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Aspetti processuali e tutela del fallito L‟ammissione al

Effetti delle sentenze dei giudici tributari e passivo fallimentare

2. Il titolo per l’ammissione al passivo

2.3 Aspetti processuali e tutela del fallito L‟ammissione al

passivo in forza del ruolo garantiva, come precedentemente accennato, una “stabilità” della pretesa fiscale, nonostante la possibilità di procedere con l‟iscrizione a ruolo a titolo provvisorio.

Le Sezioni Unite hanno chiaramente affermato, però, che non solo il ruolo non è più atto necessario, ma anche la preventiva notifica della cartella di pagamento risulta superflua.

In passato si è molto discusso circa la notifica della cartella di pagamento quale presupposto per l‟ammissione al passivo del credito tributario, anche in ragione della formulazione dell‟art. 87 DPR 602/73. Infatti, la cartella esattoriale è un estratto del ruolo ed è un atto recettizio che, ai sensi degli artt. 25 e 26 DPR 602/1973, acquista efficacia nel momento in cui viene notificata al destinatario (nel caso di fallimento al curatore e al fallito).

Sicché, l‟orientamento prevalente riteneva inammissibili e infondate le domande di ammissione al passivo basate su atti

“Il ruolo di riscossione nella dinamica del prelievo delle entrate pubbliche”,

antecedenti l‟iscrizione a ruolo26 e si riteneva necessaria la notifica della cartella di pagamento al fine di garantire il diritto di difesa e anche quella cd. “ragionevole stabilità” della pretesa impositiva27.

Tale quadro viene completamente stravolto dalle Sezioni Unite che creano una serie di eccezioni e nuove metodologie, dando valore alla par condicio creditorum e all‟art. 93 L. Fall..

Pur volendo riconoscere il valore dei principi che governano le scelte operate dalla Suprema Corte, non sembra che vengano adeguatamente valutate alcune peculiarità della materia tributaria e soprattutto del processo tributario.

Come già evidenziato il giudice delegato non può conoscere dell‟an e del quantum della pretesa fiscale, pertanto in caso di contestazioni in sede di ammissione al passivo dovrà essere adita la Commissione tributaria.

E proprio tale deroga genera i maggiori interrogativi. Infatti, se l‟Agenzia delle entrate ovvero l‟Agente della riscossione

26 Si veda nota 4.

27 Per un esame della problematica si veda l‟analisi della sentenza della

Corte di Cassazione n. 4483/2015 in cui, nell‟affrontare la questione relativa alla riscossione dei crediti tributari nel fallimento, sostiene la non necessità di procedere preventivamente alla notifica della cartella esattoriale al curatore fallimentare, con la conseguenza che i vizi formali dai quali la cartella sia eventualmente affetta non possono incidere sull‟ammissione al passivo del credito tributario, con commento di F. Miconi

“Ammissione al passivo fallimentare dei crediti tributari (anche senza cartella?)” in Il Fallimento, 2015, pag. 1316.

presenta domanda di insinuazione su un mero avviso di pagamento o ancora sulla dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente fallito che ha omesso il versamento degli importi indicati, come può il curatore adire il giudice tributario e contestare vizi della dichiarazione ovvero altri errori? E la legittimazione passiva residuale del fallito come viene garantita? Da quando decorrono i termini per impugnare il titolo posto a fondamento dell‟istanza?

Non vogliono essere ignorate le aperture sull‟elencazione degli atti impugnabili28, ma davvero qualsiasi atto può essere contestato davanti alla Commissione tributaria?

È evidente che si verrebbe a determinare un vuoto di tutela, con grave danno anche per la procedura e gli altri creditori concorrenti29.

Non soddisfa appieno neanche la soluzione “drastica” operata dal diritto vivente che in ipotesi di contestazione del credito tributario e in assenza di atto impugnabile prevede l'esclusione dell‟Amministrazione finanziaria dalla procedura. Ad avviso della giurisprudenza, per chiarire, in caso di richiesta di

28 Per un esame approfondito si veda A. Poddighe “Gli atti impugnabili dinnanzi alle Commissioni tributarie: rassegna di giurisprudenza di legittimità e dottrina” in Riv. dir. trib. 2012, pag. 655.

29 Si veda F. Paparella "L'ammissione al passivo fallimentare dei crediti fiscali a seguito della soppressione del ruolo", op. cit.; G. D'Angelo “L'insinuazione al passivo fallimentare del credito tributario”, op. cit..

insinuazione di un credito fiscale senza la previa adozione di un atto impugnabile, l'eventuale contestazione del credito impone al giudice del fallimento, che non può conoscere del merito di tale credito, di rigettare l'istanza di ammissione30.

Se al contrario la domanda viene corredata da un atto impugnabile, opposto in sede giurisdizionale, il credito fiscale deve essere ammesso con riserva31, da sciogliere solo ad esito

dell'intervenuta definizione32 della contestazione nella sede

preposta.

30 Come evidenziato da Cass., SS.UU., 413/2012, cit., "tenuto conto della circostanza che nel caso di contestazione del debitore erariale il giudice delegato non ha modo di verificare la fondatezza delle censure, essendo le relative questioni rimesse al giudice tributario, in mancanza del ruolo (e della relativa impugnazione) l'esito della domanda di ammissione dovrà essere necessariamente sfavorevole per il creditore, attesa l'impossibilità, per il giudice delegato del fallimento, di formulare giudizio di merito al riguardo", per un esame della problematica si veda A. Carinci “La Cassazione conferma il proprio orientamento sulla non necessità della notifica della cartella ai fini dell'insinuazione al passivo” in GT – Riv. giur.

trib., 2014, pag. 611, commento a Corte di Cassazione 6126/2014.

31 Ai fini dell'ammissione con riserva è sufficiente la mera manifestazione

da parte del curatore dell'intenzione di adire il giudice tributario, senza che sia pure necessario, al momento della pronuncia, che la contestazione sia già stata promossa in quella sede; così M. Montanari, "L'accertamento

fallimentare dei crediti d'imposta dopo la riforma", in Il Fallimento, 2007,

pag. 1129. L‟art. 88 DPR 602/1973 prevede che nei casi di ammissione con riserva si assiste ad una deroga al principio di esclusività, ritraibile dagli artt. 24, 43, 52 e 93 della L. Fall., che però è solo apparente, dal momento che "la misura del credito viene accertata altrove, ma la domanda di

ammissione al passivo va in ogni caso presentata ed il tribunale deve valutare se il credito è opponibile e se sussistono le ragioni di prelazione",

cfr. M. Fabiani “Diritto fallimentare”, Bologna, 2011, pag. 385.

32 La definizione della contestazione non avviene solo con la conclusione del

giudizio intrapreso, ma può conseguire alla definitività dell'atto impositivo in virtù della scadenza del termine per impugnare oppure in ragione dei particolari strumenti deflattivi; cfr. D'Angelo, "L'insinuazione al passivo

Altro aspetto non considerato dalle teorie giurisprudenziali, che ammettono l‟insinuazione al passivo del credito tributario senza preventiva notifica della cartella di pagamento, consiste nell‟esistenza in diritto tributario della procedura di liquidazione e di controllo formale (artt. 36 bis e ter DPR 600/1973 e art. 54 bis DPR 633/1972).

Infatti, si tratta di iscrizioni a ruolo ibride che si collocano in bilico tra accertamento e riscossione e devono essere portate a conoscenza del debitore, essendo il primo atto con cui viene composta la pretesa dell‟Amministrazione finanziaria e si definisce secondo le regole proprie degli atti di imposizione, ossia per omessa impugnazione nel termine di legge33.

Il ruolo, in tali ipotesi, costituisce l'unico atto idoneo a definire la pretesa fiscale e deve ritenersi imprescindibile, non tanto la vera e propria iscrizione a ruolo, quanto, piuttosto, la notifica della cartella di pagamento che contiene il ruolo34.

Infatti, il credito tributario non viene ad esistenza sic et

simpliciter bensì richiede il rispetto di precise norme

33 La cartella di pagamento deve pertanto essere notificata al pari di

qualsiasi altro atto di imposizione, ai sensi dell‟art. 21 DLgs 546/92. Sul tema A. Carinci “Il ruolo tra pluralità di atti ed unicità della funzione” in Riv. dir. trib. 2008, I, pag. 244.

34 Cfr. A. Carinci “La Cassazione conferma il proprio orientamento sulla non necessità della notifica della cartella ai fini dell'insinuazione al passivo” op.

cit. e Ibidem "Il ruolo tra pluralità di atti ed unicità della funzione", in Riv. dir. trib., 2008, pag. 244.

procedimentali e soprattutto il rispetto di termini di decadenza e prescrizione entro i quali l‟Amministrazione deve porre in essere i controlli.

Le norme dell‟accertamento non possono “sparire” in caso di soggezione del contribuente a fallimento, perché non perde la qualifica di soggetto passivo di imposta, con le presunzioni e le tutele che ne conseguono.

La notifica è un atto essenziale alla fase di riscossione, altrimenti sarebbe vana la disposizione contenuta nell‟art. 25 DPR 602/73 che impone all‟Agente della riscossione di agire entro precisi termini decadenziali, decorsi i quali l‟atto è

tamquam non esset, in quanto il fallito non può essere esposto

indefinitivamente all‟azione esecutiva del fisco35.

Puntualmente anche nel giudizio tributario sono previsti termini di impugnazione, che l'art 21 del DLgs 546/1992 fissa in sessanta giorni dalla notifica dell'atto impugnabile, disposizione che presuppone, quale condizione dell'avvio del processo tributario, la notifica di un atto da parte dell'amministrazione finanziaria.

È evidente, quindi, che il nuovo equilibrio creato tra le disposizioni fallimentari e quelle tributarie solleva non poche

perplessità, perché il contenuto della domanda di ammissione al passivo, previsto dall‟art. 93 L. Fall.36, non può in generale essere sufficiente per l‟amministrazione finanziaria, in quanto la procedura di formazione del credito tributario è complessa (essendo composta di numerose fasi e termini decadenziali precisi) e deve garantire un contraddittorio con il contribuente37.

36 Si veda per tutti L. Del Federico “Profili di specialità ed evoluzione giurisprudenziale nella verifica fallimentare dei crediti tributari” op. cit.. 37 La necessità di un contraddittorio con l‟Amministrazione finanziaria per la

determinazione della corretta obbligazione tributaria è un argomento molto attuale e affrontato sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza. In questa sede è possibile operare solo un rinvio, evidenziando però la diffidenza in materia tributaria sul tema degli accordi con l‟amministrazione. Infatti, il Prof. Moschetti, nel 1995, scriveva che il legislatore italiano ha avuto, nei confronti degli accordi per la determinazione della base imponibile, una linea hegeliana di tesi-antitesi-sintesi: nei primi del „900 era stato ammesso il concordato, poi ghettizzato negli anni „70 e infine reintrodotto con una certa cautela, con gli istituti dell‟accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale; F. Moschetti “Le possibilità di accordo tra

amministrazione finanziaria e contribuente nell‟ordinamento italiano” in Il

Fisco, 1995, p. 1531. In dottrina AA.VV. a cura di S. La Rosa “Autorità e

consenso nel diritto tributario” – Giuffrè 2007; M Basilavecchia, “Autorità e consenso: un confronto tra azione amministrativa e azione impositiva” in

Azione amministrativa ed azione impositiva tra autorità e consenso a cura di S. Civitarese Matteucci e L. del Federico; F. Batistoni Ferrara, voce

“Accertamento con adesione”, in Enc. Dir., Agg. II, Milano 1998; G. Falsitta “Natura e funzione dell‟imposta con speciale riguardo al fondamento della sua “indisponibilità”” in Atti del Convegno di Studi tenutosi a Catania il 14-

15 settembre 2007 – Giuffré; S. La Rosa “Gli accordi nella disciplina

dell‟attività impositiva: tra vincolatezza, discrezionalità e facoltà di scelta”

in Azione amministrativa ed azione impositiva tra autorità e consenso, S. Civitarese Matteucci e L. del Federico (a cura di), 2010; L. Salvini “La

“nuova” partecipazione del contribuente alla richiesta di chiarimenti allo statuto del contribuente ed oltre” in Riv. Dir. Trib. 2000, pag. 13; M.

Versiglioni “Accordo e disposizione nel diritto tributario” – Contributo allo studio dell‟accertamento con adesione e della conciliazione giudiziale – Giuffrè, 2001. In giurisprudenza Cass. SS. UU. 26635/2009, 26636/09, 26367/09, 26638/09 in Corriere Trib., 2010, pag. 251 nota di A. Marcheselli, in Dir. e Prat. Trib., 2010, pag. 229 nota di M. Basilavecchia.

Inoltre, la particolare circostanza che il giudice delegato non può conoscere il merito della pretesa tributaria, essendo garantita la giurisdizione delle commissioni tributarie, rende maggiormente problematico l‟assetto delle contestazioni e delle tutele processuali.

Le recenti “statuizioni” giurisprudenziali andrebbero, quindi, ripensate alla luce delle peculiarità poc‟anzi evidenziate, in quanto non vi è un reale beneficio neanche per il soggetto (amministrazione o agente della riscossione) che procede all‟insinuazione al passivo. Infatti, la domanda potrebbe essere rigettata in ipotesi di contestazione se non fondata su atto impugnabile.

In questi casi uno strumento di tutela si potrebbe rinvenire proprio nell‟ammissione del credito erariale con riserva, ai sensi dell‟art. 88 DPR 602/73. Se il giudice fallimentare, di fronte alle eccezioni del curatore sul merito della pretesa tributaria, ammettesse la posizione del Fisco con riserva, costringerebbe l‟Agente della riscossione (e prima ancora l‟erario), interessato allo scioglimento della riserva, a provvedere certamente a notificare la cartella di pagamento al curatore fallimentare, consentendogli di adire il giudice tributario.

Tale soluzione, che in ogni caso provocherebbe l‟incresciosa conseguenza di bloccare ad libitum le relative somme in danno della massa dei creditori (come previsto dagli artt. 113, n. 3 e 117, comma 2, L. Fall.), sembra l‟unica in grado di coniugare le indefettibili esigenze di tutela avverso i crediti erariali e di rispetto della par condicio creditorum con il modello processuale tributario38.

3. Effetti della sentenza tributaria e contrasto di