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Vicende modificative e estinzione dell’ente: un difficile punto d’incontro

2.3.1 Alcune soluzioni prospettate da dottrina e giurisprudenza

2.3.2 Vicende modificative e estinzione dell’ente: un difficile punto d’incontro

A conclusione dell’analisi della problematica sull’estinzione si vuole dare un apposito spazio ad un’altra elaborazione teorica che è stata compiuta per tentare di risolvere la carenza di disciplina nel decreto. Si tratta dell’estensione in via analogica delle norme sulle vicende modificative all’ipotesi dell’estinzione, in modo da rendere lecita la traslazione della responsabilità e dell’imputabilità delle sanzioni in capo ad un soggetto terzo rispetto a quello originariamente responsabile, che di fatto non esiste più perché estinto. In effetti, se una tale elaborazione teorica riuscisse nel suo intento il problema sarebbe risolto efficacemente, potendosi riversare sui soci e, sotto certi limiti, sui liquidatori la responsabilità derivante da illeciti amministrativi.

Se un tale punto di contatto è stato pensato è essenzialmente perché, come detto in via di premessa, anche l’estinzione della società potrebbe attirare a sé l’esigenza di bilanciamento di due distinte esigenze che sono state ben segnalate negli scorsi capitoli, ossia l’efficienza del sistema repressivo da un lato e la tutela dei soggetti “terzi” (in questo caso i soci) dall’altro.

Nel caso di estinzione della società però questo bilanciamento penderebbe in maniera ancor più eccessiva verso la prima di queste due istanze, non fosse altro perché i soggetti “terzi” che dovrebbero essere tutelati non sarebbero persone giuridiche, bensì persone fisiche. Si profilerebbe quindi una situazione assai insolita, con i soci della società estinta imputati di una responsabilità pensata per una persona giuridica. Si pensi inoltre al fatto che questi stessi soggetti potrebbero

essere gli autori materiali dei reati presupposto, col rischio quindi di incorrere in una doppia incriminazione. 216

Insomma, una situazione che sarebbe a tutti gli effetti censurabile sia in relazione all’art 27 del decreto, pensato proprio per evitare che i soci dell’ente condannato vengano coinvolti nel pagamento della sanzione pecuniaria, sia ai sensi dell’art 27 della carta fondamentale, perché si profilerebbe un caso di responsabilità per fatto altrui.

Sempre guardando alle regole del capo II, si è tentato una ricostruzione alternativa riferita in particolare alla scissione disciplinata all’art 30 del decreto217

; si parte dall’assunto che in caso di scissione totale il legislatore delegato non avrebbe predisposto il trasferimento della responsabilità in capo ai beneficiari, ma soltanto la titolarità dell’obbligazione per il pagamento della sanzione pecuniaria. Il legislatore avrebbe quindi tracciato una netta linea di separazione concettuale tra l’art 29 e l’art 30, rilevando come nel caso di fusione operi una traslazione di responsabilità che invece non si verifica nella scissione, laddove i beneficiari della vicenda avrebbero semplicemente assorbito un segmento del patrimonio sociale in cui è confluito il profitto dell’illecito, dovendo così partecipare al procedimento di accertamento.

Da qui, si è tentato di accostare la disciplina dell’art 30 all’ipotesi di estinzione della società date le similitudini tra la liquidazione dell’attivo e la confluenza delle frazioni di patrimonio dalla scissa alle beneficiarie; si è provato anche a creare un parallelismo tra i soci della società liquidata e le società beneficiarie, entrambi questi soggetti

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La stessa osservazione viene rilevata anche nella già citata sentenza del Tribunale di Milano, nella quale la corte osserva l’inapplicabilità in via analogica delle norme del capo II e III relative alle vicende modificative.

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infatti dovranno rispondere per l’obbligazione derivante dalla commissione dell’illecito di un soggetto non più esistente sul piano formale. Per questi motivi, così come le società beneficiarie rispondono delle obbligazioni pur non essendo a loro imputata la responsabilità, stessa cosa potrebbe accadere ai soci della società liquidata.

Nonostante una soluzione del genere sarebbe utile per scoraggiare eventuali abusi della cancellazione della società dal registro delle imprese, essa non tiene conto di alcuni aspetti e ne dà per scontati altri che invece non lo sono affatto.

In primo luogo, come già è stato rilevato in sede opportuna, non è opinione unanime che alle società beneficiarie non si trasmetta la responsabilità da reato ma solo una responsabilità civile per il pagamento della sanzione pecuniaria; anzi, una parte della dottrina afferma proprio il contrario, ovvero che l’art 30 comma 2 per quanto riguarda la scissione totale imponga una traslazione della responsabilità da reato, che invece rimarrebbe in capo alla scissa in caso di scissione parziale. Vi è poi un altro orientamento che fa dipendere il trasferimento della responsabilità dal ramo di attività collegato all’illecito.

Insomma, certamente non si può arrivare ad affermare così a cuor leggero che in caso di scissione totale la responsabilità permanga in capo all’ente scisso, perché tale considerazione è solo uno dei tanti orientamenti e non certo un punto fermo.

La premessa non è condivisibile anche sotto altro aspetto, ossia il fatto che la scissione si porrebbe come istituto in tutto e per tutto diverso rispetto alla fusione, e si avvicinerebbe quindi all’estinzione. Ora, non sembra utile ripeterlo ulteriormente, anche sulla fusione permangono dubbi in merito alla sua vera natura, dubbi che sono stati più e più volte sviscerati. Quindi non sembra troppo prudente fondare la

promessa su una differenza quasi genetica tra fusione e scissione, che giustificherebbe nella prima una traslazione della responsabilità, nella seconda un mero trasferimento dell’obbligo per il pagamento delle sanzioni.

Ultima osservazione, ma non meno importante: anche se la premessa fosse fondata, l’utilizzo in via analogica dell’art 30 è un salto nel vuoto troppo grande. Quello che davvero manca è una norma, chiara ed espressa che regoli la cancellazione della società dal registro delle imprese nelle more del procedimento ai sensi del decreto.

3.1 Il fallimento nel decreto legislativo: un’assenza che