2. La procedura dedicata al singolo migrante
2.3. Il nulla osta al lavoro per il lavoratore subordinato migrante
2.3.1. Assumere il lavoratore migrante risiedente all’estero
Proseguendo nell’analisi della procedura, occorre notare che il meccanismo procedimentale descritto all’art. 22 TU è dedicato espressamente all’assunzione di coloro che, oltre a essere cittadini di Paesi terzi, risiedono all’estero; non viene invece specificato al-cunché riguardo al lavoratore straniero che sia regolare soggior-nante in Italia.
A tal proposito, tuttavia, bisogna osservare che lo straniero il quale sia entrato in Italia per un impiego e il cui rapporto di
68 M.FERRERO, F.PEROCCO, op. cit., 7 ss.
ro, poi, sia venuto a cessare sicuramente potrà concorrere con gli altri lavoratori nella ricerca di una nuova occupazione “italiana”, avendo fra l’altro a tal fine il diritto di iscriversi alle liste di collo-camento (art. 22, comma 11, TU). Nei suoi confronti non vale alcun “divieto di assunzione diretta”. È importante, certo, che ta-le lavoratore straniero sia appunto un “regolare soggiornante” e che quindi non si trovi in Italia in via assolutamente temporanea (ad esempio grazie ad un visto turistico). È importante inoltre che non debba convertire il proprio permesso di soggiorno (ma-gari concesso per motivi di studio o a causa di un ingresso “fuori quota”); che, nonostante la perdita della prima occupazione, la sua posizione in Italia continui a essere caratterizzata nel segno della regolarità (cioè che rimanga lui un lasso di tempo da dedica-re alla ricerca del nuovo impiego, non essendo scaduto il permes-so di permes-soggiorno). Tuttavia, quando non ci siano complicazioni di questo genere69, unico principio che deve guidare l’interprete è quello antidiscriminatorio.
Tornando a volgere attenzione al meccanismo procedimentale definito all’art. 22 TU, va detto che, riguardo alla concessione del nulla osta al lavoratore straniero risiedente all’estero, bisogna opera-re una distinzione: a seconda che il datoopera-re di lavoro voglia che il nulla osta sia concesso proprio a un determinato lavoratore stra-niero o ad altri. Nel primo caso, il datore di lavoro avanza una ri-chiesta c.d. “nominativa” (art. 22, comma 2, TU). Può però darsi che il datore di lavoro sia alla ricerca di persone che si rendano disponibili e siano adeguate per occupare certe posizioni lavora-tive vacanti; non trovandole, egli potrebbe rivolgersi allo sportel-lo unico per assumere degli stranieri che – si osservi – egli non
69 Soltanto presa in esame la disciplina in tema di permessi di soggiorno, si può avere piena consapevolezza circa quali problemi giuridici accompagni-no eventualmente l’assunzione di uaccompagni-no straniero regolarmente soggiornante in Italia.
nosce. In tal caso, avanza una richiesta definita “numerica”70 (art.
22, comma 3, TU).
È la prima delle due tipologie di richieste descritte quella – di gran lunga – di maggiore rilievo pratico71, mentre è alquanto raro che si abbiano chiamate numeriche.
Occorre, comunque, nuovamente sottolineare che sia in un caso sia nell’altro il lavoratore straniero dovrebbe essere residente all’estero durante l’espletamento dell’intera procedura avviata dal datore di lavoro: nulla osta e quindi pure visto d’ingresso per motivi di lavoro sono rilasciati al lavoratore straniero in ragione dell’impiego che lo attende in Italia.
Chiaramente, quando si abbia una chiamata nominativa, è neces-sario che domanda e offerta di lavoro abbiano avuto già modo di incontrarsi se – come si sta ripetendo – il contratto di lavoro è condizione per l’ingresso in Italia. Se ciò è vero, allora bisogna chiedersi secondo quali modalità può essere avvenuto questo in-contro; come si spiega, insomma, il dato della conoscenza diretta del migrante da parte del datore di lavoro. Come è stato osserva-to, «Questo incontro “perfetto” [fra domanda e offerta di lavoro]
70 Per comprendere come funzioni concretamente il meccanismo della chiamata numerica, è necessario fare cenno alla norma ex art. 21, comma 5, TU. Vi sono descritte le liste presso cui gli stranieri, che intendano fare in-gresso in Italia ma ancora non conoscano un datore di lavoro disponibile ad assumerli, possono iscriversi. La norma recita: «Le intese o accordi bila-terali di cui al comma 1 possono prevedere che i lavoratori stranieri che in-tendono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato, anche sta-gionale, si iscrivano in apposite liste, identificate dalle medesime intese, specificando le loro qualifiche o mansioni, nonché gli altri requisiti indicati dal regolamento di attuazione. Le predette intese possono inoltre prevedere le modalità di tenuta delle liste, per il successivo inoltro agli uffici del Mini-stero del lavoro e della previdenza sociale».
71 W.CHIAROMONTE, Lavoro e diritti sociali degli stranieri. Il governo delle migra-zioni economiche in Italia e in Europa, cit., 164.
da qualche parte del pianeta si è rivelato difficilissimo, special-mente nel contesto italiano»72. È emblematico, a tal proposito, il fatto che il meccanismo di cui al comma 2 (quello della chiamata nominativa) sia «stato oggetto di parere sfavorevole da parte del Comitato economico e sociale quando è stato per la prima volta introdotto in sede comunitaria»73.
Bisogna allora richiamare ribadire e sviluppare ulteriormente quanto descritto in precedenza, circa il disallineamento fra pre-scrizioni del legislatore e normale funzionamento del mercato del lavoro.
Il legislatore richiede sì che il lavoratore straniero ancora trovan-dosi all’estero abbia ricevuto un’offerta di lavoro, ma, d’altro can-to, sembra sottovalutare che per svolgere numerose occupazioni (soprattutto in Italia, dove l’economia è fortemente caratterizzata dalle attività artigiane, dal terziario, dalla piccola e piccolissima industria) di regola è necessario un incontro diretto fra datore di lavoro e futuro dipendente. Se è pensabile che un manager, un professore o un tecnico altamente specializzato ricevano offerte di lavoro dall’estero, essendo loro inseriti all’interno di network professionali estesi, dove reputazione e abilità sono apprezzate a livello transnazionale, ciò non si può immaginare per la quasi to-talità della popolazione immigrata in Italia.
Nel nostro Paese, infatti, gli stranieri di solito hanno occupazioni scarsamente qualificate e incontrano difficoltà nel mondo lavora-tivo tali che se ne parla come di «manovali precari a vita»74. Il fatto, fra l’altro, che gli stranieri tendano a concentrarsi per grandissima
72 M.FERRERO, F.PEROCCO, op. cit., 23.
73 F.SANTINI, op. cit., 214. L’A., fra l’altro, cita la Proposta di direttiva del Consiglio relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di Paesi terzi che intendano svolgere attività di lavoro subordinato o autono-mo, la quale risale al 2001.
74 M.FERRERO, F.PEROCCO, op. cit., 16.
parte nelle fasce più basse del mercato del lavoro ha portato talu-ni autori a cotalu-niare un’espressione peculiare: defitalu-niscono il merca-to del lavoro italiano come pesantemente “razzializzamerca-to”75, met-tendone in rilievo la scarsa efficienza per quanto riguarda l’allocazione delle risorse umane immigrate. Tale scarsa efficienza troverebbe soprattutto una chiara spia nel diffuso fenomeno c.d.
della “sovra-qualificazione” degli stranieri.
Continuando a ragionare di mercato del lavoro e immigrati, biso-gna evidenziare come un rischio molto alto finisca per consistere nell’utilizzo di “circuiti informali” per la realizzazione del matching fra domanda e offerta di lavoro immigrato. Si vuole dire che fa-cilmente può immaginarsi il cittadino extra-comunitario che in modo illegale si reca in Italia, o comunque in modo illegale vi si trattiene, allo scopo di ricercare un’occupazione da svolgere “in nero”. In tal senso, diventa come se l’immigrazione fosse obbliga-ta76 a transitare per canali non regolari: è difficile che, per svolge-re mansioni non specializzate, lo straniero riceva un’offerta di la-voro che proviene dall’Italia mentre lui si trova ancora all’estero;
è difficile allora che non tenti prima di instaurare un legame con un datore di lavoro che si trova in Italia, giungendo illegalmente nel nostro Paese.
Il datore di lavoro, dal canto suo, se avvia la procedura per l’ottenimento del nulla osta, può darsi non stia facendo altro che
“sanare” la posizione del proprio dipendente77, ossia di colui che già lavora per lui.
75 Ivi, 14 e 18.
76 In tal senso, si esprimono Ferrero, Perocco, Chiaromonte e Papa.
77 Può addirittura rendersi necessario, ai fini del buon esito della chiamata nominativa, che il lavoratore faccia ritorno, anche per un breve periodo di tempo, nel proprio Paese di origine. È più che mai evidente come la chia-mata nominativa sia snaturata nella sua stessa ragion d’essere.
Comunque, che si tratti di rendere legittimo ex ante l’ingresso del migrante, oppure che si tratti si sanarne ex post la posizione nel Paese, si può sostenere che la parte datoriale nel concreto occupi una posizione di forza. Non a caso, in dottrina, si è affermato che il sistema dell’incontro fra domanda e offerta di lavoro im-migrato è «un sistema fortemente ispirato a tecniche regolative demand-driven»78.