problematiche processuali 2.1.1 L’art 42 e il confronto con la disciplina processual civilistica 2.1.2 L’art 42 tra
3.1 Le varie tipologie di sentenza regolate nel decreto 231/
3.2.2 Le problematiche dei due commi della disposizione Un’analisi più approfondita dei due commi conduce facilmente
l’interprete verso altri dubbi sulla legittimità della disposizione.
Il tema di fondo è, ancora una volta, il bilanciamento tra esigenze di efficienza del sistema repressivo e le garanzie dell’imputato, e ancora una volta il legislatore ha scelto di dare maggior spazio alle prime a discapito delle seconde.
Il primo comma sembra in verità pensato per tutelare il “diritto alla reputazione”189
dell’ente condannato, prevedendo che il giudice indichi nel dispositivo l’ente originariamente responsabile alla luce soprattutto dell’iscrizione della condanna all’anagrafe delle sanzioni amministrative.
Questo accorgimento è ben poca cosa rispetto al vero problema della
188
SANTORIELLO, La responsabilità amministrativa degli enti collettivi. Il
processo, in La disciplina penale dell’economia, a cura di SANTORIELLO vol II,
Giappichelli 2008
189
regola, ossia la sua validità a prescindere dall’effettiva partecipazione dell’ente al procedimento.
Secondo la Relazione Ministeriale infatti, per procedere ai sensi dell’art 70 comma 1 è sufficiente che il giudice sia a conoscenza della vicenda modificativa realizzatasi in pendenza di procedimento penale, al di là dell’eventuale partecipazione dell’ente condannato190
.
Si noti quindi come il discrimine non sia la conoscenza del procedimento in capo all’ente, bensì la conoscenza della vicenda modificativa in capo al giudice, relegando al ruolo di “imputato passivo” il soggetto che dovrà poi subire gli effetti del provvedimento emanato.
Se il quadro sembra già così sufficientemente compromesso, il secondo comma peggiora ulteriormente le cose prevedendo che la sentenza pronunciata nei confronti dell’ente originariamente responsabile ha comunque effetto nei confronti del “nuovo” ente; insomma, se col primo comma si era lasciato uno spiraglio di salvezza per la persona giuridica (ossia la non conoscenza della vicenda in capo al giudice) si è pensato subito dopo di eliminarlo operando una sorta di traslazione automatica degli effetti della sentenza e conseguentemente delle sanzioni nei confronti dell’ente risultante o beneficiario della vicenda modificativa.
L’utilizzo del termine “comunque” lascia ben poco spazio all’immaginazione: si è voluto evitare, con costi altissimi, che un evento modificativo potesse non solo rallentare il procedimento ma anche eluderne l’effettività sul piano sanzionatorio.
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La Relazione recita “se gli enti interessati da tali vicende hanno partecipato al
processo, o comunque il giudice ha avuto notizia di tali eventi, la sentenza verrà pronunciata nei confronti dell’ente risultante dalla trasformazione o fusione ovvero beneficiario della scissione dell’ente originariamente responsabile”
Riemergono quindi prepotentemente i dubbi di violazione dei già citati art 3, 24 e 111 della carta fondamentale, ma anche dell’art 76191 per
inosservanza di quanto disposto all’art 11 lettera q della legge delega 300/2000, ai sensi della quale all’ente deve essere assicurata “l’effettiva partecipazione e difesa nelle diverse fasi del
procedimento”192
L’art 70 in questo senso è coerente con quanto disposto al capo II del decreto, con la traslazione automatica sia della responsabilità che delle sanzioni, con un leit motiv ormai evidente: sacrificare le esigenze garantistiche a favore dell’efficienza del sistema.
L’unica parvenza di tutela a favore dell’ente condannato è data dalla possibilità della conversione della sanzione interdittiva con quella pecuniaria ai sensi dell’art 78 del decreto193
; davvero poca cosa, considerando che il rimedio in questione non è automatico, come già in precedenza analizzato, ma sottoposto al vaglio del giudice che valuterà oltre all’adempimento degli obblighi anche la particolare situazione per cui l’ente abbia aspettato così tanto per chiedere la sostituzione, non sfruttando né la possibilità di cui all’art 14 né quella all’art 31. E comunque, anche se la richiesta venisse accordata, ci troveremmo ancora una volta a dover recuperare tasselli di costituzionalità grazie ad una norma di rango inferiore: situazione che appare in tutta la sua illogicità.
191
L’art 76 della Costituzione dispone che“L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.”
192
BERNASCONI, Commento all’art 70 op cit pag 573; VARRASO op cit pag 527
193
L’art 78 dà la possibilità all’ente in ritardo con gli adempimenti di cui all’art 14 di fare richiesta al giudice di sostituzione delle sanzioni interdittive con quelle pecuniarie, dal calcolare secondo criteri precisi. La decisione non sarà immediata ma dovrà essere presa in camera di consiglio ponderando una serie di elementi del caso di specie, in considerazione del fatto che l’ente ha comunque aspettato di essere stato condannato prima di offrire le proprie condotte riparatorie
Ancora, il secondo comma in esame diventa ancor più critico in caso di una particolare vicenda modificativa, ossia la scissione. Questo istituto si presenta nuovamente come il più problematico e delicato, ma già lo si era detto in precedenza, a causa del suo polimorfismo e anche in virtù della disciplina che lo stesso legislatore delegato gli ha ritagliato. La difficoltà sta nel fatto che, ai sensi dell’art 30 d.lgs. 231/2001, le sanzioni interdittive seguono il ramo di attività e vengono quindi imputate all’ente nel quale esso è confluito o è rimasto, in caso di scissione parziale.
Di questo non c’è traccia nell’art 70, che se interpretato letteralmente parrebbe far valere l’imputazione delle sanzioni interdittive nei confronti dell’ente beneficiario della scissione senza alcun accertamento in merito al ramo di attività; accertamento che invece risulta assolutamente necessario e che potrà sorgere in sede di incidente di esecuzione ai sensi dell’art 74194
.
La scissione si rivela istituto assai delicato in rapporto alla norma in esame anche in virtù di un altro problema: la diversità soggettiva tra ente originario ed ente beneficiario, in caso soprattutto di scissione per incorporazione. Nel caso di specie alcuni autori hanno prospettato la violazione del primo comma dell’art 27 della Costituzione195
, laddove si avrebbe la condanna e l’imputazione di sanzioni ad un soggetto, l’ente beneficiario, che non solo può non aver partecipato al processo, ma che è indubbiamente altro rispetto all’ente scisso e che magari non ha nemmeno inglobato a sé il ramo di attività in cui si è consumato l’illecito.196
194
NAPOLEONI Le vicende modificative op cit pag 391; BELLUTA Commento
all’art 30 op cit pag 848
195
Ai sensi del quale la responsabilità penale è personale
196
Si vuole far notare insomma come, a conclusione dell’analisi delle norme dedicate alle vicende modificative dell’ente, torni ad essere rilevante un problema che sembrava ormai superato: la compatibilità del decreto con l’art 27 della Costituzione.
Il principio del nulla poena sine culpa è certamente valido anche in capo alle persone giuridiche, sia come divieto di infliggere una pena a seguito di un fatto commesso da altri sia come obbligo di accertamento della reale punibilità del fatto stesso; entrambi questi punti sembrano essere oscurati dall’art 70, che non si cura delle sorti del ramo di attività e attribuisce gli effetti della sentenza sull’ente beneficiario a prescindere dalla sua partecipazione al procedimento.