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Silenzio, bando, controllo Le risposte politiche all’obiezione di coscienza

1. Il Partito comunista: un rumoroso silenzio

2.1. Inizio e fine di un dibattito difficile

Rispetto alla Francia, in Italia il pensiero cattolico sull’obiezione di coscienza era a uno stadio ancora più immaturo. In una lettura generalista abbastanza acritica, la presenza tra i sostenitori, di ex-preti come Pioli, o di fautori di una riforma religiosa anticattolica come Capitini, corroboravano l’attribuzione dell’obiezione di coscienza al credo protestante, in un periodo in cui l’anticomunismo si accompagnava ad una fobia per ogni proselitismo di altre confessioni621. La cosa fu avvertita dai difensori dell’odc che cercarono di separare immediatamente il movimento di religione dalla campagna per il riconoscimento622.

617 Per quanto lontano nel tempo, si può mettere in relazione questo intervento con quello dell’allora nunzio in Germania. Nel 1934, incontrando il plenipotenziario tedesco del Terzo Reich con cui doveva discutere il Concordato, Pacelli si era detto «straordinariamente infastidito» dalle espressioni pacifiste di un prete tedesco sulla posizione che il cristiano avrebbe dovuto tenere davanti al servizio militare, e aveva affermato «che il membro di ogni Stato aveva il dovere di prestare servizio militare con le armi alla propria patria in una guerra giusta, e che la ricerca se la guerra fosse giusta o no non poteva essere faccenda del singolo cittadino» (G. Miccoli, I dilemmi e i silenzi di Pio XII, Milano, Rizzoli, 2000, pp. 177-178).

618 Un esempio fu il richiamo che subì Monsignor Ancel, vescovo di Lione, per aver definito criminale qualsiasi guerra preventiva (Peace News, 11 gennaio 1952, n.1).

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E. Putz, Franz Jaegerstatter. Un contadino contro Hitler, Piacenza, Berti, 2000.

620 G. Miccoli, Pio XII e la guerra, cit., p.412.La dichiarazione riprendeva, pedissequamente, le parole di una risoluzione del Comité archiepiscopal de l’Action catholique francaise del 1933 (Ivi, p. 401).

621 Va tuttavia rilevato che l’obiezione di coscienza aveva incontrato un ampio favore nei paesi protestanti, ma aveva origine nelle comunità dissidenti. Né Zwingli, né Lutero, né Calvino mai l’avevano sostenuta. Nessuno dei molti teologi che attribuirono l’obiezione di coscienza all’area protestante, Messineo e Felice Battaglia su tutti, ne indagarono mai le matrici reali in sede dottrinale, trattando il protestantesimo attraverso un processo di semplificazione per cui la qualifica di protestante valeva per qualsiasi culto cristiano che avesse una matrice anglosassone. Non era una sufficienza propria solo della teologia cattolica. La stessa superficialità la si ritrova in Giuseppe Petronio che su «L’Avanti» considerava gli obiettori di coscienza «schietta espressione della società protestante anglosassone» che si andava «estendendo anche alle nazioni in prevalenza cattoliche» (Id, Gli obiettori di coscienza, «Avanti», 5 novembre 1949).

622 In occasione del convegno, Segre rimproverò accoratamente Capitini per averlo organizzato temporalmente vicino a un congresso su “Riforma della Chiesa come istituzione” di cui il filosofo era sempre presidente, col risultato di «irritare i cattolici» e di permettere ai «critici malevoli», di «collegare le due cose e associarli entrambi in funzione anticattolica. L’informazione era arrivata a Segre da Pioli. A questo motivo l’avvocato attribuì la mancata presenza di Giordani ed espresse il timore che «l’errore di tattica» avrebbe nociuto alla futura discussione del progetto Calosso. Sono mancanti le risposte di Capitini, tuttavia dalle lettere successive sembra che Capitini avesse coscienza del

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In secondo luogo il pacifismo degli obiettori era visto come nemico della pace autentica, la pace cristiana, che la minaccia comunista metteva in pericolo. La percezione si acuì negli anni più tesi della guerra fredda che coincisero con il periodo in cui l’odc cominciò a prendere piede.

Tuttavia, in un primo circoscritto momento, si assistette all’emergere di un confronto abbastanza libero che evidenziò la presenza spontanea di sensibilità diverse anche nel cattolicesimo italiano. Già nel 1947 nelle citate Institutiones iuris pubblici ecclesiastici Alfredo Ottaviani aveva recuperato il pensiero tradizionale di matrice ottocentesca di ostilità alla leva obbligatoria, affermando che la coscrizione militare costituiva una delle condizioni che rendevano la guerra moderna tanto disastrosa. L’intervento non passò inosservato, soprattutto presso il più recettivo clero francese. Ma fu il caso Pinna ad avviare le prime timide aperture sul tema dell’odc in parti del mondo cattolico. Qualche giorno dopo il processo, l’organo più vicino alla Santa Sede, l’«Osservatore Romano», rievocava «la più famosa obbiezione di coscienza che la storia registri»: quella che si svolse a Rimini in piazza dell’Arengo nel 1221 quando i terziari francescani avevano opposto all’invito di fedeltà che implicava l’impegno di impugnare le armi al comando degli organi dello Stato, «di non potere né combattere, né impugnare le armi, sia di offesa che di difesa»623. Ancora nel novembre del 1949, in seguito al discorso del papa ai giuristi cattolici «L’Osservatore Romano» attribuiva al cristianesimo le radici morali dell’odc, con l’obiettivo esplicito di sottrarle all’anarchismo: «l’obbiezione è un istituto giuridico, ammesso in codici e paesi d’Europa e d’America, che non possono essere definiti anarchici. L’obbiezione ha nella storia giuridica origini italiane e francescane, essendo stata praticata dal Terz’ordine nel secolo XIII»624

. Sempre nei giorni precedenti il primo processo Pinna su «L’Incontro» era stato ospitato uno scritto di Mons. Carlo Pettenuzzo, docente dell’Istituto Internazionale Salesiano don Bosco di Torino che definiva il cristianesimo come «il più grande obiettore di coscienza» come dimostrava nei paesi comunisti il comportamento dei cattolici che «rifiutano di obbedire a certe leggi evidentemente ingiuste». Il servizio militare obbligatorio appariva al sacerdote «schiavitù barbara»: in una «democrazia ordinata (speriamo nel governo mondiale)» si sarebbe dovuti giungere «all’abolizione totale del servizio militare obbligatorio in funzione bellica», limitandosi «all’addestramento di coloro che sono strettamente necessari per il servizio di polizia onde mantenere l’ordine pubblico: reclutamento libero e minimo. Il di più viene dal male (…) e conduce al male»625. Ancora nel giugno del 1950 venne attestata da molte cronache la presenza di un sacerdote in una manifestazione tenuta alla conclusione del processo, al tribunale di Palermo, dell’obiettore Barbani. Si puà infine citare la testimonianza di Jean Goss che, in occasione del convegno sull’obiezione di coscienza del 1950, ricordò alcuni colloqui privati con Cordovani e Ottaviani nei quali aveva ricevuto un’approvazione dell’obiezione di coscienza in caso di guerra aggressiva626.

Anche se occasionalmente nei primi mesi, alcuni giornali cattolici aprirono le proprie pagine a momenti di riflessione o a veri e propri dibattiti. Uno dei confronti più interessanti fu quello che contrappose Felice Battaglia e Umberto Calosso sulle pagine di «Idea», foglio culturale diretto da monsignor Pietro Barbieri e legato alla tradizione ex-popolare e alla cultura liberale inglese e

problema e portasse giustificazioni convincenti (Lettera di Bruno Segre ad Aldo Capitini, Torino, 15 novembre 1950 in AS, FC, b.1533).

623 «L’Osservatore Romano», 11 settembre 1949.

624 Ivi, 26 novembre 1949. La preoccupazione del papa era rivolta in realtà alla possibile introduzione di una legge sul divorzio, rispetto alla quale ventilava la possibilità di un’ “obiezione di coscienza” da parte del magistrato.

625 Don Carlo Pettenuzzo, Piena solidarietà dei veri cristiani, «L’Incontro», settembre 1949. Tuttavia nel considerare le posizione della Chiesa la sua posizione si faceva più sfumata, poiché la Chiesa non poteva « mutare di colpo nessun ordinamento sociale per quanto ingiusto sia, senza pericolo di sanguinose rivolte e repressioni»: «la Chiesa inculca l’obbedienza e il rispetto alle leggi dello stato fino a quando queste leggi non siano state evidentemente ingiuste, illecite e immorali: dato il presente ordinamento sociale, non si può dimostrare che la legge del servizio militare obbligatorio sia, per quanto barbara, evidentemente ingiusta, illecita e immorale, perché essa si giustifica con la scusa della legittima difesa e del premunirsi contro possibili attacchi ingiusti. Il Cristiano singolo, privato, può anche subire l’ingiustizia senza ribellarsi e senza difendersi; ma l’autorità non può fare questo; deve difendersi e premunirsi».

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americana. Oggetto della contesa furono le basi teologiche dell’obiezione di coscienza e la sua natura inquadrata nel rapporto tra religione e potere politico. L’approccio teologico di Battaglia costruiva attorno all’illegittimità dell’obiezione di coscienza per la dottrina cattolica un muro di gomma, costitito da assunti e postulati, volti a dimostrarne la natura protestante provata dal fatto che ripristinava quel dualismo tra Stato e Chiesa che la teologia cattolica aveva sanato. Spettava al laico Calosso, rivendicare per la Chiesa l’autonomia di giudizio rispetto allo Stato627

. Al dibattito si aggiunsero anche il gesuita Messineo e Igino Giordani628.

Approfondimenti del rapporto tra odc e Vangelo furono dedicati anche dalla domenicana «Vita sociale» che si aprì anche a contributi di teologi stranieri. Al principio del 1950 veniva pubblicata una nota sull’obiezione di coscienza diffusa dal Centre d’information catholiques che simpatizzava con gli odc, pur se la premessa giustificava il fatto con lo scrupolo di fornire un’obiettiva informazione sul trattamento dell’obiezione di coscienza nei vari paesi del mondo629

.

Al di là di queste timide aperture, il mondo cattolico manifestò più diffusamente un sostanziale ritardo nell’elaborazione di un tema nuovo, spesso riparato da un uso strumentale della teologia. Era il caso per esempio de «L’Ora dell’azione» che combatté l’assolutezza del quinto comandamento con il primo630 o della francescana «Luce serafica» che partendo da un’analisi che si atteggiava a erudizione scendeva nella polemica più gretta trattando gli obiettori come «gente che di coscienza non ne han mai avuto; o non han mai capiti i categorici comandi. Una volta si chiamavano “imboscati” e si era più chiari»631. Anche il mondo giovanile ufficiale dell’Azione Cattolica gravitante attorno alla rivista «Gioventù», si attenne alle interpretazioni più rigide, manifestando con le sue prese di posizione la «subordinazione dei giovani cattolici alle autorità costituite» e la «piena integrazione patriottica»632. L’articolo di Nicola Badano sul caso Pinna, attribuiva la risonanza ad una mai esistita mobilitazione comunista e accusava l’obiezione di coscienza di «assurdo individualismo» in una società in cui tutti erano chiamati a svolgere un servizio633. Si notino nel caso le assonanze con le accuse provenienti dall’ambito marxista. Tuttavia, segno di un mondo cattolico in cui covavano sottotraccia fermenti nuovi, l’articolo fu seguito da proteste da parte di alcuni lettori più sensibili che costrinsero il giornalista a tornare su un argomento ritenuto «insignificante e già risolto»634, dove spingeva il sostegno dell’«irresponsabilità morale» del cristiano che uccide in guerra fino a invocare il fragore della battaglia dell’Antico Testamento quale segno di «predilezione divina», facendo delle guerre del popolo ebraico, la figura del confronto in atto con l’Unione Sovietica.

A chiudere l’embrionale confronto dialettico intervenne la presa di posizione dell’ “ufficiosa” «Civiltà Cattolica» che tramite di padre Antonio Messineo nel febbraio 1950 dedicò al tema otto decisive pagine. La fortuna di questo articolo fu ampia. A chi contrastava la pertinenza dell’odc rispetto ai principi evangelici il gesuita forniva un preciso arsenale ideologico che continuò ad essere ritenuto fonte ufficiale della Chiesa negli stessi tribunali, almeno fino al Concilio Vaticano II635. Al di là di certe sottigliezze linguistiche, come la contrapposizione tra militarismo e servizio

627 F. Battaglia, Obiezioe di coscienza, 23 Ottobre 1949; U. Calosso, Date a Cesare, ivi, 18 dicembre 1949; F. Battaglia,

Non occorre una legge per mettere Pinna in Sanità, ivi, 24-1-1950.

628 A. Messineo, Dio e Cesare vanno d’accordo, Ivi, 5 marzo 1950, I.Giordani, Quinto non ammazzare, Ivi, 19 marzo 1950.

629 L’obiezione di coscienza in «Vita sociale», 7, 1, 1950, pp.15-23.

630 L’articolo è citato a chusura dell’articolo Catechismo e obiettori di coscienza, «La Via», 25 marzo 1950. 631

A. Ciappetta, «Luce serafica», marzo 1950. 632 G. Vecchio, Pacifisti e obiettori, cit., p. 154.

633 N.Badano, Il “caso” dell’obbiettore di coscienza, in «Gioventù», 30 Ottobre 1949 in G. Vecchio, Pacifisti e

obiettori, cit. p.155.

634 N. Badano, L’obiezione è una cosa seria, Ivi, 11 dicembre 1949; ID. Chiudiamo sull’obiezione, Ivi, 18 dicembre 1949.

635 Vassalli, che difese Pinna al processo di appello raccontò a Segre come il P.M. generale Olivieri discusse la causa con l’articolo di Messineo alla mano (Lettera di Bruno Segre ad Aldo Capitini, Torino, 3 marzo 1951 in AS, FC,

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militare, l’intervento del gesuita si articolava lungo tre direzioni. La prima preoccupazione di Messineo fu fi dimostrare che non era lecito appoggiarsi al Vangelo e alla patristica per fornire motivazioni a sostegno dell’obiezione di coscienza, come era avvenuto nelle presentazioni delle proposte di legge italiane e francesi. Questa aveva origine solo nel soggettivismo protestante nato dalla riforma. Il precetto evangelico del «non uccidere» non aveva infatti annullato la legge naturale che impone a ogni uomo la difesa contro ogni ingiusta aggressione. Dal terreno teologico, l’analisi passava alla natura dello Stato che «svolgendo e concludendo sulla terra la sua missione, guarda ai beni temporali e non agli eterni, al bene della vita presente e non all’avvenire». Pertanto la coscrizione militare obbligatoria, non poteva essere rigettata in una situazione in cui il suo rifiuto metteva in pericolo la tutela del «sacro diritto dello stato» alla sua indipendenza. Veniva infine contestata la capacità di giudizio della coscienza singola, incapace di riconoscere la verità e il bene: se l’obiezione a una legge ingiusta era sempre lecita, la decisione in materia non poteva essere lasciata alla libera scelta dell’individuo, senza determinare la dissoluzione della vita associata636. L’articolo si chiudeva con un appello ai deputati democristiani di compiere il loro dovere respingendo la proposta di legge Calosso-Giordani.

Messineo sarebbe ritornato ulteriormente sul soggettivismo morale dei cattolici moderni, «mossi da fallaci idee umanitarie e confortati da un generoso sentimentalismo» che stava alla base dell’obiezione di coscienza. Questa faceva venire meno le due condizioni che sono necessarie a mantenere l’ordine: la certezza e non equivocità della norma comune e la subordinazione della libertà al bene collettivo. Messineo spingeva il pericolo del criterio soggettivo, fino all’artificioso paradosso del «cannibale e del ladro», asserendo che la sua ammissione non permettesse più la possibilità di restringerne l’applicazione. «Se si avverasse il caso che un individuo abbia la coscienza soggettiva certa e imperturbata di poter far banchetto con le carni del suo prossimo (…) si dovrebbe lasciargli libertà d’azione (…) Noi vorremmo domandare ai sostenitori dei diritti della coscienza soggettiva che cosa risponderebbero a un amico , che si presentasse a casa loro e li invitasse ad uscire perché ha la certezza soggettiva che quella casa gli appartenga»637.

Proprio il contesto gesuitico restituisce in maniera più netta la distanza tra il mondo cattolico italiano e quello francese. Quasi contemporaneamente il gesuita De Soras pubblicava sulla «Revue de l’Action popolaire». un articolo in cui affermava che lo status di «profeta di dolcezza in piena battaglia umana» riconosciuto dalla Chiesa ai suoi sacerdoti era lo stesso rivendicato dagli obiettori. Un altro gesuita, Lorson, in un libro uscito poco dopo con l’imprimatur della Compagnia e della diocesi parigina, pur giustificando il cristiano che avesse preso le armi contro un’aggressione comunista, riteneva che lo stato fosse tenuto a regolamentare la situazione di coloro che in assenza di conflitto difensivo non erano disposti a servire nell’esercito, in quanto il loro gesto era una testimonianza a favore della pace di altissimo valore638.

Rispetto ad altri articoli, l’importanza della rivista generò una serie di repliche dei fautori dell’odc. Giovanni Pioli scrisse un piccolo pamphlet intitolato I cattolici e l’obiezione di coscienza allarmato del fatto «che un maestro di etica, in una Università Cattolica, trovi così arduo di ammettere la pratica della obbiezione di coscienza alla guerra moderna, da arrivare ad attribuire la severa qualifica di “disertori”a tutti coloro, senza distinzione che ripudiano la colossale calamità della guerra»639. Pioli si preoccupava di confutare punto per punto i riferimenti teologici portati da Messineo, passando in rassegna gli scritti dei padri della Chiesa e dei mistici a partire da San Francesco d’Assisi, per dimostrare l’uso strumentale delle citazioni al di fuori del pensiero globale degli autori. La conseguenza logica era che «Civiltà Cattolica» non rappresentAVA il cattolicismo:

b.1533). Ma ancora nel processo di condanna di padre Balducci nel 1963 il testo di «Civiltà Cattolica» era ancora citato come dimostrazione che l’obiezione di coscienza era contraria alla dottrina cattolica.

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A. Messineo, L’obiezione di coscienza, in «La civiltà cattolica», 101, 1, 1950, pp.361-369.

637 Id., La coscienza soggettiva e la vita sociale, Ivi, 27 maggio 1950; Soggettivismo e libertà religiosa, III, pp. 3 e ss. 638 A. De Soras, Le problème de l’obiection de coscience, in «Revue de l’Action Populaire 39 (1950)»; P. Lorson, Un

chretien peut-il etre objecteur de con science? Paris, Editions du Seuil, 1950 Ivi, pp.183-184.

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«e abbiamo ragione per dubitare che essa rappresenti adeguatamente, in questa sua campagna in favore della guerra moderna “giusta e difensiva” di sterminio, la stessa Compagnia di Gesù, nella quale non mancano tradizioni anticesariste»640. L’articolo di Pioli passò quasi inosservato in Italia, ma fu pubblicato dal Catholic Worker di New York.

Anche «L’Incontro» affidò una replica alla penna di Guido Ceronetti che evidenziò come Messineo avesse glissato sul fatto che «per qualunque Stato in guerra (…) è ingiusta soltanto la guerra degli altri». A dimostrazione di questo faceva un elenco sommario dei paesi contro i quali l’Italia «nel breve volgere di un cinquantennio aveva portato le armi» Soltanto la «Resistenza al tedesco invasore dopo l’8 settembre 1943» aveva segnato di fatto «il passaggio dell’Italia ad una fase di guerra “difensiva” confortata da profonde ragioni ideali»641

. Pertanto anche se «un popolo trascinato in una guerra totalitaria di aggressione» fosse riuscito ad avvedersi «contro tutte le deformazioni propagandistiche dello Stato» che la guerra a cui si vuole costringerlo è ingiusta», «lo Stato» avrebbe colpito «spietatamente i ribelli alla sua legge». Per impedire una «tale aberrazione», l’unica strada possibile era «limitare il diritto dello Stato di giudicare per tutti se la guerra è o non degna di essere combattuta». Ceronetti rilevava inoltre l’eco «del fondamentale e insuperabile pessimismo cristiano» presente nel disprezzo del gesuita per le «fallaci idee umanitarie e pacifiste» su cui però si innestava «una volgarità di concetti non risolubili nella pura sfera spirituale»642. Ricordava infine il privilegio accordato ai sacerdoti ignorato dal gesuita, che stabiliva una discriminazione tra laici e consacrati nella possibilità di «imitazione del Divino Agnello»: cosa avrebbe detto la «Civiltà Cattolica» «se un giorno la norma legislativa che esime da tale prestazione i sacerdoti cattolici venisse, per un improvviso arbitrio abrogata»?643.

Ma erano queste tutte voci estranee al mondo cattolico. Da questo, l’unica che si levò, fu quella di Igino Giordani su «La Via». Egli cercò di focalizzare la centralità evangelica dell’obiezione di coscienza nel rapporto col mondo oggi. Qualsiasi considerazione non poteva essere separata dalla minaccia di sterminio rappresentata concretamente della bomba a idrogeno. I discorsi di Messineo potevano essere validi nel «mondo astratto» della dottrina, ma erano anacronistici per la realtà quotidiana. Come aveva fatto anche Pioli, Giordani aveva evidenziato il contrasto tra le posizioni di Messineo e la tradizionale critica di Taparelli d’Azeglio, fondatore della rivista, «al cesarismo montante» che si celava dietro il servizio militare obbligatorio. La divisione tra guerra giusta e ingiusta era fuori, oltre che dalla situazione storica attuale, dallo stesso Vangelo, nel quale la difesa della «più giusta delle cause» quella di Cristo, «aggredito dalla marmaglia del Sinedrio», era stata condannata dallo stesso Gesù che aveva annullato l’effetto dell’assalto e di Pietro e sentenziato che «chi di spada ferisce di spada perisce»644. Anche focalizzandosi sull’aspetto meramente legislativo, era sufficiente guardarsi intorno per constatare come la normalizzazione legale degli obiettori di coscienza fosse avvenuta in tanti paesi civili, e potesse dunque andar bene anche per l’Italia, nonostante proprio «i monopolizzatori di patriottismo la chiamino “maestra di mariuoleria”». Nei numeri successivi «La Via» si aprì a svariati contributi, per mostrare come il dibattito procedesse in

640 Pioli si riferiva in particolare al De bonitate et malitia actuum di Suarez, nel quale si ammetteva che «se il soldato