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Aspetti sanzionatori comuni alla fusione e scissione Terminata l’analisi delle singole vicende modificative, è necessario

SOMMARIO: 1.1 Le vicende modificative dell’ente: inquadramento generale 2.1 La trasformazione societaria

3.1 Aspetti sanzionatori comuni alla fusione e scissione Terminata l’analisi delle singole vicende modificative, è necessario

trattare le disposizioni comuni a fusione e scissione che interessano nello specifico la sanzione.

Il primo comma dell’art 31 detta una regola utile per evitare agli operatori giuridici di incorrere in problemi interpretativi e riguarda il

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A queste conclusioni è arrivato SFAMENI, Commento all’art 30 op cit pag 234

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Così DE LBERO, Commento all’art 30 op cit ; SANTORIELLO, La

criterio di misurazione della sanzione pecuniaria. Le regole generali del capo I del decreto ci dicono infatti che la commisurazione delle quote della sanzione pecuniaria viene fatta tenendo conto delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente120

; ebbene, in caso di vicenda modificativa intervenuta prima della sentenza di condanna, l’art 31 dispone che l’ente su cui fare riferimento per la commisurazione delle quote è quello originario e non quello risultante dalla vicenda. Tale disposizione appare perfettamente coerente con l’intento del legislatore di non reprimere ab inizio iniziative di fusione e scissione. 121

E’ arrivato il momento di affrontare un tema che si è più volte toccato nel corso della trattazione di questo capitolo, ossia la richiesta di conversione delle sanzioni interdittive in sanzioni pecuniarie. Questa possibilità è prevista dal secondo comma dell’articolo 31, in virtù delle difficoltà, già rilevate in precedenza, che solleva l’imputazione della sanzioni interdittive in capo alla società risultante dalla fusione o beneficiaria della scissione.

Primariamente è bene far presente che il decreto legislativo disciplina in più occasioni la regola di conversione delle sanzioni interdittive in pecuniarie: in primis all’art 17, norma che ha come limite temporale orientativo la dichiarazione di apertura del dibattimento e che condiziona la conversione ad alcuni oneri in capo all’ente122

. Altra norma che prende in esame la possibilità di chiedere la sostituzione è

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Art 11 comma 2 d.lgs 231/2001

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Osservazione di SFAMENI, Commento all’art 31 op cit pag 277

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Recita la norma:

a) l'ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso; b) l'ente ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

l’art 78 che consente di chiedere la conversione al giudice dell’esecuzione. Tale facoltà à fatta salva anche nel caso di trasformazione, fusione e scissione come ci ricorda il comma 4 dell’art 31.

Ebbene, oltre a questi due rimedi, il legislatore ha voluto concederne un terzo unicamente all’ente risultante dalla fusione e all’ente al quale nel caso di scissione è applicabile la sanzione interdittiva. Due considerazioni preliminari sembrano opportune: si noti l’esclusione della trasformazione, che conferma quanto già puntualizzato riguardo alla natura meramente modificativa dell’istituto, ragion per cui non si è ritenuto opportuno offrire all’ente trasformato una simile opportunità.123

In secondo luogo, in caso di scissione torna ad essere rilevante il trasferimento del ramo di attività, che determinata ai sensi del terzo comma dell’art 30 l’imputazione della sanzione interdittiva.

Ebbene, a questi soggetti il legislatore ha concesso un ulteriore intervallo temporale che va dall’apertura del dibattimento fino al passaggio in giudicato della sentenza di condanna per poter chiedere al giudice la conversione della sanzione.

Tale facoltà non è però gratuita, sono infatti richiesti gli stessi adempimenti di cui all’art 17 d.lgs 231/2001 con la precisazione però che i modelli idonei a rimuovere le carenze organizzative devono essere stati approntati proprio in virtù della fusione o scissione. Detto in altri termini, il legislatore ha voluto dare profonda importanza alla fondatezza dalla vicenda modificativa, richiedendo appunto che proprio grazie ad essa l’ente abbia potuto adottare un nuovo modello di organizzazione idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello

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Si segnala che non tutta la dottrina è convinta di tale esclusione. Si veda in tal senso SFAMENI, Responsabilità “penale” delle persone giuridiche: decreto

legislativo 231/2001, (a cura di) GIARDA A.- MANCUSO E.M., Ipsoa 2007, pag

commesso.

Questa regola non ha convinto la dottrina in maniera unanime, si è fatto notare infatti che essa grava il giudice di un obbligo di valutazione molto singolare e estraneo alla tecnicità e praticità del processo penale, quasi conducendolo su binari pericolosi o almeno non di sua competenza.124

La non gratuità della richiesta di conversione è data anche dal fatto che la sanzione pecuniaria che viene concessa in luogo di quella interdittiva sarà di un valore che va da pari al doppio rispetto a quella inflitta all’ente in relazione la medesimo reato, seguendo in questo senso lo schema dell’art 78.

Per godere di tale facoltà, l’ente non è tenuto a dimostrare di essere stato impossibilitato a richiedere la conversione entro i limiti temporali di cui all’art 17.

Il giudice, una volta accertato l’adempimento dei presupposti, deve necessariamente concedere la conversione senza abbandonarsi a valutazioni discrezionali sull’opportunità o meno della richiesta. Piuttosto, egli può decidere l’ammontare della sanzione pecuniaria sostituiva, che può appunto oscillare tra il valore uguale al doppio rispetto a quella già inflitta per lo stesso reato; il minore o maggior grado sarà presumibilmente accordato a seconda del reato e dei motivi per cui l’ente non si è servito del beneficio di cui all’art 17, aspettando di attivarsi solo dopo l’apertura del dibattimento di primo grado.

L’istituto appena analizzato ha un senso se si riflette sul fatto che una sanzione interdittiva, anche non definitiva, può cagionare un danno di immagine all’ente. Inoltre, la facoltà di conversione ai sensi dell’art 78

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non è automatica, essendo infatti sottoposta al vaglio di criteri discrezionali assenti nella fattispecie in esame; e questo, perché si tratta comunque dell’ultimo momento utile prima dell’esecuzione della sentenza, il che comporta un maggior controllo giudiziale soprattutto sui motivi per cui l’ente non sia attivato prima.

D’altro canto, la totale libertà con cui l’art 31 regola la richiesta di conversione nell’arco del procedimento può creare seri problemi di speditezza processuale e, ancor peggio, può mettere a repentaglio la regola del simultaneus processus ai sensi dell’art 38 d.lgs 231/2001125

.

Dubbi sono stati inoltre avanzati sull’effettivo vantaggio che l’ente otterrebbe da una simile concessione: prima dell’emanazione della sentenza di condanna, infatti, non è possibile avere chiaro l’ammontare della sanzione pecuniaria e, conseguentemente, l’ente non può sapere a quanto ammonterebbe quella inflitta a seguito della conversione. E’ una scelta, alla fine, nella logica del “meno peggio”: andare incontro al pagamento di una cifra incalcolabile a monte, o subire la cattiva pubblicità che l’imputazione di una sanzione interdittiva porta con sé.

3.2 La disciplina della reiterazione in caso di vicenda