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Il nesso di causalità e l’apparente conflitto giurisprudenziale: la damnatio memoriae della “Sentenza Corvetta”

LA DIMENSIONE SPAZIALE

SOMMARIO 1. Introduzione – 2 La bancarotta fraudolenta propria e il problema

2. La bancarotta fraudolenta propria e il problema del nesso di causalità 1 Lo stato dell’arte del delitto di bancarotta fraudolenta propria

2.3. Il nesso di causalità e l’apparente conflitto giurisprudenziale: la damnatio memoriae della “Sentenza Corvetta”

Il punto di partenza del discorso è rappresentato dalla presa d’atto dell’esistenza di un unico precedente difforme343, considerato da molti momento epifanico per mutare la granitica interpretazione della giurisprudenza di legittimità ovvero, ad ogni modo, rilevazione di un eventuale conflitto giurisprudenziale.

Tale pronuncia – la nota “sentenza Corvetta” – aveva, infatti, affermato che il fallimento, costituisce elemento essenziale del reato, in qualità di evento dello stesso, e, pertanto, deve porsi in rapporto causale con la condotta dell'agente, e deve, altresì, essere sorretto dall'elemento psicologico del dolo344.

In particolare, l’arresto in parola, una volta escluso che il fallimento debba considerarsi condizione obiettiva di punibilità – in virtù del fatto che proprio questo rappresenta l’elemento in cui si concentra il disvalore di condotte altrimenti “neutre”

343 Si veda Sez. V, 24 settembre 2012, n. 47502, in Cass. pen., con nota di Sandrelli, Note critiche sulla

necessità di un rapporto di causalità tra la condotta di distrazione e lo stato di insolvenza nel delitto di bancarotta “propria”, n. 04, 2013, p. 1440 ss.; in senso apparentemente analogo, v. anche Sez. F., 10

settembre 2013, n. 41655.

344 Sul punto, in dottrina, v. VIGANO’, Una sentenza controcorrente della Cassazione in materia di

bancarotta fraudolenta: necessaria la prova del nesso causale e del dolo tra condotta e dichiarazione di fallimento, in Penale contemporaneo, 14 gennaio 2013, il quale ritiene implicito il riferimento della

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– e una volta affermato che tale accadimento sia, all'opposto, elemento costitutivo del delitto di bancarotta, giunge alla conclusione che esso non possa sottrarsi alla regola secondo cui può essere imputato all'agente soltanto quanto da lui cagionato mediante la condotta descritta dalla norma incriminatrice.

Sulla scorta di tali riflessioni, il Giudice supremo conclude allora che "la bancarotta è un reato di evento, e tale evento consiste nella insolvenza della società, che trova riconoscimento formale e giuridicamente rilevante nella dichiarazione di fallimento"; e come tale esso evento dovrà porsi in concreto quale conseguenza della condotta rimproverata all'agente ai sensi dell'art. 40 c.p.345.

In merito alla sentenza in parola, si ritiene necessario, tuttavia, indicare come si abbia l’impressione che la Corte sia caduta in un’aporìa terminologica, non distinguendo i termini “fallimento” e “dissesto”.

Per “fallimento”, infatti, deve intendersi, come noto, il formale provvedimento giurisdizionale che dichiara l’insolvenza societaria; al contrario, per “dissesto” deve intendersi la sostanziale situazione di crisi economica che poi conduce al fallimento346. La giurisprudenza di legittimità, nel caso in parola, sembra inspiegabilmente essere scivolata su tale fraintendimento terminologico, confondendo i due istituti, riferendosi ora ad uno, ora all’altro, con l’evidente risultato di rendere estremamente complessa la comprensione della ricostruzione effettuata.

Tuttavia, sebbene il Giudice supremo, in tale pronuncia, si sia riferito al fallimento in luogo dell’insolvenza societaria, ciò nondimeno esclude che abbia, successivamente, preso nettamente posizione contro la teoria che intravedeva in quest’ultima l’evento del reato, escludendo, di fatto, il profilarsi di un contrasto di giurisprudenza sul punto.

A tal uopo, giova ricordare che tale pronuncia è venuta ad inserirsi sulla scia dell’opposto orientamento giurisprudenziale, rimanendo, tuttavia, un mero caso isolato: sarà proprio la giurisprudenza di legittimità, nel ribadire il tradizionale

345 Sez. V, 24 settembre 2012, n. 47502, cit.

346 Sul punto, in giurisprudenza, vedi Sez. V, 20 maggio 2014, n. 40998, in C.E.D. Cass., n. 262189,

nella quale si precisa che la nozione di fallimento, collegata al fatto storico della sentenza che lo dichiara, è ben distinta da quella del dissesto, la quale ha natura economica ed implica un fenomeno in sé reversibile; vedi anche Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 15613, in penale contemporaneo, 13 maggio 2015, con commento di Carlo Bray, nella quale si riscontra proprio nell’errata distinzione tra i due descritti fenomeni la causa alla base dell’esito diverso della citata sentenza difforme. In dottrina, invece, su tutti, v. BRICCHETTI-PISTORELLI, Bancarotta e altri reati fallimentari, Giuffrè, 2017, pag. 195 ss.

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orientamento in tutte le successive pronunce, a ritenerla tale347; a tal proposito non può sottacersi il curioso accadimento che, nello stesso giorno d’udienza, altro Collegio della stessa Sezione della Cassazione abbia emesso altra sentenza348 che, riprendendo i principi giurisprudenziali classici in materia, ribadendo ancora una volta che, “in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, la punibilità della condotta non è subordinata alla condizione che la stessa distrazione sia causa del dissesto, in quanto, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, i fatti distrattivi assumono rilevanza penale in qualsiasi tempo siano stati commessi, e, dunque, anche quando l’impresa non versava ancora in situazione di insolvenza, né rileva, trattandosi di reato di pericolo, che – al momento della consumazione – l’agente avesse consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa per non essersi lo stesso ancora manifestato”.

Invero, la stessa giurisprudenza di legittimità, in una pronuncia di poco successiva – ponendosi in diretta correlazione dialogica – ammette che l’analisi di questo isolato orientamento debba essere “parametrata sulle peculiarità del caso allora sub judice”: a differenza dei casi di cui si era occupata la precedente giurisprudenza, nei quali le condotte distrattive erano state compiute in un periodo prossimo alla dichiarazione di fallimento, in quel caso, al contrario, si trattava di punire condotte poste in essere senza alcuna contiguità con la decozione dell’impresa349.

Proprio tale circostanza, nella quale si è imbattuta la Corte nel caso appena richiamato, rappresenta una delle tipiche situazioni di grave incertezza che storicamente hanno rappresentato i punti dolenti della disciplina.

Ben può verificarsi, in effetti, che l’imprenditore, finché l’azienda si trovi in bonis, ponga in essere condotte distrattive, senza perciò essere soggetto allo strumento penale, pur avendo tenuto comportamenti di per se stessi idonei a ledere l’interesse tutelato; al contrario, si potrebbe arrivare a punire fatti illeciti, insignificanti nel quadro del dissesto, o addirittura irragionevolmente risalenti nel tempo - in linea teorica anche fatti risalenti a quando la società era ancora in bonis 350-.

Occorre, ad ogni modo, indicare come, al fine di correggere tali situazioni critiche, senza per ciò solo forzare il dettato letterale della legge fallimentare, il Giudice

347 Sez. V, 15 maggio 2014, n. 40981, in C.E.D. Cass., n. 261367, la considera “pronunzia peraltro

isolata”.

348 Sez. V, 2012, n. 733, in Riv. dottori comm., fasc.3, 2013, pag. 69, con nota di Chiaraviglio. 349 Cfr. Sez. V, 17 luglio 2014, n. 47616, in Cass. pen., 2015, p. 3720 ss.,

350 Sul punto v., su tutti, AMBROSETTI-MEZZETTI-RONCO, Diritto penale dell’impresa, cit., p.

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supremo, a eccezione della pronuncia da ultimo ricordata, evitando di ricadere nella accennata ambiguità terminologica si è posta in aperto contrasto con lo schema “condotta rilevante – nesso causale – evento di dissesto”; a tal fine, si è consolidata nel ricostruire la figura della bancarotta fraudolenta patrimoniale secondo lo schema del reato di pericolo concreto, ritenendo, pertanto, irrilevante un collegamento causale tra le condotte distrattive e lo stato di insolvenza.

2.4. L’argomento letterale e il confronto con la bancarotta fraudolenta da reato

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