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4. L’obiezione di coscienza e l’Assemblea Costituente

4.2. L’Assemblea Costituente e l’articolo

L’articolo approvato dalla Prima Commissione e consegnato all’Assemblea Costituente nel progetto di Costituzione con il numero 49 recitava dunque così:

« La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio. L'adempimento degli obblighi militari non può pregiudicare la posizione di lavoro del cittadino né l'esercizio dei diritti politici. Nell'ordinamento dell'esercito deve riflettersi lo spirito democratico dello Stato italiano ».

Il contesto assembleare, la diversa tempra degli oratori, tra i quali alta fu la percentuale di graduati dell’esercito, la stessa scrittura degli interventi, non più sommaria e in terza persona, ma integrale e in prima persona, restituisce ai testi stenografati relativi ai quattro giorni nei quali venne discusso

205Atti dell’Assemblea Costituente, Prima Sottocommissione, Seduta 9 settembre 1946, pp.21-22. 206Ivi, p.20.

207

Ivi, Seduta 10 settembre 1946, p.26. 208Ivi, Seduta 9 settembre 1946, pp.20-21.

209Pietro Scoppola definì il contenuto dell’odg, «punto di riferimento essenziale per la definizione della “ideologia comune” della quale si avvertiva l’esigenza». (P. Scoppola, La Repubblica dei partiti, Il Mulino, Bologna, 1997, p.215). 210 La proposta di Dossetti non ebbe l’avallo degli esponenti di partiti di cultura marxista con la parziale e importante eccezione di Togliatti che almeno in un primo momento riconobbe validità alle parole di Dossetti valutando «lo Stato» come «fenomeno storico» che dovrebbe scomparire, al contrario della «persona umana» alla quale un regime politico, economico e sociale progredito dovrebbe garantire lo sviluppo (Ivi, p.21).

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insieme ad altri l’articolo 49, un’enfasi patriottica fino ad allora contenuta. Fatta comunque la tara di questi elementi, gli apparati retorici tradizionali pur se recuperati soprattutto dai deputati più anziani, sembrano presentare una teatralit controllata, che cercava di trovare un approccio più sobrio con l’idea patriottica di fronte alle esibizioni magniloquenti del passato. Le dissonanze tra le varie aree politiche che attingevano alle diverse subculture di riferiemento appaiono molto meno importanti rispetto alle convergenze, al punto che si può quasi parlare di uno spirito assembleare nella definizione del concetto di patria e del dovere della sua difesa attraverso il servizio militare. L’obbligatorietà della leva fu il tema dominante. In base agli emendamenti proposti e agli interventi dei relatori possiamo dividere le posizioni espresse dall’Assemblea in tre gruppi: quelle fautrici del servizio militare obbligatorio per tutti i cittadini maschi (la maggioranza), quelle che sostenevano l’apertura a un servizio di leva volontario in un’ottica di efficienza dell’esercito (una minoranza cospicua), quelle che promuovevano un servizio militare non obbligatorio all’interno di una visione neutralista e sostanzialmente pacifista della politica internazionale (una minoranza concentrata nel gruppo parlamentare del Psli). Se tuttavia le prime due posizioni riprendevano un dibattito già sorto alla fine della prima guerra mondiale, sostenendo un modello di esenzione che guardava alle esigenze militari dello stato secondo parametri indisponibili alla coscienza individuale211, la terza era radicalmente autonoma e originale.

Tra i tanti presentati, gli emendamenti meritevoli d’attenzione sono tre: quello a firma di Gasparotto, Chatrian, Moranino, Stampacchia e Brusasca, approvato, che sancendo l’obbligatorietà della prestazione militare, ma rimandando alla legge ordinaria ogni definizione dei limiti e modi212, fungeva da compromesso tra le prime due posizioni poiché orientava «il legislatore ordinario in linea politica, senza per contro vincolarlo in linea tecnica»213; i due emendamenti di parte pacifista provenienti dal Psli, uno a firma di Cairo, Chiaramello, Calosso, Di Gloria, Vigorelli e Taddia a sostegno della non obbligatorietà del servizio militare e della neutralità in politica estera214, l’altro, di Ernesto Caporali, che prendeva esplicitamente in considerazione l’obiezione di coscienza.215 4.2.1.: La Costituente della pace: prime tracce dell’obiezione di coscienza

Gli emendamenti «pacifisti» furono argomentati in due interventi: quello che aveva Cairo come primo firmatario venne trattato in un discorso molto articolato e, com’era sua prassi, assai vivace, di Umberto Calosso, il secondo fu esposto con una breve concisa riflessione dello stesso Caporali, avvenuta nella tarda serata dello stesso giorno, di fronte a un'aula quasi vuota.

Letterato di vasta cultura, voce italiana di Radio Londra durante la guerra nel programma Fighters and workers programme, Calosso aggiungeva alla caratura del personaggio un’eloquenza mordace e colorita, un arguto e intelligente gusto del paradosso, che attizzava gli animi e animava pittoreschi

211 Nella definizione del contingente venivano valutate condizioni esterne, quali le necessità logistiche o la situazione economica, mentre i parametri che avrebbero determinato il congedo, come del resto era avvenuto all’esercito del Regno Sabaudo, erano basti su fattori oggettivi come il fisico o lo stato famigliare.

212L’emendamento presentato in un primo momentoda Gasparotto era così formulato: « Al secondo comma, sostituire

alle parole: Il servizio militare è obbligatorio, le seguenti: La prestazione del servizio militare è obbligatoria: le

modalità sono stabilite dalla legge». L’emendamento venne poi sostituito da un secondo di identico tenore a firma di Laconi, Targetti, Gasparotto, Merlin Umberto, Ambrosini, Stampacchia, Vigna, Ravagnan e Gervasi « Sostituire il

secondo comma col seguente: « Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo

adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino né l'esercizio dei diritti politici».

213AP, AC, Assemblea plenaria, seduta 21 maggio 1947, p.4125 (Intervento di Chatrian). Perseguiva il medesimo fine l’emendamento del generale Azzi, anche se in maniera più radicale, proponendosi di stralciare dalla Costituzione l’obbligatorietà del servizio: «Sostituire il primo periodo del secondo comma col seguente: La prestazione del servizio militare è regolata dalla legge».

214

L’emnedamento di Capolari prevedeva una riformulazione di tutto l’articolo 49 «La difesa della Patria è dovere di tutti i cittadini. Il servizio militare non è obbligatorio. La Repubblica, nell'ambito delle convenzioni internazionali, attuerà la neutralità perpetua».

215 «Aggiungere al secondo comma, le parole: Sono esenti dal portare le armi coloro i quali vi obiettino ragioni filosofiche e religiose di coscienza»).

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siparietti. La lettura dello stenografico, pieno di corsivi che riportano «voci e rumori», di piccate interruzioni, di battute salaci restituisce la sensazione di un clima che si surriscalda mano a mano che Calosso procede con il suo ragionamento. Il discorso pungente del deputato coniugava due esigenze: fornire all’emendamento Cairo un impianto teorico stringente e rigoroso che collegasse la non obbligatorietà del servizio militare, la neutralità perpetua e il ridimensionamento delle spese militari a vantaggio dell’istruzione216

ed usare immagini e provocazioni che suscitassero attenzione e partecipazione attorno alle questioni sollevate.

Calosso riuscì solo in parte nel suo intento. Non raccolse vasti consensi, ma la sua posizione venne continuamente richiamata negli interventi successivi217. Il suo discorso si incentrò non sui principi astratti, ma su un campo peculiarmente «militare», quello che più avrebbe dovuto riflettere sulòe proprie responsabilità nel «disastro della guerra appena conclusa»218. Tre furono le questioni prese in considerazione: la necessità che fosse la politica e non i militari a segnare le grandi linee della struttura dell’esercito, perché questi avevano ampiamente dimostrato di essere incapaci a fornire una visione geopolitica del mondo219; una valutazione realistica della scena internazionale e del nemico potenziale che impedivano all’Italia di impostare il proprio ruolo in termini di potenza220, costringendola a «inserire un calcolo» per vedere quali forze armate si dovessero avere («se noi siamo, per esempio, la Repubblica di San Marino avremo un ottimo, grande esercito quando avremo quattro soldati ed un caporale» sosteneva provocatoriamente221); l’individuazione del pacifismo assoluto, dopo cinque guerre combattute in trentacinque anni, in cui era stata distrutta «la nostra gioventù e il Paese», quale terreno in cui l’Italia avrebbe potuto seriamente giocare un ruolo da protagonista, essendo impossibilitata a concepire per sé un ruolo di potenza. La valutazione della propria strategia di difesa dei confini in un’ottica esclusivamente quantitativa, di potenza era fuorviante: «in un paese analfabeta come il nostro» non potevano non essere non considerate le spese per l’istruzione anche da un punto di vista del «materiale umano» che confluiva nell’esercito, la cui forza «non è quella di fare “ uno-due” in una caserma con delle baionette buone ad aprire una scatola di conserva». Un esercito «senza industrie, senza qualifica operaia è l'esercito della sconfitta»222. Similmente la riduzione degli effettivi dell’esercito, andava intesa come necessità strategica, data la situazione generale di impreparazione militare. La leva obbligatoria era parte di quel «complesso militaristico che porta alle sconfitte», perché, in fondo, «questo militarismo diffuso porta in sé qualche cosa di follaiolo e diminuisce il valore individuale». Il Ministero della

216 Calosso era primo firmatario di un altro comma che affermava che «nel bilancio dello Stato, le spese per le Forze armate non potranno superare le spese per la pubblica istruzione, salvo legge del Parlamento di durata non superiore a un anno ».

217

Ivi seduta 22 maggio 1947, pp. 4187-4191. 218

Fin dalla presentazione di sé Calosso tiene a presentarsi come figlio di un ufficiale: «Personalmente non avrei nessun motivo astratto per voler diminuire l'esercito; lo voglio anzi aumentare, specialmente nel prestigio e nella forma. Io stesso sono figlio di un contadino piemontese, che per di più è diventato sergente e poi ufficiale, e non c'è nessun conservatore più grande di un sergente, di un maggiore piemontese, e non dico questo perché mio padre mi chiamasse Umberto».

219Ivi, seduta 20 maggio 1947, p. 4090. Una considerazione non dissimile, forse ancor più caustica era stata formulata da Paolo Treves, storico membro dell’ala riformista partito socialista, in risposta al generale Bencivenga, in occasione della discussione dell’articolo 4: «L'onorevole Bencivenga è una nobile figura di soldato, ma ha portato qui nella sua analisi dell'articolo 4, collegato con altri articoli attinenti a materie militari, una mentalità appunto più da soldato che da legislatore, ed ha proposto, fra l'altro, la costituzione di un comitato di esperti, militari e di altre specialità, per disciplinare tutta questa materia della Costituzione. È una proposta che, se fosse accolta, probabilmente ci farebbe rimanere qui parecchi anni e non solo fino al 25 giugno. E poi io vorrei, col permesso degli onorevoli colleghi e senza la minima irriverenza per l'onorevole Bencivenga, ricordare al valoroso soldato un motto, del resto molto noto di un grande uomo politico francese, non di sinistra, il quale durante l'altra guerra sosteneva che «la guerra è una cosai un po' troppo seria per essere lasciata soltanto ai generali. (…) I generali spesso (…) ragionano spesso della prossima guerra con la mentalità della guerra precedente e allora siamo veramente un po' fuori tempo» (Atti dell’Assemblea Costituente, Assemblea Plenaria, seduta 17 marzo 1947, p. 2206).

220Ivi, seduta 20 maggio 1947, pp. 4090-4091. 221Ibidem.

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guerra,223 «concepito come lo concepiscono i nostri generali conservatori piemontesi», basato su un esercito fatto di «150 mila soldati male armati» era dunque un Ministero che già si sarebbe potuto già «chiamare della sconfitta eroica»224. Un piccolissimo esercito, un esercito di quadri, avrebbe invece costretto il paese a non avere la tentazione di prendere parte a nessuna guerra e a starsene «in pace»225. Logica conseguenza di questa impostazione diventava la neutralità perpetua, indispensabile per fare dell’Italia una nazione realmente indipendente nello scacchiere mondiale226, per permetterle di recuperare una certa considerazione nel consesso internazionale227 e per darle un ruolo di avanguardia, attraverso il primato pacifista228, unica strategia di politica estera possibile per una nazione sconfitta229.

Se Calosso tentò di dare al pacifismo un ruolo politico di prestigio internazionale – al punto che si possono trovare diverse consonanze tra il suo intervento e quello del ministro della difesa Luigi Gasparotto230 - di tenore assai diverso fu il discorso di Ernesto Caporali. Egli partì da un’ispirazione ideale di rifiuto della guerra e indicò la preveggenza che la Costituzione avrebbe avuto riconoscendo i futuri obiettori di coscienza quali “pattuglia avanzata della nuova umanità”. Non ci furono parole che eccitarono gli animi, né che sollevarono ironia o biasimo. L’unico corsivo è il generico “applausi” posto a chiusura. Tuttavia, proprio il silenzio che circondò l'intervento di Caporali lo rende ancora più sorprendente, soprattutto perché già vi si scorge, in nuce, un’interpretazione nuova di “difesa della patria”, allargata ai settori dell’assistenza e della solidarietà, che anticipava uno dei leitmotiv dei futuri movimenti pacifisti:

Io ho poi presentato, a mio nome personale, come vecchio pacifista integrale e intransigente - ed avrei avuto piacere che fosse stato presentato dalla parte democristiana dell'Assemblea - un emendamento sugli obiettori di coscienza. È un problema che non deve essere preso alla leggera. Obiettare vuol dire compiere un atto meritorio, condannando quello che la guerra ha di più crudele e di più orribile e vuol dire soprattutto negare la guerra. E siccome il problema merita profonda considerazione, io avrei voluto trattarlo dinanzi ad una Assemblea numerosa. Tuttavia, mi limiterò a dirvi che gli obiettori di coscienza non sono degli irregolari, essi non devono confondersi con i disertori; essi chiedono di servire la Patria in umiltà, rivendicando il diritto di non tradire i principî spirituali, ai quali sono legati dalle loro convinzioni umane.

« Tu non ucciderai »: questo meraviglioso imperativo del Vangelo cristiano è stato troppo dimenticato dagli uomini, perché non debba essere ripreso oggi da tutti coloro i quali, al di sopra e al di là d'ogni credenza, ne facciano uri simbolo di pace e di solidarietà umana. Coscrizione obbligatoria od esercito mercenario? Ma i termini si equivalgono. Quando la Patria lo esigesse, tutti i suoi figli dovranno compiere il loro dovere.

Sia accordato almeno agli obiettori di coscienza, agli avversari tenaci e irriducibili di sempre della violenza che è arida ed infeconda, bestiale e selvaggia, sia essa individuale o collettiva, la possibilità di cooperare nella difesa del suolo della

223 Anche se la denominazione di ministero della Difesa era già in vigore Calosso continuava, provocatoriamente, ad adoperare la vecchia.

224

Ibidem. Parlando in questo modo Calosso rispondeva a Sullo che in precedenza aveva affermato che molte spese, che si sarebbero dovute fare attraverso il bilancio della pubblica istruzione, sono state fatte attraverso il bilancio delle forze armate (AP, AC, Assemblea plenaria, seduta 20 maggio 1947, p.4082).

225

Ivi, pp. 4093-4094.

226Ibidem. «Il nostro pericolo è quello di essere mercenari, di essere adoperati dall'uno o dall'altro blocco come mercenari. Questo non deve essere in nessun modo. Noi dobbiamo avere astuzia. (…) Noi dovremmo adoperare la flotta inglese, l'aviazione americana e l'esercito russo, anziché esserne adoperati. Noi dobbiamo cercare di non combattere per gli americani, o per gli inglesi, o per i russi. Questo deve essere il nostro scopo: metterci in situazione di non essere mercenari di nessuno».

227Ivi, p.4095. «Noi dentro all'O. N. U. dovremo batterci per poterci inserire con questo nostro vincolo di neutralità perpetua. E ciò ci converrebbe anche per un motivo di fierezza. Guardate gli svizzeri, che sono neutrali, come sono rispettati da tutti i popoli. Senza dubbio sono militarmente un popolo estremamente rispettato. Fate che noi non ci comportiamo più da imbecilli in Europa coll'intervenire sempre in guerra (…) restiamo in pace cinquant'anni, ed essi apprezzeranno la nostra fierezza, guarderanno alle nostre glorie militari ». (Ivi, 4101).

228Ivi, p.4095. 229

Ivi, p.4096 Su questa considerazione di Calosso fu la voce del comunista Giancarlo Pajetta a imporsi e ad animare una discussione accesa, tra reciproche accuse di antipatriottismo che aveva palazzo Barberini come sfondo. Da una parte Calosso ricordò le dichiarazioni antitaliane di Vishinsky, all’epoca sottosegretario agli esteri sovietico, dall’altra Pajetta accusò Calosso di “insultare agli italiani.

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Patria nei settori dell'assistenza e della solidarietà che hanno comuni i rischi e i dolori, ma senza il triste onere di portare le armi fratricide. La guerra si combatte negandola e disonorandola.

Gli obiettori di coscienza costituiscono la pattuglia avanzata della nuova umanità che si ostina a credere nella maestà della vita contro tutte le forze che tendono a degradarla.231

Nei giorni successivi del dibattimento, mentre le parole di Calosso furono ampiamente menzionate e replicate, quelle di Caporali passarono inosservate. Il suo emendamento ricevette solo la laconica replica di prassi del relatore Merlin che motivò il rigetto con l'assenza in Italia di« una setta di obiettori di coscienza, come quella che esiste in Inghilterra per coloro che non vogliono portare le armi»232. L’inclusione nello Statuto uno scrupolo di coscienza inesitente, di cui« già le nostre leggi ne tengono conto per i sacerdoti», avrebbe invece potuto avere conseguenze «assai pericolose» concludeva in maniera allusiva Merlin. La risposta, al pari dell’assenza di reazioni, era il segno di un sguardo quasi primitivo nei confronti della questione. Paolo Rossi, compagno di partito di Caporali, intese l’incomprensione ed intervenne a sostegno dell'emendamento. Anche in questo intervento, tuttavia l'orizzonte implicito non poteva essere l’Italia, ma l’Inghilterra:

Volevo dire che l'onorevole Caporali avrà almeno un soldato, che sono io, nel votare questo emendamento. Mi pare che l'onorevole Relatore non abbia capito in pieno l'enorme importanza dell'argomento quando lo ha sottovalutato come una questione che possa interessare soltanto alcune sette ignorate nel nostro Paese come quella dei quaccheri. Basta che egli abbia la bontà di rileggere le discussioni antiche e recenti che si sono svolte su questo argomento nel Parlamento inglese, e che una volta di più hanno riaffermato il diritto degli obiettori di coscienza, per vedere che proprio in questa materia si era giunti, in un paese civile e di antiche tradizioni parlamentari, all'apice dell'eticità. Né si dica che l'obiezione di coscienza apre una comoda porta alla codardia. Soprattutto nella guerra moderna sono concepibili impieghi militari difensivi altrettanto rischiosi, se non ancor più rischiosi dell'impugnare le armi. Basta pensare ai servizi di addestramento antigas, ai servizi antiaerei, per vedere che un uomo, al quale per ragioni di alta coscienza ripugni di portare le armi contro il prossimo, può ugualmente, e con maggior nobiltà, morire per il proprio Paese233.

Molto più interno a un pacifismo tradizionale e generico fu il breve discorso a sostegno del proprio emendamento di Arrigo Cairo. Egli non toccava nuove questioni come avevano fatto tanto Calosso quanto Caporali, ma motivava la proposta con i sentimenti di un mondo «stanco di guerre» nel quale non poteva più valere il «vieto sofisma che sta a fondamento ed a giustificazione, errata ed artificiosa, di tutte le guerre di aggressione: Si vis pacem para bellum». La retorica della guerra aveva ormai «esulcerata» l’Italia con «un complesso di ferite e di sciagure senza nome»: una sincera volonà di pace poteva essere perseguita «solo abolendo quello strumento della guerra che è l'esercito»234.

4.2.2. Esercito e democrazia.

La posizione pacifista era in realtà troppo isolata e confinata nella geografia parlamentare, per creare un reale controcanto al consenso trasversale ai partiti di cui la coscrizione obbligatoria godeva in assemblea.

Alla leva era attribuita una duplice finalità: una prevalentemente militare, pur se non priva di risvolti ideali, posti in antitesi all’espansionismo fascista, racchiusi nel ripudio della guerra e nell’accentuazione del valore difensivo dell’esercito; una pedagogica-formativa per cui l’esercito andava considerato parte del sistema educativo del cittadino, sia nella formazione del carattere, sia nel rafforzamento dell’identità nazionale. Le subculture di riferimento sfaccettavano questo terreno condiviso. Si può forse individuare, assai schematicamente, negli interventi di deputati della Dc e delle destre qualunquiste e liberali una maggior presenza dei richiami risorgimentali e della retorica del sacrificio e del dovere verso la patria, mentre l’universo marxista era più legato al mitologema

231Ivi, seduta 20 maggio 1947, p.4105. 232Ici, seduta 22 maggio 1947, p. 4182. 233Ivi, seduta 22 maggio 1947, pp.4186-4187. 234

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della “nazione armata” in una chiave di classe, incentrato sul principio di difesa popolare della patria, proveniente dalla Rivoluzione francerse e rinnovato dalla Rivoluzione sovietica e dalla partecipazione alla Resistenza235. Tuttavia i confini non erano netti e i topoi caratterizzanti transitavano da una parte all’altra dell’emiciclo, nela quale la connessione tra il contributo di ogni cittadino alla difesa del proprio Paese e la conservazione, nella nuova democrazia, dell’esperienza della guerra di Liberazione trovava ancora un riconoscimento diffuso. Allo stesso modo anche se