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L’Obiezione miracolata

1. Una legge per 44 soldati.

Sotto l’imprimatur del filosofo ne giugno del 1956 venne organizzato un nuovo convegno sull’odc, ancora a Roma, nella sala dei Centri Comunitari in via Porta Pinciana 822

. La decisione era stata in realtà piuttosto casuale, partorita da un incontro, tenutosi a inizio anno tra il presidente della Lega Italiana per la Difesa dei Diritti dell’uomo823

, il liberale Finocchiaro Aprile, il saggista Gianlorenzo Pacini, Aldo Capitini e Giorgio Peyrot, un giovane valdese professore di diritto che sarebbe divenuto un punto di riferimento sull’obiezione di coscienza lungo tutti gli anni Sessanta824

. La debolezza di un’istanza, riesumata da una lunga decantazione, emerse nella motivazione molto pragmatica che si diede all’incontro. L’obiezione di coscienza non veniva presentata come modello di un valore superiore, rivolto alla costruzione di una società di pace, ma quale atto di tutela dei diritti delle minoranze. Rispetto al convegno del 1950, l’adesione che si chiedeva «non comportava impegno personale all’obiezione di coscienza, ma soltanto l’appoggio al movimento per il riconoscimento legale di essa».

La partecipazione all’organizzazione della Lega dei Diritti dell’Uomo favorì un allargamento delle adesioni. A figure note come Edmondo Marcucci, Ezio Bartalini, Bruno Segre, Carlo Maiorca, Giovanni Pioli o Guido Ceronetti , si aggiunsero non solo altri avvocati che avevano già mostrato

819 R. Trionfera, Mancano all’Italia 44 soldati, in «L’Europeo», n.617, 11 agosto 1957.

820 Nota manoscritta della Divisione A.G. Sez. I al Gabinetto del Ministro, Roma, 20-5-1955 e rapporto della questura di Perugia alla Divisione A.G. Sez. I, 16-4-1955 in ACS, Mi, Dps, “G Associazioni”, b.186, Cos, fasc.3.

821 Note manoscritte della Divisione A.G. Sez. I inviate alla Questura di Roma, 4-4-1955 e alla Questura di Perugia, s.d. (ma dalle date presenti nei documenti citati nella nota successiva si evince che fu inviata il 6-4-1955), Ivi.

822 Capitini motivò il convegno con l’interesse «per le diminuite probabilità di guerra e soprattutto per la sua trasformazione in conflitto atomico, per l’importanza che assumerebbe l’assistenza alla popolazione delle città, per l’affermarsi delle correnti pacifiste» (Gli obiettori di coscienza saranno riconosciuti dalla legge? Torino, Tipografia Quartara, 1956 in FM, sc. 11, fasc. 2 b. 2a e «L’Incontro » nn. 7-8, luglio-agosto, 1956).

823 La Lega Italiana per la Difesa dei Diritti dell’Uomo era un’associazione culturale con sede a Roma, alla quale appartenevano giuristi e intellettuali di area laica.

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In quell’occasione venne definito un Comitato Provvisorio, di cui Pacini fu nominato segretario, con il compito di preparare il convegno e raccogliere adesioni. Dalla Lega venne esteso un appello a firma dello stesso Finocchiaro Aprile e di un altro deputato, il socialdemocratico Edoardo Di Giovanni (che a suo tempo aveva dissentito durante la Costituente dagli emendamenti dei compagni di gruppo Cairo e Caporali), nel quale si specificava che, considerati «gli alti valori sociali e morali che la minoranza degli obiettori di coscienza – oggi oppressa e perseguitata – può esprimere in seno alla Nazione», la raccolta di adesioni era finalizzata alla creazione «di un movimento di opinione pubblica più vasto che fosse possibile, per ottenere la discussione del problema nelle aule del Parlamento» («L’Incontro», n.2, febbraio 1956).

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una certa sensibilità sulla questione, difendendo alcuni testimoni di Geova, come Nicola Romualdi e Giacomo Rosapepe, ma anche nomi autorevoli della cultura italiana, riconducibili, per la maggior parte, a un’area laica liberale o azionista: Arturo Carlo Jemolo (presente anche nel 1950), Ada Alessandrini, Guido Calogero, Enzo Forcella, Ignazio Silone, Anna Maria Battaglia, Gianandrea Gavazzeni, Maria Sacchetti Fermi, Domenico Riccardo Peyretti Griva, Oliviero Zuccarini e Luciano Dolis. Nutrito fu il gruppo valdese: oltre a Giorgio Peyrot, aderirono lo storico Giorgio Spini e i teologi Valdo Vinay, cofondatore della sezione italiana del M.I.R., Giovanni Miegge e Giovanni Gonnet. Va infine segnalata la firma di Danilo Dolci, la cui lotta in Sicilia, proprio nel febbraio di quell’anno aveva sollevato una vasta eco e la mobilitazione di molti intellettuali, per l’arresto comminatogli in seguito all’indizione dello «sciopero alla rovescia»825

. Rispetto a quello tenuto alla Sala Capizucchi, nato con lo scopo di fare pressione sul Parlamento e sul Tribunale Superiore Militare in un momento creduto decisivo per l’odc, questo convegno aveva la preponderante urgenza di riannodare i fili con il passato e riattivare l’attenzione su un’istanza affievolitasi dopo il « ristagno» dovuto «all’ostilità degli ambienti conservatori e dei partiti politici»826. Questo permetteva di calibrare più attentamente l’obiettivo, ponendolo come tappa di una strategia predefinita, più precisa e più circoscritta. Il bersaglio era esclusivamente istituzionale: ci si proponeva da un lato di preparare una legge più equilibrata del progetto Calosso Giordani, esageratamente nei confronti degli obiettori di coscienza per essere sostenuto, dall’altro di stabilire contatti parlamentari adeguati per promuovere un’azione parlamentare efficace nelle assemblee legislative. In accordo con l’impostazione legale e libertaria data al convegno dalla Lega, non vennero prese in considerazione proposte pratiche volte a dare un sostegno concreto all’obiezione di coscienza, come il piano assistenziale per gli o.d.c. incarcerati caldeggiato da Ceronetti o il progetto di Pioli di creare «un servizio di informazione» che seguisse i movimenti degli obiettori di coscienza per «far giungere loro (…) aiuti, auguri ed espressioni di solidarietà» e segnalasse i nome alla WRI. Come ribadì anche Capitini nel suo intervento, la campagna iniziata si sarebbe svolta entro «il preciso limite» del perseguimento di un diritto per chi avesse voglia farlo valere». Ancora più che nel convegno del 1950 si avvertì la preoccupazione d’essere rassicuranti nei confronti degli interlocutori istituzionali sugli improbabili sconvolgimenti che il riconoscimento dell’odc avrebbe comportato sulla difesa nazionale, ponendo l’ accento sui precisi doveri dell’obiettore autentico che avrebbe dovuto «offrire alla società qualcosa che non costi meno»827, e sulla «fatica, il rischio e il sacrificio» del servizio alternativo nonviolento, che gli stessi obiettori richiedevano828.

L’alta presenza di avvocati e giuristi tra i relatori aiutò a focalizzare discussione sui dispositivi giuridici. Nicola Romualdi propose di tamponare momentaneamente la situazione con l’introduzione nel Codice penale militare di una pena a due anni di carcere che ponesse almeno fine alla spirale delle condanne, Jemolo considerò la possibilità di inviare una circostanziata domanda di grazia per gli odc in prigione, Rosapepe rilevò la nuova opportunità dell’invio degli atti alla neonata Corte Costituzionale. Anomalo, e non poteva essere diversamente, fu l’intervento di Ada Alessandrini, che fece emergere la sua differenza rispetto a tutti gli altri intervenuti, sia in quanto unica donna, sia in quanto figura proveniente dalla militanza in organismi di massa afferenti al Pci,

825 L’episodio è noto: circa duecento braccianti inoccupati si erano dati convegno per lavorare alla sistemazione della “trazzera antica”, una strada pubblica di collegamento, vicino Partinico dissestata dalle piogge invernali, il cui utilizzo era necessario per il lavoro nei campi. Cfr. A. Martellini, Fiori nei cannoni, cit., pp.115 e ss.

826 Relazione introduttiva di Aldo Capitini in Gli obiettori di coscienza saranno riconosciuti dalla legge? Il bisogno dei partecipanti di ricollegarsi al passato si avvertì nella stessa impostazione del convegno. L’apertura fu segnata dalla lettura dei messaggi di alcuni dei precedenti protagonisti impossibilitati a venire (Giovanni Pioli, Bruno Segre, Lamberto Borghi e Guido Ceronetti), mentre il filosofo dedicò la sua relazione introduttiva al cammino compiuto dall’odc nella società italiana.

827 La frase era di Guido Calogero.

828 Capitini portò come esempio la loro richiesta di fare parte di un corpo di assistenza, mobilitabile in caso di bisogno anche in tempo di pace, di essere mandati a togliere le mine dai campi minati, di fare assistenza e custodia ai carcerati, di andare in guerra a raccogliere i feriti sulle prime linee.

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quali il Movimento dei Partigiani per la Pace e l’Udi: ella tralasciò il significato specifico che l’odc aveva ormai assunto, presentando «il problema delle masse italiane dove, disse, sono moltissimi gli autentici odc» e sollevando la questione della partecipazione delle donne.

Rispetto alle occasioni precedenti, le conclusioni orientarono in maniera più stringente e chiara la futura organizzazione del gruppo. Venne costituito un comitato legale composto di giuristi, «con lo scopo di esaminare (…) le modalità di presentazione della domanda di grazia», e il testo del progetto di legge «per portarlo a conoscenza dei parlamentari»829. Il comitato promotore si sarebbe trasformato invece in un comitato direttivo permanente, con la conferma alla segreteria di Gianlorenzo Pacini.

Rimaneva tutto da costruire il legame con il Parlamento. In quello che fu l’ultimo suo intervento sul tema, Guido Ceronetti aveva proposto una convergenza con alcuni correnti politiche, come l’appena costituito Partito radicale e Unità popolare. A Calogero venne dato l’incarico di trasmettere agli “Amici del Mondo” la proposta per un convegno sul problema militare italiano, nel quale venisse tenuta una relazione sui limiti della coscrizione obbligatoria. In realtà rimanevano contesti troppo ristretti per svolgere una funzione di traino all’interno delle istituzioni. Inoltre nemmeno in quest’area l’odc trovava ampi favori: «Il Mondo», l’ espressione più autorevole della cultura laica nel quale si sperava di trovare un gancio, non inserì mai la questione militare tra i celebri convegni che tenne sul finire degli anni Cinquanta, e, pur se aprì saltuariamente le sue pagine ad alcuni contributi favorevoli all’odc, non la considerò un’istanza da sostenere, manifestando anche in seguito una certa freddezza nei confronti di molte iniziative capitiniane830. Come già era accaduto in passato e sarebbe accaduto spesso in futuro l’organizzazione teorica non fu mantenuta. Rimase in vita il solo comitato legale, nel quale furono coinvolti Capitini e Pioli. Basandosi sul progetto elaborato a Milano nel 1951, nell’informale riunione tenutasi tra Pioli, Capitini e Segre, e rilanciato durante il convegno, venne comunque stesa una proposta di legge più complessa e articolata, ma anche più comprensiva dei bisogni degli obiettori831. Soprattutto si materializzò l’agognata sponda parlamentare disposta a farsene carico.

Il Partito Socialista si trovava nel pieno di una profonda fase di transizione. Il distacco dal Partito comunista avviato dal congresso di Torino del 1955 con la prima apertura di Nenni alla Democrazia cristiana, si era definitivamente consumata con la repressione ungherese. Uscendo da una lunga ibernazione politica, il Psi aveva la necessità di ricostruire un rapporto con i propri valori libertari e pacifisti, dopo gli anni trascorsi a rimorchio delle iniziative del Pci e dei Partigiani della Pace. Del mutamento poteva giovarsi anche l’obiezione di coscienza che pur non essendone un’espressione diretta aveva molti punti di contatto con la tradizione antimilitarista di inizio secolo. Il tramite fu Giacomo Rosapepe, politicamente molto vicino al Psi. Dall’altro lato, pur se il progetto venne presentato dai deputati Basso, Targetti, Mazzali, Ferri, Jacometti, Bogoni,e Guadalupi, il lavoro di raccordo con il gruppo e con Nenni fu svolto dal Capo dell’Ufficio Legislativo del gruppo parlamentare, Sergio Fenoaltea, «il più diligente nel prendere atto dei nostri lavori» secondo lo

829 Ne fecero parte Jemolo, Romualdi, Peyrot, Bartalini, Rosapepe. 830

Cfr lettera di Aldo Capitini a Guido Calogero, Perugia 20 ottobre 1961 e lettera di Aldo Capitini a Guido Calogero, Perugia, 23 dicembre 1961 in A. Capitini-G. Calogero, Lettere 1936-1968, a cura di T. Casadei e G. Moscati. Carocci, Roma 2009).

831 Lettera dattiloscritta inoltrata da Nicola Romualdi inoltrata ai diversi aderenti al convegno conservata in FC, b.75. Venivano esplicati tutti i punti controversi e le decisioni prese. Si riteneva di non precisare i motivi per i quali si forma l’obiezione, tenendo presente che quelli morali e religiosi non esaurivano la casistica dell’odc (oltre al casi degli anarchici, sintomo della vicinanza della guerra trascorsa, si poneva il problema dei cittadini che fossero obbligati a portare le armi contro uno Stato di cui fossero cittadini prossimi congiunti). Si cercava però di contemperare l’allarme e la resistenza che la formula prescelta avrebbe suscitato, inasprendo la severità del servizio alternativo. L’organizzazione veniva affidata al Ministero dell’Interno in “servizi di difesa civile”, era sospesa la facoltà di obiettare durante la prestazione del servizio militare perché « sarebbe stato irrealistico pensare di superare la resistenza dei militari all’abbandono di un servizio iniziato» (la cosa incontrò l’invincibile resistenza di Capitini e Pioli), veniva definita una commissione giudicante da cui non erano esclusi gli elementi militari.

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stesso Rosapepe832. L’elaborazione di un progetto comune richiese diversi mesi per le diverse esigenze dei due mediatori. Da una parte vi era l’esperienza di un partito consapevole degli umori parlamentari e portato ad attenuare le proposte fatte in quanto «arrischiate»833. Dall’altro lato Rosapepe non poteva ignorare le pressioni di chi, come Pioli e Capitini, aveva una visione netta del «carattere ideale» alla base della battaglia del riconoscimento, della legislazione internazionale e dei compromessi lesivi della dignità che gli obiettori avrebbero rifiutato834. Il lavoro comune era indice di un interesse nuovo e positivo: le osservazioni che provenivano dal Partito Socialista, dovevano essere intese come dimostrazione «che la questione era stata presa a cuore» e che si voleva arrivare a un risultato concreto, cercando un buon equilibrio tra principi e realtà835. La disponibilità che il Psi e Nenni dimostrarono nel recepire le istanze degli odc, fu tuttavia molto ampia. I rilievi di Rosapepe vennero tutti accettati. Appare assai probabile che il Partito Socialista avesse lasciato spazio alle questioni di principio sostenute dal comitato legale, essendo conscio dell’improbabile approvazione in una legislatura agli sgoccioli, che aveva nel cassetto ancora duemila progetti da esaminare836. Nonostante l’improbabile approvazione, il progetto presentato il 20 luglio 1957 raggiungeva tre risultati837: costituiva una traccia sicuramente migliore rispetto al progetto Calosso- Giordani che si sarebbe potuta ripresentare anche nella successiva legislatura; l’obiezione di coscienza trovava una forza politica disposta a sostenerla in Parlamento; si riaccendeva infine, attorno alla questione di coscienza, un timido interesse della stampa838.