compagna e manager. Nella capitale francese Capa fotografa le marce e le parate politiche che accompagnano l’elezione del Fronte Popolare. È nel 1935 che inizia a vendere le proprie foto firmandole con il nome di Robert Capa. Tra il 1936 e il 1939 si reca diverse volte in Spagna per coprire la guerra civile per conto di prestigiose riviste come “VU”, “Life” e “Weekly Illustrated”, esperienza che gli garantisce fama internazionale. Durante il 1938, per otto mesi racconta il movimento di resistenza cinese contro l’invasione giapponese, ma in ottobre torna in Spagna per fotografare le Brigate Internazionali che, alla fine della guerra civile, lasciano il paese. Dopo aver lavorato a diversi progetti per conto della rivista “Life” sia negli Stati Uniti che in Messico, Capa torna in Europa e tra il 1941 e il 1945 segue lo scenario bellico durante il secondo conflitto mondiale. Presente nei fronti più 25  I. ZANNIER, Robert Capa, un mito, in M. MINUZ (a cura di), Robert Capa la realtà di fronte, 2013, op. cit., p. 11. 26  M. MINUZ, Capa. Senza loro, nemmeno io, in M. MINUZ (a cura di), Robert Capa la realtà di fronte, 2013, op. cit., p. 6. 27  R. WHELAN, Robert Capa, in M. MINUZ (a cura di), Robert Capa la realtà di fronte, 2013, op. cit., p. 8.

difficili, partecipa allo sbarco delle truppe alleate in Normandia, realizzando alcune delle sue opere più famose. Nel 1946 trascorre un breve periodo a Hollywood dove frequenta e fotografa Ingrid Bergman impegnata nelle riprese del film Notorious di Alfred Hitchock e altri registi, attori e scrittori come John Huston, Howard Hawks, Humphrey Bogart, John Steinbeck, Ernest Hemingway e molti altri, tutti immortalati con i suoi scatti. Nel 1947 fonda, con Henri Cartier-Bresson, David Seymour “Chim” ed altri l’agenzia Magnum, un progetto importante al quale si dedica con impegno negli anni successivi. Sempre nel 1947 si reca in Unione Sovietica con lo scrittore americano John Steinbeck.

Tra il 1948 e il 1950 compie diversi viaggi in Israele per documentare la nascita del nuovo stato, il primo conflitto arabo-israeliano e i massicci sbarchi di immigrati nel porto di Haifa. Nel 1954 è in Giappone e poi in Indocina per conto della rivista “Life”, per seguire l’evacuazione dei prigionieri feriti a Dienbienphu. Muore il 25 maggio a Thai-Binh in Indocina dopo aver calpestato una mina antiuomo.

Gruppo di bambini carica dei fagotti su un carrello di fronte alle macerie,

ESPRESSIONISMO

A cura di Marco Goldin e Magdalena Moeller