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Cronache dalle questure: comunisti, protestanti e acchiappanuvole

Silenzio, bando, controllo Le risposte politiche all’obiezione di coscienza

3. Cronache dalle questure: comunisti, protestanti e acchiappanuvole

Il 20 luglio 1951 partì dalla questura di Perugia una raccomandata riservata indirizzata al Ministero dell’Interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione affari generali, Sezione I recante come oggetto: «Pisa – Albergo “Nettuno” – Convegno riservato di elementi troskisti (sic) – anarchici di azione proletaria». Erano contenute alcune informazioni piuttosto conosciute su Aldo Capitini che riprendevano delle note inoltrate al ministero due anni prima692. Due giorni prima, il 18 luglio, altre due raccomandate erano partite sempre all’indirizzo del Ministero dell’Interno,693

con lo stesso oggetto, dalla questura dell’Aquila e da quella di Ravenna. I cenni riguardavano Giustino Zampini di cui erano noti soltanto i suoi trascorsi da sacerdote, dato che non abitava più da diversi anni in Abruzzo694, Giuseppe Dessì, all’epoca provveditore agli studi della provincia di Ravenna, e il professore Cesare Isola, segretario provinciale del sindacato

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Ivi, pp.94-95. Capitini recensì il libro su «Il Ponte» in occasione della seconda edizione del 1957. Ignaro della paternità di Mazzolari espresse la propria soddisfazione per questi giovani allineati ai “resistenti” alla guerra, «provenienti da altre fedi etiche, sociali e religiose che hanno fatto l’obbiezione di coscienza e si sono fatti uccidere per questo». Il filosofo esprimeva anche alcune perplessità, in particolare sulle citazioni del Papa rispetto alle quali ricordava il duro messaggio natalizio del 1956. Egli opponeva due questioni critiche: il far dipendere il «Tu non uccidere» dal comandamento di Dio, invece che dai «tu che sopprimo»; l’assenza di conseguenze pratiche nel giovane cattolico sottoposto «all’influenza della gerarchia ecclesiastica» («Il Ponte», n.4, aprile 1958. Dattiloscritto originale in FC, scritti, b.166, fasc.571).

691 G. Formigoni, Don Primo Mazzolari dall’interventismo al pacifismo, in P. Trionfini (a cura di), «Tu non uccidere», cit., p. 29.

692Rapporto della Questura di Perugia, 20 lugllio 1951 in ACS, Mi, Dps, “G Associazioni”, b.186, Cos, fasc.2. Il rapporto riprendeva una comunicazione riservata della prefettura di Perugia del 6 aprile 1949 inviata al Ministero dell’Interno.

693 La sezione del Ministero a cui erano indirizzate le raccomandate era la Prima degli Affari Riservati (AA.RR.). La differenza rispetto a Perugia, il cui destinatario era la sezione I degli Affari Generali (AA.GG.) non è rilevante, potrebbe anche essere un errore della questura di Perugia, dato che le raccomandate di tutte le altre questure riportano l’altra destinazione.

694 Rapporto della Questura di L’Aquila,18 luglio 1951 Ivi. Si chiedeva pertanto un intervento della questura di Firenze. Giustino Zampini era un francescano che aveva abbandonato poi l’abito per sposarsi e si era trasferito alla comunità di Nomadelfia (Rapporto della Questura di Firenze al Ministero dell’interno, Firenze, 29 agosto 1951, Ivi).

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autonomo degli insegnanti695. Il 28 luglio era la volta della questura di Savona inviare una raccomandata riservatissima con identico oggetto e destinatario: le informazioni riguardavano l’obiettore Pietro Pinna, nativo di Finale Ligure696

. Il 31 luglio toccava all’ex-azionista Leone Bortone essere menzionato nel rapporto della questura di Milano697. Il 3 agosto un dispaccio partiva dalla questura di Massa Carrara698, il 4 da quella di Cagliari699, il 6 da quelle di Siena700 e Firenze701, il 12 da Ferrara702, il 29 da Livorno703, il 13 settembre, infine, da Roma704.

Intanto qualcosa si muoveva anche all’interno della Direzione generale di pubblica sicurezza. Il 9 agosto veniva inoltrato dalla seconda sezione della Divisione affari riservati alla Divisione affari generali una comunicazione contenente alcune informazioni sui gruppi anarchici di azione proletaria, sulla base di una segnalazione pervenuta da Milano, e un allegato relativo «alla figura e all’attività del prof.Aldo Capitini» contenente un avviso di fonte fiduciaria «solitamente bene informata» e una copia di note già inviate705. Tutti i documenti risalenti a tre anni prima contribuivano a tracciare del filosofo umbro un profilo marcatamente social-comunista: la fonte fiduciaria segnalava che nella Scuola Normale superiore di Pisa veniva svolta «una intensa propaganda politica», tanto da paragonarla «ad una “Scuola di Mistica Comunista”». Il prof «Capichini (sic), vice-direttore e segretario della Scuola Normale superiore» era indicato come «braccio destro» del «direttore» Luigi Russo, ma «attivista comunista molto più spinto del suo superiore». Entrambi erano descritti quali organizzatori di «un Centro di Orientamento Sociale allo scopo di portare la scuola sul piano della laicità», stabilendo «contatti orientati particolarmente verso quelle persone che hanno smesso l’abito talare per farne dei propagandisti in favore del costituendo centro»706. Si ventilava inoltre la volontà dei due docenti di intervenire sul concorso di

695 Rapporto della Questura di Ravenna, 18 luglio 1951 Ivi. Giuseppe Dessì, non aveva ancora ottenuto la fama che gli diedero romanzi come Il disertore e soprattutto Paese d’ombre. Ma era uno scrittore già affermato con alcune pubblicazioni di un certo rilievo. Nel documento della questura questo aspetto della sua vita era completamente ignorato. Si rilevava soltanto che «fin dal suo arrivo in questa città, in numerosi episodi, ha tenuto un atteggiamento di tolleranza e di protezione verso gli insegnanti di tendenze estremiste, ed egli stesso si è fatto notare nell’ambiente cittadino e provinciale come simpatizzante per i partiti di sinistra. Sembra che in passato abbia aderito alla corrente socialista facente capo all’.On.le Romita, e che a seguito dell’unificazione di detto partito con la corrente saragattiana, abbia riveduto il propria atteggiamento, peraltro, non ancora definito». Su Cesare Isola si diceva che «non risulta iscritto ad alcun partito, ma è impazzante per la corrente di sinistra».

696Rapporto della Questura di Savona, 28 luglio 1951, Ivi. 697

Rapporto della Questura di Milano, 31 luglio 1951, Ivi. La lettera si limitava a confermare i natali di Bortone e a segnalare che poco dopo la nascita egli aveva lasciato la città per Livorno e Siena, mentre a Monza e Milano, era del tutto sconosciuto. Bortone aveva partecipato all’esperienza liberalsocialista con Capitini e Calogero, poi a quella azionista. All’epoca era professore di filosofia presso il liceo scientifico di Viterbo e scriveva su «Paesa Sera» e su «Il Ponte».

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Rapporto della Questura di Massa, 3 agosto 1951 Ivi. La comunicazione riguardava Ferdinando Frattini, nativo di Carrara, ma residente a Pisa. Frattini era avvocato, iscritto al Pci, con incarichi presso la federazione comunista e la Camera del Lavoro, prima di essere espulso «per irregolarità amministrative commesse a danno della Alleanza Cooperative» anche se la «federazione pisana aveva fatto passare l’espulsione come avvenuta per motivi politici». Dalla liberazione al 1947 Frattini era stato sequestratario della famiglia Ciano, per conto del Cnl.

699 Rapporto della Questura di Cagliari, 4 agosto 1951 Ivi. La nota riguardava ancora una volta Giuseppe Dessì che aveva abbandonato da ragazzo la città con la famiglia.

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Rapporto della Questura di Siena, 6 agosto 1951 Ivi. La nota conteneva informazioni su Leone Bortone vissuto a Siena tra il 1926 e il 1945 e Pietro Omodeo, figlio dello storico Adolfo, all’epoca assistente alla cattedra di biologia a Siena, membro del Comitato Nazionale dei partigiani della Pace e presentatore dell’appello di Stoccolma.

701 Rapporto della Questura di Firenze, 6 agosto 1951 Ivi. La nota riguardava Capitini e Zampini.

702 Rapporto della Questura di Ferrara, 12 agosto 1951, Ivi. Era relativo a Pietro Pinna Oltre alla nota vicenda dell’obiezione di coscienza, venivano dati alcuni dettagli della sua vita famigliare e politica.

703 Rapporto della Questura di Livorno. La raccomandata si occupava di Lamberto Borghi insegnante. Era scritto che «non consta che in questa città si occupi di politica, ma nell’ambiente cittadino è conosciuto quale persona simpatizzante comunista di tendenza troxskista (sic)».

704 Rapporto della Questura di Roma, 13 settembre 1951, Ivi.

705 Rapporto della sez. II, Div. AA. RR., Dgps, Min.Int. alla Div. AA. GG., Roma 9 agosto 1951, Ivi.

706 Rapporto della sez. II, Div. AA.RR, Dgps, Min.Int. al Gabinetto del Sig. Ministro, Roma, 26 agosto 1948. Luigi Russo era descritto come «professionista di vasta cultura (…) incaricato della propaganda comunista fra il ceto medio,

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accesso alla Normale per favorire «loro elementi e specialmente giovani siciliani che hanno ultimamente lottato nell’Isola a favore del P.C.» Le due note riguardavano una «l’attività politica a carattere comunista svolta nello ambiente della scuola normale superiore di Pisa» e in particolare l’attività di Luigi Russo707; l’altra, specificamente, il «prof. Capitini Aldo, amico del prof. Russo e sostenitore delle sue idee», il quale «pur non essendo iscritto ad alcun partito, nutre simpatie per le correnti proletarie di estrema sinistra e sarebbe promotore dell’organizzazione di un movimento denominato “Centro di orientamento sociale” le cui finalità sono di portare la religione ad una concezione moderna»708

Il rapido e massiccio scambio tra le questure di mezza Italia e il Ministero di informazioni più o meno nuove, più o meno affidabili, riguardanti percorsi di vita tanto diversi era stato determinato da una riunione organizzata da Capitini, un mese prima all’albergo Nettuno di Pisa. Non era che un piccolo incontro privato tra persone amiche nelle quali si presupponeva «un distacco dai due blocchi, il rifiuto della loro politica e il proposito di non collaborazione». Nel pieno della guerra di Corea Capitini aveva pensato che fosse necessario «uno scambio di opinioni» al di fuori delle due ideologie e «lo studio di un atteggiamento comune perché i gravi avvenimenti ai quali ci potremmo trovar di fronte non ci sorprendano impreparati», in modo da «concretare un programma e un’azione comune» L’iniziativa era stata mantenuta riservata per fare sì che la discussione fosse il più libera possibile: «vi si potrà partecipare anche su presentazione e sicura garanzia di persona che abbia ricevuto questo invito»709. Ciò che è certo è che quel convegno, pur così informale e riservato aveva suscitato l’interesse della questura locale venuta «in possesso di un invito» per mezzo di «elemento fiduciario»710.

In realtà dato «il carattere strettamente riservato» delle riunioni, a nessun informatore era stato possibile assistere, né spiare l’incontro «perché le camere adiacenti erano occupate». Da fonte fiduciaria, si era però appreso che i convenuti si erano occupati «dei “Centri di orientamento Sociale” e degli “Obiettori di coscienza”» (entrambe le locuzioni sono sottolineate nell’originale con una penna rossa). Si aggiungeva inoltre che si «aveva ragione di ritenere che i partecipanti al convegno non abbiano soltanto trattato argomenti relativi al Centro orientamento Sociale, bensì di un movimento troskista-anarchico, come può rilevarsi da una copia di programma del “Terzo Fronte Rivoluzionario” di cui si è riusciti a venire in possesso»711

. Venivano infine identificati nove dei quindici partecipanti712.

compito che esegue con la massima diligenza: distribuendo opuscoli stampati agli studenti ed ai suoi amici; tenendo periodiche conferenze, alle quali vengono invitate ad assistervi anche persone “esterne” normalmente appartenenti ai partiti di sinistra». Si rilevava inoltre che «moltissimi studenti delle normali di Pisa sono comunisti e fanno parte delle formazioni delle avanguardie garibaldine».

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Rapporto della Divisione Aff. Ris., sez. II, Min Int., Dgps al Gabinetto del Sig. Ministro, Roma, 26 Ottobre 1948, Ivi.

708 Rapporto della sez. II, Div. AA.RR, Dgps, Min.Int. al Gabinetto del Sig. Ministro, Roma, 1 dicembre 1948, Ivi. 709

Invito allegato al rapporto della Questura di Pisa al Ministero dell’Interno, Pisa 7 luglio 1951, Ivi.

710 Ibidem. Il rapporto è molto circostanziato: «Dalle indagini prontamente esperite per accertare il carattere della riunione è risultato che, circa un mese fa, il Prof. Capitini di Enrico e Adele Ciambottini, nato a Perugia il 13.12.1899, residente a Pisa si rivolse alla direzione dell’albergo “Nettuno” per avere la disponibilità di una sala onde tenere una riunione di professori, con l’impegno che i partecipanti di altre città, avrebbero pernottato e pranzato nell’albergo stesso. La richiesta del Prof. Capitini fu accolta. La sera del 23 giugno, verso le 21, nel salone da ballo dello albergo anzidetto ebbe inizio la riunione capeggiata dal Capitini ed alla quale parteciparono circa 15 persone. La seduta ebbe termine dopo la mezzanotte e fu ripresa alle ore 8 del giorno successivo; sospesa ancora alle ore 12,30 per la colazione; fu ripresa alle 15,55 per terminare definitivamente alle ore 18,30. Alle ultime due sedute del 24.6. u.sc. parteciparono soltanto 11 persone».

711Più che di una semplice invenzione della fonte fiduciaria si può ipotizzare che nella riunione fossero circolati materiali diversi, sulla base degli orientamenti dei convenuti, ed anche il documento citato.

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Si trattava di Aldo Capitini, l’avv. Ferdinando Frattini, Ranieri Gini, Leone Bortone, Cesare Isola, Giustino Zampini, Pietro Pinna, Giuseppe Dessi-Fulgheri e Lamberto Borghi. Pietro Omodeo era stato poi annoverato tra i partecipanti da una segnalazione della questura di Siena.Secondo la questura di Pisa avrebbe dovuto partecipare anche l’insegnante di lettere e filosofia al Liceo Classico di Pisa, Demetrio Bozzoni, espulso dal Pci per motivi politici che «circa una settimana prima avrebbe inviata una lettera alla locale federazione comunista per chiedere la reiscrizione al PCI»; la

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Nonostante le ridotte dimensioni dell’incontro (15 partecipanti alla prima sera e 11 il giorno successivo) la comunicazione era stata sufficiente a generare una certa apprensione nel direttore capo della divisione Affari Generali, che aveva segnalato alla divisione Affari Riservati l’urgenza di predisporre accertamenti sulla «riunione segreta di individui fra cui alcuni intellettuali ed ex appartenenti al Partito comunista», capeggiata dal «noto prof. Capitini Aldo, (…) iniziatore e (…) uno dei maggiori esponenti del C.O.S., nonché propugnatore dell’idea della cosidetta (sic) “obiezione di coscienza”». La trattazione di argomenti «relativi ad un movimento trozkista anarchico» veniva inoltre ritenuta meritevole di un approfondimento «non essendo finora risultato che nell’atteggiamento del Capitini ci fossero tendenze anarchiche»; si pregava pertanto «di voler comunicare quanto eventualmente risulti in proposito da codesti atti provvedendo, in mancanza di elementi, a disporre i possibili accertamenti»713.

Che un convegno informale, con pochissimo seguito e senza alcuna evoluzione potesse suscitare una tale mole di indagini, è estremamente esemplificativo della suscettibilità dell’apparato del Ministero dell’Interno, negli anni della «democrazia protetta». In questo caso si venne a produrre un cortocircuito tra «riservatezza dell’incontro» (divenuta «segretezza»), presenza di elementi riconducibili all’area della sinistra (ex affiliati del Pci, opuscoli anarchici, non meglio precisate presenze trozkiste), la precedente battaglia combattuta per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza e il contesto di tensione generato dal conflitto coreano. Un piccolo incontro di approfondimento sull’escalation che aveva investito i due blocchi prendeva i foschi contorni di una cospirazione, per cui tutti i partecipanti vennero, a loro insaputa, sottoposti a una serie di indagini.

Nella nevrosi di queste note appaiono i costi che la democrazia italiana scontò alla precipitosa ricerca di accreditamento nel nuovo consesso internazionale, bloccando il rinnovamento del sistema politico e sociale del Paese e concedendosi una confortevole autoassoluzione dalla propria corresponsabilità nella destabilizzazione dell’ordine europeo, per cui la guerra e la sconfitta divennero «dramma e accettazione di un destino caduto addosso, dolorosa fatalità»714. Mentre veniva differita sine die una presa di coscienza sul proprio passato, a partire dal fallimento dell’epurazione togliattiana, al passato era stato permesso di rimanere al proprio posto, con la propria forma mentis che largheggiava nell’uso di metodi di controllo mutuati dallo Stato liberale ed esasperati dal regime fascista715. La mancata epurazione della magistratura716, favorì la

sera del 23 si sarebbe diretto verso il “Nettuno” ma «giunto nei pressi dell’albergo, si sarebbe accorto di essere spiato da elementi della federazione comunista, ed avrebbe perciò rinunciato ad entrare nel locale». Venivano poi date alcune informazioni su Capitini, Frattini e Gini e chieste informazioni alle altre questure per gli altri segnalati. Dell’avvocato Gini veniva in particolare dato un ritratto poco lusinghiero: «Gode di poco (sic) stima e considerazione ed è ritenuto professionista di scarsa capacità. Nel 1946-1947, il Gini svolgeva la propria attività a favore delle numerose prostitute esistente (sic) nella zona di Tombolo che venivano fermate nei vari rastrellamenti. Richiedendo compensi esosi. Per tale fatto egli fu anche richiamato dal Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e Procuratori. L’Avv. Gini diede luogo a rilievi anche durante il tempo in cui fu vice- Pretore Onorario di Pontedera; la voce pubblica asseriva che egli si avvaleva della carica per procurarsi clienti». Gini, fu in realtà un noto civilista di Pisa. Alla testa di una formazione partigiana di Giustizia e Libertà era stato tra i liberatori della città il 2 agosto 1944.

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Rapporto della sez. I, Div. AA.GG., Dgps, Min. Int. alla Div. AA.RR., Roma, 25 luglio 1951.

714 F. Romero, L’Italia nella guerra fredda, in N.Labanca (a cura di), Gli italiani in guerra. Le armi della Repubblica

dalla Liberazione ad oggi, cit., p.51.

715 Cfr M. Flores, L’epurazione, in AA.VV., L’Italia dalla Liberazione alla Repubblica, atti del convegno internazionale tenutosi a Firenze il 26-28 marzo 1976, Milano, Feltrinelli, 1977, pp.413-467 e R. Canosa, Storia

dell’epurazione in Italia: le sanzioni contro il fascismo 1943-1948, Milano, Baldini & Castoldi, 1999.

716 Alessandro Galante Garrone ricordò, diversi anni dopo, come la magistratura si fosse avvalsa dell’indipendenza per trasformarla in separatezza. «Lo avvertivo allora, molto più di quanto lo sentissi all’inizio della mia carriera, in pieno regime fascista. Negli anni Trenta, in una corporazione come quella fascista, il clima culturale risentiva ancora del precedente periodo liberale (…) Negli anni cinquanta, al contrario, al vertice della magistratura si trovarono spesso giudici che avevano fatto una rapida carriera durante il fascismo: non sempre per meriti professionali» (in G. Crainz,

Storia del miracolo italiano : culture, identità, trasformazioni fra anni Cinquanta e Sessanta, Roma, Donzelli , 1996, p.

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conservazione di tutti gli apparati della pubblica amministrazione che fondarono il proprio lealismo al nuovo stato più sull’osservanza dell’anticomunismo che dei principi costituzionali717

: ancora nel 1960 62 dei 64 prefetti in servizio e tutti i 135 questori e i 139 vice-questori erano stati funzionari sotto il fascismo718. Fin dal 1946, a capo del sistema di controllo, la Divisione Affari Generali e Riservati (Dagr) venne chiamato un funzionario dell’Ovra, Gesualdo Barletta.719

Per Capitini un simile trattamento non era nuovo. Già durante il fascismo era stato attentamente seguito sia divenendo uno degli 110000 fascicoli del Casellario Politico Centrale della Direzione Affari Generali e Riservati, sia venendo personalmente seguito dalla Polizia Politica che preferì rendersi autonoma dal Dagr nella fascicolazione720. Con l’avvento della Repubblica, tracce della schedatura personale rimasero nella questura di Perugia che continuò a tenere aperto un fascicolo sull’attività del filosofo fino alla sua morte. Al Ministero degli Interni i fascicoli della Direzione Generale di pubblica Sicurezza che raccoglievano i materiali di questure e prefetture, non schedavano gli individui ma le associazioni (si ha tuttavia notizia certa della sopravvivenza di un Casellario presso il Ministero oggi scomparso). Il primo fascicolo ad essere aperto sulle attività capitiniane recò la denominazione della sua prima iniziativa, i Centri di Orientamento Sociale721 e la mantenne, raccogliendo le informazioni relative a tutti i progetti «scomodi» fino agli anni Sessanta: l’Associazione dei Resistenti alla Guerra, la campagna a favore dell’obiezione di coscienza, il Centro di Orientamento Religioso, le iniziative sul vegetarianesimo722.

Se già le prime iniziative politiche del filosofo avevano destato una certa attenzione723, fu l’impegno sull’obiezione di coscienza, avvertito quale argomento sovversivo ad incrementare il

burocrazia e nelle autorità militari fu ricostruito da Piero Calamandrei e Achille Battaglia nel celebre volume AA.VV.,

Dieci anni dopo 1945-1955. Saggi sulla vita democratica italiana, Bari, Laterza,1955).

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L’unica epurazione che funzionò fu quella condotta dai ministri democristiani contro i partigiani e antifascisti entrati nell’amministrazione statale dopo la Liberazione. Questi aspetti furono ampiamente discussi già pochi anni dopo la chiusura del conflitto. In occasione del decennale dall’avvento di uno stato democratico venne pubblicato da Laterza un bilancio che soprattutto nei saggi di Battaglia e Calamandrei toccava con durezza le questioni più controverse del transito alla democrazia guidato dalla Dc AA.VV., Dieci anni dopo: 1945-1955: saggi sulla vita democratica italiana, Bari, Laterza, 1955. Lo stesso Battaglia riprese e approfondì alcune questioni qualche anno dopo in un secondo testo (A. Battaglia, I giudici e la politica. Bari, Laterza, 1962). Per un quadro generale vedasi su tutti C. Pavone, Alle origini

della Repubblica : scritti su fascismo, antifascismo e continuità dello Stato, cit.