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La cosa giudicata in materia tributaria L‟art 88 DPR

Effetti delle sentenze dei giudici tributari e passivo fallimentare

3. Effetti della sentenza tributaria e contrasto di giudicat

3.1 La cosa giudicata in materia tributaria L‟art 88 DPR

602/73 subordina lo scioglimento della riserva del giudice delegato alla definizione del giudizio tributario con sentenza irrevocabile.

Nel processo tributario, tuttavia, non troviamo una disposizione normativa40 che definisca l‟istituto del giudicato,

pertanto occorre ricostruire la disciplina della “cosa

40 L‟assenza di una disposizione normativa non riguarda solo il giudicato,

giudicata”41 almeno per sommi capi, al fine di comprendere le problematiche che si riservano nella procedura concorsuale42. È necessario, quindi, richiamare due delle accezioni utilizzate in dottrina e in giurisprudenza con riguardo alla cosa giudicata43. La prima è quella di “giudicato formale” concetto che si riferisce alla qualità assunta dalla sentenza quando non è più soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione così come previsto dall‟art. 324 c.p.c., mentre la seconda è quella di “giudicato sostanziale” che indica l‟idoneità della sentenza passata in giudicato in senso formale a produrre effetti ai sensi

41 Il termine romano res iudicata si riferiva propriamente alla lite dedotta in

giudizio dopo che era stata iudicata, pertanto si riferivano concretamente all‟oggetto della pronuncia del giudice per affermare che sulla stessa materia non si potesse agere nuovamente. Nel diritto moderno l‟accento è invece spostato sulla decisione, cioè sulla pronuncia del giudice per assicurare stabilità affinché i suoi effetti possano dispiegarsi liberamente e pienamente. Per tali considerazioni E.T. Liebman, voce “Giudicato – Diritto

processuale civile I” in Enciclopedia giuridica Treccani 2003.

42 Secondo la nota formula chiovendiana il giudicato deve consistere in

quell‟effetto o insieme di effetti che garantiscono a chi abbia ragione “tutto

quello e proprio quello che ha praticamente diritto ad avere sul piano del diritto sostanziale”, quindi gli effetti del giudicato andrebbero proprio

individuati in rapporto con ciascun tipo di processo.

43 All‟inizio del secolo, si procedeva con una ricostruzione astratta che

prescindeva dal dato positivo, escludendo così ogni riferimento alla disciplina del codice civile del 1865. Secondo Glendi, l‟idea stessa di giudicato in passato è stata contornata da un alone “magico” in quanto sussisteva una diffusa tendenza all‟assolutizzazione ontologica, mentre per l‟A. il tema deve essere rigorosamente affrontato in chiave di diritto positivo, come si tenterà di fare in questo capitolo seppur brevemente. C. GLENDI, voce “Giudicato – Diritto tributario IV” in Enciclopedia giuridica Treccani. Altro aspetto da considerare è la molteplicità delle di situazioni sostanziali cui il processo deve dare soluzione, che ha portato la dottrina a ritenere esistenti più discipline di giudicato. Infatti, al variare dei rapporti fra diritto sostanziale e processo può anche variare la disciplina del giudicato, al fine di garantire un‟effettività della tutela riconosciuta dall‟ordinamento. A. Proto Pisani, “Appunti sulla giustizia civile”, Bari 1982, pag. 37 ss..

dell‟art. 2909 c.c., cioè a “fare stato tra le parti, gli eredi e gli

aventi causa”.

L‟art. 88 DPR 602/73 sembra far riferimento al giudicato in senso formale, in quanto parla di irrevocabilità della sentenza, ma assumono rilievo anche gli effetti della sentenza, che dovrà in ogni caso essere opponibile alla massa dei creditori, come esposto precedentemente.

Per un rapido esame del dato normativo in difetto di specifiche norme, occorre partire dall‟art. 1, comma 2 del DLgs 546/9244,

che effettua un generale rinvio alle norme del codice di procedura civile subordinandone l‟applicazione alla sussistenza di due requisiti: la necessità che vadano a colmare delle lacune e la compatibilità con la struttura del contenzioso tributario.

In realtà, a tale rimando di carattere generale potrebbe preferirsi, con riguardo al giudicato, il rinvio effettuato dall‟art. 49 del DLgs 546/9245 alle norme del codice di procedura civile

44 “I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”.

45 L‟art. 49 esula di conseguenza ogni riferimento ai regolamenti di

competenza stante l‟inapplicabilità degli artt. 42 ss. c.p.c. sancita dall‟art. 5 c. 4 del D. Lvo 546/92. Esempio tratto da C. Glendi, voce “Giudicato –

che regolano le impugnazioni, in quanto non richiede un preventivo vaglio di compatibilità46.

Infatti, l‟espressione contenuta nell‟art. 49 “… fatto salvo

quanto disposto nel presente decreto”, impone un esame delle

norme del codice di rito al solo fine di escludere l‟applicabilità di quelle disposizioni espressamente derogate nel DLgs 546/9247.

Queste disposizioni, però, fanno esclusivo riferimento alle norme processual-civilistiche, escludendo dal richiamo le norme contenute in altri atti tra cui quindi anche l‟art. 2909 del codice civile.

A tale conclusione è stato obiettato48 che il rinvio disposto

dall‟art. 1 c. 2 non è fatto alle norme di procedura civile “in

quanto tali” ma ai principi del diritto processuale comune fra i

quali potrebbe includersi anche l‟art. 2909 c.c..

46 Non differenziano la portata dei due articoli in esame del D. Lvo 546/92

F. Pistolesi, “Le impugnazioni in generale” in AA. VV. Il Processo tributario Torino 1998; e C. Bafile, “Il nuovo processo tributario” Padova 1994, contra, invece, C. Glendi, “Rapporti tra nuova disciplina del processo

tributario e codice di procedura civile” in Dir. prat. Trib. 2000, I, pag. 1700

e G. Fransoni “Giudicato tributario e attività dell‟amministrazione

finanziaria” Giuffrè Editore, Milano 2001.

47 L‟art. 49 esula di conseguenza ogni riferimento ai regolamenti di competenza stante l‟inapplicabilità degli artt. 42 ss. c.p.c. sancita dall‟art. 5 c. 4 del D. Lvo 546/92. Esempio tratto da C. Glendi, voce “Giudicato –

Diritto tributario IV” in Enciclopedia giuridica Treccani 2003.

48 L‟obiezione, alla conclusione di Fransoni, è sostenuta da A. Chizzini, “I rapporti fra codice di procedura civile e processo tributario” in AA.VV Il

L‟applicazione della norma, sul giudicato sostanziale, al processo tributario potrebbe perciò trovare applicazione attraverso il ricorso all‟interpretazione analogica o ai principi generali dell‟ordinamento49.

Si deve, pertanto, riconoscere anche nel processo tributario l‟applicazione delle disposizioni sopra descritte.

Il passaggio in giudicato della sentenza rende, quindi, incontestabile la statuizione in essa contenuta e impedisce alle parti un nuovo giudizio sulla medesima questione (principio del

ne bis in idem). Ovviamente, ad eccezione delle ipotesi in cui è

possibile ricorrere alla revocazione straordinaria e all‟opposizione di terzo.

Esistono, tuttavia, dei limiti alla cosa giudicata che la dottrina è solita distinguere in soggettivi e oggettivi. Infatti, gli effetti del giudicato hanno valore tra le parti del processo, gli eredi e

49 L‟art. 12 c. 2 delle preleggi recita: “Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell‟ordinamento giuridico dello Stato.”

Tale norma prevede due criteri di soluzione delle controversie quando non è possibile decidere in base ad una precisa disposizione (si parla quindi di analogia legis quando si fa riferimento a casi simili o materie analoghe e ad analogia iuris nel caso in cui si ricorre ai principi generali). Sul punto si rinvia alla compiuta e dettagliata ricostruzione operata da G. Fransoni, op. cit.. L‟A. precisa che l‟interprete si trova in ogni caso davanti alla necessità di scegliere tra i due processi e opterà per l‟analogia legis qualora riterrà che “la funzione attribuita dall‟ordinamento al processo tributario coincide

con quella del processo civile”, mentre prediligerà l‟analogia iuris se

sosterrà che la funzione si presenta diversificata tra i due riti. Sembra proprio tale ultima ipotesi quella prediletta dall‟Autore che sostiene le conclusioni raggiunte riaffermando la specialità del processo tributario.

gli aventi causa, così come previsto dall‟art. 2909 c.c. Autorevole dottrina50 ha fatto rilevare che la sentenza non può pregiudicare soggetti estranei al processo, ma in ogni caso la statuizione in essa contenuta è destinata ad esprimersi nei confronti dell‟intera collettività (limiti soggettivi).

Inoltre, la cosa giudicata, ossia l‟incontrovertibilità della decisione del giudice, si forma solo sull‟oggetto del processo e non anche sulle questioni decise incideter tantum e copre il dedotto e il deducibile (limiti oggettivi)51.

In materia tributaria la questione dei limiti del giudicato è molto complessa, soprattutto per quanto attiene ai limiti

50 G. Chiovenda, “Principi di diritto processuale civile” III ed., Napoli, 1923. 51 Si rinvia alla corposa dottrina e giurisprudenza civile in materia di limiti

oggettivi, non essendo possibile un esame approfondito in questa sede. Alcuni dei maggiori contributi sono di: A. Attardi, “In tema di questioni

pregiudiziali e giudicato” in Studi in memoria di E. Guicciardini, Padova,

1975; Ibidem, “In tema di limiti oggettivi della cosa giudicata” in Riv. trim. dir. proc. civ. 1990, pag. 475; C. Consolo, “Oggetto del giudicato e

principio dispositivo” in Riv. trim. dir. proc. civ. 1991, I, pag. 741; E.T.

Liebman, voce “Giudicato – Diritto processuale civile I” in Enciclopedia giuridica Treccani 2003; S. Menchini, “I limiti oggettivi del giudicato civile” Milano, 1987; A. Proto Pisani, “Osservazioni sui limiti oggettivi del

giudicato” in Foro it. 1972, I, pag. 79; G. Pugliese, voce “Giudicato civile (dir. vig.)” in Enciclopedia del diritto, vol. XVIII, Milano, 1969, pag. 803; B.

Sassani, “In tema di differenza di “petitum” e di limiti oggettivi del

giudicato” in Giust. civ., 1986, I, pag. 2904. Molte sono inoltre, le sentenze

delle Sezioni civili che hanno riconosciuto efficacia ultrattiva al giudicato civile, quando la lite nella quale si vuol far valere la cosa giudicata involga gli stessi presupposti fattuali già oggetto di accertamento nella sentenza passata in giudicato: Cass. n. 4807/1978; Cass. n. 1564/1988; Cass. n. 9401/1988; Cass. n. 7891/1995; Cass. n. 5222/1996; Cass. n. 10196/1997; Cass. n. 14477/1999; Cass. n. 6041/2000; Cass. n. 7140/2002; Cass. n. 9685/2003; Cass. n. 15497/2003; Cass. n. 4352/2004.

oggettivi e alla possibilità di riconoscere l‟ultrattività del giudicato52.

Questioni articolate solleva anche il tema dei limiti soggettivi del giudicato tributario soprattutto in ambito fallimentare, stante l‟espressa previsione dell‟art. 96 L. Fall. che limita gli effetti dello stato passivo e delle decisioni relative ai giudizi di contestazione “ai fini del concorso”.

Ciò comporta che il creditore, dopo la chiusura del fallimento, può far valere maggiori ragioni di credito anche in dipendenza dello stesso titolo, verso il debitore tornato in bonis senza che questi possa opporgli un preteso giudicato sulla base del provvedimento del giudice delegato, e che al di fuori del

52 Il dibattito sui limiti oggettivi del giudicato ha subito un profondo arresto

negli anni ‟70 quando la “storica” sentenza della Corte di Cassazione n. 1873 del 14 luglio 1962 (consultabile su Giurisprudenza italiana 1964, I, pag. 1233) che ha negato l‟ultrattività del giudicato tributario, sostenendo l‟autonomia dei periodi di imposta. Sono molteplici i commenti alle sentenze degli anni ‟40 che si occupano dell‟argomento per affermare o negare l‟ultrattività del giudicato. La questione aveva, infatti, attirato l‟attenzione dei più autorevoli giuristi del tempo perché il problema permette di analizzare aspetti pratici nonché teorici dell‟istituto del giudicato. Alcuni dei contributi maggiormente significativi sono di A. D. Giannini in Giur. Compl. Cass. civ. 1947, pag. 43; S. Satta, “Contenzioso

tributario: ammissibilità dell‟azione avanti al magistrato ordinario, appello mancante di motivi e “res judicata”” in Diritto e Pratica tributaria 1957,

pag. 304; F. Gazzero, “In tema di effetti della classificazione del reddito r.

m. in categoria B o C” in Riv. dir. fin 1957, II, pag. 289; E. Allorio, “Diritto processuale tributario” Utet, 1962, pag. 186. La questione è stata

ripresentata poi negli anni 2000 fino all‟altrettanto famosa sentenza della Cassazione n. 13916/2006. È singolare come C. Magnani si è occupato della questione scrivendo un commento ad entrambe le sentenze a distanza di quarantaquattro anni; “Sui limiti oggettivi della cosa giudicata

tributaria” in Diritto e Pratica tributaria 1962, pag. 432 e “Sui limiti oggettivi del giudicato tributario” in GT Rivista di giurisprudenza tributaria

fallimento lo stesso provvedimento non fa stato nei reciproci rapporti tra i creditori, ancorché questi abbiano partecipato al procedimento concorsuale e controvertano sulle stesse ragioni di credito che sono state alla base di quella partecipazione. Con la chiusura definitiva della procedura fallimentare, infatti, cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del soggetto fallito e decadono, altresì, gli organi preposti come stabilisce l‟art. 120 L. Fall.. Di conseguenza, il fallito torna in bonis e riacquista il diritto di amministrare e disporre del proprio patrimonio. I creditori, a loro volta riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale ed interessi (art. 120, comma 3 L. Fall.), salvo quanto previsto dagli artt. 142 e ss. L. Fall.

Occorre, però, evidenziare che la dottrina non è affatto unanime nel riconoscere portata “endofallimentare” alle decisioni rese in sede di verifica dello stato passivo, mentre la giurisprudenza53 ha fortemente prediletto la tesi secondo cui gli effetti delle decisioni, rese dal giudice delegato al termine del procedimento regolato dall‟art. 99 L. Fall., fossero

53 Si veda Cass. sent. 9/6/1972 n. 1816, Foro It., Rep. 1972, voce

Fallimento n. 452; 15/4/1971 n. 1061, id. 1971, I, 3008; 17/10/1970 n. 2058, id., 1970, I, 3040; 29/4/1969 n. 1386, id., Rep. 1969, voce cit. n. 267; 21/12/1968 n. 3782, id., 1969, I, 314; 17/5/1979 n. 2825 in Foro It. 1979, I, pag. 2031 e segg.

circoscritti alla procedura fallimentare, senza possibilità di ripercussioni sulla posizione del fallito tornato in bonis54.

Sulla base di tale orientamento giurisprudenziale una parte della dottrina ha sostenuto che “L‟accertamento non ha natura

di cosa giudicata ma solo un valore di accertamento sommario, ed è compiuto ai fini esclusivi della procedura fallimentare, essendo privo di un qualsiasi valore all‟esterno di essa”55.

3.2 Limiti soggettivi del giudicato ed effetti della