• Non ci sono risultati.

2. LA SCELTA DEGLI STRUMENTI DI POLITICA AMBIENTALE

2.8. Gli aspetti distributivi e di equità delle politiche ambientali

La teoria economica tradizionale ha scelto di valutare gli strumenti di politica ambientale facendo riferimento sostanzialmente al concetto di efficienza paretiana. Come noto, il criterio paretiano mira alla massimizzazione del benessere collettivo senza preoccuparsi delle modalità con cui una certa politica si ripercuote all’interno della collettività: prescinde cioè da qualsiasi valutazione di ordine distributivo.

Una riflessione in questo senso sembra un passo necessario per comprendere appieno i vantaggi effettivi che ciascuna categoria sociale, produttori e consumatori, può trarre dalle politiche ambientali.

È ancora aperta la discussione sulla natura del binomio disuguaglianze-ambiente, ossia su come gruppi appartenenti a diverse categorie di reddito

84 Si ricorda che questo dipenderà dalla possibilità dell’impresa di scaricare gli extra costi ambientali sui prezzi di vendita e, di conseguenza, anche dalle caratteristiche della curva di domanda di quel bene.

incidano sugli equilibri ambientali e su chi sopporta in misura maggiore gli oneri che derivano dalle politiche a tutela dell’ambiente.

Riguardo la prima questione, è ormai ampiamente diffusa l’idea secondo cui i più abbienti assumono comportamenti meno dannosi per l’ambiente rispetto a coloro che versano in una condizione economica peggiore. L’idea nasce dall’estensione in campo ambientale della curva di Kuznets85. Nel dettaglio, il degrado ambientale aumenterebbe con la crescita del reddito pro-capite fino ad un determinato punto, detto di svolta, oltre il quale dovrebbe prendere a ridursi.

La critica principale mossa ad una simile visione risiede nella difficoltà di individuare, supponendo che esista, tale punto di svolta e dal fatto che non sono disponibili verifiche empiriche o esperienze sul campo che possano dimostrare in modo inequivocabile tale relazione.

A supporto di questa idea si potrebbe pensare che i soggetti a reddito maggiore abbiano una disponibilità a pagare più elevata rispetto ai più poveri per disporre di un ambiente pulito. Questo però non è sufficiente a spiegare la relazione proposta dalla curva ambientale di Kuznets. In primis, tale maggiore disponibilità a pagare potrebbe derivare dal fatto che colui che dispone di un reddito più elevato assume comportamenti di consumo ad alto impatto ambientale. Si parla poi di disponibilità a pagare non di pagamento effettivo: non sempre ad un intento segue un’azione (problemi di free riding). Sarebbe più utile osservare come la disuguaglianza nei redditi incida sulle attività di protezione dell’ambiente. Anche in questo caso le posizioni espresse dalla letteratura economica sono le più disparate. Con riferimento alla teoria dei gruppi di interesse di Olson, sembrerebbe che la disuguaglianza possa favorire l’azione collettiva. D’altra parte, più recentemente è stata ribaltata questa visione. Alcuni autori86 hanno sostenuto infatti che una riduzione delle disuguaglianze favorisce la cooperazione ed i processi identitari.

Per avere chiaro il quadro del problema è interessante valutare, inoltre, come un miglioramento delle condizioni ambientali incida sul benessere dei ricchi e dei poveri. Numerosi studi empirici87 hanno dimostrato che, mediamente, i più poveri sono esposti ad un rischio ambientale più elevato per il semplice fatto di non disporre di risorse sufficienti per contrastarlo. Essendo, inoltre,

85 La curva di Kuznets descrive il rapporto tra disuguaglianza nei redditi e reddito pro-capite. È stata introdotta dallo stesso Kuznets nel 1955. L’estensione della curva al campo ambientale si deve a Grossamn e Krueger (1991).

86 Si veda al riguardo Baland J. M., Bardhan P., Bowles S. (2006), Inequality, Cooperation, and

Environmental Sustainability, Princeton University Press.

87 Si rimanda, ad esempio, a Markandya A. (2006), Poverty Alleviation Environment and

Sustainable Development: Implication for the Management of Natural Capital, in Basili M.,

Franzini M., Vercelli A. (2006), Environment, Inequality and Collective Action, Routhledge, Abdingdon.

la ricchezza un metro per valutare la capacità politica e di contrattazione di un paese o di una parte, le classi sociali meno agiate hanno spesso un potere contrattuale più limitato in sede di definizione di qualsiasi politica, tra cui quella ambientale.

Alla luce di quanto emerso, è necessario analizzare nel dettaglio su chi gravano effettivamente i costi delle politiche ambientali; una riflessione di questo tipo è essenziale per comprendere come disegnare gli interventi in tema di ambiente e per favorire la condivisione degli obiettivi.

2.8.1 Su chi gravano gli effetti delle politiche ambientali ed i costi che ne derivano?

Le politiche ambientali, qualsiasi forma assumano, gravano al tempo stesso sui consumatori e sulle imprese, seppur con modalità diverse. Sebbene in questa sede ci si occuperà del solo mondo produttivo, vale la pena accennare anche alle ripercussioni che le stesse sono in grado di esercitare sui consumatori.

Più dettagliatamente, questi ultimi sono destinatari dei seguenti effetti:

¾ diretti. Generano effetti diretti solo alcune tipologie di tasse ambientali, quali quelle sui consumi energetici, ma non il comando e controllo ed i permessi di emissione, che, invece, gravano generalmente in via diretta sui soli sistemi produttivi;

¾ indiretti, ossia l’aumento dei prezzi che può verificarsi a seguito dell’applicazione di una qualsiasi politica ambientale destinata al mondo produttivo;

¾ di reimpiego degli introiti ottenuti dall’imposizione fiscale o da altri canali. Ciò dipenderà da come si deciderà di utilizzare le entrate derivanti dalle tasse ambientali e dalla cessione dei permessi di emissione a titolo oneroso. Il comando e controllo ed i permessi distribuiti a titolo gratuito non creano alcun effetto di questo tipo; ¾ ambientali, ossia i benefici derivanti dalla possibilità di godere di un

ambiente migliore.88

In particolare, i primi due effetti saranno più intensi nel caso in cui: i beni tassati facciano parte del paniere di consumo dei più poveri, l’impresa possa recuperare i costi attraverso variazioni dei prezzi di vendita e si abbia un accesso limitato ai beni sostituti.

Per quanto concerne gli effetti di reimpiego, emerge con forza la superiorità di uno strumento come la tassazione o i permessi di emissione se ceduti a titolo oneroso. In realtà, effetti distributivi importanti potrebbero aversi anche nell’ipotesi di un sistema di permessi di emissione con assegnazione

dei titoli gratuita. Se, infatti, venissero assegnate quote maggiori a quei settori che producono beni domandati per la maggior parte dai più poveri, si avrebbero presumibilmente aumenti di prezzo più contenuti.

Sotto il profilo dei benefici ambientali, tutte le politiche incidono positivamente sul benessere dei consumatori. Più specificatamente, assumendo che le classi meno agiate siano le più danneggiate da un ambiente degradato, tali benefici saranno tanto più elevati quanto più i consumatori apparterranno a categorie di reddito inferiori.

Tab. 2.1 : gli effetti della politiche ambientali sui consumatori Comando e

controllo Tassa ambientale Permessi di emissione a titolo gratuito Permessi di emissione a titolo oneroso Effetti diretti (costi diretti) NO SI XXX NO NO Effetti indiretti (costi indiretti) SI XX SI XX SI X SI XX Effetti di reimpiego NO SI XXX SI X ma sotto condizioni specifiche SI XX Effetti ambientali SI XX SI XXX SI XXX SI XXX

Fonte: elaborazioni personali

Il mondo produttivo subisce i medesimi effetti anche se in misura e con modalità differenti rispetto ai consumatori. Più dettagliatamente, questi si distinguono in:

¾ diretti. Si riferiscono alle ripercussioni che le politiche ambientali generano direttamente a carico delle imprese. Tali effetti hanno segno positivo indipendentemente dal tipo di politica ambientale impiegata, ma la loro entità varia a seconda dello strumento utilizzato. Alla luce della teoria economica tradizionale sembrerebbe che lo strumento che minimizza gli effetti diretti ed i costi che ne derivano sia il meccanismo dei permessi di emissione, anche se, come già precisato,

in assenza di un termine di paragone più vicino alla realtà, vi è grande incertezza su quale strumento effettivamente possa rispondere al criterio del costo minimo;

¾ indiretti. Si riferiscono all’aumento dei prezzi dei beni prodotti in altri settori produttivi sottoposti a vincoli ambientali, e impiegati da una certa impresa a titolo di input. In questo caso, sulla base delle considerazioni svolte in precedenza, è di nuovo il sistema dei permessi di emissione a ridurne l’impatto;

¾ di reimpiego. Analogamente a quanto accade per i consumatori, tali effetti dipenderanno esclusivamente da scelte di ordine politico e si manifestano solo nel caso si ricorra alle tasse ambientali e ai permessi di emissione a titolo oneroso o sotto le condizioni già ricordate, a titolo gratuito. Le politiche di comando e controllo invece non risultano interessanti sotto questo profilo.

¾ ambientali. Indubbiamente anche con riferimento alle imprese gli effetti ambientali hanno la loro importanza. Un ambiente meno inquinato assicura una produttività del lavoro migliore e sottopone le strutture ad un processo di obsolescenza più contenuto.

Tra i quattro effetti considerati sono i primi due a costituire fonte primaria di preoccupazione per le imprese. È sulla base dei costi generati dagli effetti diretti ed indiretti che il sistema industriale può vedere intaccata la propria posizione competitiva.

Tab. 2.2: gli effetti della politiche ambientali sulle imprese Comando e

controllo Tassa ambientale Permessi di emissione a titolo gratuito Permessi di emissione a titolo oneroso Effetti diretti (costi diretti) SI XXX SI XXX SI X SI XX Effetti indiretti (costi indiretti) SI XX SI XX SI X SI XX Effetti di reimpiego NO SI XXX NO SI XX Effetti ambientali SI XX SI XXX SI XXX SI XXX