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Il procedimento nei confronti della società fallita: problemi e possibili soluzion

2.3.1 Alcune soluzioni prospettate da dottrina e giurisprudenza

3.3 Il procedimento nei confronti della società fallita: problemi e possibili soluzion

Senza nulla togliere all’importanza della pronunciata poc’anzi analizzata, occorre ammettere che essa non sia altro che un punto di partenza che costringe l’interprete a confrontarsi con due problematiche di non poco spessore; se infatti si parte del presupposto che il fallimento della società non importa l’estinzione della sanzione, occorre individuare la sorte di quest’ultima ma prima ancora è necessario trovare una dimensione del fenomeno all’interno del procedimento penale ex 231/2001, con particolare riguardo alla legittimazione processuale. Si fa notare che le due problematiche sono in realtà connesse, nel senso che sarà legittimato a partecipare al procedimento il soggetto su cui poi si riverseranno le sanzioni eventualmente comminate226

Cominciando dalle tematiche processuali, i dubbi maggiori riguardano la figura del curatore e una sua eventuale partecipazione al procedimento.

Si parta da un dato certo: la società, se pur fallita, continua ad avere interesse e pieno diritto alla partecipazione al procedimento penale ex 231/2001; una volta chiarito infatti che il fallimento non importa

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l’estinzione dell’ente, non c’è alcun motivo di estrometterlo dal giudizio che, per altro, potrebbe anche concludersi con l’irrogazione di sanzioni interdittive che lui sconterebbe, soprattutto se dovesse tornare

in bonis.

Se ciò è vero, c’è chi ha teorizzato un interesse concorrente del curatore a stare in giudizio. Ora, l’art 43 l. fall. in realtà sembra escluderlo, visto che limita la sostituzione nei rapporti processuali del fallito da parte del curatore a quelli che hanno ad oggetto una controversia di carattere patrimoniale227

; a ben vedere il procedimento ai sensi del d.lgs. 231/2001 vuole accertare una responsabilità dell’ente derivante dalla commissione di un reato presupposto e fondata su un deficit organizzativo, ragione per cui sarebbe assolutamente improprio ridurlo a una mera regolazione giudiziale di interessi patrimoniali. Stando quindi alla lettera della legge, la presenza del curatore nel procedimento dovrebbe essere esclusa.

E’ stato allora teorizzato un interesse indiretto228

all’assoluzione dell’ente da parte del curatore, poiché la condanna e quindi l’irrogazione di sanzioni pecuniarie andrebbero a diminuire l’attivo residuo con danno ai creditori concorrenti. Secondo questa tesi, quindi, è necessario trovare una soluzione che permetta al curatore di stare in giudizio assieme all’ente, essendo di fronte ad un’ipotesi di legittimazione congiunta.

Anche ammettendo la fondatezza di tale teoria sul piano teorico, si nutrono forti perplessità sulle argomentazioni poste alla base e che si andranno di seguito ad illustrare.

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Il primo comma della norma dispone che: “Nelle controversie, anche in corso,

relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore”

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In primis, è stato fatto notare come sia la stessa legge fallimentare a contemplare direttamente un caso di legittimazione congiunta alla partecipazione al procedimento; ai sensi dell’art 43 comma 2 infatti nei procedimenti aventi carattere patrimoniale (quelli quindi a cui partecipa il curatore ai sensi del primo comma) il fallito può comunque intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali può dipendere un’imputazione di bancarotta a suo carico.

A ben vedere, quella situazione non ci sembra affatto sovrapponibile al caso in esame, perché manca appunto la premessa: ossia il carattere patrimoniale del procedimento ex 231/2001 che dia diritto al curatore di sostituire l’imputato originario. Detto in altri termini, un conto è ammettere che, nonostante la sostituzione da parte del curatore, il fallito originariamente legittimato a partecipare ad un procedimento a suo carico vi possa intervenire, un conto è invece ammettere un caso di legittimazione congiunta che coinvolga un soggetto comunque esterno rispetto al giudizio in corso.

Nemmeno le soluzioni interpretative sembrano convincere, come per esempio ricercare il fondamento normativo di questa legittimazione congiunta nell’art 42 d.lgs. 231/2001, che prevede una situazione identica in caso di scissione parziale, laddove si ha legittimazione processuale sia in capo all’ente parzialmente scisso sia in capo al

beneficiario. 229

Il curatore quindi non dovrebbe fare altro che depositare la dichiarazione ai sensi dell’art 39 comma 2, dopodiché si avrebbe un procedimento a cui partecipano sia l’ente mediante il suo rappresentante sia il curatore; in quest’ottica, l’interesse della società sarebbe apprezzato in virtù di un possibile ritorno in bonis mentre

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quello del curatore emergerebbe maggiormente in caso di condanna per le ripercussioni sul patrimonio.

Ancora una volta, sembra che si diano per scontati dei passaggi teorici che scontati non sono affatto: nel caso di specie, è già stato rilevato come l’art 42 non espliciti in alcun modo questa legittimazione congiunta in capo all’ente parzialmente scisso e i suoi beneficiari, nonostante non ci siano dubbi in merito visto che l’ente scisso non si estingue e rimane comunque il soggetto originariamente imputato. Anzi, si è anche visto come la poca chiarezza della disposizione su questa tematica sia una delle sue più grandi falle che ha costretto l’interprete ad intervenire per tutelare la persona giuridica nei suoi diritti da imputato; ancora più complicata sarebbe quindi un’ estensione analogica della norma in ambito fallimentare, perché l’art 42 è una norma scritta e pensata per le vicende modificative e non anche per altri eventi quali il fallimento della società.

Alla luce di queste riflessioni, non si ritiene ad oggi possibile configurare la doppia legittimazione processuale in capo all’ente e al curatore fallimentare; il fallimento della società sembrerebbe quindi un evento che può essere tacitamente ignorato da parte del giudice penale. Una conclusione piuttosto amara che dovrebbe essere risolta con l’intervento di una riforma puntuale del sistema.

3.4 Le sorti delle sanzioni nei confronti dell’ente fallito