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Non uccidere: la nonviolenza evangelica di Giordani e Mazzolar

Silenzio, bando, controllo Le risposte politiche all’obiezione di coscienza

1. Il Partito comunista: un rumoroso silenzio

2.2. Non uccidere: la nonviolenza evangelica di Giordani e Mazzolar

La voce di Giordani rimase ancora per qualche mese solitaria nell’ambito cattolico. Vi si sarebbe aggiunta qualche mese dopo quella di un sacerdote, don Primo Mazzolari, che incominciò a interessarsi alla questione dal suo piccolo osservatorio di Bozzolo, quando ormai il dibattito andava scemando. Pur se maturate autonomamente, la spiritualità di Igino Giordani e don Primo Mazzolari, possono essere lette in parallelo per certe consonanze presenti nella loro ricerca religiosa, nei loro profili biografici, nell’esperienza comune d’incomprensione legati a loro volta da un profondo legame di amicizia646. Entrambi approdarono ad un pacifismo radicale attraverso un lungo percorso personale cominciato con l’esperienza della prima guerra mondiale, alla quale avevano partecipato (Mazzolari fu cappellano militare, Giordani fu decorato di guerra per una ferita alla gamba). Entrambi diedero corpo alle loro idee in due fogli «La Via» e «Adesso», nati quasi contemporaneamente nel 1949, che furono qualcosa di più di pagine a cui affidare la diffusione delle loro idee, ma un’opera editoriale che incarnava lo spirito dei loro creatori. Entrambi coniugarono nelle loro riflessioni la volontà di muovere «guerra alla guerra», con un imperativo non meno urgente di portare avanti una «guerra alla miseria»647. Per entrambi, infine la pace acquisì un senso di urgenza a partire dalla propria lettura cristiana della realtà, nella quale constatavano amaramente l’incapacità del mondo cattolico di trovare una via evangelica per perseguirla, alternativa allo schema bipolare. scriveva su «La Via» Giordani in occasione della discussione parlamentare sul Patto Atlantico.

L’obiezione di coscienza entrò (e uscì) dalle loro riflessioni in tempi diversi. Il deputato, già in un articolo su «Il Quotidiano» del 1945, di cui era direttore, aveva contestato il diritto dei governanti di mandare al macello i propri cittadini e aveva avanzato il tema di una generale obiezione di coscienza, ricevendo il plauso di Sturzo648. Quando il caso Pinna scoppiò egli aggiunse un’azione per il riconoscimento dell’ impegno che stava conducendo sulla pace. Come Calosso anch’egli

645 Il 25 marzo pubblicava col titolo Catechismo e obiettori di coscienza un articolo apparso su «La Vie intellectuelle» di gennaio del teologo domenicano francese Lelong («La Via», n. 12, II). Due mesi dopo sotto il titolo Teologia degli

obiettori di coscienza, riportava «una collazione americana di pensieri di teologi cattolici» (tra cui diversi pontefici) sui

temi «coscienza e obbedienza», «condizioni per una guerra giusta», « metodi di guerra oggi» «la strage degli innocenti» con l’obiettivo di rispondere «agli spensierati e sontuosissimi sbrindellatori di morale cristiana ai quali pare che quando Dio intimò: - Non ammazzare! – parlasse come uno che non sapeva quel che dicesse e perciò Lo rettificano e Lo rimenano al…retto pensiero» («La Via», 27 maggio 1950, n.21, II).

646 I Giordani, Memorie di un cristiano ingenuo, Roma, Città Nuova, 1981, p.153. Il carteggio tra Giordani e Mazzolari è pubblicato in L. Bedeschi, L’ultima battaglia di don Mazzolari. Adesso 1949-1959, Brescia, Morcelliana, 1990, pp.133-147. Per un approfondimento della figura di Igino Giordani si rimanda a M. Casella, Igino Giordani. La pace

comincia da noi, Roma Edizioni Studium, 1990 che presenta un corposo apparato bibliografico alle pp. 247 e ss. La

bibliografia su Primo Mazzolari è vastissima: poche altre figure della storia religiosa del Novecento hanno attirato in maniera tanto consistente l’attenzione degli studiosi. Un percorso della vastissima bibliografica è tracciato da P. Tronfini in AA.VV. Primo Mazzolari. Il vangelo con i poveri, Bozzolo, Fondazione don Primo Mazzolari, 2009. Il prospetto bibliografico più aggiornato si trova in M. Maraviglia, Don primo Mazzolari con Dio e con il mondo, Torino, ed Qiqajon, 2010, pp. 201-206. Andrebbe tuttavia aggiunto almeno lo studio di G. Campanini, Un uomo nella chiesa.

Don Primo Mazzolari, Brescia, Morcelliana, 2011.

647 Giordani pose la «guerra alla miseria» al primo punto di un programma proposto alla Dc e al Consiglio Nazionale su «La Via» del 6 gennaio 1951. Sul punto si veda anche la risposta data a Stefano Jacini (I. Giordani, Risposta a Stefano

Jacini, in «La Via», 20 gennaio 1951 in M. Casella, Igino Giordani, cit. pp. 120-122). In Mazzolari la questione è

costantemente ripresa dagli articoli di «Adesso» ed è uno dei punti centrali di «Tu non uccidere».

648 I. Giordani, Guerra alla guerra, in «Il Quotidiano» 9 novembre 1945, Cfr. anche I. Giordani-L.Sturzo, Un ponte tra

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poteva portare alla causa contro la «valanga spacconica» che sarebbe arrivata da destra649, una biografia personale i cui caratteri erano antitetici a quelli di un obiettore ( ufficiale, mutilato di guerra, decorato di medaglia d’argento al valore militare e di croce di guerra). Avendola veduta, poteva portare alle motivazioni ideali di chi rifiutava il servizio militare la propria sperimentazione sulla linea del fronte della guerra moderna, quale «liturgia della morte»650, «inutile strage»651 che «reca tali e tante rovine» da non poter trovare alcuna giustificazione. Bastava d’altronde dare uno sguardo alla storia per trovare le prove dell’incapacità di risolvere i problemi: «la vittoriosa liberazione di Trento e Trieste» aveva portato il fascismo «che diede a Trieste e a Trento, come a tutte le province d’Italia un più duro servaggio» e «un dissesto economico che non si riuscì a riparare fin quando scoppiò la seconda guerra». La seconda guerra mondiale procurò «una catastrofe tuttora continuata nei milioni di disoccupati, di cavernicoli, di disoccupati». Su questa base si potevano immaginare gli scenari delle guerre future: la terza avrebbe avuto le conseguenze preconizzate da Einstein: «distruzione sin dell’agricoltura, atossicazione sin dell’aria». La quarta infine si sarebbe combattuta «con le fionde e le frecce»652. Di fronte ai possibili mondi apocalittici, il gesto di Pinna apparve a Giordani l’«indizio d’una riscossa della coscienza cristiana contro la follia atomica», poiché la restituiva alla razionalità logica della morale evangelica che «mette avanti (…) quel comandamento che intima: - Non ammazzare». Sull’obiezione di coscienza, si giocava una battaglia cardinale per la stessa cristianità: «Se lo Stato ha il diritto di imporre l’omicidio manu militari anche ai cristiani, anche in guerre di conquista, domani (anzi oggi) può accampare anche la pretesa d’imporre loro un’Azione Cattolica, un episcopato, un clero, un insegnamento non approvati da Roma. Vedi Cecoslovacchia, Ungheria, Romania. (…) Rifiutarsi al male è un dovere di coscienza»653. Semmai i cattolici avrebbero dovuto cominciare «a considerare se, più che una crociata contro gli obiettori di coscienza (…) non convenga promuovere una crociata della pace» non lasciandosi superare dal «grandioso movimento pacifista» che i comunisti avevano saputo suscitare, né dai protestanti, «i quali hanno indetto un apposito congresso a Detroit»654. Era un paradosso che «il mondo cristiano, con il vangelo in mano, la Chiesa in mezzo ed il Papa in testa» non avesse saputo suscitare «sulle tombe e le macerie una travolgente coscienza di rivoluzione pacifica»655. Al contrario, la difesa inconsiderata dell’obbligo indiscriminato di uccidere faceva alla religione «un servizio ben più rovinoso che la propaganda ateistica»656.

Da un’analoga tormentosa inquietudine su «cosa possono fare i cristiani per impedire la guerra»657 in modo da non lasciare i Partigiani della Pace unici testimoni «davanti alla povera gente, la quale ha fame di pace come ha fame di giustizia»658 nacque la riflessione sul tema di don Primo Mazzolari che coinvolse anche il rifiuto del servizio militare.

In una storia dell’obiezione di coscienza il pensiero di don Primo Mazzolari appare un capitolo a parte, difficile da inquadrare. Ha una propria genesi e sviluppo, che risponde ad una periodizzazione del tutto autonoma. Il continuo sforzo del sacerdote di meditare sul dato presente e di rapportarlo a

649 Giordani ricostruì nelle sue memorie il ricordo del momento in cui presentò la proposta di legge in aula e che il presidente Gronchi cercò di togliergli la parola prima dei dieci minuti regolamentari per timore che ci fosse un’esplosione tra democristiani. ID, Memorie di un cristiano ingenuo, cit. pp.125-127.

650 «Il Quotidiano», 25 dicembre 1945.

651 I. Giordani, Bomba a idrogeno e obiezione di coscienza, in «La Via», 11 marzo 1950. Già in occasione della presentazione della proposta di legge aveva spiegato il suo punto di vista in Gli obiettori di coscienza, io li vedo così in «L’Avvenire d’Italia», 3 dicembre 1949.

652

Ibidem. 653 Ibidem.

654 Teologia degli obiettori di coscienza, in «La Via» cit. 655

I Giordani, Patto Atlantico in «La Via», 19 marzo 1949. Si veda anche il discorso tenuto alla Camera in occasione della discussione del Patto Atlantico (AP, Camera, Discussioni, 16 marzo 1949, pp. 6956-6963).

656 Teologia degli obiettori di coscienza, in «La Via» cit.

657 Adesso o mai più. Lo sforzo cristiano per salvare la pace in «Adesso» 15 settembre 1950. 658

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Cristo, si relazionò con l’angolo periferico da cui guardò il mondo659. All’obiezione di coscienza Mazzolari approdò al termine di un percorso personale lungo quasi quanto la sua vita, che passò attraverso una serie di cesure. Campanini ne individua: il passaggio dall’interventismo democratico degli anni 1914-15 a un primo rifiuto della guerra che si manifesta pur se in maniera non sempre lineare tra gli anni Venti e Trenta; la legittimazione della resistenza al fascismo che vedeva la guerra come «male talvolta necessario»; il superamento di questa visione attraverso un pacifismo radicale, che considerava la guerra, anche difensiva come antitesi dell’umanità660.

Mazzolari non venne invece influenzato quasi per nulla dai dibattiti suscitati dai primi casi di obiezione e semmai più da quanto avvenne in Francia che da quanto accadeva in Italia. Cominciò a occuparsi della questione solo alla fine del 1950, nei mesi più cupi del conflitto coreano, quando il tema aveva perso gran parte del suo slancio. Le sue riflessioni furono tutte incentrate sull’aspetto ideale, ma non indugiarono mai sull’aspetto politico del riconoscimento. La questione militare rimase del tutto marginale rispetto all’atto testimoniale offerto dall’obiettore in favore della pace. Mai i suoi interventi alludevano a singoli casi o ai relativi processi, né si trovano nei suoi scritti riferimenti a proposte legislative661. Nello stesso tempo i rapporti tra il movimento pacifista che ruotava attorno a Capitini e il sacerdote di Bozzolo furono sporadici, talvolta freddi662. Pare anzi a tratti che il sacerdote preferisse interfacciarsi con la dimensione massiva dei Partigiani della Pace663, che con l’approccio più elitario e culturale di Capitini. Tuttavia le assonanze tra le due figure non mancano: come il filosofo anche Mazzolari tentò di chiamare a raccolta il mondo cristiano più avanzato attorno al tema della pace, attraverso un convegno delle Avanguardie cristiane. Inoltre la figura dell’avanguardia, che Mazzolari mutuava dalla filosofia mouneriana664

, fornendole un ruolo centrale nella sua riflessione, aveva diversi punti in comune col «persuaso» capitiniano: entrambi i paradigmi assumevano un rilievo meta-politico, che si situava al di là della valutazione contingente del singolo evento o del singolo conflitto, volgendosi alla direzione che l’umanità avrebbe dovuto intraprendere. Si può infine rilevare la precocità con cui entrambi avviarono la propria meditazione sull’obiezione di coscienza, tanto che i loro testi possono ritenersi il punto di partenza della riflessione laica e cattolica sull’odc in Italia. Il sacerdote trattò per la prima volta il tema in risposta ad un giovane, Giancarlo Dupuis, che lo aveva interrogato, sull’«agnosticismo» manifestato nei confronti della guerra dalla Chiesa «che incoraggia i suoi figli a fare il loro dovere (tutti indistintamente a qualunque popolo appartengano), quindi a muovere gli uni contro gli altri, mentre collettivamente essa non manca di ammonire, senza tuttavia nettamente imporsi con un giudizio»665.

659 Lorenzo Bedeschi raccontando « una delle poche volte che ci riuscì trascinarlo ad un convegno di scrittori nel 1955 a Palermo dove si dibatteva il tema Cultura e libertà» ricordava la premessa di Mazzolari nella quale, forse con un eccesso di patetismo appositamente voluto, dava di sé la rappresentazione di un «mezzo selvatico» che «da trent’anni» vive «in solitudine, con pochi libri e rare occasioni di parlare con persone istruite», né sa «fare complimenti, (…) sorridere, (…) applaudire. O piangere di dentro e, spesso, anche di fuori». P. Mazzolari, La chiesa, il fascismo, la

guerra cit., p.22.

660

G. Campanini, Un uomo nella Chiesa don Primo Mazzolari, cit., p. 130.

661 Cfr. M. Maraviglia, Primo Mazzolari nella storia del Novecento, Roma, Edizioni Studium, 2000, pp. 70 e ss.

662 Nel 1952 Capitini aveva tentato di coinvolgere il sacerdote in un progetto storiografico-testimoniale intitolato Perché

abbiamo contrastato il fascismo da proporre ai giovanissimi d’Italia cresciuti nella nuova stagione dello scontro

bipolare. Mazzolari non ne fu entusiasmato e declinò la proposta. Tuttavia, quando nel 1954 Capitini recensì La parola

che non passa , la riflessione che si poneva criticamente di fronte ad alcuni temi sollevati dall’autore, fu preceduta da

parole profonde che vedevano nella figura di Mazzolari «l’apertura del profeta» (A. Capitini, Il Cristianesimo di Primo

Mazzolari, «Il Nuovo Corriere», 22 dicembre 1954).

663 Sul rapporto tra don Mazzolari e il Movimento dei Partigiani della Pace, Cfr. I. Granata, Don Mazzolari e il

Movimento dei Partigiani della Pace (1950-52) in «Il Risorgimento» (1993), pp. 29-54 e L.Bedeschi, Cattolici e comunisti. Dal socialismo cristiano ai cristiani maristi, Feltrinelli, Milano, 1975, pp. 183-194.

664 Il 7 gennaio 1951 Mazzolari chiamò a raccolta a riflettere sul tema della pace le Avanguardie Cristiane, cioè quelle esperienze che stavano manifestando una certa apertura sui temi sociali, come le riviste fiorentine «L’Ultima» e «Vita sociale», la genovese «Il Gallo», il cenacolo milanese della Corsia dei Servi, il Movimento Cristiano per la pace. L’obiettivo di mettere in atto un cammino comune non ebbe seguito. (Cfr. M. Maraviglia, Primo Mazzolari nella storia

del Novecento, cit.Roma, Edizioni Studium, 2000, p.54).

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Dupuis si chiedeva pertanto come fosse possibile che il principio di autorità dispensasse «dalla osservanza della legge morale». La lunga replica del sacerdote –cinquantacinque lettere dattiloscritte – scritta tra il maggio e l’agosto del 1941 e in seguito nota col titolo Risposta ad un aviatore, era stata pensata anche per una limitata diffusione tra alcuni intimi che poi non avvenne666. Rispondendo ai dubbi di Dupuis, Mazzolari giustificava, anche se con moderazione e non lesinando alcune critiche, la sincera volontà di pace del Papa e della Chiesa nel drammatico frangente storico che avevano di fronte. Tuttavia «fissare in volto non solo la guerra, ma questa guerra, con tutti i suoi spaventosi problemi di coscienza»667 comportava una condanna senza appello al fascismo. Don Mazzolari pur ritenendo che la guerra non potesse essere «un bene in sé, tanto che chiediamo a Dio di liberarcene insieme alla carestia e alla pestilenza», manteneva la tradizionale distinzione tra guerre ingiuste «che non si possono né si devono combattere» e guerre giuste che «per quanto dure e deplorevoli, vanno accettate e combattute virilmente con misura, carità, espiazione»668, aggiornandola tuttavia alla luce dei recenti regimi, rivelatori dell’impossibilità di ricorrere al principio di presunzione per determinare la giustizia della guerra: «il conformismo che sa di pagano, quanto l’eccessiva esaltazione dell’autorità o degli uomini che la rappresentano, inclina non pochi cristiani a trovare giusta una guerra per la sola ragione che viene dichiarata dall’autorità legittima». Senz’accorgersi, «si sostituisce o si confonde la moralità con la legittimità, cosa tanto più assurda quanto più illimitati divengono i poteri dello Stato, e più completo lo spegnimento di quelle libere voci, che nei regimi popolari o liberali riuscivano in qualche modo a farsi udire, se non proprio a farsi ascoltare nei parlamenti e nella stampa»669. L’autorità che dichiarava guerra era comunque la meno indicata a decretarne la fondatezza perché «è naturale ch’essa ne affermi solennemente la giustizia e la santità» ribadendo tale concetto fino allo stordimento attraverso «i molti ripetitori meccanici di cui è composta la compagine statale». L’unico foro legittimato a decidere era dunque la coscienza. Ad essa non era concesso «abdicare interamente nelle mani di nessuna creatura» fosse il più grande degli uomini o il più santo, a maggior ragione in un’ottica cristiana, nella quale non ci si «salva per delega»670

. Dove poi erano stati «spregiati fino al ridicolo i controlli di un potere sopranazionale e societario», l’autonomia della coscienza assumeva una valenza ulteriore. Nel diritto di rivolta del singolo di fronte alla potestà dell’autorità di dichiarare guerra, il sacerdote apriva uno spazio anche all’obiezione di coscienza. «Va riesaminata dai cattolici, con maggior benevolenza che per il passato, l’obiezione di coscienza, considerata come un tentativo di difesa primordiale della ripugnanza cristiana al mestiere di uccidere».

Mazzolari riprese in mano queste riflessioni nove anni dopo, dentro il nuovo inquietante contesto di tensione che la guerra coreana profilava. Anche in questo caso a sollecitare il suo intervento furono due lettere aperte scritte a lui e alla redazione di «Adesso», da parte di un gruppo di nove giovani bresciani in contatto con Giulio Bevilacqua, che si definivano «né fascisti, né comunisti, né democristiani; ma cristiani, democratici, italiani»671. Rivolgevano a don Mazzolari tre domande secche: «se impugnare le armi in caso di guerra. In caso di risposta affermativa contro chi. Quale atteggiamento da tenere in caso di occupazione americana o russa, se di collaborazione neutralità o ostilità». Mazzolari presentò i tre quesiti su «Adesso» come «vero caso di coscienza che travaglia la maggior parte dei giovani e degli italiani consapevoli», ai quali proponeva una risposta «tutt’altro

666 Nel 1948 Lorenzo Bedeschi, collaboratore e intimo amico di Mazzolari scoprì alcune copie della lettera nel suo studio e ne trattenne una per sé, pubblicandola molti anni, dopo in un’antologia di inediti P. Mazzolari, La chiesa, il

fascismo, la guerra a cura di L.Bedeschi, Vallecchi, Firenze, 1966 Ivi, p.20.

667 Ivi, p. 62. 668 Ivi, pp.63-64. 669

Ivi, p.69. 670 Ivi, p.70.

671 La lettera venne pubblicata sotto il titolo Giovani coscienze cristiane davanti alla possibile guerra, «Adesso» 15 settmbre 1950. Venne poi ripubblicata insieme alla risposta di don Mazzolari in un piccolo libretto dal titolo I giovani e

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che esauriente e definitiva». Più che un’ammissione del proprio dubbio, la sua era l’affermazione di un metodo, in cui egli decideva di condividere le sue stesse perplessità, come via per giungere alla verità «insieme, un po’ alla volta». Mazzolari offriva come esempio quello del martire, mandato «come agnello in mezzo ai lupi», nel quale la resistenza si compie con mezzi «unicamente spirituali» disarmato di fronte a qualsiasi violenza che lo riguardasse. Tuttavia davanti alla violenza che mette in pericolo il fratello o il bene comune, come extrema ratio, la resistenza poteva diventare un dovere. La resistenza cristiana avrebbe dovuto tuttavia avere come limite quella di essere proporzionata al disordine e al male che veniva tentato. Davanti a una violenza compiuta poteva dunque essere lecita una ferma e proporzionata violenza. Questa prima conclusione sembrava sulla stessa linea della risposta a Dupuis. Invece l’intervento di Mazzolari non si chiudeva qui, ma virava su nuove domande: «Di fronte all’immane inutile strage che rappresenta sempre la guerra, specialmente la possibile guerra di domani, proprio per la tutela del bene comune, non sarebbe l’ora di applicare (…) la stessa regola evangelica della rinuncia alla difesa a mano armata? Non è questa l’ora di un cristianesimo integrale’? Tali voci non sono rare nella cristianità e «Adesso» vi ha fatto eco più volte, pur non essendo mai entrato in discussione sugli obiettori di coscienza». In realtà, la situazione storica poneva il cattolicesimo «già oltre l’episodio dell’obiezione di coscienza»: questa richiedeva la creazione di una «corrente di resistenza evangelica alla guerra», che non rifiutasse il rischio, ma lo assumesse sul piano più alto di abbandono della violenza. «Io non mi sento di chiudere ai miei amici questa sublime possibilità; dico loro che per non ripiegare sopra un “meno”, pur mirando a un “più”, bisogna nascere di nuovo»672. L’unico compito che Mazzolari si sentiva di lasciare ai giovani era quello di trovare loro le proprie risposte e di tracciarsi la strada, davanti alle situazioni in cui si sarebbero trovati, invitandoli a seguire l’unico criterio che gli sembrava valido, anche nel caso in cui avessero ritenuto necessario «sporcarsi»: rimanere sulle strade dei poveri «per