L’esedebitazione e l’obbligazione tributaria
4. La lite temeraria nel processo tributario a seguito di esdebitazione
La ripresa della riscossione a seguito della chiusura del fallimento, come evidenziato, deve tener conto di molteplici aspetti che possono avere una serie di ripercussioni anche processuali.
Come anticipato, il decreto di esdebitazione è emesso a seguito di una precisa procedura, dettata dall‟art. 143 L. Fall.,
“L‟infalcidiabilità dell‟IVA nel concordato preventivo alla luce della pronuncia della Corte costituzionale” in Il Fallimento, 2015, pag. 33.
52 Sulla transazione fiscale e le problematiche Iva si rinvia a L. Del Federico
che vede quali parti necessarie tutti i creditori concorsuali, informati del ricorso a mezzo posta elettronica certificata dal curatore fallimentare.
Tale aspetto è di non poco conto ai fini dell‟analisi che si sta svolgendo, in quanto l‟agente della riscossione ovvero l‟amministrazione finanziaria, hanno piena contezza della procedura e del successivo decreto. Sicché, non potranno riprendere la riscossione in presenza di un decreto di esdebitazione.
Se ciò avvenisse il fallito potrebbe adire la Commissione tributaria per eccepire l‟estinzione del credito tributario e richiedere una responsabilità aggravata dell‟ente e il conseguente risarcimento dei danni.
Sembrerebbe delinearsi, infatti, un‟ipotesi di lite temeraria ai sensi dell‟art. 96 c.p.c., come richiamato dall‟art. 15, comma 2 bis, DLgs 546/9253.
Si procede, quindi, con un breve esame dell‟istituto regolato dall‟art. 96 c.p.c., al fine di verificare se il fallito possa richiedere un risarcimento a seguito della ripresa della riscossione, qualora sia stato emesso un decreto di
53 Così come modificato dal DLgs. 24 settembre 2015 n. 156, a decorrere
esdebitazione54 conosciuto o conoscibile dall‟agente della riscossione.
La riforma del processo tributario ha previsto espressamente l‟applicazione dell‟art. 96 c.p.c. limitatamente ai commi primo e terzo55.
Tuttavia anche prima del puntuale richiamo operato dall‟art. 15 DLgs 546/92, si riteneva possibile richiedere la condanna per lite temeraria anche nel processo tributario56.
54 Per un esame approfondito della questione si rinvia alla ad alcuni
contributi in tema di domanda di risarcimento del danno arrecato dalla Pubblica amministrazione e derivante da un provvedimento illegittimo, ovvero, più in generale, da comportamenti commissivi od omissivi illegittimi: F. Battistoni Ferrara, “Il risarcimento del danno”, in Corr. Trib., n. 45/2007, pag. 3646; A. Giovannini, “Processo tributario e risarcimento
del danno (sulla „pienezza‟ ed „esclusività‟ della giurisdizione speciale)”, in
Riv. dir. fin. sc. fin., 1999, I, pag. 200; G. Marini,“Fisco obbligato al
risarcimento del danno economico causato dall‟autotutela tardiva”, in Corr.
Trib., n.22/2011, pag. 1834; A. Marcheselli, “Il Fisco che non ritiri in
autotutela gli atti illegittimi risarcisce i danni davanti al giudice tributario?”,
in GT - Riv. Giur. Trib., n. 5/2011, pag. 394, oltre a Id., “Risarcimento del
danno per omesso ritiro in autotutela degli atti illegittimi: presupporti e limiti operativi della applicazione di un principio generale”, Corr. trib. n.
1/2012, pag. 34; A Salvati, “Sulla possibile configurazione di una
responsabilità da contratto dell‟Amministrazione finanziaria”, in Rass. trib.,
2010, pag. 995.
55 Critiche alle nuove disposizioni dell‟art. 15 sono state mosse da C.
Glendi, “Abuso del diritto e novità sul processo tributario”, IPSOA, 2016, pag. 155, in quanto, ad avviso dell‟Autore, risulta priva di senso la giustificazione, palesata nella relazione illustrativa al DLgs. n. 156/2015, sul mancato rinvio dell‟art. 15, al comma 2 dell‟art. 96 c.p.c., che disciplina la responsabilità aggravata a fronte di particolari iniziative giudiziali (misure cautelari, trascrizioni di domanda giudiziaria, iscrizione d‟ipoteca giudiziale, esecuzione forzata).
56 Si veda P. Sandulli, “Sull‟applicabilità dell‟art. 96 c.p.c. al rito tributario”,
in Riv. dir. proc., 2011, pag. 646. Contra G. Marinucci, “Condanna alle
spese di giudizio e condanna per lite temeraria: ambiti di applicabilità nel processo tributario”, in Il Fisco, 1997, 3183. Questi riconosceva la
proponibilità della domanda di risarcimento da lite temeraria nel processo amministrativo (ora prevista espressamente dall‟art. 26 del codice processuale amministrativo) e, tuttavia, riteneva che tale circostanza non
La norma veniva applicata in forza del generale rinvio operato dall‟art. 1, comma 2, del DLgs 546/92, come confermato anche dalla storica ordinanza della Suprema Corte n. 13889/2013 che rilevava come la responsabilità processuale aggravata, pur rientrando concettualmente nel genere della responsabilità per fatti illeciti, si pone con carattere di specialità rispetto all‟art. 2043 c.c. e, pertanto, la decisione in ordine a tale responsabilità è devoluta in via esclusiva al giudice cui spetta di conoscere il merito della causa57.
Precisano ancora le Sezioni Unite un altro profilo di estrema rilevanza, vale a dire che il concetto di responsabilità processuale va inteso in senso ampio, cioè estensivo e comprende non solamente la vicenda processuale, ma anche quella amministrativa, sempre che ricorrano i requisiti sopra individuati, in quanto il contribuente è costretto ad instaurare
comportasse tale proponibilità nel processo tributario sostenendo “La tesi,
infatti, dell‟inapplicabilità, nel processo tributario, dell‟istituto della responsabilità processuale aggravata trova altro e decisivo conforto in due circostanze: a) nella legge di delega (art. 30, l. 30 dicembre 1991, n. 413, n.d.a.) non si menziona tale istituto, ma si parla esclusivamente del regime delle spese processuali in base al principio della soccombenza; b) nell‟art. 15 del d.lgs. n. 546 viene richiamato l‟art. 92 del codice di procedura civile, ma non viene richiamato il successivo art. 96. Dette circostanze, meritevoli di grande attenzione, inducono a ritenere che, nella fattispecie, l‟interpretazione letterale sia l‟unica strada percorribile per evidenziare la volontà del legislatore (ubi voluit dixit; tacuit, noluit)”.
57 Si veda il commento di in G. Tabet, “Verso l‟estensione dell‟istituto della responsabilità aggravata nel processo tributario di merito” in Corr. Trib.,
2013, pag. 2381, e di S. Dalla Bontà, “Verso una autoresponsabilizzazione
del fisco con l‟applicazione al processo tributario della responsabilità aggravata”, in GT - Riv. giur. trib., 2013, pag. 946.
un processo “ingiusto” a causa di una pretesa (non solamente infondata ma) temeraria.
Questa pur fugace precisazione è di grande interesse sistematico, in quanto, se la vicenda approda ad un processo incardinato innanzi ad una Commissione tributaria, anche gli illeciti derivanti dall‟attività espletata prima del processo da parte dell‟Ufficio tributario o dell‟agente della riscossione possono essere vagliati dal giudice tributario, senza la necessità di adire il giudice civile per il profilo risarcitorio58.
Il dato positivo dell‟art. 96 c.p.c., in realtà, impone di ricercare se il soggetto abbia agito o resistito in mala fede o colpa grave, nella condotta tenuta nel processo e non fuori dal processo.
Nel contenzioso tributario, tuttavia, la responsabilità per colpa grave dell‟ente sarebbe comunque ravvisabile nell‟ingiustificata resistenza in giudizio a fronte di atti impositivi palesemente infondati e, quindi, volendo semplificare, in tutte quelle ipotesi in cui potrebbero sussistere i presupposti per l‟esercizio del potere di autotutela59.
58 Sul punto si veda A. Comelli, “Responsabilità aggravata per l‟agente della riscossione che ha agito con colpa grave”, in Corr. Trib., 11/2016, pag.
865, commento a Cassazione Civile Sez. n. 25852/2015.
59 Si veda A. Renda “Competenza giurisdizionale sul risarcimento del danno per misura cautelare illegittima” in Corriere Tributario 47-48/2016, pag.
La responsabilità aggravata potrebbe trovare, quindi applicazione, pur nel pieno rispetto della sussistenza dei relativi presupposti, tutte le volte in cui l‟Ufficio tributario e/o l‟agente della riscossione costringano il contribuente ad instaurare un processo “ingiusto”60.
ordinario l‟organo competente a pronunciarsi sulla risarcibilità del danno derivante dall‟applicazione di una misura cautelare illegittima.
60 Il dibattito dottrinale è molto acceso in quanto alcuni hanno sostenuto
che il processo tributario possa essere la sede idonea anche per tutte le questioni connesse al tributo, mentre altri hanno ritenuto che la richiesta di risarcimento danno sia avulsa dalle vicende del rapporto tributario. Sul punto senza pretesa di esaustività per la prima tesi F. Batistoni Ferrara, “La
giurisdizione del giudice tributario”, in Dir. prat. trib., 1997, pag. 253; A.
Giovannini, “Processo tributario e risarcimento del danno (Sulla „pienezza‟
ed „esclusività‟ della giurisdizione speciale”, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1999,
pag. 200; G. Boletto, “Responsabilità per danni dell‟Amministrazione
finanziaria”, in Riv. dir. trib., 2003, pag. 59; R. Lupi, “Responsabilità
dell‟amministrazione per danni tra giurisdizione ordinaria e tributaria”, in Dialoghi Tributari, 2008, pag. 69; F. G. Scoca, “Brevi considerazioni sul
modello del processo tributario”, in Dir. prat. trib., 2015, pag. 736; per la
seconda tesi L. Del Federico, “La giurisdizione”, in F. Tesauro (a cura di), Il processo tributario, Torino, 1998, pag. 55; E. Manzon - A. Modolo, “La
tutela giudiziale del contribuente avverso illegalità istruttorie ed i comportamenti illeciti dell‟Amministrazione finanziaria nell‟attività impositiva. Considerazioni sulla giurisdizione in materia tributaria”, in Riv.
dir. trib., 2001, pag. 237; M. Miccinesi, “L‟oggetto della giurisdizione
tributaria”, in Il nuovo processo tributario, Milano, 2004, pag. 29, che ha
rimarcato l‟autonomia dell‟azione risarcitoria rispetto alla controversia sul rapporto d‟imposta. La giurisprudenza, invece, dopo le aperture delle Sezioni Unite con la sentenza 13899/2013 ha modificato il proprio orientamento con la sentenza Cass., SS.UU., 9 luglio 2014, n. 15593, in cui ha riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario. Nella fattispecie si richiedeva la condanna di Equitalia al risarcimento dei danni subiti a seguito del provvedimento di fermo amministrativo dell‟autovettura, emesso per crediti tributari, laddove i danni erano asseritamente dovuti al prolungamento del fermo per oltre cinque anni, senza che fosse iniziata alcuna azione esecutiva, ovvero in assenza della revoca del provvedimento, con conseguente indisponibilità del veicolo e degrado dello stesso. Le Sezioni Unite statuiscono, in questa ordinanza, che la domanda proposta non investe il rapporto tributario ed ha ad oggetto il comportamento illecito posto in essere dall‟agente della riscossione nella fase successiva all‟emissione del provvedimento del fermo. Non è stato chiesto l‟annullamento di quest‟ultimo in relazione al sottostante credito tributario e, aggiunge l‟ordinanza, il giudizio si riferisce ad una posizione di diritto
Un breve esame dei requisiti richiesti dall‟art. 96 c.p.c., si rende necessario anche per la diversità delle fattispecie descritte al comma 1 e al comma 3 dell‟art. 96 c.p.c..
Il comma 1 dell‟art. 96 c.p.c. prevede la condanna della parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede, ovvero con colpa grave, oltre alle spese di lite, al risarcimento dei danni, “su istanza dell‟altra parte”, i quali sono liquidati anche d‟ufficio nella sentenza.
In questa tipologia di responsabilità aggravata è prevista necessariamente l‟istanza di parte e, quindi, è da escludere che possa esservi una condanna d‟ufficio da parte del giudice. Inoltre, la somma che la parte soccombente è condannata a risarcire non risulta che possa essere equitativamente determinata.
Con una funzione integrativa, il successivo comma 3 dell‟art. 96 c.p.c., aggiunto dall‟art. 45, comma 12, della Legge n. 69/2009 e applicabile dal 4 luglio 2009, prevede che, oltre alla condanna alle spese, il giudice possa condannare, anche d‟ufficio, “la parte soccombente al pagamento, a favore della
controparte, di una somma equitativamente determinata”.
soggettivo indipendente ed avulsa dal rapporto tributario, la cui giurisdizione è devoluta al giudice ordinario.
Per tale tipologia di responsabilità aggravata non è richiesta la necessaria istanza della parte che abbia interesse alla condanna e si risolve in un potere (anche) officioso, con una determinazione dei danni in via equitativa, ed è sottoposta al solo limite della ragionevolezza e della proporzionalità, a prescindere dall‟eventuale prova offerta dalla parte vittoriosa in ordine al danno subito61.
Tale disposizione sottoposta al vaglio della Consulta62 è
risultata non manifestamente irragionevole o arbitraria, laddove il pagamento della somma è previsto “a favore della
controparte” e non a favore dell‟Erario e palesa l‟intento del
legislatore “di frenare l‟eccesso di litigiosità che affligge il
nostro ordinamento ed evitare l‟instaurazione di giudizi meramente dilatori”, con l‟obiettivo “di assicurare una maggiore effettività ed una più incisiva efficacia deterrente, allo strumento deflattivo apprestato” dalla condanna al
pagamento.
La prova del danno subito dalla parte vittoriosa non è necessaria nelle ipotesi di cui al terzo comma dell‟art. 96 c.p.c.
61 A. Comelli, “L‟abuso del processo, con particolare riferimento al processo tributario”, in Dir. prat. trib., 2012, I, pag. 755.
62 Sentenza 152/2016 pubblicata in Riv. dir. proc., 2017, pag. 498, con
laddove “l‟abuso del processo ha cagionato in sé e per sé solo
comunque un pregiudizio”63, mentre la condanna “presuppone
l‟accertamento della mala fede o colpa grave della parte soccombente”, previa allegazione e dimostrazione, anche in
via indiziaria, di tale elemento soggettivo nell‟agire o nel resistere in giudizio, suscettibile di manifestare “una vera e
propria distorsione dell‟uso dello strumento processuale”64. Alla luce di siffatte considerazioni è interessante esaminare la condanna al risarcimento del danno inflitta ad Equitalia Sud, proprio in una procedura fallimentare.
La Suprema Corte65 ha ritenuto legittima una condanna al
risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. nei confronti dell‟Agente della riscossione in occasione del rigetto di una opposizione ex art. 98 L. Fall. proposta dalla stessa Equitalia Sud per ottenere l‟ammissione, allo stato passivo fallimentare, di crediti erariali insinuati con due distinte domande tardive.
63 Cass. 15017/2016.
64 Per un esame della questione ed una interessante applicazione nella
giurisprudenza di merito si veda A. Comelli, “Responsabilità aggravata per
l‟ufficio tributario in caso di “male fede” o “colpa grave” – Atto di recupero di un credito e condanna d‟ufficio in via equitativa per responsabilità aggravata” in GT - Rivista di Giurisprudenza Tributaria, 7/2017, pag. 630. 65 Sentenza 25852/2015 in Il fisco, 5/2016, pag. 481, con nota di A. Russo “Temeraria la mancata verifica in giudizio della doppia ammissione di credito allo stato passivo”.
La duplicazione delle domande ha costituito una colpa grave, passibile della sanzione de qua, ma la responsabilità aggravata è stata comminata per la la successiva condotta processuale dell‟Agente della riscossione, che non forniva riscontri alla concessione di un termine per svolgere le necessarie indagini sulla sussistenza della duplicazione contestata dal curatore. In effetti, solo questa negligenza – scaturita a procedimento già avanzato – sembra aver configurato una colpa tanto grave da costituire “abuso del processo”66 sanzionabile ex art. 96,
comma 3, c.p.c., e questo perché la temerarietà della lite, in passato, è stata talvolta decretata anche nelle procedure concorsuali extracodicistiche e, specificamente, nei confronti del creditore istante in caso di revoca della dichiarazione di fallimento ex art. 21 L. Fall.67.
66 Per un esame si veda A. Comelli, “L‟abuso del processo, con particolare riferimento al processo tributario” op. cit..
67 Articolo abrogato dall‟art. 18, comma 1, D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, a
decorrere dal 16 luglio 2006 e recitava “Se la sentenza dichiarativa di
fallimento è revocata restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi del fallimento. Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale con decreto non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato. Le spese di procedura e il compenso al curatore sono a carico del creditore istante che è stato condannato ai danni per avere chiesto la dichiarazione di fallimento con colpa. In caso contrario il curatore può ottenere il pagamento, in tutto o in parte, secondo le modalità stabilite dalle speciali norme vigenti per l'attribuzione di compensi ai curatori, che non poterono conseguire adeguate retribuzioni.”. In questa
ipotesi, infatti, si ricadeva nella previsione dell‟art. 96, comma 2, c.p.c., ed era sufficiente il difetto di normale prudenza per integrare una responsabilità processuale, mentre, se la revoca veniva a formarsi per mancanza di alcuno dei presupposti, soggettivi o oggettivi, processuali o
L‟ordinanza in esame sottolinea puntualmente che l‟Agente della riscossione avesse agito con colpa grave, avendo
“omesso di verificare la correttezza del provvedimento di esclusione”, prima della proposizione dell‟opposizione ex art.
98 L. Fall., ma soprattutto in corso di causa, laddove era stato concesso all‟opponente un termine allo scopo di verificare la duplicazione in questione. L‟Equitalia faceva rilevare il suo ruolo di mandataria, ma la Corte contestava tale tesi sostenendo che il rapporto tra l‟Ufficio tributario e l‟Agente della riscossione va inquadrato in termini di mandato, al quale resta estraneo il contribuente. Tuttavia il mandatario, “non è
un mero esecutore materiale degli ordini che provengono dal mandante, ma ha piena ed autonoma capacità processuale”,
ben potendo valutare, a prescindere dalla posizione del mandante, se iniziare o proseguire un‟azione che potrebbe essere considerata dal giudice manifestamente pretestuosa e temeraria. E aggiunge la Suprema Corte “che, per sottrarsi
alla responsabilità derivante dal rapporto di mandato, il
sostanziali, necessari per la dichiarazione, si richiedeva la sussistenza di dolo o colpa grave ex art. 96, comma 1, c.p.c..
mandatario può chiedere di essere autorizzato a chiamare in giudizio l‟amministrazione mandante”68.
Dalla pronuncia possono trarsi alcune conclusioni; per poter avere una condanna per lite temeraria non è sufficiente, al fine di palesare la responsabilità aggravata, una pretesa (o un comportamento) ingiustificata e discutibile, occorrendo un quid
pluris, precisamente individuato nella sussistenza del dolo,
ovvero della colpa grave, che dev‟essere allegata e provata dal danneggiato, vincitore nel giudizio, ai fini dell‟applicazione dell‟art. 96, comma 1 c.p.c., mentre può essere acclarata d‟ufficio dal giudice, nell‟alveo del comma 3 della medesima disposizione, anche a prescindere dall‟istanza del danneggiato69.
Ebbene l‟apertura delle Sezioni Unite nel 2013 circa il risarcimento nel processo anche per gli illeciti commessi nella fase procedurale non sembra esser considerata nella pronuncia
68 Sul punto è utile ribadire che la possibilità di chiamare in giudizio l‟Ente è
garantita per l‟Agente della riscossione anche nelle cause promosse nei propri confronti che non riguardano la regolarità del titolo, come previsto dall‟art. 39 DL 112/99, con la medesima sanzione che in difetto di chiamata
“risponde delle conseguenze della lite”.
69 È opportuno che il vincitore – danneggiato, pur non essendovi obbligato,
richiami comunque l‟attenzione del giudice in relazione ai presupposti di fatto che legittimano, nel caso concreto, la statuizione di condanna per responsabilità aggravata nei confronti dell‟Ufficio tributario e/o dell‟agente della riscossione soccombente. Per un esame della sentenza si veda anche A. Comelli, “Responsabilità aggravata per l‟agente della riscossione che ha
del 2015, in cui si da rilievo al comportamento negligente assunto dall‟Agente della riscossione solo nel processo.
Nella fattispecie qui in esame, relativa alla ripresa della riscossione a seguito di un decreto di esdebitazione, quella apertura di risarcimento danno per illecito nella fase procedimentale potrebbe essere risolutiva e preziosa per richiedere l‟applicazione dell‟art. 96 c.p.c., perché è il procedimento illegittimo che porta ad instaurare un processo “ingiusto” per il fallito tornato in bonis.
Del resto la colpa grave dell‟agente della riscossione sarebbe provata per tabulas, in quanto la partecipazione alla procedura di emissione del decreto di esdebitazione70 e la conseguente
estinzione dell‟obbligazione tributaria prevista ex lege, comportano evidentemente una impossibilità di procedere con la riscossione.
L‟Agente della riscossione anche se non ha partecipato alla procedura di esdebitazione ex art. 143 L. Fall., in ragione della diretta insinuazione nel fallito da parte dell‟amministrazione, è comunque responsabile in qualità di mandatario e può sempre chiamare in giudizio l‟Ente a tutela della propria posizione.
70 Si veda art. 143 L. Fall. che richiede la partecipazione dei creditori
Invero non può dirsi certa, in ragione delle altalenanti pronunce, la giurisdizione competente a decidere sulla responsabilità aggravata, ma con il principio della traslatio
iudicii71 introdotto dalla L. 69/2009, non dovrebbero sussistere problemi in caso di dichiarazione di incompetenza, stante la possibilità di riassumere davanti ad altro giudice.
71 Sul tema vi sono innumerevoli contributi per tutti si cita C. Glendi, “La
giurisdizione nel quadro dei nuovi assetti ordinamentali” in Dir. e prat. trib. 4/2009, pag. 10773.