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A cura di Carlo Franza, 1 27 novembre

Esposizione promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dall’INAC e dalla Galleria Arte Borgogna74

Un suggestivo viaggio all’interno del composito “pianeta umano” a tu per tu con la materia. Con le sue 14 opere-installazione, Maria Cristina Carlini scruta le radici dell’umanità osservandola nei suoi rapporti con i differenti elementi: oro, ferro, ceramica e legno si combinano in una visione iconografica dell’esistenza. La mostra Reperti rappresenta così un dialogo costante e attento tra l’artista e il suo pubblico: perché non si tratta soltanto di scoprire il mondo della materia cercando di afferrarne i significati più profondi e misteriosi, ma anche di leggere e comprendere la relazione instaurata con l’essere umano nel corso del tempo.

Reperti diventa quindi una sorta di “riflessione sul monumento, come luogo dove il

tempo concreto viene proiettato nel tempo mitico e dove addirittura lo spazio ordinato ritualmente diventa centro del mondo, incontro del Cielo e della Terra e degli Inferi”75.

Reperti sono testimonianze del passato, corrosi e degradati dal trascorrere dei secoli: “Il

74 I.N.A.C.-Istituto Nazionale d’Arte Contemporanea; Galleria d’Arte Borgogna di Milano. 75 C. FRANZA (a cura di), Reperti, catalogo della mostra, Milano, Ed. Skira, 2005, p. 23.

tempo, grande scultore”76 è il suggestivo messaggio di Marguerite Yourcenar che dà il titolo

al suo libro di memorie. Carlini quindi “prende in esame un aspetto particolare delle cose della storia, oggetti, iconografie, documenti, muri, pietre; esse ci parlano attraverso i segni di tutto il tempo che li ha conservati, mutati, distrutti, scolpiti. Non si tratta solo di risalire come racconto alla costruzione di un oggetto o di uno spazio, quanto di avvicinarci alla sua essenza”77. Cosi con Reperti, l’installazione che dà il titolo all’esposizione di Villa Pisani,

Carlini presenta al visitatore un universo carico di suggestioni e di significati. L’opera sembra una grande tavola popolata di presenze che evocano una “iconografia rurale” che scorre sulle sfumature del colore rosso, ottenute grazie alla fusione di gres, ossido di ferro e oro. Ci sono anfore, ciotole scheggiate, piatti, mattoni, pietre. Questi oggetti però sono attraversati da segni e incisioni, come se ciascuno di essi volesse narrare una propria storia seguendo un personalissimo linguaggio ancestrale: ne deriva una sorta di “paesaggio antico di manufatti che raccontano il tempo e l’uomo, e soprattutto svelano il destino delle cose costruite, gli scambi, gli scarti, gli sfasamenti, la loro connotazione iniziale che ha perso di primarietà per acquisirne di secondarietà, e cioè artistica e storica”78.

La volontà di raccontare l’uomo e la sua cultura in un percorso che attraversa la storia è il denominatore comune nelle opere esposte in mostra. Con Crollo dei Lari e Penati, divinità tutelari romane, protettrici della famiglia e della casa, “immagine estrema di un’identità perduta che cerca il senso di una nuova nascita”79, Carlini celebra la storia della vita

materiale attraverso l’uso di un manufatto fittile, in cui lampi dorati che contrastano con la materia opaca creano suggestioni misteriche di antica memoria. Così Reliquiario, suggestiva citazione di una antica teca dove venivano conservate le sacre reliquie, richiama un viaggio attraverso civiltà antiche e culture popolari pervase da un “vissuto magico e simbolico”80. In tutti

i suoi lavori Carlini è costantemente attratta dal reperto, dal frammento, intesi come citazioni di un passato lontano ma anche come parti di un tutto che si ricompone secondo i significati suggeriti dall’artista che plasma la materia, che diviene simbolo, allegoria, metafora. In questo senso vanno lette le grandi isole della Genesi, Movimento Tellurico, Paesaggio Etrusco 76 M. YOURCENAR, Il tempo, grande scultore, traduz. G. Guglielmi, Torino, Einaudi, 1985.

77 C. FRANZA (a cura di), Reperti, 2005, op. cit., p. 25. 78 Ivi, p. 26.

79 C. CERRITELLI, Reperti nel grembo del visibile, in C. FRANZA (a cura di), Reperti, 2005, op. cit., p. 19. 80 C. FRANZA (a cura), Reperti, 2005, op. cit., p. 27.

come pure le altre opere esposte, sculture “caratterizzate da forme fluide e sinuose rese vibranti da un intenso cromatismo per lo più naturale;[…] sono ricerche interessanti avendo come obiettivo quello di ridefinire e ridare un nuovo senso e un nuovo valore al racconto archetipale dello spazio e del tempo”81.

Come era già accaduto nelle precedenti mostre in cui Carlini aveva scortato il visitatore sulle Tracce e Luoghi dell’umanità, cosi in Reperti la scultrice sembra voler analizzare i segni del passato per riflettere sul vivere attuale. Da sempre Carlini ama sviluppare un dialogo con il visitatore, che diventa a suo modo protagonista del processo creativo insieme all’artista, entrambi alla ricerca delle ragioni più vere e intime dell’esistenza e di come essa si rapporti con il mondo della materia.

BIOGRAFIA

Il viaggio verso la scultura, in Maria Cristina Carlini, è intimamente legato alla sua percezione della “materia-terra”, che racchiude al suo interno archetipi e istinti primari: sono infatti la terra, il ferro, il fuoco i tre elementi base del linguaggio di questa artista italiana di nascita ma internazionale di formazione.

La ricerca dei significati misteriosi della materia la spinge ad avvicinarsi, nei primi anni Settanta, alla lavorazione della ceramica in California. Ceramica e scultura, universi considerati concettualmente distinti sono in realtà per Carlini esperienze strettamente connesse in quanto, attraverso differenti percorsi, le permettono di approfondire lo studio sulla genesi della forma e delle sue possibilità espressive. “Per entrare nei segreti della terra non ci vuole solo ardore tecnico e perizia artigianale ma in special modo la capacità di sentire il punto di congiunzione tra la visione interiore e il respiro corporeo della materia, quello slancio intuitivo che consente di stabilire un colloquio ininterrotto con gli elementi primari”82. È questo il bisogno che orienta la sua ricerca: indagare “l’essenza

della prima impronta” e le culture delle civiltà primitive californiane, a lungo studiate a Palo Alto, meditare sul rapporto con la terra e sul destino della forma plastica sono sentite come urgenze e portano l’artista ad un apprendistato sempre più sperimentale: “Dopo un periodo di attenzione verso i prodigi tecnici legati alla creazione di vasi, piatti e formelle […], dopo un’adesione dunque alle regole dell’arte ceramica Carlini è stata in grado di trasgredirne le maniere esecutive e gli effetti estetici a vantaggio della visione primordiale e arcaica della terra”83.

81 Ivi, p. 33.

82 C. CERRITELLI, Reperti nel grembo del visibile, 2005, op. cit., p. 7. 83 Ivi, p. 8.

Dal 1975 si dedica all’insegnamento del lavoro al tornio a Bruxelles, sperimentando attraverso questa tecnica una serie di pezzi unici in porcellana con inserti in gres “esempi di una concezione della forma caratterizzata da dinamismi fluidi”84. Da queste esperienze

derivano una sensibilità formale ed un linguaggio che già contiene in nuce i segni delle aspirazioni successive: il fascino delle scorie metalliche inserite nel gres, le reti di ferro sovrapposte alla terra, o i sottili lembi di materia piegati secondo differenti inclinazioni. Tornata in Italia nel 1978, dopo aver lavorato un anno nello studio di ceramica del pittore Concetto Tamburello, apre un proprio laboratorio a Milano.

Nel 1984 a Oakland, San Francisco, segue altri corsi di perfezionamento al Californian College of Arts and Crafts. Gli anni Novanta rappresentano un importante momento di svolta caratterizzato da una apertura verso una nuova concezione di spazialità, un’aspirazione all’architettura, un “continuo tentativo di catturare una porzione d’ambiente”85. L’opera

non è più nucleo unitario, ma nasce dalla dialettica che si instaura tra i differenti frammenti e il loro disporsi nello spazio. Un esempio in questo senso è

Focolare del 1991 una forma

dal perimetro semicircolare e irregolare, realizzata in gres e barre di ferro: uno spazio simbolico, in cui sebbene entro una misura contenuta, “questo argine di terra predisposto ad accogliere il fuoco già allude ad una spazialità che gravita oltre il suo stesso punto di equilibrio, accerchiando una parte minima di luogo ma non escludendo il resto dell’ambiente”86. In questa

sorta di focolare primordiale il fuoco, che pure è assente, è tuttavia ben presente nella memoria e nell’immaginario dello spettatore grazie alle tracce annerite sulla terra: è questo il fulcro della ricerca di Carlini. A partire dagli anni Novanta per lei ciò che conta sono proprio “l’aspetto primordiale” dell’immagine, i segni lasciati dal tempo, le erosioni, le combustioni, gli equilibri che si creano tra i differenti materiali (in questo caso terra, ferro e gres), o le costruzioni simboliche che derivano dalla combinazione di semplici 84 Ibidem

85 C. CERRITELLI, Reperti nel grembo del visibile, 2005, op. cit., p. 9. 86 Ivi, p. 10.

elementi primari. Questa ricerca la allontana definitivamente dalla “forma perfetta” e dai manufatti di piccole dimensioni.

Queste esplorazioni approdano presto nei Muri, nelle Porte, e a strutture basate sull’utilizzo di mattoni, considerati oggetti d’uso ma anche manufatti dal significato simbolico ed evocativo, segni di un processo d’invenzione formale che deriva dal loro combinarsi, uno ad uno, in maniera sempre diversa, per creare uno spazio architettonico o suggerire la percezione di un limite. Per Carlini quindi la scultura “più che rappresentare lo spazio indica il rapporto dell’uomo con il luogo in cui si trova, in tal senso sollecita una riflessione sul reale che mette in gioco anche la conoscenza interiore dello spazio, la risonanza emotiva delle forze in gioco”87

A partire dagli anni Novanta la sua attività espositiva si fa sempre più intensa con mostre personali e collettive a Milano, Roma, Shangai, Pechino, Denver e in altre sedi pubbliche e private internazionali. A Parigi nel 1992 partecipa a “Découvertes 92” al Grand Palais invitata dalla Christina Colmant Art Gallery di Bruxelles, per la quale tiene una mostra personale l’anno successivo. Diverse sue sculture monumentali sono collocate in permanenza in importanti città del mondo e fanno parte di collezioni private in Italia e all’estero.

Nel 2004 a Roma le viene assegnato per la scultura il “Premio delle Arti - Premio della Cultura”, XVI edizione 2004, in Palazzo del Senato. Sempre nell’ambito di questo Premio, presieduto da una giuria internazionale, nel 2005 in occasione della XVII edizione è designata “Artista dell’anno”. A Milano, nel 2011, la giuria le assegna il terzo premio “Arte Accessibile Prize Award”.