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2. LA SCELTA DEGLI STRUMENTI DI POLITICA AMBIENTALE

2.6. Una valutazione di lungo periodo del comando e controllo, delle

Nel lungo periodo, le imprese, grazie alle attività di ricerca e sviluppo e all’innovazione tecnologica, saranno in grado di migliorare le proprie prestazioni sotto il profilo economico-ambientale conseguendo per questo vantaggi di tutto rilievo.

Come già accennato in precedenza, la propensione ad innovare dipende però fortemente dallo strumento ambientale che si è scelto di adottare. Alla luce di

ciò, appare necessario in questa sede considerare in che modo l’interazione tra gli strumenti di politica ambientale e l’innovazione tecnologica agiscono sulle condizioni di concorrenza dei mercati.

Con riferimento alle politiche di comando e controllo, essendo fisse per un arco temporale più o meno esteso, come noto, non creano incentivi ad innovare una volta che l’impresa abbia raggiunto l’obiettivo fissato. Nel lungo periodo, quindi, lo standard non crea effetti particolari sulla concorrenza a meno che non sia sottoposto a processi di revisione più frequenti.

Per quanto concerne le tasse, esse rappresentano un costo finanziario per le imprese che si traduce in un aumento sia dei costi medi che dei costi marginali. La tassa infatti non rappresenta un versamento una tantum, ma un’uscita continua nel tempo. Ovvio che per effetto dell’innovazione probabilmente avrà un andamento decrescente: l’impresa per ridurre il suo peso porrà in essere degli interventi specifici sulla base di quanto illustrato precedentemente. L’effetto di una situazione in cui le imprese non fossero in grado di innovare è l’uscita dal mercato. Si deduce quindi l’importanza di commisurare l’imposizione fiscale alle caratteristiche e alle possibilità finanziarie delle imprese per assicurarne la sopravvivenza.

Con riferimento ai permessi negoziabili, la situazione assume connotati diversi sotto il profilo concorrenziale. In particolare, il sistema dei permessi di emissione potrebbe dar vita ad alcune alterazioni delle normali condizioni di concorrenza e di equilibrio di lungo periodo, come sarà più ampiamente argomentato in seguito. Ad esempio, se ad un’impresa che detiene già un certo potere di mercato fosse assegnato un quantitativo di permessi di emissione sufficientemente elevato, la stessa potrebbe creare distorsioni nel mercato di appartenenza e decidere di agire sul prezzo dei titoli ad inquinare e ostacolare così i concorrenti o i nuovi entranti.

Emerge che nella scelta e nell’implementazione di un certo strumento di politica ambientale è assolutamente necessario avere una visione d’insieme rispetto alle problematiche che dovranno essere affrontate tanto nel breve, quanto nel medio e lungo periodo.

2.7 Gli effetti indiretti delle politiche ambientali sulle imprese, sui redditi da lavoro e sull’occupazione

Quanto le politiche ambientali generano a carico delle imprese, condizionandone scelte e comportamenti, non si riduce agli aspetti finora affrontati, ma si risolve anche in una serie di effetti che vengono definiti in letteratura come indiretti82.

Tali effetti indiretti si configurano come quei costi aggiuntivi che gravano su un settore a causa di politiche ambientali applicate in altri comparti ad esso collegati. Questo aspetto merita un’attenzione particolare in quanto gli effetti indiretti assumono spesso una rilevanza tale da influenzare fortemente, più degli stessi effetti diretti, i comportamenti dell’impresa e la sua posizione competitiva.

Più precisamente, le politiche ambientali determinano costi aggiuntivi, almeno nel breve termine. Per recuperare tali costi, un’impresa tenderà, prima di incidere sui margini di profitto o sull’output, ad incrementare i prezzi di vendita, andando così a colpire i settori che utilizzano le sue produzioni a titolo di input. Tale incremento può aver luogo se si verificano alcune condizioni specifiche.

Innanzitutto, la curva di domanda deve essere inclinata negativamente: a prezzi crescenti deve essere associata una riduzione della quantità domandata83. Rileva, in particolare, la sua pendenza. Quanto più una curva sarà inclinata tanto maggiore saranno le variazioni della quantità domandata rispetto ai mutamenti di prezzo (elasticità della domanda rispetto al prezzo). Considerare tale aspetto è fondamentale per stabilire le modalità attraverso cui le imprese potranno scaricare i costi ambientali sui prezzi di vendita e salvaguardare in questo modo la propria posizione competitiva.

L’aumento dei prezzi avviene però con modalità differenti a seconda del tipo di strumento ambientale impiegato, almeno nel breve termine.

Con riferimento al comando e controllo, la fissazione di una quota massima di emissioni, ossia di uno standard, ha come primo effetto quello di spostare la produzione fuori dalla curva di offerta dell’impresa destinataria del provvedimento. Ciò significa che uno standard, nell’ipotesi in cui le emissioni siano pari alle quantità prodotte, comporta una riduzione dell’output di produzione. Se si trasla la nuova minore quantità prodotta sulla curva di domanda si ha un aumento dei prezzi di vendita ed una riduzione della quantità domandata rispetto al punto di equilibrio. Ma a quel prezzo l’impresa produrrebbe un quantitativo ben superiore, motivo per il quale, nonostante l’aumento dei prezzi, a causa della minore quantità venduta, si potrebbe comunque assistere ad una riduzione dei profitti.

Nel caso della tassa, invece, si ha una modifica sia dei costi marginali che dei costi medi di produzione. La curva del costo marginale subirà, infatti, una traslazione verso l’altro per un valore pari all’importo unitario della tassa; la conseguenza è una riduzione della quantità prodotta e ad un aumento del prezzo. Tale aumento sarà tanto più elevato quanto più la curva di domanda

83 Ovviamente questa affermazione è vera qualora siano esclusi dalla trattazione i beni inferiori, beni che possono essere tranquillamente trascurati con riferimento ai temi ambientali.

sarà anelastica. Di questi aspetti sarebbe necessario tenere conto quando si stabilisce l’aliquota fiscale a carico dei diversi settori.

Per quanto concerne i permessi di emissione, indipendentemente dalle modalità di assegnazione dei titoli, la curva di offerta o del costo marginale sarà traslata verso l’alto, determinando gli stessi effetti appena descritti per il caso della tassazione ambientale.

È bene precisare, inoltre, che gli strumenti e le azioni di politica ambientale non hanno ripercussioni rilevanti solo sul fronte dell’impresa. Qualsiasi scelta effettuata a favore dell’ambiente, in virtù degli effetti indiretti e, per alcuni beni, di una domanda non perfettamente elastica, ha delle ripercussioni importanti sotto il profilo occupazionale e della crescita. Supponiamo che i maggiori costi ambientali possano essere scaricati sui prezzi di vendita dei beni; in questo caso il salario reale dei singoli lavoratori si ridurrà, determinando così una contrazione del potere d’acquisto. Il soggetto, come conseguenza, domanderà un salario nominale più elevato a titolo di compensazione. Si avrà, in altre parole, uno spostamento della curva dell’offerta di lavoro verso sinistra. Considerato, inoltre, che la curva di domanda del lavoro non ha motivo di modificarsi, una certa politica ambientale potrebbe risolversi in una riduzione dell’occupazione84 e in un rallentamento della crescita.

Appare essenziale che le politiche ambientali siano disegnate anche sulla base degli effetti appena descritti affinché il quadro competitivo e la crescita economica di un paese non venga compromessa. Tuttavia, nei fatti, sono state elaborate spesso politiche che poco hanno badato a questi aspetti.