provincia di Lubiana
3. Zona di Operazioni Litorale Adriatico
In un silenzio fuori del tempo, vi fu un’improvvisa tensione, un sussulto. […] Fuor della porta, passi pesanti, che si avvicinavano e si arrestavano. E ordini secchi: Brecht die
türe auf! […] Uomini in divisa che irrompono e noi immobili, il terrore e l’indignazione
rimescolati in viso29.
Siamo a Portole, borgo medievale dell’Istria interna nella valle del fi ume Quieto, agli inizi dell’ottobre 1943. Gli attimi, concitati, sono quelli vissuti da Costanza, giovane protagonista de La tartaruga, romanzo autobiografi co
27. T. Piffer, Introduzione, in Id. (a cura di), Porzûs. Violenza e Resistenza sul confi ne
orientale, il Mulino, Bologna 2012, p. 7.
28. Cfr. E. Aga Rossi, L’eccidio di Porzûs e la sua memoria, in T. Piffer, Porzûs, cit., p. 98. Sulla vicenda processuale, cfr. A. Kersevan, Porzus: dialogo su un processo da rifare, Kappavu, Udine 1997.
di Aurea Timeus, che ci consegna l’arrivo nel borgo dei soldati tedeschi. Una narrazione carica di tensione, dettata dalla visione di uomini dai modi energici, il passo greve e il tono deciso, che evocano timori e paure racchiusi nell’ordine perentorio («Brecht die türe auf !» e cioè «Apri la porta!») rivol- to alla ragazza.
I militari erano giunti a seguito dell’«Operazione Nubifragio» (Wolkenbruch), la campagna militare preparata dai comandi della Weh- rmacht per prendere possesso dell’entroterra istriano, inizialmente trascu- rato per concentrare gli sforzi verso Trieste, Pola, Fiume e le altre città costiere, considerate nevralgiche sul piano strategico e militare. Una volta ottenutone il controllo, anche l’Istria interna avrebbe dovuto confl uire nella neo costituita Zona di Operazioni del Litorale Adriatico (Operationszone
Adriatisches Künstenland, laddove quest’ultimo termine riprendeva l’antico
titolo austriaco del territorio), che assorbiva le province di Udine, Trieste, Gorizia, Pola, Fiume e Lubiana.
Come già avvenuto nello stesso periodo per le province di Trento, Belluno e Bolzano, occupate e inquadrate nella Zona di operazioni delle Prealpi (Ope-
rationszone Alpenvorland), anche per le province orientali la creazione del
Litorale Adriatico signifi cò la defi nitiva separazione dell’area dal resto del territorio italiano e l’instaurazione di un’esclusiva amministrazione tedesca.
Il progetto, come hanno dimostrato recenti studi, andava ricondotto non tanto a una volontà di sopperire alla situazione di emergenza creatasi dopo l’8 settembre, o a dinamiche di carattere strategico-militare (l’area costituiva infatti per i tedeschi un importante crocevia tra il fronte orientale e quello occidentale), quanto piuttosto a una precisa strategia pianifi cata dai vertici di Berlino che, nel segno della politica espansionista nazista, intendevano perseguire un progetto di riunifi cazione sotto l’egida del Reich di tutti i ter-
ritori già appartenuti al vecchio Impero austriaco30.
L’offensiva militare, condotta con l’appoggio degli Stuka della Lutwaffe e dei carri armati, mise in campo un imponente spiegamento di uomini e mezzi, coinvolgendo reparti di fanteria e divisioni corazzate. Scattò il 1° ottobre e raggiunse ben presto l’obiettivo: il 15 ottobre i tedeschi assunsero infatti il pieno controllo dell’Istria.
In due settimane le truppe germaniche, supportate da gruppi di fascisti locali che conoscevano approfonditamente il territorio, operarono con spie- tata durezza, seguendo scrupolosamente le indicazioni del Bandenkampf in
der Operationszone Adriatisches Küstenland, un prontuario contenente le
30. Cfr. G. Liuzzi, Violenza e repressione nazista nel Litorale Adriatico 1943-1945, Irsml, Trieste 2014, pp. 23-24.
tecniche di applicazione della repressione anti-partigiana, appositamente redatto sull’esempio della direttiva emanata da Hitler il 18 agosto 1942 per combattere la resistenza nei territori orientali dopo l’invasione dell’Unione
Sovietica31.
Seguendo le coordinate di una «geografi a di sangue»32 che attraversava
intere aree dell’Italia e dell’Europa occupata, la lotta alle bande fu accom- pagnata da rastrellamenti, distruzioni di villaggi, deportazioni e rappresaglie contro la popolazione civile, vittima, anche in Istria, della furia di implaca- bili persecutori. L’uccisione indiscriminata e senza motivazioni apparenti di uomini e donne inermi, si inseriva a pieno nelle strategie di una «guerra ai
civili»33 che, intrecciando «macroviolenza e microviolenza»34, veniva con-
dotta con il duplice scopo di spezzare i legami dei partigiani con le comunità locali e di dare prova della propria forza alla popolazione del territorio.
L’urto dell’offensiva fu durissimo, se è vero che tra il 25 settembre e l’11 novembre si contarono, oltre all’incendio e alla distruzione di un migliaio di abitazioni, 2.800 vittime e circa 2.500 arrestati, parte dei quali (circa 400)
inviati nei campi di concentramento35.
Come sottolineato, l’area venne separata dalla Repubblica sociale ita- liana, costituitasi nell’Italia settentrionale dopo la liberazione di Mussolini, che non poté quindi esercitarvi un effettivo potere legislativo, economico e militare limitandosi, pur collaborando attivamente con il Reich, a mantenere sul territorio alcune divisioni militari poste agli ordini del comando tedesco.
L’amministrazione del Litorale Adriatico fu affi data a Friedrich Rainer, già governatore (Gaulatier) della Carinzia, che assunse la carica di Alto commissario (Oberste Kommissar).
Nato nel 1903 a Sankt Veit an der Glan, in Carinzia, appoggiò fi n da gio- vane le posizioni dei nazionalisti austriaci, militando anche in gruppi para- 31. Cfr. M. Coslovich, La «Zona d’operazione Litorale Adriatico» e la Risiera di San
Sabba, in «I Viaggi di Erodoto», 34 (1998), p. 8.
32. Traggo l’espressione da P. Pezzino, G. Fulvetti (a cura di), Zone di guerra, geografi e
di sangue. L’atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia (1943-1945), il Mulino, Bologna
2016.
33. La defi nizione di guerra ai civili è stata proposta e indagata da Michele Battini e Paolo Pezzino. Sul tema, cfr. M. Battini, P. Pezzino, Guerra ai civili. Occupazione tedesca e
politica del massacro. Toscana 1944, Marsilio, Venezia 1997.
34. C. Gentile, I crimini di guerra tedeschi in Italia 1943-1945, Einaudi, Torino 2015, p. 25.
35. G. Liuzzi, La politica di repressione tedesca nel litorale adriatico (1943-1945), Tesi di Dottorato XIX° Ciclo, Università degli Studi di Pisa, Pisa 2007, p. 253. Sulla repressione anti-partigiana nel Litorale Adriatico, cfr. C.M. Zampi, La repressione legale
nell’Operationszone Adriatisches Künstenland: la corte speciale per la sicurezza pubblica,
militari attivi sul territorio. Laureatosi in giurisprudenza nel 1926, si trasferì
a Graz, dove entrò in contatto con le SA36 prima di iscriversi, nel 1930, al
partito nazional-socialista (Nsdap) del quale divenne, quattro anni più tardi, responsabile in Carinzia del servizio informazioni delle SS e della sezione stampa e propaganda.
Nel 1936 ricevette direttamente da Hitler l’incarico di potenziare la presenza dell’Nsadp in Austria, ricoprendo ruoli di spicco all’interno del- la nuova amministrazione austriaca instaurata dopo l’annessione del paese alla Germania nazista (Anschluss): fu infatti segretario di stato nel 1938 e
Gauletier di Salisburgo fi no al 1941, anno in cui ricevette la nomina di go-
vernatore della Carinzia37.
Giunto nel Litorale Adriatico, Rainer trasformò il territorio in una sorta di protettorato tedesco, seguendo una linea che mirava a contrapporre tra di loro i tre gruppi nazionali presenti nell’area al fi ne di far risaltare la «ne-
cessità dell’arbitrato germanico»38, che si tradusse nella designazione negli
apparati amministrativi di consiglieri e funzionari tedeschi, molti dei quali di origine carinziana.
A ciò si accompagnò, nell’ottica di una politica di ammiccamento verso le componenti nazionali, la concessione di parziali autonomie linguistiche e amministrative, prima tra tutte la nomina, a livello provinciale, di funzionari italiani, sloveni e croati (la cui autonomia era però ridotta ai minimi termini) a seconda della composizione demografi ca della zona.
Seguendo i dettami di Berlino, Rainer impose il lavoro obbligatorio nell’organizzazione Todt a larghe fasce di popolazione, con l’obiettivo di controllare un gran numero di uomini e scoraggiare un loro eventuale in- gresso nel movimento partigiano. Essi furono principalmente mobilitati per la costruzione di opere di fortifi cazione e linee di difesa, come ad esempio quelle comprese nell’Alpenfestung, faraonico progetto che avrebbe dovuto portare alla creazione di una linea che da Trieste si spingeva a Fiume e, da
qui, fi no alle Alpi39. L’impresa subì però un drastico ridimensionamento,
36. Sturmabteilung (sezione d’assalto), reparto paramilitare creato da Hitler nel 1921. 37. Le informazioni sul profi lo biografi co di Rainer sono tratte da M. Williams, Friedrich
Rainer e Odilo Globocnik. Un’amicizia insolita e i ruoli sinistri di due nazisti tipici, in
«Qualestoria», 1 (1997), pp. 143-144, 152,158. Per un approfondimento più dettagliato cfr. M. Williams, Gau, Volk und Reich: Friedrich Rainer und the Paradox of Austrian National
Socialism, Verlag des Geschichtsvereins für Kärnten, Klagenfurt, 2005.
38. R. Pupo, Venezia-Giulia: immagini e problemi 1945, Editrice Goriziana, Gorizia 1992, p. 17.
39. Cfr. R. Spazzali Sotto la Todt: affari, servizio obbligatorio del lavoro, deportazioni
poiché una linea, denominata Linea Ingrid, venne realizzata solo attorno alla
città di Fiume, mentre gli altri due versanti rimasero incompiuti40.
Reiner provvide anche a strutturare sul territorio uno speciale apparato di polizia, il Hohere SS-und Polizeifi ihrer affi dandone il comando al gene- rale delle SS Odilo Lotario Globocnik, suo amico d’infanzia e reduce dalla
Aktion Reinhard, l’operazione condotta contro gli ebrei polacchi nel marzo
1942 che provocò la morte di quasi due milioni di persone attraverso la crea-
zione dei campi di sterminio di Sobibor, Belzec e Treblinka41.
Nominato responsabile delle SS e della polizia, Globocnik inserì nel pro- prio apparato buona parte dei quadri che avevano già collaborato con lui alla
soluzione fi nale in Polonia42. Si trattava di «professionisti dello sterminio»43,
impiegati nelle operazioni contro i cittadini ebraici, divenuti bersagli della repressione nazista, impegnata anche nella lotta contro partigiani e comu- nisti. Ritenuti nemici dello stato tedesco, la loro eliminazione andava per- seguita attraverso l’adozione di quelle che lo stesso Reiner defi nì «misure
durissime»44.
A Trieste Globocnik e i suoi uomini operarono nel Polizeihaftlager della Risiera di San Sabba. Costituita nell’ottobre 1943 in un vecchio stabilimen- to per la pilatura di riso nel rione di San Sabba, alla periferia della città, la struttura fu non solo, come si evince dalla denominazione, luogo di deten- zione di polizia, ma anche complesso di raccolta dei beni razziati alla comu- nità ebraica. A ciò si aggiunga la sua funzione di campo di transito sia per gli ebrei catturati nell’area o nei territori limitrofi (Veneto e Jugoslavia) destina- ti alla deportazione nei campi di sterminio di Auschwitz e Ravensbruck, sia per i membri della Resistenza, gli oppositori politici e gli ostaggi civili, che qui vennero rinchiusi, torturati ed eliminati.
In tal senso a partire dal marzo 1944 i tedeschi costruirono nel campo un apposito forno per la cremazione dei cadaveri, dopo aver inizialmente utiliz- zato quello dell’essiccatoio già esistente. Si calcola che dalla sua attivazione fi no all’aprile del 1945 siano state eliminate tra le 3.000 e le 5.000 persone, 40. Cfr. S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Künstenland: Udine, Gorizia, Trieste,
Pola, Fiume e Lubiana durante l’occupazione tedesca, 1943- 1945, Irsml, Trieste 2005, p.
586.
41. Cfr. G. Corni, Il sogno del “grande spazio”. Le politiche d’occupazione nell’Europa
nazista, Laterza, Roma-Bari 2004, p. 116.
42. Cfr. E. Collotti, Il fascismo e gli ebrei. Le leggi razziali in Italia, Laterza, Roma-Bari 2008, p. 140.
43. G. Valdevit, Trieste. Storia di una periferia insicura, Bruno Mondadori, Milano 2004, p. 40.
44. P. A. Carnier, Lo sterminio mancato. La dominazione nazista sul Veneto orientale
in buona parte antifascisti e partigiani italiani, sloveni e croati. Poco meno di un centinaio gli ebrei uccisi, mentre quelli che transitarono per la Risiera
furono 1.450, 700 dei quali vennero deportati45.
Nelle fasi fi nali del confl itto precedenti la dissoluzione del Litorale Adria- tico, Rainer fuggì da Trieste. Partì il 28 aprile 1945 in direzione Klagenfurt, in Carinzia, dove venne raggiunto da Globocnik. I due si rifugiarono in una baita isolata nelle montagne circostanti, fi no a quando non vennero sorpre- si, il 31 maggio, da un’unità dell’VIII Armata britannica. Arrestati, furono interrogati: Globonick, dopo aver cercato invano di negare la sua identità si tolse la vita ingoiando una capsula di cianuro, mentre Reiner non oppose resistenza.
Fu quindi trasferito nel carcere di Norimberga e da qui consegnato agli jugoslavi per essere processato a Lubiana davanti al Tribunale di guerra del- la IV Armata che lo condannò a morte. La sentenza fu eseguita per impicca-
gione il 19 agosto dello stesso anno46.