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Di particolare interesse per questa ricerca sono due aspetti: il mix funzionale che contraddistingue que-

sti spazi, e le possibili relazioni con il contesto locale

e urbano in senso lato, letto attraverso la presenza di

relazioni con attori urbani diversi (enti locali centrali

e decentrati, scuole, associazioni, cittadini, commer-

cio locale ecc.).

Dal punto di vista delle funzioni, accanto alla pre- minente funzione di spazi lavorativi, i coworking, in particolare quelli di maggiori dimensioni, affiancano o combinano spazi di altra natura, dedicati al leisure e al relax, complementari alle attività lavorative; per la maggior parte questi sono aperti esclusivamente alla comunità dei lavoratori, che però può avere, a seconda dei casi, caratteri di presenza stabile e per-

manente o temporanea, con diversi ritmi d’uso. Per quello che riguarda le relazioni tra spazi la- vorativi, spazi urbani e reti di attori differenti dai lavoratori coinvolti, da un punto di vista spaziale è possibile osservare come, alla micro scala, queste relazioni siano mediate o filtrate da spazi di contat- to o di transizione, in verità abbastanza rari: nella maggior parte dei casi gli spazi di coworking hanno

Nuovi processi di governo

una natura profondamente introversa, dei caratteri di invisibilità dalla strada e di chiusura, che fanno sì che la loro presenza non sia nota a livello locale. Spesso nei coworking si svolgono eventi semina- riali, momenti di scambio culturale o presentazioni di libri e ricerche, che tendono però a rivolgersi a comunità ramificate, ma settorialmente definite. In tre dei casi esaminati, la natura dello spazio è invece direttamente mirata a coinvolgere utenti o visitatori esterni (per esempio, studenti universita- ri), e più in generale il pubblico locale, attraverso la presenza di funzioni di ristoro e vendita di libri. Alla scala del quartiere, un elemento di interesse è costituito dalla formazione di micro-distretti spontanei, in cui diversi spazi di lavoro innovativi si aggregano in una Zona territorialmente circoscritta (esemplare da questo punto di vista è il micro-di- stretto Gorla-Ponte Nuovo, alla periferia nord-est della città, come interessante è il caso dei cowork- ing della Zona Isola). Dal confronto con i promotori e gestori degli spazi coinvolti, risulta tuttavia chiaro come le dinamiche localizzative siano dipese dalla presenza di elementi di contesto favorevoli (ampia disponibilità e prezzi non elevati degli immobili, ac- cessibilità, vivacità culturale del contesto), piutto- sto che da considerazioni sugli altri spazi presenti. Alcuni primi indizi della costruzione di sistemi di relazione (percorsi formativi comuni, condivisione di servizi) sono ancora a uno stato embrionale, ma potrebbero conoscere sviluppi di interesse. Nella maggior parte dei casi le relazioni con altri attori a livello di quartiere è sostanzialmente nul- la, come d’altro canto ci si può aspettare data la natura di spazi di lavoro, o limitata alle possibili influenze sul sistema del commercio locale (attra- verso convenzioni, in particolare per i coworking di maggiore dimensione).

Nota conclusiva

A valle di questo breve resoconto dei primi risul- tati dell’indagine empirica è possibile riprendere le questioni di apertura, per provare a declinarle e, nel caso, riformularle. Per quanto riguarda il primo aspetto, ovvero le possibilità di scambio e creazione

di sapere tacito, questo sembra essere l’elemento che riceve più forti conferme dalla pur ridotta inda- gine empirica sul campo. Le forme di interazione e scambio, sia facilitate sia libere, sono in effetti una caratteristica dominante dei coworking milanesi e la principale ragione per cui i lavoratori li scelgono e proseguono la loro permanenza al loro interno19.

Spazi, ritmi e modi d’uso sono mirati chiaramente a facilitare e rafforzare queste forme di scambio e mutuo apprendimento, che si manifestano in una complessa gamma di modalità, più formalizzate o più informali, connesse alla dimensione professio- nale o attinenti anche alla sfera personale. Per quanto riguarda i processi d’identificazione ed eventualmente di rappresentanza dei lavoratori indipendenti che animano gli spazi di coworking, sembra di poter dire che questi percorsi siano lar- gamente assenti, o presenti in forma ancora em- brionale nei casi analizzati. In un caso, la presenza di un’associazione di rappresentanza dei freelance anima alcuni momenti di confronto e formazione, ma con un appoggio ancora sporadico da parte delle comunità di lavoratori. Occorre forse avere più consapevolezza del fatto che l’innovazione po- tenzialmente emergente è un fenomeno a doppio taglio, poiché non è chiaro se gli spazi di coworking potranno divenire luoghi di una nuova identificazio- ne e di forme di empowerment, oppure se saranno destinati a rimanere isole in un arcipelago tutto sommato ostile per i lavoratori indipendenti, nel quale si perpetuano e si accentuano forme di po- larizzazione sociale, professionale ed economica. Nonostante il fenomeno del coworking alluda a forme di collaborazione e solidarietà, le forme di re- sistenza al dominio e all’alienazione di questi lavo- ratori, all’espropriazione delle loro risorse, creatività e libertà, sono principalmente individuali, messe in atto attraverso la strenua difesa dell’autonomia e della libertà nei loro modelli di lavoro e di relazioni con il committente.

Nella prospettiva dell’economia della collabo- razione, infine, i casi analizzati fanno emergere una complessa dinamica e forme di tensione tra cooperazione e competizione, sia all’interno dello stesso spazio di coworking sia tra diversi spazi nel

19 A. Arvidsson, E. Colleoni, Metodi di acquisizione e riconoscimento delle skills informali dei giova- ni nell’economia della conoscenza di Milano. Il ruolo dei co-working spaces a Milano, Mimeo, 2014.

Pacchi

contesto urbano: «This dominant value-oriented interpretation of coworking spaces as ‘communi- tarian’ places where coworkers operate as ‘comple- mentary’ figures rather than potential competitors remains a challenging issue»20. In effetti, se la na-

tura e il disegno degli spazi da un lato, e la selezio- ne dei coworker dall’altro mirano a facilitare spazi di collaborazione, non solo su singoli progetti, ma nell’ottica della costruzione e densificazione di reti informali di più ampio respiro, allora la dimensione competitiva rimane centrale per i lavoratori free- lance e autonomi. Questa tensione si ritrova, a una diversa scala, nei rapporti reciproci, spesso inesi-

stenti, tra diversi spazi, anche se a volte localizzati in prossimità uno dell’altro.

Queste prime note, esito di un percorso di indagine ancora largamente da compiere, segnalano tuttavia alcune cautele nei confronti di sviluppi potenzial- mente problematici della diffusione di nuovi luoghi e modalità del lavoro. Attraverso una rilettura dei caratteri spaziali dei coworking milanesi, delle loro relazioni con i contesti urbani, molto poco svilup- pate, e delle forme in parte inedite di inclusione ed esclusione che essi comportano è possibile identifi- care meglio i contorni di un fenomeno che, per altri versi, presenta potenzialità e caratteri innovativi.

20 A. Gandini, «The rise of coworking spaces…», cit., p. 198.

UNA NUOVA FORMA DI

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