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Assistenza e provvedimenti legislat

provincia di Lubiana

3. Assistenza e provvedimenti legislat

Parallelamente all’assistenza, il governo studiò ed emanò una serie di provvedimenti legislativi miranti a estendere ai profughi benefi ci di caratte-

31. Nota (prot.n. 2184) inviata il 22 settembre 1946 dal ministero degli Interni all’Uzc. In Apcm-Uzc, Sezione II, Profughi, B. 1, F.29, Unrra assistenza e distribuzione indumenti.

32. Unrra, Survey of Italy’s economy, cit., pp. 179-180.

33. S. Salvatici, «Not enough food to feed the people». L’Unrra in Italia (1944-1945), in «Contemporanea», 1 (2011), p. 95.

re economico volti a potenziare, integrandole, le misure di primo intervento e ad accelerare, per quanto possibile, il loro assorbimento nel sistema pro- duttivo del paese.

Relativamente al primo aspetto, nel settembre 1947 fu promulgato un decreto (n. 885 del 3 settembre a fi rma di Enrico De Nicola, capo provviso- rio dello stato) che estese «ai cittadini aventi il loro domicilio nei territori di

confi ne»34, i benefi ci previsti per i reduci e gli ex combattenti, dimostrando

così uffi cialmente il concreto interessamento da parte dell’esecutivo e la

volontà di un’«assunzione di responsabilità»35 verso i profughi giuliano-

dalmati che, equiparati alle altre categorie assistibili, furono oggetto di spe- cifi che e particolari attenzioni.

La normativa vincolava i richiedenti a dimostrare la loro effettiva prove-

nienza (indicata nel testo come «sussistenza»36) dai territori di confi ne. Era

questa una condizione essenziale per accedere ai benefi ci del provvedimento e la cui verifi ca sarebbe stata di competenza del prefetto della provincia di residenza del profugo, tenuto a sua volta a comunicare, oltre ai dati anagrafi - ci e alla condizione professionale, la località di provenienza, la data di esodo e quella di arrivo, unitamente alle forme assistenziali alle quali aveva già avuto accesso. Sulla base di tali elementi le prefetture avrebbero valutato la domanda e concesso la qualifi ca di profugo, il cui mancato riconoscimento precludeva ogni forma di sostegno.

L’anno successivo, il 19 aprile, entrò in vigore il decreto n. 556, relativo al

«riordinamento e al coordinamento dell’assistenza in favore dei profughi»37.

Oltre ai giuliano-dalmati, indicati dall’articolo 1 come soggetti provenienti dai territori sui quali era cessata la sovranità italiana in seguito al Trattato di pace, il provvedimento era esteso anche ai profughi arrivati dalla Libia, dall’Eritrea, dalla Somalia, dall’Etiopia, dai territori esteri e a quelli colpiti da eventi bellici già residenti sul territorio nazionale.

Erogata all’intero nucleo familiare, a esclusione dei fi gli di età superiore a sedici anni, l’assistenza prevedeva, per coloro i quali fosse stato accertato «lo stato di bisogno», la corresponsione per la durata di un anno di un sus- sidio giornaliero di 100 lire al capofamiglia e 45 agli altri componenti. Il sussidio, integrato con l’indennità corrisposta per il caropane, non era però 34. D.L.C.P.S., 3 settembre 1947, n. 885. In «Gazzetta Uffi ciale», n. 215, 19 settembre 1947, p. 2770.

35. A. Brondani, I provvedimenti legislativi a favore dei profughi, in C. Colummi [et al.],

Storia di un esodo, cit., p. 603.

36. D.L.C.P.S., 3 settembre 1947, n. 885, cit.

37. D.L., 19 aprile 1948, n. 556. In «Supplemento ordinario alla Gazzetta Uffi ciale n. 124», 31 maggio 1948, pp. 2-4.

cumulabile con quelli di disoccupazione o con altre forme di assistenza or- dinaria e continuativa, a meno che esse non raggiunsero una quota inferiore (art. 3).

Il provvedimento cessava a fronte della decadenza dello «stato di bi- sogno» (riconosciuto da un’apposita commissione a quanti non fossero in grado di provvedere autonomamente «alle più modeste esigenze di vita»), della mancata iscrizione agli uffi ci provinciali del lavoro, del rifi uto di col- locamento lavorativo anche al di fuori dell’abituale settore professionale e del ritiro della qualifi ca di profugo (art. 7).

La normativa prevedeva inoltre altri punti rilevanti, quali l’assistenza gratuita per un anno negli ospedali convenzionati (art. 10), la concessione «una tantum» di un sussidio di 12.000 lire per i profughi che avrebbero esercitato il diritto di opzione dopo l’entrata in vigore del decreto (art. 4) e un «premio di primo stabilimento» di 13.500 lire per quelli che, nei tre mesi successivi alla promulgazione del provvedimento, avessero deciso di abbandonare volontariamente i centri di raccolta nei quali avevano trovato

ricovero (art. 11)38.

Oltre all’aspetto prettamente assistenziale, l’azione governativa mirò a intervenire anche nell’ambito del collocamento lavorativo, cercando di favo- rire l’assunzione stabile degli esuli nei differenti comparti professionali. A essere coinvolte furono però, almeno inizialmente, soltanto alcune ristrette categorie per le quali la sistemazione si rivelò più agevole rispetto ad altre.

Si trattava, ad esempio, dei farmacisti ai quali il governo concesse la possibilità di avviare in Italia la propria attività a seguito dell’autorizzazione da parte dell’Alto commissariato dell’igiene e della sanità pubblica e del superamento di una prova concorsuale, e dei laureati in giurisprudenza, che ottennero l’opportunità di essere incaricati, entro la metà delle posizioni di-

sponibili, nei ruoli organici della magistratura (pretore, giudice, ecc.)39.

A benefi ciare del riassorbimento in breve tempo furono anche dirigenti, impiegati, funzionari e operai statali e parastatali, per i quali l’esecutivo predispose la riassunzione, con le stesse mansioni svolte nei paesi di prove- nienza, negli uffi ci corrispondenti sparsi nelle varie aree d’Italia.

Si veda in tal senso la vicenda del personale dei Monopoli di Stato che aveva esercitato il diritto di opzione entro e non oltre il 15 settembre 1947, reintegrato nelle diverse Manifatture Tabacchi che avevano la possibilità di assorbire manodopera proveniente dagli stabilimenti di Fiume, Rovigno e, soprattutto, Pola. Si trattava, in larga misura, di manodopera femminile che

38. D.L., 19 aprile 1948, n. 556, cit. pp. 2-3.

andò così a incrementare gli organici, tra i molti casi che si potrebbero cita-

re, dei complessi di Torino, Venezia, Rovereto, Modena, Firenze e Lucca40.

Il riassorbimento negli apparati statali non riguardò soltanto i dipendenti dei Monopoli di Stato, ma anche quelli impiegati in altri ambiti lavorativi. Fu il caso, ad esempio, dei lavoratori dell’Arsenale di Pola, ovvero – come si legge in una corrispondenza intercorsa nel gennaio 1947 tra il ministero della Marina e quello degli Interni – di «880 operai che saranno riassun- ti nelle sedi militari marittime di Venezia, Brindisi, Messina, Taranto e La

Spezia»41. Il contingente più numeroso raggiunse la città ligure dove, secon-

do una comunicazione del prefetto, il primo scaglione di arsenalotti, circa 130 con relative famiglie al seguito, giunse il 10 febbraio 1947, seguito, nei giorni successivi da altri operai che portarono a circa 200 i lavoratori arrivati

in città nel solo 194742.

Cinque anni più tardi, nel 1952, si scrive un capitolo fondamentale nel campo dell’assistenza ai profughi con la promulgazione, il 4 marzo, della legge n.137, meglio nota come legge Scelba, la cui attivazione impresse una decisa accelerazione all’inserimento lavorativo degli esuli.

La normativa sanciva infatti l’obbligo da parte delle aziende e delle im- prese appaltatrici di opere pubbliche di assumere al loro interno la quota del 5% di profughi (art. 27) e stabiliva la concessione di licenze commerciali e l’iscrizione agli albi professionali per quelli che nei comuni di nuova resi- denza intendessero riprendere le attività commerciali, artigianali o profes-

sionali esercitate nei territori di provenienza (art. 28)43.

Si trattava, complessivamente, di un impianto normativo di grande rilie- vo che, per la prima volta, tentava di fornire un quadro di sistematicità alla materia. Al tempo stesso la legge rappresentava però un intervento tardivo, poiché promulgato soltanto cinque anni dopo il grande esodo seguito alla 40. Sui trasferimenti del personale dalle Manifatture Tabacchi dell’Istria a quelle italiane, cfr. E. Miletto, Con il mare negli occhi. Storia, luoghi e memorie dell’esodo istriano a Tori-

no, FrancoAngeli, Milano 2005; M. Orlić, L’esodo degli italiani dall’Istria e l’insediamento

dei profughi nella provincia di Modena, in «Quaderni» XVIII (2007), pp. 36-68; M.T. Sega,

N.M. Filippini, Manifattura Tabacchi, Cotonifi cio Veneziano, il Poligrafo, Padova 2008; A. Sestani, Esuli a Lucca. I profughi istriani, fi umani e dalmati 1947-1956, Maria Pacini Fazzi, Lucca 2015.

41. Telespresso n. 315 inviato dal ministero della Marina all’Uzc il 17 gennaio 1947. In Apcm-Uzc, Sezione II, Sottosezione Profughi, B. 24, F. 2.9, La Spezia. La Spezia, sistema- zione personale ex base navale di Pola.

42. Telegramma inviato da Oscar Moccia, prefetto di La Spezia, all’Uzc il 10 febbra- io1947. In Apcm-Uzc, Sezione II, Sottosezione Profughi, B. 24, F. 2.9, La Spezia. La Spezia, sistemazione personale ex base navale di Pola.

43. Cfr. Legge n. 137 (Assistenza a favore dei profughi), 4 marzo 1952. In «Gazzetta Uffi ciale» n. 71, 24 marzo 1952, pp. 1164-1167.

fi rma del Trattato di pace, evidenziando la disorganicità dell’azione gover- nativa, condotta, fi no ad allora, senza una vera e propria strategia di fondo e con una sostanziale sottovalutazione delle dimensioni dell’esodo e delle problematiche dei profughi che sembravano stimolare interessi politici piut- tosto che attenzioni sociali.

Emergeva così un approccio quasi esclusivamente assistenzialista, che se da un lato garantiva agli esuli le condizioni di una sopravvivenza immediata, dall’altro non favoriva affatto, ritardandolo, la loro inclusione nel tessuto economico, produttivo e sociale del paese.