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I rapporti tra giurisdizione tributaria e procedimento

Effetti delle sentenze dei giudici tributari e passivo fallimentare

1. I rapporti tra giurisdizione tributaria e procedimento

di accertamento del passivo

I crediti tributari vantati dall‟Amministrazione finanziaria al pari degli altri crediti anteriori alla dichiarazione di fallimento, devono essere insinuati al passivo fallimentare, in ragione degli artt. 52 e 92 L. Fall..

La riforma della riscossione tributaria ha abrogato il privilegio processuale che consentiva all‟Agente della riscossione di agire

in executivis in deroga all'art. 51 L. Fall.

Infatti, l‟art. 51 DPR 602/73 nella precedente formulazione era rubricato “Rapporti dell'espropriazione esattoriale con le

procedure concorsuali” e recitava “L'esattore può procedere alla espropriazione anche quando il debitore sia dichiarato fallito ovvero sia sottoposto a liquidazione coatta amministrativa. Tuttavia l'esercizio dell'azione esecutiva può essere sospeso dall'intendente di finanzia su domanda rispettivamente del curatore o del commissario liquidatore. La domanda deve essere vidimata dal giudice delegato ovvero, nei casi di liquidazione coatta amministrativa, dall'autorità che vigila sulla liquidazione e deve contenere l'impegno a versare in congruo termine all'esattore l'intero ammontare del suo credito. I pagamenti di imposte scadute non sono soggetti alla revocatoria prevista dall'art. 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267”1.

Di questa disposizione oggi resta solamente l‟ultimo comma, riportato nell‟art. 89 del DPR 602/73. Sicché, la deroga ivi

1 Per un esame della precedente normativa e delle relative problematiche

D. Purcaro, “Esecuzione esattoriale e fallimento”, Milano, 1978; G. Lo Cascio, “Le problematiche fiscali delle procedure concorsuali”, Milano, 1980; P. Pajardi, “Fallimento e fisco”, Milano, 1980.

prevista è certamente venuta meno, riconsegnando piena operatività alla norma generale dettata dall‟art. 51 L. Fall. che vieta le azioni esecutive individuali (oggi anche quelle cautelari dopo la riforma attuata con il DLgs 5/2006) a seguito della dichiarazione del fallimento.

L‟agente della riscossione, quindi, non potrà proseguire ovvero iniziare azioni esecutive, con conseguente piena equiparazione del concessionario agli altri creditori del fallito.

Abrogato il principio di prevalenza dell‟esecuzione esattoriale sulla procedura concorsuale, i beni oggetto dell‟esecuzione esattoriale vengono attratti alla massa fallimentare, con impossibilità di utilizzo della procedura “speciale” tributaria. Di conseguenza, in ragione dell‟art. 87 DPR 602/73 l‟agente della riscossione dovrà chiedere l‟ammissione al passivo in forza del ruolo.

I crediti fallimentari, infatti, sono soggetti al principio di esclusività della formazione dello stato passivo che deve avvenire innanzi al giudice fallimentare, al fine di verificare l‟anteriorità del credito rispetto alla dichiarazione di fallimento e il rispetto della par condicio creditorum.

Tuttavia, una parziale eccezione al principio di esclusività dell‟accertamento endofallimentare del passivo riguarda proprio i crediti tributari. Con riferimento a questi ultimi, infatti, vale la riserva di giurisdizione a favore del giudice tributario inderogabilmente prevista dall‟art. 2 DLgs 546/1992. Sul punto sembrano oramai risolti i problemi di coordinamento sistematico con la normativa fallimentare e in particolare con l‟art. 24 L. Fall., che statuisce “Il tribunale che ha dichiarato il

fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore”. La vis attrattiva della

procedura fallimentare non trova però applicazione per le controversie tributarie, in quanto la giurisdizione speciale delle Commissioni è fatta salva per i giudizi relativi all‟an e al

quantum della pretesa fiscale2.

Più precisamente le Commissioni tributarie saranno competenti a decidere le controversie già intraprese dal contribuente, poi

2 Si ritiene ormai pacificamente che il giudice delegato debba verificare solo

il titolo della pretesa e non anche il merito. In giurisprudenza, si vedano Cass., SS UU 3754/1988, in Rass. trib., 1990, II, pag. 109; Cass., SS.UU. 15715/2001, in Boll. trib., 2002, pag. 1496; Cass., SS.UU 20112/2005. In dottrina C. Bafile, “Note sulla controversia d'imposta sorta nel processo

fallimentare”, in Rass. trib., 1990, II, pag. 111; E. Abate, “L'accertamento dei crediti d'imposta”, Il Fallimento, 1997, pag. 451; L. Del Federico, “La

giurisdizione”, in AA.VV., Il processo tributario, in Giur. sistem. dir. trib.,

diretta da F. Tesauro, Torino, 1998, pag. 68; L. Abete, “L'accertamento dei

crediti per imposte dirette”, in Dir. fall., 2003, I, pag. 1056; C. Zafarana, “Manuale tributario del fallimento e delle altre procedure concorsuali,

Milano, 2007; M. Montanari, “L'accertamento fallimentare dei crediti

dichiarato fallito, e le contestazioni sorte in sede di accertamento dello stato passivo riguardanti tributi3.

Ciò con la conseguenza che, nel caso in cui, alla data di dichiarazione di fallimento, sia pendente un giudizio innanzi alla Commissione tributaria, avente appunto ad oggetto la contestazione in ordine alla debenza di una determinata imposta da parte del fallito, tale giudizio4, se non è proseguito

o riassunto dalla curatela avanti la Commissione tributaria si estingue e l‟accertamento svolto dall‟amministrazione finanziaria diventa definitivo5.

Nella verifica endofallimentare della pretesa fiscale, invece, possono sorgere alcune problematiche inerenti la giurisdizione soprattutto nelle ipotesi di prescrizione del credito erariale e

3 Sul punto occorre precisare che il giudice delegato ha piena cognizione,

invece, sui crediti previdenziali. Infatti, nonostante l‟insinuazione al passivo possa avvenire a mezzo ruolo, non si muta l'attribuzione della giurisdizione sull'accertamento del credito che deriva o dalla natura dello stesso o dalla legge ma non certamente dal meccanismo procedurale prescelto per l'esecuzione. L'interferenza con lo speciale rito previsto in sede fallimentare può aversi solo in presenza di una diversa giurisdizione sul credito insinuato, mentre sono del tutto irrilevanti le norme sulla competenza, anche funzionale del giudice cui normalmente la cognizione è devoluta, come avviene per le cause in materia di lavoro e (appunto) previdenza, o sul procedimento esecutivo eventualmente speciale. Per altre considerazioni si veda V. Zanichelli, “Riscossione tramite ruolo e

giurisdizione sull‟accertamento dei crediti previdenziali” in Il Fallimento,

11/2007, pag. 1353; e anche A. Stesuri “Crediti tributari e crediti

previdenziali nel passivo fallimentare” in Il Fallimento 11/2007, pag. 1339. 4 Il processo, in ogni caso, si interrompe ex art. 43, comma 3, L. Fall.. 5 Tema affrontato nel primo capitolo della tesi e su cui si tornerà per

nei casi di estinzione del debito a seguito di un condono fiscale6.

Infatti, due sono i limiti che possono incontrare dette fattispecie: può mancare un atto impositivo da impugnare e il giudice tributario non è competente a conoscere la fase dell‟esecuzione forzata7.

Come precedentemente espresso, il processo tributario nasce come “reazione” ad un atto impositivo, pertanto se non sussiste il provvedimento nei cui confronti agire per far valere i propri diritti sarà complesso adire la Commissione tributaria. Il problema è di non poco conto, perché la curatela ovvero il fallito potrebbero dover contestare la prescrizione di un credito tributario di cui si chiede l‟insinuazione al passivo, ma non esser destinatari di un atto elencato nell‟art. 19 DLgs 546/92. Inoltre, la prescrizione si colloca a valle dell'emanazione dell'atto impositivo, e riguarda l'obbligazione tributaria; in tal

6 Riconoscono la giurisdizione tributaria A. Stesuri, “Crediti tributari e

crediti previdenziali nel passivo Fallimentare”, op. cit.; B. Quatraro, “I rapporti fra le procedure concorsuali ed il fisco”, in Il dir. fall., 2008, I, pag.

516; più problematica la ricostruzione di F. Miccio, “Appunti in tema di

verifica dei crediti tributari”, Relazione presentata in occasione dell'Incontro

di studio del CSM sul tema L'accertamento del passivo concorsuale, Roma, 15/17 maggio 2006, in Giust. trib. rass. on line, www.giustiziatributaria.it. In giurisprudenza per tutte, Cass. SS. UU. 11214/1997.

7 Art. 2 DLgs 546/92 “Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica”.

caso la circostanza estintiva attiene al puro e semplice rapporto obbligatorio e può essere fatta valere soltanto mediante contestazione attinente alla fase della mera riscossione.

Sicché, si è ipotizzata la giurisdizione del giudice fallimentare, laddove non sussista alcun atto impositivo da contestare8 anche in ragione della natura della contestazione relativa alla prescrizione del credito.

La prima obiezione da muovere a tale tesi sta nel fatto che il giudice delegato non può compiere alcuna valutazione circa il titolo sui cui si fonda la pretesa fiscale, essendo riservato alla giurisdizione speciale delle commissioni tributarie, pertanto non potrebbe neppure valutare la prescrizione, stante la necessità di esaminare gli atti interruttivi e la loro conformità. Il vero fulcro del problema, sta nell‟individuare caso per caso la tipologia della contestazione, perché al giudice delegato compete solo l‟accertamento della concorsualità del credito, della sussistenza di un‟idonea prova dello stesso e del relativo

8 In tal senso si veda L. Del Federico “Profili di specialità ed evoluzione giurisprudenziale nella verifica fallimentare dei crediti tributari” in Il

Fallimento, 2009, pag. 1369 e G. D‟Angelo “L‟insinuazione al passivo

fallimentare del credito tributario”, in AA.VV., “La riscossione dei tributi”, a

titolo e dell‟esistenza dei privilegi richiesti dal concessionario istante.

Di conseguenza, il fallito o il curatore fallimentare dovranno contrastare l‟insinuazione al passivo e la pretesa erariale, innanzi alle Commissioni tributarie in caso di eccezioni relative alla debenza del tributo, al fine di rispettare la giurisdizione speciale9.

Una recentissima pronuncia delle Sezioni Unite10, ha ribadito

nuovamente la giurisdizione delle commissioni tributarie anche nelle ipotesi di prescrizione.

Infatti, gli ermellini contestando la tesi del giudice delegato che aveva respinto l‟eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal curatore, ha affermato a chiare lettere che “…

anche l'eccezione di prescrizione, quale fatto estintivo dell'obbligazione tributaria, rientra nella giurisdizione del giudice che abbia giurisdizione in merito alla predetta obbligazione”.

Le controversie inerenti la sopravvenuta prescrizione non rientrano, infatti, nell‟esecuzione forzata esclusa dalla giurisdizione tributaria.

9 Cass SS.UU. n. 23832 del 19.11.2007 in banca dati Ipsoa.

10 Cass. SS. UU n. 14648 del 13.06.2017, in Il fisco, 29/2017, pag. 2869,

con commento di F. Gallio “Giurisdizione tributaria sulle eccezioni di

L‟avvio del giudizio in sede tributaria determinerà peraltro, anche qualora superate positivamente le verifiche di competenza del giudice delegato, che si realizzino i presupposti per l‟ammissione con riserva prevista dall‟art. 88 DPR 602/1973.

Il riparto di giurisdizione appena descritto solleva, quindi, due problematiche importanti da approfondire: la formazione del titolo per l‟ammissione al passivo con la sua eventuale contestazione e lo scioglimento della riserva ex art. 88 DPR 602/73.