1. I lavoratori migranti altamente qualificati
1.3. La “Carta blu” dell’Unione
Al cuore della direttiva (contestata per le ragioni accennate: la set-torialità e le modalità di trasposizione) si ha l’istituto della Carta blu dell’Unione17. La Carta è titolo che, in sintesi, legittima il suo titolare a lavorare e soggiornare entro uno Stato membro. Questo istituto fa da perno attorno a cui ruota la disciplina europea. La concessione della Carta è tratto indicativo della regolarità dell’entrata dei migranti highly-skilled. Chi ne è titolare è destinata-rio di peculiari disposizioni in ordine alla sua condizione giuridi-ca.
1.3.1. Il rilascio della Carta blu dell’Unione
L’ottenimento della Carta blu è subordinato ai criteri di ammis-sione descritti all’art. 5 della direttiva. In particolare, ha grande ri-levanza il requisito fissato al § 1, lett. a. Vi si richiede che il mi-grante presenti «un contratto di lavoro valido o, secondo quanto eventualmente previsto dalla legge nazionale, un’offerta vincolante di lavoro per svolgere un lavoro altamente qualificato avente durata di almeno un anno nello Stato membro interessato». Anche in sede europea, è perciò confermata una condizione, invero, più volte esaminata: il connubio apporto lavorativo/ammissibilità dello straniero.
Tale conferma, tuttavia, potrebbe suscitare dei dubbi sul versante della opportunità proprio in riferimento al migrante altamente qualificato. Lo straniero altamente qualificato è per definizione attrattivo sul mercato del lavoro: se si tratta di rendere i Paesi eu-ropei friendly nei confronti dell’immigrazione “buona”, “utile”,
17 La denominazione “Carta blu”, scelta dal legislatore europeo, è chiaro ri-ferimento alla Green Card statunitense.
perché non permettere l’ingresso del cittadino di Paese terzo – formato e qualificato – ai fini della ricerca di un impiego?
Un’altra norma di particolare interesse, contenente un ulteriore requisito per il rilascio della Carta blu, si trova (sempre) nell’art.
5, stavolta al § 3. Si prevede che l’impiego “europeo” dello stra-niero abbia certe caratteristiche, per quanto riguarda il trattamen-to economico: «lo stipendio annuale lordo come ricavatrattamen-to dallo stipendio mensile o annuale specificato nel contratto di lavoro o nell’offerta vincolante di lavoro, non è inferiore alla relativa so-glia salariale definita e pubblicata a tal fine dagli Stati membri, il cui ammontare corrisponde ad almeno una volta e mezza lo sti-pendio medio annuale lordo nello Stato membro interessato».
Questa disposizione18 (la quale subisce, nel prosieguo del testo della direttiva, varie precisazioni, sono ad esempio “fatti salvi”
contratti collettivi e usi propri dei diversi settori occupazionali) ha rappresentato in verità, presso le istituzioni europee, uno dei punti più dibattuti della fase preparatoria. Inizialmente, la “soglia salariale” sarebbe dovuta essere fissata nella misura di 3 volte il salario minimo mensile lordo, ma ampie critiche furono sollevate da parte di singoli Paesi membri. Le posizioni a confronto erano le più diverse: chi sosteneva l’opportunità di ritoccare “al rialzo”
18 Si noti che, nel considerando 11 della direttiva, il legislatore europeo si premura di precisare: «L’unico scopo della soglia salariale consiste nel defi-nire, tenuto conto delle osservazioni statistiche pubblicate dalla Commis-sione (Eurostat) o dagli Stati membri interessati, il campo di applicazione della Carta blu EU creata da ciascuno Stato membro sulla base di norme comuni. Tale soglia non intende fissare le retribuzioni e pertanto non può dero-gare alle regole e alle prassi a livello di Stati membri né tanto meno ai con-tratti collettivi, e non può essere utilizzata per costituire un’armonizzazione in questo campo. La presente direttiva rispetta pienamente le competenze degli Stati membri, in particolare in materia di occupazione, lavoro e que-stioni sociali».
il requisito in esame, chi invece insisteva per abbassare il livello della soglia salariale. La previsione infine adottata è servita da so-luzione “di compromesso”19.
1.3.2. La condizione giuridica del titolare della Carta blu dell’Unione D’altronde, non soltanto i requisiti della regolarità dell’entrata hanno rappresentato punto di attrito fra Paesi europei, ma diversi ulteriori passaggi della normativa sono stati grandemente discus-si20, anche con riferimento alla condizione giuridica dello stranie-ro. Più precisamente, difficile mediazione hanno richiesto i temi dello status e dei diritti del titolare della Carta blu durante le si-tuazioni temporanee di mancanza di impiego21, delle condizioni perché il titolare della Carta blu possa soggiornare in uno Stato membro diverso da quello del primo ingresso22, ancora, le
19 B.FRIÐRIKSDÓTTIR, op. cit., 7.
20 Si permetta nuovamente il riferimento (e per approfondire, il rimando) a B. FRIÐRIKSDÓTTIR, op. cit., 7 ss., che con grande accuratezza descrive il confronto politico – talvolta aspro – che ha riguardato certi passaggi nor-mativi della direttiva 2009/50/CE.
21 L’art. 13, § 1, della direttiva recita: «La disoccupazione non costituisce di per sé un motivo di revoca di una Carta blu UE, a meno che il periodo di disoccupazione superi i tre mesi consecutivi o si registri più di un periodo di disoccupazione durante il periodo di validità di una Carta blu UE». Biso-gna notare come, anche per i lavoratori altamente qualificati (specularmen-te a quanto deciso in Italia con riferimento al permesso di soggiorno), entro il connubio svolgimento di un lavoro/accettazione del migrante sul territo-rio il legislatore europeo abbia deciso di introdurre un certo grado di flessi-bilità.
22 L’art. 18, § 1, della direttiva recita: «Dopo diciotto mesi di soggiorno le-gale nel primo Stato membro quale titolare di Carta blu UE, la persona in-teressata e i suoi familiari possono spostarsi in uno Stato membro diverso dal primo Stato membro ai fini di un’attività lavorativa altamente
qualifica-sizioni in tema di parità di trattamento23 e poi in tema di ricon-giungimento familiare24.
È spia della profonda discussione, avutasi fra gli Stati europei, soprattutto la peculiare problematicità delle disposizioni in tema di equo trattamento. Anche la problematicità in esame ha com-portato il mancato pieno raggiungimento dell’obiettivo più ambi-zioso con cui la proposta di direttiva era nata: la creazione di uno spazio uniforme, ed europeo, per la mobilità degli highly-skilled
ta, alle condizioni previste dal presente articolo». L’art. 18 è un articolo-chiave, perché permette di comprendere quali siano i requisiti a fronte dei quali il lavoratore straniero altamente formato può circolare liberamente in Europa, allo stesso modo di un cittadino dell’Unione. Si tratta di una pos-sibilità che, durante i lavori preparatori della direttiva, è stata riconosciuta come importante. Non a caso, a seguito di un certo dibattito, la durata della permanenza richiesta perché poi il lavoratore possa liberamente circolare è stata abbassata (nella proposta iniziale, venivano previsti 2 anni di regolare soggiorno, e lavoro, nel Paese di ingresso). Tesseltje de Lange evidenzia come il dato normativo in questione debba essere interpretato come un se-gnale di fiducia. Grazie all’art. 18, sono infatti definite regole comuni in ba-se alle quali gli Stati europei giungono a “fare propria” (pur a ba-seguito del check ex art. 18, § 2) la decisione di ammettere il titolare della Blue Card compiuta dallo Stato del primo ingresso.
23 L’art. 14 della direttiva contiene l’elencazione di un’ampia gamma di ma-terie nelle quali deve essere assicurata la parità di trattamento fra lavoratori titolari della Carta blu UE e lavoratori cittadini dello Stato membro che la Carta blu ha rilasciato. È opportuno domandarsi se tale articolo, dal conte-nuto pure apprezzabile, non rappresenti in un certo modo una superfeta-zione, visto che ampie previsioni a livello europeo, concernenti proprio la parità di trattamento, si trovano in primis entro Trattati e Carta di Nizza, in secundis entro le direttive “razza” e “altre discriminazioni” dei primi anni Duemila. Tali direttive, non a caso, si dice compongano, assieme ad altri provvedimenti, quel “nuovo diritto antidiscriminatorio europeo” che im-portanza crescente sta assumendo anche per i giuslavoristi.
24 Con riferimento ai “familiari”, la disciplina della direttiva 2003/86/CE è assunta invero quale framework fondamentale.
workers. Bisogna sottolineare che, per come è formulato l’art. 14,
§ 1, della direttiva25, il diritto al pari trattamento (potrebbe soste-nersi) vale soltanto nello Stato membro che ha rilasciato la Carta blu26. Se così fosse, si tratterebbe di una limitazione che, fuor di dubbio, rappresenta un ostacolo giuridico non piccolo alla circo-lazione del lavoratore. Occorrerebbe per questi raggiungere lo status di lungo-soggiornante CE (secondo le speciali modalità il-lustrate all’art. 18 della direttiva), perché possa dirsi paragonato davvero al cittadino europeo, quanto a libertà di circolazione.
1.4. L’Unione europea attrattiva verso i lavoratori