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Villa Manin, una “Reggia” per l’arte

“Nella vasta pianura friulana, prossima al mare, la villa Manin di Passariano sembra quasi un miraggio, un ricamo latteo incastonato nel tessuto grigioverde della natura. Il suo incontro è sempre improvviso e ammaliante. Questa piccola Versailles della regione ha un fascino indimenticabile, perché motivi architettonici, dimensione umanistica e calore patriarcale vi si compaginano integrandosi felicemente”1.

Immersa in un parco secolare di 18 ettari ispirato ai modelli francesi e arricchito da gruppi di statue che abbelliscono i viali, Villa Manin a Passariano rappresenta un vero e proprio canto del cigno della nobiltà veneziana ormai esangue: dimora dell’ultimo, malinconico doge della Repubblica Veneta, Ludovico Manin, questa Villa, definita da Carlo Goldoni “soggiorno degno di un re”2, è il più importante esempio di Villa Veneta del Friuli dotata

di un proprio fascino esaltato dalle dimensioni imponenti, dall’eleganza delle forme, dalla ricchezza decorativa e dall’equilibrio tra architettura e ambiente.

L’edificio residenziale e il parco che l’attornia sono caratterizzati da una singolare stratificazione stilistica: il loro aspetto si adegua nel tempo ad esigenze sorte in epoche

1 A. RIZZI, La Villa Manin di Passariano, Udine, Del Bianco, 1971, p. 5.

2 C. GOLDONI, Memorie, prefazione e traduzione di Eugenio Levi, Torino, Giulio Einaudi Ed., 1967, Parte prima, cap. XV, p. 67. […]. L’immenso palazzo e i superbi giardini di Passarean dei conti Manini, nobili veneziani,

costituiscono un soggiorno degno di un re…. D. Rossi, prospetto della villa, inciso da A. Zucchi.

diverse. È così che ai fasti barocchi dei caratteristici laghetti, delle numerose fontane e delle statue che popolano il giardino nel corso del XVIII secolo, si aggiunge la creazione di spazi idilliaci e appartati, tipici della concezione romantica ottocentesca, con cui si rivaluta il rapporto tra l’uomo e la natura. Per l’estensione e l’importanza artistica che riveste, quello di Villa Manin è considerato il parco storico più importante della regione Friuli-Venezia Giulia.

“La Villa è nata per il prestigio di una famiglia, quella dei Manin”3, costretta a lasciare

Fiesole perché sottomessa dalla rivale Firenze e spinta a rifugiarsi in Friuli nel XIII secolo. Qui la fama dei Manin e le loro ricchezze aumentano tanto da attestare la famiglia tra le più illustri e potenti del territorio, dotate di capitali e ingenti latifondi. Un discendente, il nobile friulano Antonio Manin, alla perdita del dominio dei mari si concentra sulle risorse della terraferma: entrato in possesso della gastaldia di Sedegliano nel 1578, si insedia a Passariano dove costruisce la sua azienda agricola, ponendovi al centro una casa padronale di notevoli proporzioni che sfrutta un edificio preesistente. Il palazzo viene destinato a sede della villeggiatura estiva e autunnale. Possedere una Villa dal ‘500 all’Ottocento, oltre a garantire un utile grazie derivato al fondo ad essa connesso, rappresenta un importante segnale di prestigio e di qualifica politica. Nel 1607 Lodovico I diventa infatti patrizio veneto: “Con decreti del Senato e del Maggior Consiglio del 3 e dell’11 giugno 1651, […], per la sua antica nobiltà, per la generosa elargizione di centomila ducati alla Repubblica Veneta e per il notevole contributo alla guerra di Candia”4. Con l’ammissione alla nobiltà

lagunare i Manin hanno accesso alle cariche più onorifiche della Serenissima compresa la massima magistratura assunta da Lodovico che diventa doge nel 1789.

La prima fabbrica della Villa, della quale non si conosce ancora l’ideatore - anche se alcuni elementi linguistici conducono ad un discepolo del Longhena, Giuseppe Sandi - risale al 1650-1660. L’originario aspetto seicentesco della villa si modifica in seguito con le trasformazioni e gli ampliamenti settecenteschi voluti da Lodovico II e Lodovico III (detto Alvise) e realizzati dal veneziano Domenico Rossi, il cui intervento, pur non avvallato da puntuali prove documentarie, trova conferma nell’indagine stilistica e nell’itinerario biografico dell’architetto. Anche se condizionato dalle strutture preesistenti, Rossi riesce a dare al complesso carattere unitario “compaginandole brillantemente in una nuova visione edilizia, che si avvale di una ritmica più viva e articolata, di gusto rococò”5. Nel 1707

disegna la piazza quadrata e, dopo il 1718, la monumentale esedra - omaggio a Palladio - con l’ampio porticato di grande effetto scenografico a forma di ferro di cavallo che chiude il giardino antistante il complesso. L’architetto provvede anche a sopraelevare il nucleo 3 A. RIZZI, La Villa Manin di Passariano, 1971, op. cit., p. 5.

4 A. RIZZI, La Villa Manin di Passariano, 1971, op. cit., p. 7. 5 Ivi, p. 16.

centrale e le barchesse conferendo a questi corpi di fabbrica una posizione di privilegio. Seguenti modifiche sono attribuite a Giovanni Ziborghi, che segnala la sua presenza con una scritta, indicante anche l’anno 1738, serrata tra elementi decorativi del granaio. A solo un anno dalla morte di Domenico Rossi è da supporre che a Ziborghi spettino solo interventi marginali quali fontane e arancere.

La posizione geografica strategica, l’imponenza straordinaria delle dimensioni, l’impianto architettonico dal forte carattere scenografico e la ricchezza delle decorazioni pittoriche e scultoree rispondono al fasto che i Manin esigono. Nell’insieme, il complesso monumentale appare più come una reggia che come una villa che tuttavia, dopo aver conosciuto lo sfarzo, la mondanità e il mecenatismo, è costretta ad affrontare una inesorabile decadenza. “Caduta la Repubblica di Venezia, e con essa anche l’ultimo doge Ludovico Manin, che a Passariano trovava ristoro e conforto, essa assunse l’aspetto triste e solenne di una reggia abbandonata, solitaria testimonianza di una civiltà perduta”6. Napoleone

Bonaparte si intrattiene dal 27 agosto al 28 ottobre 1797 con Giuseppina Beauharnais, e sceglie questa residenza come suo quartier generale: da qui per la prima volta traccia un nuovo ordinamento da imporre all’Europa intera. “Ed è proprio qui, cioè nella sede estiva dell’ultimo doge di Venezia, che l’ironia della sorte volle vi fosse firmato il trattato noto sotto il nome di ‘Campoformio’ (17 ottobre 1797), che sanzionava la fine della secolare potenza della stessa Venezia”7 a favore dell’Impero Asburgico.

Il cambiamento segna l’inevitabile decadimento e fine della dinastia dei Manin: nell’Ottocento il degrado della Villa è causato dall’affievolimento della fortuna familiare dei Manin. “Da Napoleone fino alla seconda guerra mondiale la villa fu sottoposta ad un saccheggio che vide uniti tutti i militari che di volta in volta sono scesi in Italia”8, invasori

sedotti dalla brama di ereditarne la dignità e la grandezza passate.

Tra il 1917 e il 1918 la Villa di Passariano viene occupata dallo Stato Maggiore di Guglielmo II e Carlo I D’Asburgo, prima della battaglia del Piave.

Contrasti familiari, perdita del contesto agricolo - importante fonte di rendita - e degli arredi, di parte della biblioteca e di preziosi dipinti di scuola veneta caratterizzano la parabola discendente della Villa che si trova “in uno stato di abbandono e di decadenza tali da far pensare ad una imminente e irreparabile rovina”9.

Nel tentativo di promuovere una estrema azione di salvataggio, nel 1962 la Villa diventa proprietà dell’Ente per le Ville Venete (oggi Istituto Regionale Ville Venete) attraverso una pratica avviata con la collaborazione della Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie del 6 Ivi, p. 28.

7 Ibidem

8 L. ZOPPÈ, Ville del Friuli, Milano, Itinera Ed., 1978, p. 142. 9 A. RIZZI, La Villa Manin di Passariano, 1971, op. cit., p. 30.

Friuli-Venezia Giulia. Nel “luglio del 1961 il Ministero della Pubblica Istruzione emetteva il decreto di pubblica utilità”10 che autorizza l’esproprio della Villa a favore dell’Ente stesso al

prezzo simbolico di 140 milioni di lire; prezzo da liquidazione fallimentare considerando lo stato d’abbandono in cui versa la residenza dell’ultimo doge Ludovico Manin. L’Ente Ville Venete inizia il restauro della Villa “con lo stanziamento di quasi 200 milioni di lire”.11

L’interrogativo riguarda la sua destinazione una volta restaurata: la superficie utilizzabile è di 1800 metri quadrati, il parco conta 19 ettari. Il Comune di Udine accoglie il progetto di Aldo Rizzi, storico dell’arte e direttore dei Civici Musei di Udine, che vuole trasformare l’antica residenza nobiliare in una prestigiosa sede di grandi mostre d’arte. L’idea viene appoggiata dalla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia che nel 1969 acquista la Villa dall’Ente per le Ville Venete. Rizzi, conservatore dal 1972 al 1993, organizza nel 1971 la mostra inaugurale del Tiepolo (325.000 visitatori) e crea, dopo il terremoto del 1976, la Scuola del Restauro, che salva numerosi capolavori d’arte.

Villa Manin ospita anche mostre di antiquariato, concerti e convegni, e contiene una zona museale con esposizioni permanenti: una raccolta di carrozze antiche e un’armeria. Molte delle sue 350 stanze sono arredate con mobili d’epoca e con dipinti del museo di Udine, compresa la camera di Napoleone.

Dal 2004 al 2008 Villa Manin è Centro di Arte Contemporanea e, proiettata verso una nuova dimensione museale, prosegue una ricerca volta a promuovere importanti iniziative culturali e ad attestare il complesso monumentale di Passariano come riferimento di grande interesse artistico, musicale - oltre che turistico ed economico - di carattere nazionale e internazionale.

“…se, come disse Napoleone, questa villa era troppo suntuosa per essere una dimora privata, ora ha trovato la sua definitiva destinazione”12.

10 Ivi, p. 30. 11 Ibidem

12 L. ZOPPÈ, Ville del Friuli, 1978, op. cit., p. 142.

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