lavoro metropolitani e dimensione spaziale, attraver-
so l’analisi delle dinamiche localizzative e degli effetti
locali sul territorio che esse implicano, a partire dal
caso dei coworking.
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Note
1 La ricerca, ancora in corso, ha finora riguardato l’analisi (comprensiva di visita e intervista in
profondità) di quindici spazi di lavoro innovativi a Milano, definibili in senso lato come spazi di coworking. La visita ha indagato localizzazione, dimensione, funzioni, organizzazione e disegno degli spazi, mentre l’intervista semi-strutturata al gestore è stata articolata in tre sezioni: una ana- grafica, con dati di base su anno di apertura, dimensione, natura del gestore, titolo di godimento dell’immobile ecc.; una seconda sezione sulla relazione tra spazi e comunità di utilizzatori; e infine una terza, volta a indagare le relazioni con il quartiere e il contesto urbano (luoghi e reti di attori).
Nuovi processi di governo
di questi spazi di lavoro, e sul fatto che in essi vengano realmente messe in comune risorse e competenze, e si creino forme di condivisione/ cooperazione, funzionali alla riaggregazione delle competenze disperse dal cambiamento dei modelli lavorativi.
Nuovi spazi del lavoro e città contemporanea La tesi di questo intervento è che, attraverso una lettura attenta delle dimensioni e degli effetti spaziali dei luoghi di lavoro ibridi, e in particolare dei coworking, sia possibile leggere con mag- giore chiarezza alcune dinamiche di inclusione/ esclusione e di condivisione/competizione, che potrebbero essere oggetto di uno sguardo più attento da parte delle politiche pubbliche, anche territoriali.
La diffusione di nuovi spazi e luoghi del lavoro in Europa e in Italia è stata messa in relazione dalla letteratura con una molteplicità di fenomeni: tra questi, l’emergere di una classe creativa metro- politana e le modalità di trasmissione e scambio del sapere che la contraddistinguono; la riorga- nizzazione delle forme del lavoro nell’economia della conoscenza2 e le difficoltà della loro rappre-
sentanza; la diffusione del paradigma, potenzial- mente alternativo, dell’economia della collabo- razione3, che riformula in parte le dinamiche e le
tensioni tra cooperazione e competizione. Queste prospettive analitiche muovono all’interno di riflessioni sociologiche, politiche ed economiche, mentre scarsa attenzione è stata dedicata finora alla dimensione spaziale, a scala macro e micro, agli effetti urbani, alle dinamiche di inclusione
ed esclusione che si creano, alle forme del riuso e alla nuova significazione di parti di città connesse alla diffusione di questi spazi.
L’emergere di una nuova cosiddetta ‘classe creativa metropolitana’ è stato oggetto di ampia letteratura4, che ha messo in luce le potenzialità
legate alla diffusione di attività professionali basate sulla conoscenza e la creatività per le città. Non sono mancate di recente revisioni critiche, alla luce dei dilemmi, delle crescenti forme di polarizzazione spaziale e sociale, della difficoltà di una lettura eccessivamente sem- plificante5. Le nuove professioni portano infatti
alla creazione di reti diffuse e frammentate, ma allo stesso tempo a processi di forte agglome- razione spaziale, ben visibili nelle principali aree urbane.
Se guardiamo ai temi posti da questa lettera- tura, un aspetto importante è legato alla crea- zione, alle diverse scale, di ambienti abilitanti per la diffusione e lo scambio di sapere tacito, e questo è proprio uno degli aspetti indagati dalla pur non ampia letteratura sui coworking. Il fat- tore della prossimità, infatti, acquisisce specifi- ca importanza da questo punto di vista: «just by belonging to a local community, an insider will have access to the shared knowledge among members of similar but distant communities»6.
Una prima domanda di ricerca ha perciò a che vedere con le possibilità che le forme di orga- nizzazione degli spazi e le dinamiche relazionali che in essi si creano agiscano effettivamente da dispositivi abilitanti per questo tipo di dinamiche di scambio, e che inneschino nuove e più efficaci forme di trasmissione del sapere tacito.
2 A.J. Scott, M. Storper, «Rethinking human capital, creativity and urban growth», Journal of Economic Geography, n. 9, 2009, pp. 147-167.
3 I. Pais, La rete che lavora, Egea, Milano 2012.
4 Per un approfondimento sul tema della classe creativa metropolitana si rimanda a R. Florida, The Rise of the Creative Class, Basic Books, New York 2002; Id., Cities and the Creative Class,
Routledge, Londra 2004.
5 Una buona sintesi della letteratura sull’argomento si trova in A.J. Scott, «Beyond the Creative
City: Cognitive-Cultural Capitalism and the New Urbanism», Regional studies, vol. 48, n. 4, 2014, pp. 565-578.
6 I. Capdevila, Coworking spaces and the localized dynamics of innovation. The case of Barcelona,
Pacchi
I lavoratori della conoscenza condividono alcune ca- ratteristiche con una più ampia popolazione «flut- tuante, composta da lavoratrici e lavoratori indipen- denti, precari, poveri al lavoro, lavoratori qualificati e mobili, sottoposti a una flessibilità permanente»7,
tanto che alcuni osservatori hanno proposto di as- similarli a un Quinto Stato, alla «disperata ricerca dell’emancipazione e dell’uguaglianza»8.
Se si guarda in particolare ai contesti urbani e me- tropolitani, in cui tipicamente si muovono i lavora- tori della conoscenza, l’emergere di start-up urbane e lavoratori autonomi «lone eagles»9 e la formazio-
ne di «entità manageriali piccole e flessibili»10 come
principali soggetti in un contesto di lavoro distribu- ito pongono inedite questioni in termini di diritto alla città e di forme di resistenza. A differenza del passato, la lotta per alcuni diritti e le stesse stra- tegie di resistenza sembrano giocarsi al momento a livello puramente individuale e hanno difficoltà a trovare modalità di rappresentanza strutturata, le- gate anche alla mancanza di un processo di identi- ficazione collettiva di questi soggetti: «The price for freedom and serendipity paid by many freelancers and creative entrepreneurs – categories who repre- sent the lion’s share of coworking creators and users – is often precariousness: low or fluctuant income,
fragile health insurance and retirement scheme»11.
Una seconda domanda di ricerca ha quindi a che ve- dere con la possibilità che luoghi di lavoro condivisi come i coworking possano contribuire a rafforzare percorsi di identificazione collettiva e facilitare la costruzione di nuove forme di rappresentanza. Infine, il paradigma dell’economia della collabo- razione o della condivisione (i due termini, molto differenti tra di loro, con cui si rende in italiano il termine sharing economy), che sta conoscendo una forte diffusione sia a livello mediatico sia nelle stra- tegie di alcuni decisori pubblici12, si propone come
radicalmente alternativo al paradigma economico dominante, ma allo stesso tempo si declina in una serie di progettualità, iniziative, pratiche e imprese di fatto inserite in esso. Diversi i caratteri che defi- niscono questo campo semantico, anche a seconda che l’accento venga posto sulla dimensione della produzione (peer-to-peer production)13 o del consu-
mo: il passaggio progressivo dalla proprietà all’ac- cesso, la condivisione di beni e servizi altrimenti largamente sottoutilizzati, la riscoperta dell’impor- tanza delle reti sociali, che sono di volta in volta fine e mezzo di questo profondo rinnovamento.
L’emergere e il diffondersi delle forme di coworking viene spesso messo in relazione con
7 G. Allegri, R. Ciccarelli, Il quinto stato. Perché il lavoro indipendente è il nostro futuro. Precari, autonomi, free-lance per una nuova società, Ponte alle Grazie, Milano 2013, p. 21.
8 Ibidem, p. 11.
9 B. Moriset, «Building New Places of The Creative Economy. The Rise of Coworking Spaces», pa-
per presentato alla seconda Conferenza internazionale Geography of Innovation, Utrecht 2014.
10 A. Gandini, «The Rise of Coworking Spaces: A Literature Review», Ephemera. Theory and Politics in Organization, vol. 15, n. 1, 2015, pp. 193-205.
11 B. Moriset, Building new places of the creative economy…, cit., p. 20.
12 Si veda, per esempio, Comune di Milano, Milano Sharing City. Linee di Indirizzo, Milano 2014. 13 P2P Foundation, Synthetic Overview of the Collaborative Economy, 2012.