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Notifica degli atti impositivi o mera conoscenza

2. La legittimazione processuale del fallito

2.2 Notifica degli atti impositivi o mera conoscenza

Ulteriore aspetto fondamentale in materia tributaria, con riguardo al tema della legittimazione passiva del fallito, è la conoscenza effettiva degli atti impositivi relativi al periodo antecedente l‟apertura del fallimento65.

63 In dottrina M. Mauro “Imposizione fiscale e fallimento”, Torino, 2011; F.

Tesauro “Appunti sugli adempimenti fiscali del curatore fallimentare” in Rass. trib., 1990, pag. 245. Contra M. Miccinesi “Fallimento nel diritto

tributario” in Digesto disc. priv. sez. comm. Torino, V, 1990, pag. 476, in

cui afferma che la legittimazione processuale del fallito sussista anche in ipotesi in cui l‟atto impositivo sia notificato al solo curatore fallimentare rimasto inerte.

64 Sul punto si tornerà in seguito, laddove verranno esaminate delle ipotesi

di tutela maggiori per il fallito attraverso l‟utilizzo degli istituti del litisconsorzio, dell‟intervento e della Convenzione europea dei diritti dell‟uomo.

65 Infatti, se il presupposto impositivo si verifica successivamente

all‟apertura del fallimento, la legittimazione processuale sarà del solo curatore. Sul punto si veda anche G. M. Cipolla “La rilevanza degli atti

istruttori e degli atti di accertamento in pendenza di procedura” in F.

Paparella (a cura di), Il diritto tributario delle procedure concorsuali e delle imprese in crisi, Milano, 2013, pag. 323.

L‟atto tributario si perfeziona, infatti, con la ricezione da parte del destinatario, pertanto la notificazione prescritta dalla legge sarà dovuta tanto al curatore, quale portatore istituzionale degli interessi della massa ad impedire o limitare il concorso del Fisco nell‟espropriazione collettiva, che al fallito.

La giurisprudenza66 ha costantemente affermato la necessità nonché la doverosità della notifica al fallito dell‟atto tributario, sia per la possibilità del fallito di sopperire all‟inerzia del curatore, sia per l‟incisività della pretesa tributaria sul patrimonio del fallito tornato in bonis67, sia per il riconoscimento del fallito, da parte dell‟ordinamento tributario, come soggetto passivo di imposta68.

66 Per tutte Cass. 2910/2009 “l'accertamento tributario, se inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d'imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore - in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare, o, comunque, della loro idoneità ad incidere sulla gestione delle attività e dei beni acquisiti al fallimento - ma anche al contribuente, il quale non è privato, a seguito della dichiarazione di fallimento, della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario e resta esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, che conseguono alla definitività dell'atto impositivo; ne consegue che il fallito, nell'inerzia degli organi fallimentari ed a prescindere dalla valutazione da essi compiuta sul predetto accertamento, è eccezionalmente abilitato ad esercitare egli stesso tale tutela, una volta che abbia piena cognizione anche dei motivi della pretesa tributaria” (conf.

Cass. 7561/1995).

67 Cass. 6937/2002; Cass. 14987/2000; Cass 9951/2003, in Fisco, 2003,

7438.

68 In giurisprudenza, Corte di Cass. 4235/2006, confermativa

dell'orientamento già espresso con le sentenze 7561/1995, 7308/1996, 14987/2000, 6937/2002, ulteriormente confermato poi con le sentenze 5671/2006, 6393/2006, 27263/2006, 3020/2007.

A sostegno della tesi della notifica al fallito dell‟atto impositivo, può anche essere richiamato l‟art. 6 Statuto del contribuente, in cui precisamente si stabilisce che “l‟amministrazione

finanziaria deve assicurare l‟effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati”.

La problematica nasceva soprattutto con riguardo alla formulazione dell‟art. 48 L. Fall., in quanto fino al 15.01.2006 la disposizione prevedeva la consegna al curatore della corrispondenza diretta al fallito, mentre con la riforma operata dal DLgs 169/2007 e a decorrere dal primo gennaio 2008 la corrispondenza dovrà essere consegnata al fallito su cui graverà l‟onere di recapitarla al curatore69.

Tale disposizione ha portato ad una serie di contenziosi, perché non sempre l‟amministrazione ha ritenuto necessaria la notifica al fallito.

Per comprendere la portata della questione è utile analizzare qualche caso pratico su cui la Suprema Corte si è pronunciata. Il fallito potrebbe trovarsi ad impugnare cartelle di pagamento fondate su avvisi di accertamento divenuti ormai definitivi, ma

69 Dal 16.01.2006 al 31.12.2007 la norma equiparava il fallimento delle

persone fisiche a quello delle persone giuridiche, stabilendo sempre la notifica in favore dell‟imprenditore ovvero degli organi societari, con conseguente onere di consegna al curatore.

mai conosciuti dallo stesso, in quanto notificati al solo curatore fallimentare.

Nel caso esaminato, la notifica era anche stata rifiutata dal curatore fallimentare, circostanza che avrebbe dovuto portare ancor di più ad una notifica diretta al fallito. Infatti, la Corte ha affermato a chiare lettere che la definitività dell‟accertamento notificato al curatore, e da questi rifiutato, non può essere fatta valere nei confronti della società, rispetto alla quale è necessario procedere con una autonoma notifica. In mancanza, viene meno qualsiasi forma di solidarietà passiva tra il curatore e l‟amministratore o i soci di una società di persone fallita70.

La decisione riprende il filone secondo cui l‟omessa notificazione di un atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la nullità dell‟atto consequenziale notificato.

Di conseguenza, le cartelle di pagamento notificate al fallito, ma fondate su avvisi di accertamento notificati unicamente al curatore e non anche al fallito, sono state considerate illegittime e annullate.

70 Cass. 17687/2013, esaminata in Rassegna di giurisprudenza Dir e prat.

trib 1/2016, pag. 349 “ll debito fiscale nelle procedure concorsuali. Parte

prima. I debiti sorti prima della procedura (2006 – 2015)” a cura di G.

L‟azione, volta a sollevare il detto vizio, può essere proposta indifferentemente o nei confronti dell‟agente di riscossione o nei confronti dell‟ente impositore71.

Di recente, però, la giurisprudenza sembra aver operato un arresto sostenendo che sebbene la notifica dell‟accertamento debba essere effettuata anche nei confronti del fallito, l‟inosservanza di tale adempimento non rende invalida la cartella, ma ha il solo effetto di impedire la definitività dell‟accertamento nei confronti del fallito, che però, in caso di inerzia del curatore, ha l‟onere di impugnarlo da quando ne ha avuto effettiva conoscenza72

Occorre, quindi, valutare attentamente due aspetti: 1) se vi è stata inerzia del curatore; 2) se il fallito abbia avuto effettiva conoscenza della pretesa tributaria.

Con riguardo al primo aspetto sono state fatte precedentemente alcune valutazioni, mentre in merito alla seconda questione è interessante riprendere una sentenza

71 Cass. 4113/2014, che ha richiamato, quale precedente rilevante in tema

di nullità dell‟atto consequenziale, Cass., SS.UU. 16412/2007, sempre in Rassegna tributaria a cura di G. Rocco, op. cit.. Occorre, altresì, rilevare che la Corte ha in diverse occasioni ribadito che “L'azione del contribuente

rivolta a far valere l'illegittimità dell'avviso di mora, non preceduto dalla notificazione della prodromica cartella di pagamento, può essere esercitata indifferentemente nei confronti dell'ente creditore o del concessionario della riscossione, senza che tra costoro si realizzi un'ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l'ente creditore” Cass.

2803/2010.

della Suprema Corte anche in ragione di alcuni fatti concreti verificatisi73.

Nel caso esaminato dalla Corte, la società fallita aveva avuto conoscenza di una insinuazione tardiva dell‟Agente della riscossione per un “credito IVA ed INAIL per omessi versamenti 1993-1994-1995” a seguito di una nota del curatore datata 9.11.2005.

Ebbene la Commissione tributaria regionale aveva fatto decorrere da tale data la possibilità di impugnare la pretesa erariale, in quanto il fallito aveva preso contezza della richiesta. La Suprema Corte ha cassato tale ricostruzione riprendendo un precedente del 2009 (replicato nel 2014) in cui si afferma “per impugnare consapevolmente la pretesa

impositiva non basta conoscerne l‟esistenza, occorre conoscere anche i motivi sui quali si fonda la pretesa stessa”, ossia

occorre che il contribuente interessato abbia acquisito “tutti gli

elementi necessari per esercitare proficuamente il diritto di difesa”74.

Ebbene nel caso esaminato si è ritenuto che la comunicazione del curatore fallimentare non contenesse le ragioni del credito

73 Cass. 7874/2015 in GT – Riv. giur. trib. 2015, pag. 875 con nota di M.

Montanari “Decorrenza del termine per l‟impugnazione degli accertamenti

tributari non notificati al fallito”, pag. 879. 74 Così Cass. 2910/2009 op. cit..

vantato dall‟Ufficio, ma anche il successivo accesso presso la cancelleria fallimentare avvenuto in data 11.01.2006 non aveva offerto alla società fallita tutti gli elementi necessari, in quanto nell‟istanza di insinuazione al passivo erano riportati sono gli “importi e i privilegi”.

Sicché i giudici hanno fatto decorrere il dies a quo per la proposizione del gravame, accogliendo le istanze della contribuente, dal giorno in cui la società aveva ricevuto copia della cartella di pagamento non notificata alla stessa. Precisando ulteriormente “D‟altro canto, la ratio della

previsione secondo cui al contribuente non va - di regola - notificato l‟estratto di ruolo, bensì la cartella di pagamento nella quale il ruolo viene trasfuso, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 25 e 26, risiede proprio nell‟esigenza di rendere ostensibili al medesimo le ragioni ed i presupposti che hanno dato origine alla pretesa fiscale azionata dall‟Amministrazione Finanziaria”.

Seppur apprezzabili, le ricostruzioni operate in merito alla decorrenza del termine di gravame non possono non sollevare alcuni dubbi, in quanto volte ad equiparare, come anche per le altre fattispecie già esaminate in tema di interruzione del

processo, due situazioni ben diverse: la notificazione e la mera conoscenza75.

Se il legislatore avesse voluto riconoscere valore a tale equipollenza giurisprudenziale, avrebbe inserito nell‟art. 21 DLgs 546/92 tale possibilità. Tuttavia la norma richiede per la decorrenza del termine per impugnare la notificazione dell‟atto e non una conoscenza potenziale, una conoscibilità effettiva o una conoscenza legale, proprio per tutelare l‟esercizio pieno del diritto di difesa e garantire chiarezza all‟ordinamento76.

Non può non essere, pertanto, analizzata la sentenza della Suprema Corte 4760/2009, che ha dettato alcuni capisaldi in tema di sanabilità della notificazione.

“La notificazione dell'atto amministrativo d'imposizione tributaria costituisce una condizione integrativa dell'efficacia

75 Sul punto si veda la nota critica di M. Finocchiaro “La Corte di cassazione e l‟interpretazione adeguatrice (ossia: della inutilità della Corte costituzionale)” nota a Cass. 3321/1993, in Giust. civ., 1993, pag. 2721. Si

veda anche A. Pozzo, “Capacità processuale del fallito e decorrenza del

termine per impugnare l‟accertamento notificato al curatore” nota a Cass.

10957/1994 in GT – Riv. giur. trb. 1996, pag. 72.

76 Si consideri che la giustizia amministrativa ha proceduto a tale

equipollenza con l‟art. 41, comma 2, Cod. proc. amm (DLgs 104/2010), in cui si prevede “Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve

essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge.”. Nel processo tributario, invece, nonostante le modifiche

con la riforma del 2015 (DLgs 156/2015), non è stata inserita tale ipotesi, pertanto dovrebbe essere garantito al contribuente il rispetto delle procedure notificatorie, senza ricorrere a sillogismi non previsti.

della decisione assunta dall'Ufficio finanziario, ma non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento dell'atto. Ne consegue che l'inesistenza della notificazione non determina in via automatica l'inesistenza dell'atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza concesso all'Ufficio per adottare e notificare il provvedimento amministrativo tributario, nel qual caso grava sull'Ufficio stesso l'onere di provare la piena conoscenza dell'atto da parte del contribuente e la sua acquisizione entro il predetto termine di decadenza”.

Sicché, la notifica può anche essere sanata ai sensi dell‟art. 156, comma 3, c.p.c., ma con determinate caratteristiche, ossia la piena conoscenza e soprattutto il rispetto di un determinato termine (entro il periodo concesso all‟Ufficio per adottare e notificare il provvedimento), al fine di non esporre indefinitivamente il contribuente all‟azione esecutiva dell‟amministrazione77.

77 Si veda Cass. 10/2004, sono stati definiti “perentori”, cioè quelli oltre i

quali il Fisco non può esercitare la sua azione, i termini dettati dal legislatore in tema di riscossione. Questa interpretazione della Corte è altresì l‟unica costituzionalmente legittima in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., sicché ha trovato l‟avallo della Corte costituzionale nell‟ordinanza n. 107 del 1993.

Altro aspetto rilevante è l‟onere della prova della piena conoscenza – ribadito anche dalla pronuncia n. 7874/2015 – che deve assolutamente essere posto a carico dell‟Agenzia delle entrate; dando applicazione alle norme processuali e in particolare a quanto disposto dall‟art. 2697 c.c., la prova del fatto impeditivo (la tardività della proposizione del ricorso), dedotto con eccezione formulata nelle controdeduzioni, non può che spettare a chi l‟eccezione medesima abbia sollevato, ossia, per l‟appunto, l‟Amministrazione finanziaria.