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La scissione societaria come disciplinata all’art 30 d.lgs 231/

SOMMARIO: 1.1 Le vicende modificative dell’ente: inquadramento generale 2.1 La trasformazione societaria

2.1 La trasformazione societaria

2.3.2 La scissione societaria come disciplinata all’art 30 d.lgs 231/

Veniamo adesso agli aspetti di maggior interesse ai fini di questo lavoro, ossia la disciplina del legislatore delegato; la scissione ha una sua regolamentazione all’art 30 d.lgs. 231/2001, norma piuttosto complessa che ha dato adito a diverse dubbi interpretativi. Verranno analizzati i tre commi cercando di far emergere, per ognuno di essi, i profili più problematici.

Si faccia attenzione in via di premessa alla preoccupazione primaria del legislatore, ossia evitare che la disgregazione patrimoniale che caratterizza l’istituto diventasse motivo di inefficacia del sistema sanzionatorio, in particolare per ciò che riguarda le sanzioni pecuniarie.

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A favore della teoria estintiva si cita la sentenza Cass. Sez. Lav. 27 Aprile 2001 n. 6143 in foro.it; ma anche ROBERTI, La responsabilità amministrativa delle persone

giuridiche, delle società e delle associazioni prive di personalità giuridica e le vicende modificative, in Nuove leggi civ. comm. 2001, 1138.

Propendono invece per la teoria modificativa, fra i tanti, GALGANO, Diritto

commerciale. L’imprenditore. Le società. Bologna 2004. 496; DI SABATO, Diritto delle società, Milano 2003, 482

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Questo punto è affrontato sia da QUINTANA, Commento all’art 30 op cit pag 832, che NAPOLEONI, Le vicende modificative op cit pag 345

Le sanzioni interdittive, invece, seguono il criterio del “ramo di attività”, non scevro da problemi esegetici.

Il primo comma dell’art 30 dispone che “Nel caso di scissione

parziale, resta ferma la responsabilità dell'ente scisso per i reati commessi anteriormente alla data in cui la scissione ha avuto effetto, salvo quanto previsto dal comma 3”; una regola che trova la sua

linearità in una situazione, la scissione parziale appunto, che mantiene vivo l’ente in questione, il quale quindi continuerà ad essere responsabile per i reati commessi in precedenza. La responsabilità che permane in capo alla società scissa sarà soltanto parziaria nel caso di trasferimento del “ramo di attività” nel quale si è realizzato l’illecito.106

Il comma in esame sembra essere già più compatibile con i principi soggettivi del decreto, rispetto al precedente art 29: in questo caso infatti il legislatore ha, per lo meno parzialmente, mantenuto l’ente originario come referente soggettivo a cui imputare la responsabilità.

Il secondo comma affronta il tema delle sanzioni pecuniarie, non differenziando tra fusione totale o parziale. In entrambi i casi, infatti, gli enti beneficiari della scissione sono solidalmente responsabili per il pagamento della sanzione pecuniaria inflitta all’ente scisso per i reati commessi da quest’ultimo prima della data in cui la scissione ha avuto effetto 107

. Tale responsabilità è però limitata al valore effettivo del patrimonio netto che è stato assegnato a ciascuno dei soggetti beneficiari; nel caso di trasferimento, anche parziale, del ramo di

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Ecco spiegato l’assunto “salvo quanto previsto dal comma 3”. Si veda anche SFAMENI, Commento all’art 30, in Responsabilità “penale” delle persone giuridiche, (a cura di) GIARDA-MANCUSO-VARRASO-SPANGHER, Ipsoa, Milano 2007

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Momento che, ai sensi dell’art 2506-quater c.c. coincide con l’ultima delle iscrizioni dell’atto di scissione nell’ufficio del registro delle imprese in cui sono iscritte le società beneficiarie

attività in cui si è consumato l’illecito, la responsabilità delle società beneficiarie è illimitata.108

Il legislatore delegato ha quindi tratteggiato una disciplina per le sanzioni pecuniarie che richiama quella civilistica, anche se tale accostamento non può essere così automatico. L’art 2506-quater c.c. al terzo comma detta in effetti un regime di solidarietà di natura sussidiaria, visto che primariamente è la società su cui gravano gli elementi del passivo che è chiamata a soddisfare il debito. La responsabilità dell’art 30 comma 2 è invece diretta, il che significa che il pagamento della sanzione pecuniaria potrà essere indifferentemente preteso dalla società parzialmente scissa così come dalle beneficiarie, sempre con il limite del patrimonio netto effettivamente trasferito a quest’ultime. Per inciso, il valore di questo limite non può ritenersi vincolato alla relazione illustrativa che gli amministratori devono redarre, potendosi dimostrare una differenziazione rispetto ad esso e quindi un aumento o una diminuzione; e a tal proposito, ci si è chiesti su chi graverebbe l’onore della prova, se cioè dovrebbe essere la società interessata a dimostrare la validità del limite indicato nella relazione, o se esso, essendo supportato da una presunzione iuris

tantum, possa essere smentito solo previa contestazione a parte del

creditore interessato, ossia lo Stato109

.

In ultimo, un elemento di novità rispetto alla disciplina codicistica è l’esclusione del limite predetto in caso di assegnazione del ramo di attività, che per altro non fa cadere la responsabilità in capo alla società parzialmente scissa; ciò si è tradotto, nella prassi, in un disincentivo

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Si segnalano alcuni pareri negativi in dottrina in merito alla regola appena descritta, fra cui DE VERO, La responsabilità penale op cit pag 134; SCOGNAMIGLIO, Trasformazione, fusione, scissione e responsabilità “penale”

dell’ente in Rass Giur en. el. 2000

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nei confronti delle scissioni parziali, a favore di una distruzione dell’ente originario e una sua ricostruzione nella vesti di società beneficiaria.110

Il terzo e ultima comma della norma dispone che “Le sanzioni

interdittive relative ai reati indicati nel comma 2, si applicano agli enti cui è rimasto o è stato trasferito, anche in parte, il ramo di attività nell'ambito del quale il reato è stato commesso.” Si è ritenuto utile

riportare interamente la regola in virtù della sua importanza sul piano pratico: dalla permanenza o trasferimento del ramo di attività, come si può notare, dipende sia il regime di solidarietà applicato per la sanzione pecuniaria, sia l’imputazione della sanzione interdittiva. Un primo problema non di poco momento attiene all’interpretazione del “ramo di attività”, operazione resa ancor più ardua per il disallineamento tra questa espressione e l’art 14 d.lgs 231/2001, che parla di “specifica attività”111

.

Ora, senza addentrarci troppo in un terreno ermeneutico non scevro da difficoltà e rischi di eccessiva divagazione, si vuole porre l’accento su un punto: al di là delle varie dispute interpretative, occorre stare attenti allo scopo della norma. In tal senso, per capire effettivamente che cosa si intenda per “ramo di attività” è opportuno riflettere sui reati presupposto e anche sulle sanzioni interdittive, ragion per cui tale

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Osservazioni promosse in primo luogo da DE LIBERO, Commento all’art 30,in

La responsabilità degli enti : commento articolo per articolo al D. legisl. 8 giugno 2001, n. 231 di Adonella Presutti, Alessandro Bernasconi, Carlo Fiorio, Cedam 2008 pag 328; PACCES, Commento all’art 2506-quater c.c., in

Codice commentato delle società, a cura di BONFANTE-CORAPI-MARZIALE-

RORDORF-SALAFIA, II edizione, Ipsoa, 2007, 1581

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Sembra in realtà essere un problema solo dell’interprete e non del legislatore, visto che la Relazione al decreto commentando l’art 14 usando l’espressione “ramo di attività” ha fatto capire che i due termini vengono in realtà considerati equivalenti

espressione dovrebbe ricomprendere ampi settori dell’impresa che abbiano riflessi all’esterno di essa.112

Diversamente, si arriverebbe a restringere troppo il perimetro dell’attività della società autrice dell’illecito e soprattutto si rischierebbe di vanificare totalmente l’effetto repressivo e special preventivo della sanzione, perché più è ristretto il ramo di attività, più è facile per la società scissa disfarsene trasferendolo ad altre beneficiarie. Si pensi, a titolo di esempio, a un’ipotetica sanzione interdittiva a seguito di reato di corruzione; in questo caso, il ramo di attività considerato non dovrebbe ricomprendere soltanto lo specifico settore in cui il reato si è consumato, ma anche quello che ne abbia in effetti beneficiato113

.

Queste riflessioni portano ad un approdo di altrettanta importanza, in merito al caso in cui l’ente scisso operi una disgregazione tale del ramo di attività da rendere impossibile il continuum aziendale e quindi l’imputazione ad esso della sanzione interdittiva; se a prima vista un tale comportamento può essere ritenuto elusivo, a una più attenta riflessione appare invece come una vera e propria autopunizione che l’ente si infligge, scegliendo di azzerare un suo ramo aziendale.114

Detto questo, la dottrina ha provato ad associare talvolta l’espressione al concetto di ramo di azienda, altre volte invece a quello di ramo di attività connesso alla preposizione institoria115

.

112

Perfettamente calzante è in questo senso l’espressione di SFAMENI, op cit pag 273, ossia “attività dell’ente non attività nell’ente.”

113

L’esempio è di DE LIBERO, Commento all’art 30 op cit pag 332

114

Si veda BUSSOLETTI, Procedimento sanzionatorio e vicende modificative

dell’ente, in La responsabilità della società per il reato dell’amministratore,

LANCELLOTTI (a cura di), Giappichelli, 2003, 141 ss

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Come detto in precedenza, si sceglie di non entrare troppo nel dettaglio e si rimanda a NAPOLEONI, Le vicende modificative op cit; SFAMENI, Commento

Occorre dire qualcosa anche sulla confisca, che ricordiamo essere una vera e propria sanzione all’interno del microsistema del d.lgs 231/2001; non è così automatico infatti capire su quale ente dovrà essere indirizzata tale misura sanzionatoria, e per capirlo occorre operare una distinzione. Nella scissione parziale, in virtù del permanere della responsabilità in capo all’ente scisso, è pensabile che la confisca debba colpire tale soggetto116

; nella sua semplicità, tale conclusione nasconde un’insidia: la società parzialmente scissa potrebbe infatti liberarsi di quasi tutto il suo patrimonio al fine di sfuggire alla confisca, creando quindi un vulnus di efficacia del sistema.

Più problematica la scissione totale, che come è già stato rilevato non viene espressamente trattata dall’art 30; anche ipotizzando che le società beneficiarie assumano la responsabilità da reato della società scissa, sarebbe comunque rischioso concludere per l’applicazione della confisca a tutti i soggetti coinvolti; si sta infatti parlando di una sanzione e non di una misura di sicurezza, che per altro è autonoma rispetto alle sanzioni pecuniarie che l’art 30 chiaramente imputa alle società beneficiarie. Insomma, si rischia di incorrere nel mancato rispetto del principio di tassatività delle sanzioni117

Alla luce di questa disamina e sperando di aver tratteggiato un quadro più chiaro possibile, sembra utile chiudere con una riflessione in merito alla natura della responsabilità in capo agli enti coinvolti nella scissione, se cioè amministrativa (e con tale espressione si allude a responsabilità da reato) o semplicemente civilistica patrimoniale. La

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DI PINTO, La responsabilità amministrativa da reato degli enti. Profili penali

sostanziali e ricadute sul piano civilistico, Giappichelli 2003,152; SANTORIELLO, La responsabilità amministrativa degli enti collettivi. Profili sostanziali. in La

disciplina penale dell’economia, a cura di SANTORIELLO, vol 2, Giappichelli 2008

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questione non è di lana caprina in quanto arrivare ad una o l’altra conclusione ha rilevanza sia sul piano della confisca, come è stato poc’anzi rilevato, sia su quale disciplina applicare in caso di vicenda modificativa che colpisse a sua volta l’ente beneficiario della scissione. Secondo alcuni autori sarebbe necessario separare la scissione parziale da quella totale: nel primo caso la responsabilità da reato permane in capo alla scissa, nell’altro caso si ripartirebbe pro quota tra tutti gli enti coinvolti118

.

Altra dottrina ha, a ragione, fatto notare invece come il vero elemento di discrimine per poter parlare di traslazione della responsabilità da reato sia il ramo di attività119

; là dove il ramo di attività permane o confluisce si può parlare di responsabilità da reato ai sensi del decreto. Questa ricostruzione appare più fedele alle linee generali della responsabilità in esame, e ma soprattutto è confermato da alcuni dati normativi: la caduta del limite del patrimonio netto ai sensi del secondo comma in caso di trasferimento del ramo di attività, ma anche l’art 32 il quale dispone che in caso di scissione si può parlare di reiterazione per un ente beneficiario solo se in esso è confluito il ramo di attività connesso all’illecito della scissa.

3.1 Aspetti sanzionatori comuni alla fusione e scissione