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SOMMARIO: 1.1 Le vicende modificative dell’ente: inquadramento generale 2.1 La trasformazione societaria

2.1 La trasformazione societaria

2.2.3 I problemi applicativi dell’art

La pronuncia della Cassazione in merito alla confisca è utile per introdurre un diverso punto di vista sulla bontà dell’art 29, in particolare in caso di fusione per incorporazione; si è già premesso che tutt’oggi la norma solleva perplessità e dubbi di legittimità che si proverà a fare emergere almeno nelle loro linee essenziali, ritenendoli fondamentali per potersi eventualmente porre in un’ottica di rivisitazione del capo II del decreto.

Sostenere, come ha fatto la Corte, che occorra operare un bilanciamento tra continuità di esercizio dell’impresa e buona fede del terzo, significa di fatto concepire la società incorporante come terzo, appunto, ossia soggetto diverso rispetto a quello partecipante alla fusione. Questa operazione sembra però essere esclusa a priori dalle maglie dell’art 29, che vede invece l’incorporata e l’incorporante come un unico ente, trincerandosi dietro la teoria modificazionista della fusione, avvalorata dalla riforma del 2003; si è già detto che tali posizioni non sono tutt’oggi di certo unanimi, ma al di là di ciò è tempo adesso di spostare il punto di osservazione, cercando di inquadrare il dettato dell’art 29 all’interno delle garanzie di matrice

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Si veda BUSSOLETTI, Procedimento sanzionatorio e vicende modificative

dell’ente, in La responsabilità della società per il reato dell’amministratore, a cura

penalistica che caratterizzano il decreto legislativo 231/2001, accantonando i profili civilistici.

Specificamente, si vuole porre l’accento sul disallineamento tra la disciplina generale del decreto e quella particolare delle vicende modificative dell’ente, quando si tratta di individuare il soggetto referente sui cui ritagliare la responsabilità da reato. Il capo II sembra infatti sposare un’idea di ente a cui imputare la responsabilità e le sanzioni che si muove su profili economico-sostanziali, funzionale cioè al concetto di continuità dell’esercizio dell’impresa come fondamento dell’intero capo. Si pensi al criterio di imputabilità delle sanzioni interdittive, ossia la specifica attività nella quale l’illecito si è realizzato (o, come si vedrà per la scissione, il ramo di attività): un parametro necessario per riconoscere il soggetto a cui imputare la sanzione rispettando il bilanciamento tra effettività e garanzie di cui si è già dato notizia.

Il problema è che la responsabilità così come concepita nel decreto legislativo 231/2001 sembra non avere a che fare con una soggettività che si basa su parametri economico-sostanziali98, ma piuttosto con un

ente identificabile secondo criteri formali, con una propria denominazione e proprio riconoscimento all’interno di una disposizione. Ancora, una soggettività e ancor meglio una imputabilità che dipendono dalla colpa di organizzazione, un atteggiamento traducibile nella mancata previsione di modelli idonei a prevenire gli illeciti. Una soggettività, quindi, che guarda verso un antropomorfismo della persona giuridica, avvicinandosi alla rimproverabilità tipica del diritto penale.

In tutto ciò, risulta come una stortura del sistema quel trasferimento della responsabilità che, ai sensi dell’art 29, si verifica a priori e in

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Osserva così DE VERO, La responsabilità penale delle persone giuridiche, Milano 2008

automatico; è proprio questo il problema, l’automatismo attraverso cui il legislatore ha pensato di far passare la traslazione della responsabilità dall’incorporata all’incorporante.

A ben vedere, sempre tenendo ferma l’imputabilità e la soggettività intese come rimproverabilità di un difetto organizzativo, l’incorporante potrebbe a pieno titolo considerarsi estranea al reato. Potrebbe farlo perché dotata di propri modelli organizzativi validi i quali, in virtù della fusione, sono stati assorbiti anche dall’incorporata e potrebbe farlo perfino in presenza di un suo difetto organizzativo, semplicemente perché in ogni caso la responsabilità in oggetto sarebbe la conseguenza di carenze organizzative riconducibili ad altro ente e ad altri modelli organizzativi.

Non si vuole affatto andare verso un’assoluzione a priori dell’incorporante (si finirebbe, in questo caso, per commettere lo stesso errore imputato poc’anzi al legislatore), anche perché come detto in premessa una regolamentazione delle vicende modificative è imprescindibile, non fosse altro per evitare elusioni del sistema. Forse sarebbe stato meglio stratificare maggiormente la disciplina, parlando di automatica traslazione della responsabilità solo in caso di fusione palesemente priva di alcun fondamento economico, realizzata con l’unico scopo di eludere il sistema repressivo.

Come corollario, il concepimento di una responsabilità autonoma dell’incorporante quando si dimostri che essa abbia volutamente ignorato le vicende illecite dell’incorporata, o peggio ancora si sia offerta come scudo per eludere la responsabilità.

Ad oggi, tutto questo rimane solo un filone interpretativo e niente più; domani potrebbe diventare occasione per rivalutare un capo o quantomeno una norma che, se pur con scopi nobili e non criticabili, si

ritiene avrebbe bisogno di adeguamenti, alla luce anche degli ormai quasi vent’anni di vita del decreto.99

Su altro fronte, la dottrina si è spesso interrogata sull’applicabilità dell’art 29 alle fusioni eterogenee; in realtà il problema è a monte, nel senso che il legislatore del 2003 non ha provveduto a disciplinare l’istituto, lasciando così il campo a dubbi in merito alla sua fondatezza. A fronte di autorevole dottrina che partendo dalla trasformazione eterogenea estende la stessa disciplina anche alla fusione100

, un altro orientamento non ritiene possibile l’applicazione analogica dell’istituto101

ed è quindi molto prudente, soprattutto perché l’istituto in esame e la sua efficacia sono strettamente collegati al regime di pubblicità, inapplicabile agli enti non iscritti nel registro delle imprese. Comunque, se si ammettesse l’esistenza di questa figura priva di una propria regolamentazione, senza dubbio anche ad essa si applicherebbero le regole sopra esposte dell’art 29, con un unico limite ben chiaro: gli enti coinvolti nella fusione eterogenea dovrebbero rientrare all’interno dei soggetti destinatari della disciplina del decreto, ai sensi dell’art 1.