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L’ingresso in Italia del lavoratore subordinato migrante

Nel documento Politiche migratorie e diritto del lavoro (pagine 109-113)

2. La procedura dedicata al singolo migrante

2.5. L’ingresso in Italia del lavoratore subordinato migrante

Conclusa l’analisi delle previsioni specifiche dedicate dal legisla-tore al tema del diniego del nulla osta, si continui a seguire il per-corso normativo-burocratico attraverso il quale il lavoratore stra-niero fa il suo ingresso in Italia.

Lo sportello unico, dopo aver verificato il rispetto delle prescri-zioni ex comma 2, delle prescriprescri-zioni contenute nel contratto col-lettivo applicabile alla fattispecie, la mancata integrazione delle ipotesi ex commi 5-bis e 5-ter, nel termine massimo di 60 giorni rilascia il nulla osta al lavoro. È necessario, peraltro, che a propo-sito sia stato sentito il Questore155 e che poi sia stata controllata

154 Per il momento, si sceglie di rimandare l’analisi dei commi 12 ss.: appo-sito focus sarà loro dedicato entro il cap. IV del presente lavoro (Irregolarità, sfruttamento lavorativo del lavoratore migrante e tecnica della sanatoria).

155 Come ben chiarisce W.CHIAROMONTE, Lavoro e diritti sociali degli stranieri.

Il governo delle migrazioni economiche in Italia e in Europa, cit., 165, presso la Questura è svolta un’indagine circa l’inesistenza «di motivi ostativi

la congruenza della richiesta con i limiti numerici degli ingressi, limiti stabiliti ex artt. 3, comma 4, e 21 TU.

all’ingresso ed al soggiorno dello straniero nel territorio italiano». È ragio-nevole ritenere che i “motivi ostativi” in questione siano quelli indicati all’art. 4, comma 3, TU, sebbene tutto l’art. 4 sia dedicato non tanto al rila-scio del nulla osta, quanto al (contiguo) tema della concessione dei visti d’ingresso. Esiste poi un’elencazione di reati cui prestare attenzione. Se lo straniero ha subito una condanna per una fra certe incriminazioni, non gli è infatti consentito il (nuovo) ingresso in Italia. Lo studioso può distinguere i reati “ostativi” ex art. 4, comma 3, in due gruppi: quelli individuati attraver-so il rinvio all’art. 380, primo e secondo comma, c.p.p. (dove attraver-sono eviden-ziati i casi dell’arresto obbligatorio in flagranza) e quelli, invece, che appar-tengono a categorie indicate dallo stesso legislatore del Testo Unico sull’immigrazione (soprattutto, i reati inerenti gli stupefacenti, la libertà ses-suale, l’immigrazione clandestina). A parte l’equiparazione della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti alla sentenza di condanna (che non può non rappresentare spunto per la curiosità degli amanti della procedura penale), è altro il dato normativo a risultare alquanto problema-tico. Il legislatore infatti afferma chiaramente che la condanna in questione può non essere definitiva. F.SANTINI, L’ingresso dello straniero nel territorio dello Stato, in A.TURSI (a cura di), op. cit., 162-163, osserva che una certa parte di dottrina ha riconosciuto in tale norma profili di illegittimità costituzionale:

sarebbe violato il principio di presunzione di non colpevolezza. Tuttavia (come la medesima autrice riporta) altra parte di dottrina ribatte che l’art.

27 Cost. non è violato quando alla sentenza non definitiva sono collegati immediati effetti extra-penali. La studiosa, dal canto suo, sembra davvero cogliere nel segno quando scrive: «Fondati dubbi di legittimità, sotto il pro-filo della ragionevolezza, solleva invece la norma nel momento in cui di-spone, non distinguendo tra le diverse tipologie d’ingresso, né in relazione alla gravità e/o al numero di reati commessi, né in relazione ad eventuali legami famigliari dello straniero con cittadini italiani o comunitari residenti in Italia, un’esclusione automatica dello straniero, operante anche nel caso in cui il rilascio del visto sia connesso all’esercizio di un diritto fondamenta-le, come il diritto all’unità della famiglia, il diritto di difesa o il diritto alla sa-lute».

Lo sportello unico, inoltre, «a richiesta del datore di lavoro, tra-smette la documentazione, ivi compreso il codice fiscale, agli uf-fici consolari, ove possibile in via telematica» (art. 22, comma 5).

Rivolgendosi agli uffici consolari italiani, lo straniero può così ot-tenere un visto d’ingresso156 per motivi di lavoro, grazie al quale entrare regolarmente in Italia.

A tal proposito, occorre precisare che lo straniero deve fare il proprio ingresso entro massimo 6 mesi dalla concessione del nul-la osta poiché, trascorso tale nul-lasso temporale, l’autorizzazione non è più valida (art. 22, comma 5, TU).

Con riferimento allo svolgersi della procedura in esame quando il lavoratore straniero sia già presente (evidentemente, non in mo-do regolare o per motivi di lavoro) all’interno del nostro Paese, va detto che in linea teorica, se la funzione del visto è per l’appunto quella di consentire l’ingresso nello Stato, «non è possibile il rilascio (né la proroga) di alcun tipo di visto allo straniero che già si trovi nel territorio di quest’ultimo. Il Ministero degli esteri […] ha revocato tuttavia tale divieto per i lavoratori subordinati, affermando che la presenza di un cittadino non UE privo del permesso di soggiorno sul territorio italiano durante l’iter autoriz-zativo al lavoro non costituisce elemento ostativo al rilascio delle autorizzazioni, nulla osta e relativi visti d’ingresso»157. In tal sen-so, è stato creato un piccolo regime speciale.

L’art. 5, comma 8, del d.P.R. n. 394/1999 prevede che il visto sia concesso nel termine di 90 giorni, quando siano integrati i requi-siti richiesti. Tali requirequi-siti hanno carattere soggettivo od oggetti-vo. La valutazione circa la sussistenza dei primi dipende dall’Autorità di pubblica sicurezza. I requisiti con carattere

156 L’art. 4, comma 1, TU recita: «L’ingresso nel territorio dello Stato è con-sentito allo straniero in possesso di passaporto valido o documento equi-pollente e del visto d’ingresso».

157 F.SANTINI, L’ingresso dello straniero nel territorio dello Stato, cit., 158.

gettivo sono, in generale, riconducibili all’esigenza del manteni-mento dell’ordine pubblico: se lo straniero possa rappresentare o meno una minaccia per la società italiana. Per quanto concerne, invece, i requisiti di carattere oggettivo, si ha che, nella domanda in forma scritta presentata presso l’ufficio consolare, lo straniero deve attestare158: lo scopo del soggiorno159, le condizioni del sog-giorno160, quali siano i mezzi di sussistenza sufficienti per la dura-ta del suo soggiorno161.

La concessione del visto d’ingresso forma oggetto non tanto di diritto soggettivo, quanto di interesse legittimo in capo allo stra-niero. Quando gli uffici consolari rispondano negativamente all’istanza, il loro provvedimento – scritto e motivato – potrà perciò essere impugnato presso il giudice amministrativo. A que-sto proposito, va notato che sia il provvedimento di diniego sia una nota contenente la descrizione delle modalità

158 Solitamente, per l’ottenimento del visto d’ingresso, il cittadino di Paese terzo deve anche indicare quali siano i mezzi che ne garantiscono il ritorno nel Paese di provenienza. Per il caso del lavoratore migrante, tuttavia, tale indicazione non è richiesta (art. 4, comma 3, TU) e ciò in coerenza con quanto studiato in tema di rilascio del nulla osta, visto che assicurare le spe-se per il rimpatrio forma oggetto di specifica obbligazione da parte del da-tore di lavoro.

159 Per quanto qui interessa, lo straniero desidera fare ingresso in Italia per svolgere attività di lavoro subordinato.

160 Anche riguardo alle condizioni di soggiorno, si rende necessaria una precisazione per il lavoratore migrante. Supra s’è visto che sia per avanzare richiesta di nulla osta (che sia completa), sia per proporre contratto di sog-giorno (che poi sia valido), il datore di lavoro deve indicare la sistemazione alloggiativa per lo straniero e, contestualmente, garantirne la disponibilità.

Evidentemente, lo straniero farà riferimento proprio alla sistemazione al-loggiativa predisposta dal datore di lavoro.

161 Evidentemente tale attestazione sarà collegata al contenuto del contratto di soggiorno.

dell’impugnazione debbono essere comunicati allo straniero (possibilmente, in una lingua a lui comprensibile).

Nel documento Politiche migratorie e diritto del lavoro (pagine 109-113)