• Non ci sono risultati.

2. LA SCELTA DEGLI STRUMENTI DI POLITICA AMBIENTALE

2.5. Gli effetti diretti delle politiche ambientali

2.5.2. La tassa ambientale

Altro strumento per la gestione dei problemi ambientali e delle esternalità legate all’inquinamento è la tassa. La sua introduzione si deve a Pigou63, che l’ha eletta a mezzo più adeguato per attuare il già ricordato processo di “internalizzazione”. La tassa è in grado di inviare infatti i necessari segnali di prezzo per indirizzare gli agenti verso comportamenti più eco-sostenibili.

62 A proposito di gruppi di interesse, è necessario ricordare il contributo fornito da Mancur Olson (1965). Egli sosteneva che ogni gruppo è afflitto da public good problems. Nel dettaglio, più i gruppi di interesse saranno ristretti, ben coordinati e con ingenti risorse finanziarie, più avranno capacità di esercitare pressioni sulle autorità statali. Questo è del tutto evidente se si considera che i gruppi di dimensioni modeste minimizzano i problemi di asimmetria informativa, di coordinamento e di free-riding in quanto il monitoraggio dei comportamenti è più semplice e meno costoso. I costi di transazione sono ridotti al minimo.

È bene precisare che l’obiettivo della tassa pigouviana non è quello di generare un extra-gettito fiscale nelle casse dello stato, ma di svolgere una funzione di tipo allocativo.

Si possono distinguere due diversi tipi di tassazione ambientale: diretta ed indiretta. La prima va ad incidere direttamente sui comportamenti degli operatori (una tassa da applicare ad ogni tonnellata di CO2 immessa in atmosfera ad esempio), mentre la seconda agisce in via indiretta (si pensi alla tasse sui prodotti petroliferi che potrebbero ridurre l’uso di automobili altamente inquinanti). Quest’ultima modalità risulta essere però meno efficace: non sempre i destinatari riescono a percepirne il peso (un automobilista con un set informativo limitato potrebbe trovare conveniente continuare ad utilizzare una vettura inquinante ed altamente tassata in via indiretta). Alla luce di ciò, sembrerebbe che ad una politica di tassazione indiretta dovrebbero essere affiancate campagne di informazione e di sensibilizzazione o qualsiasi altra iniziativa volta a rafforzare la cultura ambientale degli operatori e dei consumatori.

Occupandoci della sola tassazione diretta, l’impresa sottoposta all’onere fiscale sceglierà quel livello di produzione per il quale la differenza tra prezzo di vendita e costo marginale di produzione sarà pari al valore della tassa.

Analiticamente, supponendo una uguaglianza tra quantità prodotta e emissioni inquinanti, l’impresa dovrà massimizzare la seguente funzione di profitto:

(2.10) maxQj Πj = pQj – C (Qj) - tQj

Dove:

Πj = profitto dell’impresa j p = prezzo di vendita

Qj = quantitàprodotta dall’impresa j C = costi di produzione dell’impresa j t = valore unitario della tassa

La soluzione alla (3.10) è la seguente:

(2.11)  Πj / Qj = p – C’(Qj) - t

(2.12) p - C’(Qj)=t

L’impresa, in altri termini, ridurrà la produzione, e con essa i profitti, fino a quando il maggior costo che deriva proprio dalla contrazione dei profitti sarà inferiore al valore della tassa, almeno nel breve termine. Lo strumento può dirsi quindi efficace ed efficiente.

Più in particolare, sotto il profilo dell’efficienza la tassa, una volta individuata, consente alle imprese di operare rispettando il principio della minimizzazione dei costi. In altri termini, saranno le singole realtà produttive, proprio in virtù di segnali di prezzo inviati attraverso la tassa, ad assumere un comportamento che minimizzi i costi di produzione maggiorati dell’onere fiscale.

Inoltre, la tassa stimola l’innovazione. Infatti, le imprese per ridurne il peso sono portate progressivamente ad investire in tecnologie migliori sotto il profilo ambientale.

Nella pratica, però, anche la tassa incontra molteplici problemi. Infatti, i governi potrebbero individuare un sistema di tassazione non efficiente, per gli usuali problemi di asimmetria informativa e di pressione lobbystica. Con riguardo al primo punto, non ci si riferisce all’esigenza di conoscere le curve di costo di abbattimento delle singole imprese, come accade per il comando e controllo, ma alla necessità di individuare un sistema di tassazione commisurato al danno ambientale, per la cui stima devono essere note le emissioni inquinanti di un certo settore o di una specifica categoria produttiva. Come noto, però, le imprese sono portate a fornire informazioni incomplete o poco veritiere. In particolare, se queste dichiarano emissioni nocive per un quantitativo inferiore rispetto all’effettivo, la tassa applicata sarà chiaramente inferiore; il sistema diventa così inefficace ed inefficiente. Per il secondo aspetto, si pensi al caso in cui un governo intenda agevolare, per ragioni di ordine strategico, le imprese maggiormente inquinanti ma che più contribuiscono alla formazione del reddito del paese; una situazione di questo tipo è chiaramente inefficiente.

Le tasse inoltre, per quanto siano uno strumento di mercato, non sono self-enforcing. Ne deriva che anche ad un sistema di tassazione devono essere associati meccanismi sanzionatori che fungano da deterrente a qualsiasi comportamento elusivo. Più nel dettaglio, la sanzione deve assumere una dimensione maggiore dei benefici conseguibili dal mancato versamento della tassa. Risulta però difficile per le autorità competenti stabilire la giusta sanzione così come individuare chi ha evaso ed in che misura. In particolare, riguardo quest’ultimo punto, il comportamento elusivo dell’impresa dipenderà non solo dall’entità della sanzione ma anche dalla probabilità che la stessa possa essere scoperta. Esiste, quindi, una relazione inversa tra probabilità di essere scoperti e sanzione imposta: se quest’ultima è alta,

generalmente non vi è necessità di associare un’attività di monitoraggio particolarmente stringente e viceversa. Spesso però le attività di monitoraggio e controllo richiedono costi estremamente elevati, a volte proibitivi come accade, ad esempio, per la verifica delle emissioni di CO2 di ciascuna unità produttiva. Per questo motivo, il più volte la letteratura economica64ha ritenuto che una sanzione elevata è preferibile a costi di monitoraggio aggiuntivi. In realtà, questa affermazione deve essere valutata attentamente. Qualora le imprese non considerassero la sanzione giusta e commisurata al caso, sarebbero indotte ad eludere o a investire una certa somma per corrompere le autorità competenti ad esempio.

Sotto il profilo distributivo, ciascuna realtà produttiva dovrà sopportare un onere pari alla somma dei costi di abbattimento necessari per ridurre le emissioni inquinanti e all’ammontare della tassa applicata alle emissioni residue. Sebbene apparentemente la tassa appaia completamente a carico dell’impresa, nei fatti sono i consumatori o le altre unità produttive, che ne impiegano le produzioni a titolo di input, a doverne sopportare, almeno in parte, l’onere65. Infatti, il prezzo pagato in presenza di una tassa ambientale è più elevato. Questo significa che il principio del “chi inquina, paga”, secondo cui colui che intraprende attività inquinanti, siano esse di consumo o di produzione, è economicamente responsabile per i danni generati, nei fatti, non è completamente rispettato. Anche nel caso della tassazione indiretta c’è un problema sociale di fondo: se si applica una tassa sui combustibili ad esempio, questa graverà sulle categorie meno abbienti in quanto, come noto, le classi sociali più basse consumano mediamente un quantitativo di energia maggiore rispetto alle altre66.

La tassa non è quindi uno strumento di giustizia, ma semplicemente un mezzo per raggiungere l’allocazione efficiente delle risorse67. Questo aspetto potrebbe essere in parte corretto qualora si introduca l’ipotesi del double-dividend. In altri termini, le risorse accumulate dallo stato attraverso la tassazione potrebbero essere impiegate per ridurre il peso di altre imposte a carico di quelle stesse realtà produttive da cui proviene il prelievo fiscale o per fornire servizi pubblici aggiuntivi o di qualità più elevata. Le letteratura economica fa spesso riferimento al double-divindend come mezzo per ridurre l’incidenza sulle imprese delle tasse sul lavoro. Un’opzione di questo tipo sicuramente crea un vantaggio sociale rilevante in quanto favorisce

64 Stavins R. (2004), Environmental Economics, Faculty Research Working Paper, Harvard University.

65 In particolare, quanto più la curva di domanda di un bene inquinante è rigida, tanto più la tassa graverà sul consumatore; inoltre una domanda rigida implica che l’effetto della tassa sui quantitativi prodotti e sulle emissioni che ne discendono, almeno nel breve periodo, sarà più contenuto rispetto ad uno scenario in cui la domanda fosse più elastica.

66 Al riguardo si veda Larrue C. (1995), The Political (Un)feasibility of Environmental Economic

Instruments, in Dente B., Environmental Policy in Search of New Instruments, Kluver. 67 Musu I. (2003), Introduzione all’economia ambientale, Il Mulino.

l’occupazione e la crescita dei redditi. La politica del double-divindend non ha trovato però grande favore in quanto spesso i governi sono portati a concepire la tassa ambientale come un’entrata aggiuntiva, utile per la copertura dei deficit di bilancio che affliggono gran parte delle economie moderne, piuttosto che uno strumento di politica ambientale; inoltre la tassa ambientale è chiaramente mal vista dal mondo imprenditoriale.

In sintesi, la tassa sembrerebbe uno strumento efficace ed efficiente solo sotto il profilo teorico. Nella realtà si è visto che i problemi di asimmetria informativa e la pressione esercitata dai gruppi di interesse ne minano il corretto funzionamento. Dal punto di vista distributivo, inoltre, non sembra soddisfare il requisito dell’equità a meno di non introdurre l’ipotesi del double-dividend, che seppur vantaggiosa, incomprensibilmente non ha trovato ampio consenso sul campo.