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Il nuovo ente: criticità in tema di diritto alla prova L’ambito in cui si può maggiormente apprezzare lo sbilanciamento

problematiche processuali 2.1.1 L’art 42 e il confronto con la disciplina processual civilistica 2.1.2 L’art 42 tra

2.3 Il nuovo ente: criticità in tema di diritto alla prova L’ambito in cui si può maggiormente apprezzare lo sbilanciamento

della norma verso le esigenze di speditezza processuale rispetto a quelle di tutela della partecipazione del nuovo ente è proprio il diritto alla prova. Il punto cioè è se la vicenda modificativa abbia o meno il potere di incidere sull’istruttoria in corso, ma ancor prima occorre chiedersi se il nuovo ente abbia diritto alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, superando eventuali preclusioni che possono essere maturate soprattutto se la sua costituzione avviene in una fase istruttoria già avanzata.

E’ un problema che si lega a quanto già in parte evidenziato e che è strettamente connesso con la più generale problematica della concessione dei termini a difesa, ma che si pone su un piano ancor più

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significativo in virtù del ruolo di primissimo livello che il diritto al contraddittorio nella formazione della prova ricopre.

Se si vuole partire dal dato testuale ancora una volta la risposta sembrerebbe essere negativa; l’art 42 infatti dispone che il nuovo ente entri nel processo “nello stato in cui si trova”, impedendo quindi di superare le preclusioni processuali già maturate. Insomma, se le parti originarie hanno già indicato le prove e hanno partecipato alla loro assunzione, il nuovo ente non può far altro che adeguarsi.

Ancora una volta e ancor più a ragione occorre però allontanarsi dall’interpretazione letterale dell’art 42, non fosse altro per motivazioni di coerenza del sistema: che senso avrebbe avuto garantire la partecipazione del nuovo ente per poi negargli la garanzia più importante di cui gode l’imputato?170

Inoltre, un’interpretazione letterale si rivela nuovamente in contrasto con i principi costituzionali, soprattutto con l’art 111 C. che sancisce il diritto al contraddittorio in tutti i processi e in particolare per quanto riguarda il processo penale stabilisce il diritto al contraddittorio nella formazione della prova. 171

Per altro, le motivazioni addotte da chi rimane fedele all’interpretazione letterale della norma non sembrano sufficientemente pregnanti. E’ stato detto, ad esempio, che il “nuovo” ente non potrebbe aggiungere nulla al materiale probatorio raccolto fino a quel momento, intervenendo in un procedimento che ha ad oggetto un illecito commesso da un altro soggetto, connesso a carenze

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Dello stesso avviso VARRASO, Commento all’art 42 op cit pag 355

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Tale diritto è limitato solamente in casi che sono tassativamente elencati nella stessa norma costituzionale: richiesta dell’imputato, accertata impossibilità oggettiva e provata condotta illecita.

organizzative altrui; questa osservazione - fondata in astratto - non considera che l’art 187 c.p.p.172 definisce oggetto di prova un’ampia

serie di fatti, riferibili a profili assai diversi tra loro che non si limitano certamente all’iter delittuoso in senso stretto. Alla luce di suddetta norma è sicuramente da considerare oggetto di prova il trasferimento del ramo di attività in caso di scissione, visto che proprio da esso dipende sia l’applicazione del regime di solidarietà per le sanzioni pecuniarie, sia l’applicazione e la determinazione di quelle interdittive. Allo stesso modo, si prende le distanze anche da chi sostiene che se il giudice tenesse ferme le preclusioni probatorie già maturate non saremmo di fronte a nessun vulnus del diritto di difesa alla luce del fatto che ogni ente che dà avvio o partecipa ad una vicenda modificativa sceglie coscientemente di subentrare nei rapporti sia sostanziali che processuali già in corso 173

; questa argomentazione appare piuttosto forzata in virtù di ciò che veramente è in ballo, ossia principi non espressi solamente nel codice di rito, ma anche e soprattutto nella Costituzione, e che non possono di certo considerarsi rinunciati tacitamente in virtù della partecipazione ad una vicenda modificativa da parte dell’ente, evento che in prima istanza si attesta su piani assai diversi rispetto a quelli in esame.

E nemmeno può ritenersi valido il paragone con il processo civile, nel quale l’accettazione del processo nello stato in cui si trova è ben nota e applicata; nei processi civili gli interessi in gioco non possono essere paragonabili a quelli del processo penale, di conseguenza un ingresso nel processo nel rispetto delle preclusioni già maturate porta a problemi sicuramente di minor rilievo.

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Art 187 c.p.p.: “Sono oggetto di prova i fatti che si riferiscono all’imputazione,

alla punibilità e alla determinazione della pena o della misura di sicurezza. Sono altresì oggetto di prova i fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali”

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L’unica lancia che può essere spezzata in favore del legislatore è il fatto che non tutte le vicende modificative richiedono, in questo senso, la stessa attenzione nei confronti del nuovo ente: l’ente trasformato infatti, in virtù dell’identità soggettiva, non subisce alcun danno dalle preclusioni dell’art 42. Il problema nasce in caso di fusione e prende piena forza con la scissione totale, laddove cioè non è possibile parlare di identità soggettiva degli enti coinvolti.

Insomma, il legislatore avrebbe forse dovuto operare una maggiore stratificazione all’interno della norma, tenendo conto dell’eterogeneità che accompagna le vicende modificative in esame.

Tra l’altro, il problema affrontato fino ad ora può essere inquadrato anche in un’ottica assai più pratica e tecnica, lasciando da parte per un attimo le garanzie costituzionali e ragionando in termini più strettamente processuali. Da questo punto di vista, una vicenda modificativa può a pieno titolo considerarsi un elemento nuovo che quindi giustifichi, da solo, la remissione in termini rispetto alla formulazione di nuove richieste istruttorie ai sensi del secondo comma dell’art 493 c.p.p. 174

; la vicenda modificativa porta infatti con sé degli interrogativi e delle questioni che prima non erano neppure ipotizzabili, come il differente calcolo per la determinazione delle sanzioni in caso di fusione o scissione ai sensi dell’art 31, o l’effettiva sorte del ramo di attività nonché la sua possibile dissoluzione.

Tutto ciò lascia pensare che il giudice accorderebbe senza alcun problema la richiesta di remissione in termini alla luce del secondo comma dell’art 493 c.p.p., tranne forse nel caso in cui la vicenda modificativa sia sorta prima della scadenza dei termini per

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Recita il comma in esame “E’ ammessa l’acquisizione di prove non indicate nella

lista prevista dall’art 468 quando la parte che le richiede dimostra di non averle potute indicare tempestivamente”

l’ammissione delle prove. In questo caso, infatti, il tema di prova non potrebbe considerarsi nuovo e si profilerebbe un’ipotesi di inerzia dell’interessato.

Tenuto fermo questo ultimo punto, si ritiene che non sia opportuno “cullarsi” sulla norma del codice di rito: per recuperare una parvenza di diritti a favore dell’imputato e salvare, almeno in via teorica, l’art 42 da sicura pronuncia di incostituzionalità, c’è stato bisogno di aggrapparsi ad una regola che, se pur nella sua importanza, è figlia dei tecnicismi processuali e solo indirettamente è connessa alle garanzie costituzionali. Si provi a riflettere su questo.