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L’argomento letterale e il confronto con la bancarotta fraudolenta da reato societario come reato di evento

LA DIMENSIONE SPAZIALE

SOMMARIO 1. Introduzione – 2 La bancarotta fraudolenta propria e il problema

2. La bancarotta fraudolenta propria e il problema del nesso di causalità 1 Lo stato dell’arte del delitto di bancarotta fraudolenta propria

2.4. L’argomento letterale e il confronto con la bancarotta fraudolenta da reato societario come reato di evento

Al rilevante esito, secondo cui il delitto di bancarotta c.d. propria rappresenta un reato di pericolo concreto, si deve pervenire sulla base di un’interpretazione letterale.

La lettera della disposizione di cui all’art. 216 l. fall., infatti, diverge da quella dell’art. 223, comma secondo, l. fall.: solo in quest’ultima, il legislatore ha inteso attribuire rilevanza a quelle condotte che cagionano il dissesto societario. Pertanto, laddove l’Autore delle leggi ha ritenuto opportuno prevedere una connessione causale tra la condotta del soggetto attivo e il successivo dissesto, lo ha espressamente prescritto.

Sulla scorta di tali considerazioni, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto il dato letterale insuperabile e, quindi, ha escluso, una volta per tutte, la sussistenza del nesso di causalità351.

Effettivamente, il d. lgs. n. 61 del 2002, per mezzo dell’introduzione all’interno dell’art. 223, comma secondo, n. 1, l. fall. della formula “hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società”, ha condotto una rilevante ristrutturazione del reato, prevedendo espressamente un evento, segnatamente il dissesto societario, e la connessione causale tra i reati societari richiamati nella fattispecie di bancarotta fraudolenta impropria e tale dissesto352.

Appare ragionevole concludere che il legislatore abbia trasformato il delitto di bancarotta fraudolenta societaria da reato di pericolo in reato di danno, caratterizzando

351 Cfr. Sez. V, 17 luglio 2014, n. 47616, in Cass. pen., 2015, p. 3720 ss.

352 Per una lucida analisi sul nesso di causalità nella bancarotta impropria, si veda GAMBARDELLA,

Il nesso causale tra i reati societari e il dissesto nella "nuova" bancarotta fraudolenta impropria: profili dogmatici e di diritto intertemporale, in Cass. Pen., 2003, n. 01 , p. 88 ss.

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la nuova fattispecie per un maggior disvalore dovuto proprio al collegamento eziologico tra i reati societari e l'evento di dissesto, in modo da giustificare il più grave trattamento sanzionatorio applicato al reato societario che, a seguito della dichiarazione di fallimento, si trasforma in bancarotta fraudolenta societaria353.

Se, dunque, alla luce delle riflessioni sin qui svolte, appare evidente ammettere la diversità strutturale tra l’art. 216 l. fall. e l’art. 223, comma secondo, l. fall., tuttavia non univoca è stata la risposta degli interpreti che si sono espressi sulle conseguenze da riconoscere a tale diversità strutturale.

Secondo una prima impostazione, sul punto, verrebbe in evidenza una lacuna legis, con la conseguente necessità di ammettere l’esigenza di ricorrere all’analogia in bonam partem, in modo da ammettere la presenza dell’evento dissesto e la sua connessione eziologica con le condotte criminose354.

Altra impostazione, invece, giunge alla stessa conclusione, ma utilizzando una diversa argomentazione, “di sistema”, per così dire355.

Si ritiene, infatti, che sarebbe proprio il fallimento, nel suo presupposto sostanziale dello stato di insolvenza, a caratterizzare la particolare figura criminosa, tanto da giustificarne gli elevati limiti edittali.

In questa ottica, il nuovo dettato della bancarotta fraudolenta societaria sembrerebbe espressione e conferma di tale principio, laddove viene previsto un ponte causale tra le condotte incriminate e il dissesto. Secondo chi sostiene tale posizione sarebbe irragionevole far valere il suddetto principio solo per alcune figure di bancarotta fraudolenta.

Contro tali conclusioni, cui giungono seppur autorevolissime dottrine, oltre, come si è visto, alla giurisprudenza di legittimità, si pone chi ragiona richiamando il brocardo “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”356.

In merito a tale questione, sembra ragionevole prediligere un’interpretazione letterale.

353Così CADOPPI, Bancarotta societaria, in I reati societari, a cura di Lanzi-Cadoppi, Cedam, 2007,

p. 380 ss.

354 Cfr. VASSALLI, La disciplina penalistica delle crisi di impresa, in Trattato di diritto fallimentare,

diretto da Buonocuore e Bassi, Cedam, 2010, p. 653 ss.

355 Cfr. FIORELLA, Questioni fondamentali della parte speciale del diritto penale, cit., p. 300 ss. 356 Sulla diversità strutturale e sulla inconciliabilità degli artt. 216 e 223 l. fall., v. SANDRELLI, Lo

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Utilizzando il citato metodo ermeneutico, non può che giungersi alla conclusione in ordine alla diversità dell’impostazione normativa: mentre le condotte di cui all'art. 216 l. fall. possono cagionare direttamente la perdita di valore del patrimonio destinato a garanzia dei creditori, la commissione di illeciti societari, i quali contengono già una loro peculiare finalità di tutela, non necessariamente pregiudica l'integrità patrimoniale a cui mira l'art. 223 l. fall.

In merito al nesso di causalità, in particolare, è evidente la differente impostazione testuale degli articoli richiamati: l’art. 216 punisce "l'imprenditore che ha distratto, ecc", l’art. 223 l'amministratore che "cagiona il dissesto".

Questo dimostra che quando il legislatore ha inteso costruire la condotta di offesa agli interessi creditori mediante una conseguenza esterna all'azione tipicizzata, lo ha espressamente affermato con il richiamo al verbo "cagionare" e alla menzione espressa al rapporto causale tra la condotta e l'evento del dissesto.

Proprio il fatto che questa novella sia più recente, essendo stata modificata nel 2002, attesta "l'infondatezza del diverso assunto interpretativo". Qualora il legislatore fosse stato animato da "pulsione ermeneutica autentica", sarebbe intervenuto su tutte le norme fallimentari che coinvolgono le condotte di impoverimento dell'asse attivo, imponendo per tutte il nesso eziologico col dissesto. Invece, ha deciso di lasciare la "vistosa difformità" tra l'art. 216 e l'art 223 l. fall.357.

357 PEDRAZZI, Diritto penale, Scritti di diritto penale dell’economia, Giuffrè, 2003, p. 1001 ss., ritiene

che l’esigenza di un nesso eziologico non solo non risulti dal dato positivo, ma sembri contraddetta dal sistema.

Secondo tale autorevole voce, il quesito si pone in questi termini: se la causazione (o l’aggravamento) del dissesto rappresenti il denominatore comune delle ipotesi della bancarotta. L’argomento vero, seguendo tale impostazione, è dato dalla totale equiparazione delle forme patrimoniali e di quelle documentali della bancarotta, sia fraudolenta che semplice. Della bancarotta documentale, auspicata da altrettanto autorevole dottrina, è un auspicio che però non corrisponde alla vigente realtà legislativa: ciò sia per il parallelismo tra i nn. 1 e 2 dell’art. 216, comma 1, come tra il comma 1 e 2 dell’art. 217; sia per la confluenza dei due gruppi di ipotesi nella cornice unitaria sottintesa dall’aggravante dell’art. 219, cpv.

Ora solo la bancarotta patrimoniale è riducibile a causazione o aggravamento del dissesto, quanto meno

de jure condendo; la bancarotta documentale, invece, riflette una tutela più avanzata delle ragioni

creditorie, che perderebbe buona parte della sua efficacia se si volesse chiedere qualcosa di più di una semplice esposizione a pericolo.

Tuttavia, de lege legata, la bancarotta patrimoniale e quella documentale sono equiparate sia nella struttura che nella correlazione al fallimento: l’equiparazione, infatti, non può che avvenire al più tenue livello di lesività (costituito appunto dalle forme documentali).

Sembrerebbe, pertanto, che il reato di bancarotta possa essere considerato reato di condotta: la stessa forma patrimoniale sembra essere costituita da condotte descritte in forme modali, e non in funzione di un risultato esterno. Il Pedrazzi, a tal proposito, mette in evidenza come la “carica offensiva rappresenti

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