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Il modello germanico del “Gastarbeiter”

Nel documento Politiche migratorie e diritto del lavoro (pagine 192-196)

3. I lavoratori migranti stagionali

3.5. Il modello germanico del “Gastarbeiter”

In realtà, su questo versante, la direttiva europea non ha fatto che confermare un atteggiamento normativo alquanto diffuso all’interno delle legislazioni dei Paesi membri. Non è un a caso se, già nel 2002, veniva scritto – non a riguardo di una disciplina europea inesistente, ma circa la disciplina italiana – che era stato abbracciato il modello tedesco c.d. del Gastarbeiter (letteralmente,

“lavoratore ospite”)116: meglio – nell’ottica del legislatore – gli

115 V.PAPA, op. cit., 368.

116 A.TURSI, La riforma della normativa in materia di immigrazione del 2002: una ricognizione critica, tra politica e tecnica legislativa, Working Paper CSDLE “Mas-simo D’Antona” – IT, 2004, n. 14, 6. L’espressione “Gastarbeiter”, storica-mente coniata nell’ambito delle strategie per l’immigrazione della Repubbli-ca federale tedesRepubbli-ca, in particolare è stata utilizzata prima negli anni Sessan-ta, per definire il modello tedesco di governo dei flussi di lavoratori prove-nienti dal Sud-Europa (Italia) e dalla Turchia, quindi tale espressione è stata riproposta negli anni Novanta, quando un atteggiamento analogo (di “aper-tura” accompagnata però da ristrette possibilità di definitiva stabilizzazione

sediamenti lavorativi provvisori (il lavoro stagionale, dunque), che non quelli caratterizzati nel segno di una certa stabilità (ossia insediamenti potenzialmente definitivi). L’atteggiamento di favo-re verso l’immigrazione temporanea117, d’altronde, è confermato di anno in anno dalle scelte contenute nei decreti flussi, dove sempre minore spazio è concesso all’ingresso per lavoro subor-dinato tout court, mentre parallelamente maggiore apertura è di-mostrata nei confronti degli stagionali118. Tale – utilitaristico – at-teggiamento di favore è giustificato da evidenti ragioni di conve-nienza. L’immigrato stagionale è, radicalmente, un lavoratore on demand119: la sua permanenza nel territorio è accettata perché e fin-ché richiesta, perfin-ché e finfin-ché utile.

Metaforicamente, si potrebbe definire l’immigrato stagionale co-me un lavoratore “on/off” (“accendi e spegni”). Ne è infatti ap-prezzato l’apporto lavorativo, necessario per certi settori dell’economia; allo stesso tempo, però, la misura di tale apprez-zamento dipende dalla brevità del termine di permanenza dell’immigrato.

Egli presta utile attività lavorativa, ma poi certamente cessa il suo soggiorno nel territorio. Questa provvisorietà presenta dei van-taggi. In primo luogo, solo in misura ridotta s’impone, alle co-munità ospitanti, di misurarsi con la difficile sfida dell’integrazione degli stranieri, sfida per realizzare la quale usualmente sono necessari sforzi significativi, economici e socio-culturali. In secondo luogo, bisogna ritenere che la breve

nel Paese per il migrante) è stato inaugurato verso i lavoratori dell’Est-Europa post sovietico.

117 Infra, in sede di analisi delle singole previsioni contenute nell’art. 24 TU (Lavoro stagionale), sarà dato puntualmente conto dell’atteggiamento in paro-la.

118 F.DE PONTE, R.ZANOTTI, op. cit.

119 M.FERRERO, F.PEROCCO, op. cit., 41.

nenza del migrante stagionale significhi concretamente un picco-lo dispendio di risorse pubbliche nel campo della sicurezza socia-le. A tal proposito, è facile proporre un esempio legato anche alla disciplina del Testo Unico sull’immigrazione in tema di ricon-giungimento familiare. L’art. 28 TU (rubricato, appunto, Diritto all’unità familiare) afferma al comma 1 che «Il diritto a mantenere o a riacquistare l’unità familiare nei confronti dei familiari stranie-ri è stranie-riconosciuto, alle condizioni previste dal presente testo unico, agli stranieri titolari […] di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno». Questa norma va letta in combinato disposto con quanto previsto all’art. 5, comma 3-bis, lett. a, dove si ha che

«La durata del relativo permesso di soggiorno per lavoro […]

comunque non può superare: a) in relazione ad uno o più con-tratti di lavoro stagionale, la durata complessiva di nove mesi». In-somma, quando un migrante stagionale entri in Italia, anche quando sia lui rilasciato un permesso di soggiorno della durata di 9 mesi – il massimo possibile – comunque non potrà esercitare alcun diritto all’unità familiare. Non potrà perciò far ottenere al-cun permesso di soggiorno per motivi familiari (art. 30 TU) ai propri congiunti. Tale dato è di particolare rilevanza se si consi-dera che ai familiari, fin dalla concessione del primo permesso ex art. 30 TU, non solo debbono essere garantiti, per quanto con-cerne l’ambito strettamente lavoristico, «l’accesso […] ad un’attività lavorativa dipendente o autonoma, all’orientamento, alla formazione, al perfezionamento e all’aggiornamento profes-sionale»120, ma – più in generale – bisogna che a loro siano rico-nosciute, all’interno del diritto della sicurezza sociale121, la «parità

120 D.GOTTARDI, Il ricongiungimento familiare, in A.TURSI (a cura di), op. cit., 313.

121 Circa la distinzione fra i diritti di “sicurezza sociale” e i diritti di “assi-stenza sociale”, la Corte di giustizia UE ha scritto parole chiarificatrici. Per comprendere quale sia, sul tema, il più recente orientamento espresso dalla

di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani» (art. 2, comma 3, TU)122. L’immigrazione stagionale

Corte, si rivela utile la lettura della sentenza 21 giugno 2017, Kerly Del Rosa-rio Martinez Silva c. Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e Comune di Genova, causa C-449/16. La sentenza riguarda il diritto degli stranieri – resi-denti in Italia e titolari del permesso unico di lavoro e soggiorno – al c.d.

ANF, ossia all’assegno a favore dei nuclei familiari con almeno 3 figli mi-nori (assegno istituito dalla l. n. 153/1988). I giudici europei ritengono che la prestazione assistenziale sia quella attribuita ai beneficiari «prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle loro esigenze persona-li» (punto 20). Invece, essi considerano prestazione “di sicurezza sociale”

quella attribuita «sulla base di criteri e obiettivi definiti in generale dalla leg-ge» (A.ROSAFALCO, Corte di giustizia europea: anche i cittadini dei Paesi terzi han-no diritto all’Asseghan-no familiare, in Boll. ADAPT, 2017, n. 24).

122 Va da sé che, poiché il ragionamento esemplificativo in esame serve ad argomentare della convenienza (anche economica) del riconoscere favore alla migrazione stagionale regolare (a dispetto di quella tout court per lavoro subordinato), il riferimento in corso non può che essere ai familiari regolar-mente soggiornanti in Italia. «La tutela di sicurezza sociale nella legislazione del nostro paese sembrerebbe, infatti, riferita non tanto al requisito della citta-dinanza, quanto, piuttosto, allo status che lo straniero deve possedere di re-golare o residente» (T.VETTOR, I diritti sociali dei lavoratori stranieri: le innova-zioni della legge n. 189/2002, in A.TURSI (a cura di), op. cit., 295). Tuttavia, è comunque necessario puntualizzare che un discorso a parte meritano i di-ritti sociali che in dottrina sono definiti come “personalissimi” (B.PEZZINI, Una questione che interroga l’uguaglianza: i diritti sociali del non-cittadino, in AA.VV., Lo statuto costituzionale del non cittadino. Atti del XXIV Convegno annua-le. Cagliari, 16-17 ottobre 2009, Jovene, 2010, 32 del dattiloscritto). Rispetto a questi, non rilevano assolutamente le modalità dell’ingresso e del soggiorno dello straniero in Italia: sono da garantirsi in ogni caso, anche se lo stranie-ro occupa una posizione di irregolarità. Con essi «viene in gioco l’esistenza stessa della persona» poiché «il bene oggetto del diritto coincide con la vita o con una sua qualità essenziale». I diritti sociali personalissimi sono quelli che concernono il «nucleo essenziale della salute per la persona adulta», ol-tre che «tutti i diritti dei minori» (ibidem). Con ogni probabilità, si deve rite-nere che i diritti sociali personalissimi, più che riconducibili all’art. 2,

com-permette, dunque, di non profondere le risorse finanziarie che, normalmente, sarebbero necessarie a rendere effettivi i diritti di sicurezza sociale garantiti dalla legge ai familiari – regolarmente residenti – dello straniero. L’eccessiva brevità del permesso di soggiorno, concesso all’immigrato stagionale, forma d’altronde un ostacolo insormontabile, per permettere a questi di esercitare un diritto all’unità familiare che è sì riconosciuto in via generale, ma è riconosciuto in modo “condizionato”.

Il ragionamento esemplificativo proposto (ragionamento per il quale è stato necessario fare cenno pure alla legislazione in tema di familiari dello straniero immigrato) permette di comprendere, in tutta evidenza, come sia facile rinvenire aspetti di convenienza economico-finanziaria, per lo Stato ospite, quando è favorita un’immigrazione dal carattere marcatamente provvisorio, invece di una più stabile.

3.6. La disciplina in tema di ingresso e soggiorno del

Nel documento Politiche migratorie e diritto del lavoro (pagine 192-196)