2. La procedura dedicata al singolo migrante
2.3. Il nulla osta al lavoro per il lavoratore subordinato migrante
2.3.3. Le condizioni per l’ottenimento del nulla osta. La prova della
Volgendo di nuovo attenzione al dettato dell’art. 22 e ai passaggi procedurali necessari per il rilascio del nulla osta al lavoro, è im-portante soffermarsi sulle norme riguardanti la documentazione richiesta al datore di lavoro. Egli deve presentare, presso lo spor-tello unico territorialmente competente86 (insieme, certo, alla
85 Ibidem.
86 Se prima della l. n. 189/2002, ai fini della corretta presentazione dell’istanza, la competenza territoriale degli uffici era determinata soltanto sulla base del luogo dove il migrante avrebbe svolto la propria prestazione lavorativa, oggi possono essere utilizzati due criteri ulteriori. Lo sportello unico, invero, ancora può essere individuato avendo a riferimento la
Pro-chiesta stessa del nulla osta, riPro-chiesta nominativa o per più lavora-tori): idonea documentazione che dimostri l’indisponibilità di un lavoratore cittadino italiano o UE (adatto a svolgere le mansioni in questione)87; idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiativa del migrante; la proposta di contratto di soggiorno, comprensiva dell’impegno al pagamento delle spese di ritorno dello straniero nel Paese di provenienza; infine, la dichia-razione di impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro (art. 22, comma 2, TU).
La verifica dell’indisponibilità di manodopera nazionale o di cit-tadinanza europea, verifica definita “prova della necessità eco-nomica”, è logicamente preliminare rispetto all’esame dei rima-nenti documenti e attestazioni che il datore di lavoro deve pre-sentare. In tal senso, più che una condizione per il regolare pro-seguimento dell’iter burocratico, pare essa una pre-condizione. Essa è una misura di carattere protezionistico, con la quale viene espresso un principio: quello della priorità della manodopera “in-terna”. S’intende in tal modo proteggere l’occupazione italiana (in ossequio al dettato dell’art. 4 Cost.) e, dato il contesto del merca-to unico88, l’occupazione europea (infatti, la norma, in teoria,
vincia nella quale si colloca il luogo di lavoro; tuttavia possono pure essere presi in considerazione il luogo di residenza del datore di lavoro e il luogo della sede legale dell’impresa. Fabrizia Santini ritiene piuttosto “discutibile”
il criterio della residenza del datore di lavoro. Tale criterio appare alquanto eterodosso visto il senso dell’atto amministrativo che la procedura serve ad ottenere.
87 La relativa disposizione è stata introdotta dall’art. 9, comma 7, della l. n.
99/2013; il legislatore è così intervenuto modificando l’art. 22, comma 2, TU.
88 Occorre ricordare, in primo luogo, lo stesso titolo IX TFUE, non a caso rubricato Occupazione. Più indietro nel tempo, sia menzionato il contenuto dell’art. 1, § 2, del regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15
ot-«dovrebbe allineare l’ordinamento italiano a quello di quasi tutti i Paesi europei»)89. Essendo l’immigrazione pensata quale fenome-no da governare per trarne vantaggio90, al lavoratore straniero coerentemente è concesso di entrare in Italia solo in quanto utile.
Quando già ci sia cittadino italiano o comunque dell’Unione eu-ropea (secondo quanto affermato dalla lettera della disposizione legislativa) disponibile a occupare una certa posizione lavorativa, questi deve essere “tutelato”, mentre il migrante non è ritenuto desiderabile. In altre parole, almeno nelle intenzioni del legislato-re della Bossi-Fini, al migrante dovlegislato-rebbe esselegislato-re negato di entralegislato-re – in modo regolare – in Italia, se non serve.
Per quanto concerne i singoli passaggi endo-procedimentali ri-guardanti la prova della necessità economica, si ha che, quando è presentata istanza di nulla osta al lavoro da parte del datore di la-voro, lo sportello unico ne dà comunicazione al centro per l’impiego sul territorio. Questo, a sua volta, passa l’informazione agli altri centri. Quando siano trascorsi 20 giorni senza che sia giunta alcuna domanda da parte di un lavoratore italiano o di un cittadino dell’Unione, il centro sul territorio trasmette allo spor-tello unico una certificazione negativa. «In caso contrario, esso trasmette le domande acquisite, comunicandole allo stesso tempo al datore di lavoro»91.
Occorre peraltro mettere in luce un dato contradditorio: sebbene teoricamente si richieda la prova dell’indisponibilità di cittadini italiani ed europei, a livello concreto tale presupposto è
tobre 1968, dove è affermato il principio della priorità dell’occupazione comunitaria.
89 F.SANTINI, op. cit., 217.
90 Circa il carattere utilitaristico dell’approccio nei confronti del fenomeno migratorio, sono state dedicate diverse pagine supra.
91 W.CHIAROMONTE, Lavoro e diritti sociali degli stranieri. Il governo delle migra-zioni economiche in Italia e in Europa, cit., 165.
te aggirabile92. Com’è stato detto, del resto, non s’è fatto altro che
«neutralizzare in sede interpretativo-applicativa una norma che all’atto pratico si rivela, oltre che squilibrata rispetto alle dinami-che reali del mercato del lavoro, illiberale, poiché comprime inammissibilmente la libertà negoziale dei datori di lavoro»93. Detta neutralizzazione è avvenuta con una circolare ministeriale del 200294 in virtù della quale, fin dall’inserimento nel Testo Uni-co sull’immigrazione della prova della necessità eUni-conomica95, s’è potuto sostenere che «l’eventuale adesione di un lavoratore na-zionale o comunitario alla proposta di assunzione formulata dal datore di lavoro […] non impedisce a quest’ultimo di “insistere nella richiesta di nulla osta relativo al lavoratore extracomunita-rio”. Questa interpretazione, che è stata poi fatta propria dallo schema di regolamento di attuazione della L. n. 189/2002, ap-provato dal Consiglio dei Ministri il 27 giugno 2003»96, di fatto
92 W.CHIAROMONTE, The New EU Legal Regime on Labour Migration and its Effects on Italy: The Implementation of Directives 2009/50, 2011/98 and 2014/36.
Towards a Human Rights-Based Approach?, cit., 11. Secondo A.GUARISO, Di-ritto antidiscriminatorio e contrasto al lavoro povero, intervento al convegno ASGI Italiani e stranieri nel mercato del lavoro: uguaglianza formale e diseguaglianza sostan-ziale, Milano, 27 novembre 2017, la norma è «sostanzialmente disapplicata»
nella prassi.
93 A.TURSI, op. cit., 12. La sua posizione critica è condivisa da Alberto Gua-riso, secondo il quale la prova della necessità economica va in direzione contraria rispetto al normale funzionamento del mercato. Essa ostacola la libera domanda di lavoro e – conseguentemente – incide in modo negativo sull’efficienza dell’allocazione delle risorse umane.
94 Circ. Min. lav. 6 dicembre 2002, n. 59.
95 Prima dell’intervento modificativo del 2013, alla prova della necessità economica era dedicato un apposito comma, il quinto dell’art. 22. Va ricor-dato che oggi la previsione dell’economic need test (come è chiamata la prova all’interno dei documenti giuridici europei) è inserita nel testo del comma due, sempre dell’art. 22.
96 A.TURSI, op. cit., 12-13.
svuota di senso la disposizione legislativa concernente la prova della necessità economica. E, d’altronde, non si vede quale spazio di effettività potrebbe avere tale disposizione.
Se infatti il datore di lavoro, recandosi allo sportello unico, do-vesse immancabilmente presentare “idonea documentazione”
con cui attestare l’indisponibilità di lavoratori italiani o dell’Unione, e se dalla correttezza di tale documentazione dipen-desse davvero l’avanzamento della procedura (posto che controlli sono poi svolti dal centro dell’impiego territorialmente compe-tente, come pure dall’intero network dei centri per l’impiego), sa-rebbe lui posto in capo un compito difficilissimo: dovsa-rebbe for-nire un’ardua – se non impossibile – prova negativa tale che, se si è rivolto allo sportello unico, l’ha fatto soltanto come extrema ra-tio.
Dal canto suo, Nunzia Castelli scrive parole davvero illuminanti in tema di prova della necessità economica. Non contesta tanto le effettive chance di buon funzionamento della previsione nor-mativa, ma avanza dubbi sul senso stesso dell’introduzione dell’istituto nel sistema. «Tale opzione lascia supporre […] che si sia sottovalutato, da un lato, che lo stesso ricorso alla manodope-ra stmanodope-raniemanodope-ra, con tutto ciò che per l’imprenditore comporta in termini di adempimenti procedurali e burocratici, oltre che fiscali, costituisce di per sé buona garanzia dell’indisponibilità di mano-dopera nazionale, dall’altro che il nulla osta, essendo preordinato a consentire l’accesso di una singola posizione lavorativa, si inse-risce necessariamente nel quadro della politica generale dell’immigrazione disposta attraverso i decreti di programmazio-ne che già tengono presente l’andamento dell’occupazioprogrammazio-ne, i tassi di disoccupazione a livello nazionale e regionale e la consistenza quantitativa e qualitativa di stranieri già presenti sul territorio»97.
97 N.CASTELLI, op. cit., 312.
Per concludere l’analisi della prova della necessità economica, occorre osservare che, a dispetto di quanto possa sembrare da una prima lettura dell’art. 22, comma 2, la “previa verifica dell’indisponibilità” non riguarda solo cittadini italiani ed europei.
Attraverso un lavoro da svolgersi ancora una volta sul versante interpretativo, il significato della norma di legge deve essere am-pliato. La “previa verifica dell’indisponibilità” deve comprendere pure i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio statale. È possibile arrivare a questa conclusione applicando «il principio della parità di trattamento […] di cui agli artt. 3 Cost. e 10 della Convenzione OIL n. 143 del 1975, richiamato dall’art. 2, comma 3, dello stesso t.u.»98.
2.3.4. Le condizioni per l’ottenimento del nulla osta. La sistemazione