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L’inerzia del curatore, quale requisito per la legittimazione del fallito L‟esame della posizione del

2. La legittimazione processuale del fallito

2.1 L’inerzia del curatore, quale requisito per la legittimazione del fallito L‟esame della posizione del

curatore presenta differenti aspetti, poiché diviene problematico discernere l‟inerzia motivata dal suo totale disinteresse da quella dovuta ad una negativa valutazione della convenienza della controversia, soprattutto nelle ipotesi in cui il curatore non sia mai stato parte del processo.

Peraltro, l‟inerzia non può operare laddove, al momento del compimento dell‟atto d‟impulso o dell‟iniziativa processuale, relativamente ai beni di pertinenza della procedura, gli organi di questa abbiano già assunto iniziative che dimostrino concretamente l‟interesse della massa per il diritto oggetto della controversia. Ne deriva che la legittimazione processuale suppletiva del fallito57, in deroga a quella esclusiva del curatore, opera solo in caso di effettiva inattività o disinteresse degli organi della procedura, ma non anche là dove questi si

7132/1998. La giurisprudenza nega senza alcun dubbio la rilevabilità d‟ufficio della carenza di legittimazione processuale, mentre la dottrina ha mostrato qualche apertura proprio tenendo in conto l‟automaticità dell‟effetto interruttivo generato dalla dichiarazione di fallimento, comma tre art. 43 L. Fall.; si veda F. Marelli, sub art. 43, op. cit., pag. 714; S. Pacchi, sub art. 43, in A. Nigro, M. Sandulli e V. Santoro (a cura di), La legge fallimentare dopo la riforma, tomo I, Torino, 2010, pag. 590; V. Zanichelli, “La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure

concorsuali”, Torino, 2008, pag. 100.

57 M. Basilavecchia, “Ribadita la legittimazione attiva della società fallita”,

Corriere tributario, 2008, pag. 55, nota all‟ordinanza della Corte di Cassazione 21385/2007.

siano attivati, essendo inconcepibile una sovrapposizione di ruoli tra fallimento e fallito58.

In merito all‟inerzia del curatore59 è bene rilevare che la scelta

di non esperire una determinata azione giudiziale non autorizza il fallito a procedere con una azione personale. È quanto rilevato dalla giurisprudenza che ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione presentato dal soggetto fallito, a seguito di un giudizio di appello promosso dal curatore della procedura che aveva ritenuto, anche su parere del Giudice delegato, di non procedere ad ulteriore impugnazione60.

Tale ricostruzione presenta non poche problematiche, perché il fallito prima di poter esperire azione dovrà verificare l‟inerzia del curatore fallimentare, ma anche le ragioni del mancato intervento che, negli effetti pratici, non è sempre agevole valutare.

58 Cfr. Cass., SS.UU. 27346/2009, Il Fallimento, 2010, pag. 284, con nota

di M. Ferro “Il vizio dell‟atto di apertura della l.c.a., se non rimosso in via

definitiva lascia intatta la legittimazione del commissario alle azioni risarcitorie”; nonché, più di recente, tra altre, Cass. 24159/2013, in Il

Fallimento, 2013, pag. 1451.

59 Si veda anche il commento alla sentenza della Corte di Cassazione

17367/2012 di C. Ferri e C. Bellomi, “La capacità processuale del fallito

nell‟inerzia del curatore” in Il Fallimento, 2013, pag. 948.

60 Cass. 20163/2015 in Il Fallimento, 5/2016, p. 564 con nota di C. Bellomi “La legittimazione processuale residuale del fallito”.

Infatti, solo nell‟ipotesi in cui gli organi del fallimento abbiano formalizzato la volontà di non impugnare un determinato atto si potrà parlare di “inattività consapevole”, in difetto alcuna contestazione potrà essere mossa al fallito, che sceglie di esercitare una azione personale61.

Sul tema la Suprema Corte ha puntualizzato: “E' vero, come

ancora di recente statuito, che in caso di fallimento delle società di persone e di estensione del fallimento ai soci illimitatamente responsabili ai sensi dell'art. 147 L. Fall., l'atto impositivo, se inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d'imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, debba essere notificato non solo al curatore, ma anche al contribuente, … . Ma è di tutta evidenza, alla luce di questo insegnamento, che l'obbligo di notificazione nei confronti del fallito è strumentale a consentire al medesimo l'esercizio in via condizionata del diritto di difesa, azionabile infatti solo nell'inerzia degli organi della procedura e che in

61 Occorre precisare che il giudice, ai sensi dell‟art. 25, n. 6) L. Fall. “autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto. L'autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado di essi. Su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l'eventuale revoca dell'incarico conferito ai difensori nominati dal medesimo curatore”, pertanto potrebbe

non risultare dal fascicolo fallimentare la scelta di non impugnare un atto impositivo e/o proseguire il giudizio.

ogni caso, restando la posizione del socio fallito assorbita nel concorso concernente la società, l'inosservanza di detto obbligo non rende irrito l'atto impositivo e tanto meno consente che ne sia dichiarata la nullità o peggio l'inesistenza. Sicché è perciò duplice l'errore di diritto commesso dal giudice a quo: una prima volta, decretando l'illegittimità dell'atto, malgrado esso fosse stato impugnato dal curatore fallimentare della società anche in veste di curatore fallimentare del socio, di modo che, stante nella specie l'iniziativa degli organi della procedura, risultava soddisfatto l'interesse sostanziale del fallito a far valere il proprio diritto di difesa; una seconda volta, sanzionando nella specie l'omessa notificazione, improduttiva altrimenti di qualsivoglia effetto per la vista impugnativa proposta dal curatore, con una declaratoria di illegittimità che non ha ragione d'essere in considerazione del fatto che le sorti del socio fallito non sono disgiungibili da quelle del fallimento della società”62.

È evidente che gli ermellini hanno dato rilievo ad un elemento particolare, vale a dire la sussistenza di azioni giurisdizionali esercitate dalla curatela, ribadendo la supplettività della legittimazione processuale del fallito.

Infatti, nel caso sopra riportato, il fallito non avrebbe mai potuto esercitare un‟azione autonoma, pertanto i giudici di legittimità hanno ritenuto che la mancata notifica risultasse sanata dall‟intervento del curatore63.

Tale soluzione non soddisfa pienamente, perché il fallito non solo non ha conosciuto la pretesa fiscale, ma resta esposto all‟azione esecutiva una volta tornato in bonis, stante la linea difensiva adottata dal curatore, magari anche errata64.