• Non ci sono risultati.

Strettamente correlata all’attività di investigazione, della quale costituisce il naturale completamento , è l’attività di assicurazione, specificamente 326

contemplata nell’art. 55 c.p.p, laddove si stabilisce che la polizia giudiziaria deve «compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova» e «ricercare gli autori del reato».

Sarebbe evidentemente inutile l’attività diretta alla individuazione degli autori dei reati se non fossero consentiti atti di coercizione personale (ad esempio, arresto in flagranza e fermo di indiziato); ultronea apparirebbe, al pari, l’attività di ricerca delle cose e delle tracce pertinenti al reato se non fossero permessi atti di coercizione reale (ad esempio, sequestro) . 327

Ciò detto, le funzioni di assicurazione assegnate alla polizia devono intendersi con riferimento a determinate attività destinate ad acquisire alle esigenze dell’indagine, o anche della prova, elementi che possano garantirne il puntuale espletamento: in particolare persone, cose, tracce per il reperimento di quelle fonti di prova attraverso le quali è possibile pervenire all’«individuazione del colpevole» e alla «ricostruzione del fatto» cui sono finalizzati i compiti investigativi della polizia . 328

Cass. pen., sez. II, 25 febbraio 1991, Esposito, in C.E.D. Cassazione, 1991, n. 214862

324

Cass. pen., sez. V, 6 aprile 1999, Ciampoli, in C.E.D. Cassazione, 1999, n. 214872.

325

L’utilizzo di tale espressione si deve a G. Conti, sub 55, in Commentario del nuovo codice di

326

procedura penale, cit., pag. 331.

L. D’Ambrosio - P. L. Vigna, La pratica di polizia giudiziaria, cit., pag. 285

327

G. Tranchina, Le attività della polizia giudiziaria nel procedimento per le indagini preliminari,

328

La formulazione letterale dell’art. 55, primo comma, c.p.p., contiene una significativa variante lessicale, rispetto all’omologa previsione dell’art 219 c.p.p. 1930 – che faceva obbligo alla polizia giudiziaria di assicurare le prove dei reati – rappresentata dall’espressione «compiere gli atti necessari ad assicurare le fonti di prova». La rilevanza della modifica introdotta dal legislatore del codice vigente si concentra sull’oggetto dell’attività, che è rappresentato dalle fonti di prova in luogo delle prove, evidenziando uno dei capisaldi del modello processuale ad “impronta accusatoria” introdotto dal legislatore del 1988, ossia l’elezione del giudizio, rectius del dibattimento, come luogo privilegiato per la formazione della prova, attribuendo al contrario, di norma, agli atti di indagine un valore e una utilizzazione meramente endoprocedimentale .
329

Nell’ambito della ricerca si distingue un’attività conoscitiva e un’attività identificativa, volta a stabilire chi abbia commesso il reato, ed un’attività di coercizione, diretta ad assicurare il colpevole alla Giustizia ed a trarre nella disponibilità degli organi inquirenti le cose o le tracce pertinenti al reato.

In quest’ultima accezione è individuabile la nozione di «attività di assicurazione» che si compendia nella:

-

conservazione delle tracce del reato, secondo quanto disposto dagli artt. 348, comma 2, lett. a) e 354, comma 1 c.p.p.;

-

nella conservazione dello stato dei luoghi e nell’acquisizione e custodia del corpo del reato e delle cose ad esso pertinenti, ai sensi dell’art. 348, comma 2, lett. a) c.p.p., anche attraverso il sequestro, in virtù del disposto successivo art. 354, comma 2, ultima parte, c.p.p.;

-

nei necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 354, comma 2, prima parte, c.p.p. e anche sulle persone, per il dettato del successivo comma 3 dello stesso art. 354, c.p.p., al fine di evitare che le tracce e le cose pertinenti al reato si alterino, si disperdano e, comunque, si modifichino;

G. Conti, sub art. 55, in Commentario del nuovo codice di procedura penale, cit., pag. 331, non

329

ritenendosi peraltro che la variante terminologica comporti particolari conseguenze nel concreto dispiegarsi dell’attività di polizia giudiziaria, non mutando, per effetto esclusivo di tale espressione, la natura e la tipologia degli atti, ma solo il regime processuale degli stessi

-

da ultimo, nell’arresto in flagranza dell’autore del reato, ai sensi dell’art. 380 c.p.p. al fine di assicurare la presenza dell’imputato al processo.

Anche nell’ambito dell’attività assicurativa, alla stessa stregua di quanto previsto per l’attività investigativa, dobbiamo constatare la sussistenza della bipartizione tra atti atipici, contraddistinti da un’attività di mera conservazione (art. 354, 1° comma, c.p.p.), e atti tipici, contraddistinti da un’attività di intervento che si esplica nel compimento di una serie di accertamenti e rilievi sino al sequestro del corpo del reato e delle cose ad esso pertinenti (art. 354, comma 2 e 3, c.p.p.) . Si 330

è consolidato, tuttavia, nella giurisprudenza di legittimità l’orientamento che include nella categoria degli atti atipici la apprensione e la conservazione, in piena libertà di forme, purché idonee allo scopo e previa verbalizzazione della relativa attività, di cose pertinenti al reato non appartenenti a terzi ovvero consegnate specificamente da altri che non ne pretenda la restituzione ; il potere di 331

sostituzione del custode della cosa sequestrata, quando in seguito a precedente sequestro e nomina di custode sia intervenuta, illegittimamente, la rimozione dei sigilli e la prosecuzione delle opere ; l’acquisizione di un apparecchio di 332

telefonia mobile e l’utilizzo dei dati segnati sul display ; il rispondere alle 333

telefonate prevenute all’utenza cellulare sequestrata ; infine, l’accesso, visione e 334

download di files aventi contenuto pedopornografico mediante l’uso di un programma di condivisione 335

Alla tradizionale distinzione appena richiamata, si accompagna inoltre un’ulteriore dicotomia, tra attività assicurativa personale e reale: la prima comprende situazioni che legittimano l’arresto in flagranza (art. 380 e 381 c.p.p.)

G. Casaccia, sub art. 55, in Codice di procedura penale commentato, cit., pag. 391; si veda

330

anche A. Bellocchi, La polizia giudiziaria, in I Soggetti, (a cura di G. Dean), in Trattato di

procedura penale, (a cura di G. Spangher), vol. I, Utet, Milano, 2009, pag. 442.

Cass. pen., sez. I, 4 maggio 1994, n. 6252, Ferraro, in C.E.D. Cassazione, 1994 n. 198878.

331

Cass. pen., sez. VI, 7 settembre 1993, Gambale, in C.E.D. Cassazione, 1993, n. 195680.

332

Cass. pen., sez. IV, 8 maggio 2003, n. 3435, in Cassazione penale, 2006, pag. 536, con nota di

333

S. Renzetti.

Cass, pen., sez. VI, 30 maggio 2007, n. 26632, in C.E.D. Cassazione, 2007, n. 237493.

334

Cass. pen., sez. III, 5 febbraio 2009, n. 13729, in C.E.D. Cassazione, 2009, n. 243389.

e il fermo di iniziato di delitto di cui all’art. 384 c.p.p., potendosi altresì ricondursi in tale ambito altresì l’identificazione della persona nei cui confronti sono svolte le indagini (art. 349 c.p.p.). Appartengono, invece, alla categoria dell’attività assicurativa reale, in primis, gli atti che si concretano nell’apprensione di cose, quali il sequestro (artt. 352 e 354 c.p.p.) e l’acquisizione di plichi e di corrispondenza (art. 353 c.p.p.) ed in secondo luogo, quelli che mirano a scongiurare l’alterazione dello stato dei luoghi e delle cose attraverso una condotta di natura materialmente conservativa, o che, proprio in vista di tale alterazione, tendono a “immortalare” lo status quo mediante rilievi o altre opportune metodologie (art. 354 c.p.p.) . 336

Tuttavia in relazione a tali atti si osserva come la finalità assicurativa non sia la sola, scorgendosi finalità genericamente cautelari, rappresentate dall’esigenza di carattere preventivo di «impedire che i reati vengano portati a conseguenze ulteriori» e sopratutto di anticipare provvisoriamente, rendendola concretamente esercitabile, l’applicazione delle misure cautelari . Nell’ambito dell’attività 337

assicurativa è, infatti, possibile scorgere una sottocategoria, ossia l’attività interdittiva o inibitoria (che rinviene la sua ratio normativa sempre nell’art. 55 c.p.p.), diretta a far fronte a situazioni delittuose in atto, sia che si tratti di ipotesi tentate, sia di fattispecie già consumate, e sempre riferita a forme specifiche e predeterminate imposte dall’ordinamento e inquadrate in schemi legali, non potendosi concretare, invece, in provvedimenti abnormi quali quelli che impongono o proibiscono certe attività .
338

La manifestazione più evidente dell’attività interdittiva, contemplata anche dall’art. 219 c.p.p. del codice previgente, si rinviene nel disposto di cui all’art. 381, 2° comma, c.p.p., che assegna alla polizia giudiziaria la facoltà di sottoporre l’autore del reati ad arresto in flagranza, limitatamente ad alcune tipologie di reato – tra cui il peculato, corruzione, danneggiamento aggravato e corruzione di

G. Conti, sub art. 55, in Commentario del nuovo codice di procedura penale, cit., pag. 332.

336

Ivi, pag. 331.

337

L. D’Ambrosio, Ruolo e attività della polizia giudiziaria nelle indagini: brevi considerazioni e

338

minorenni – che non rientrerebbero nei parametri edittali posti dal 1° comma, allo scopo di interrompere l’attività criminosa; ulteriore ipotesi è prevista dall’art. 354 c.p.p., che autorizza la polizia giudiziaria al sequestro del corpo del reato, non per finalità probatoria, ma segnatamente per impedire la fruizione, da parte dell’indagato del prodotto, del profitto e del prezzo del reato.


Infine, altra espressione tipica di quest’attività, a carattere preventivo, è l’autonoma fattispecie di sequestro disciplinata dall’art. 321 comma 3-bis, introdotto dall’art. 15, d.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, trattandosi, come rilevato in dottrina , di una sorta di “fermo reale”, modellato sulla falsariga dell’archetipo 339

previsto dall’art. 384 c.p.p.: in particolare, nel corso delle indagini preliminari, quando vi sia il pericolo che «la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri reati» e, per la situazione di urgenza, non sia possibile attendere il provvedimento del giudice, il sequestro preventivo può essere disposto, con decreto motivato, dal pubblico ministero e, prima del suo intervento, vi provvedono gli ufficiali di polizia giudiziaria (mai gli agenti). In quest’ultimo caso, il verbale va trasmesso, entro le quarantotto ore successive, al pubblico ministero del luogo in cui il sequestro è stato eseguito.

E. Turco, Le indagini di polizia giudiziaria, in Le indagini preliminari e l’udienza preliminare,

339

CAPITOLO IV

I RAPPORTI TRA POLIZIA GIUDIZIARIA E PUBBLICO

MINISTERO NELLA DINAMICA DEL PROCEDIMENTO

Sommario – 1. La dinamica del rapporto tra polizia giudiziaria e pubblico ministero nella rinnovata fisionomia delle indagini preliminari - 2. Il pubblico ministero come dominus delle indagini - 3. I poteri della polizia giudiziaria: l’attività ad iniziativa - 4. L’attività delegata: tra ossequio al pubblico ministero e persistente autonomia investigativa.

1. La dinamica del rapporto tra polizia giudiziaria e pubblico ministero nella rinnovata fisionomia delle indagini preliminari

Per comprendere compiutamente la dinamica del rapporto tra polizia giudiziaria e pubblico ministero e scorgervi potenzialità applicative e eventuali limitazioni all’operatività dei due organi, occorre inevitabilmente riflettere sul ruolo e la funzione delle indagini preliminari all’interno del processo anche alla luce dei rinnovati caratteri del codice di procedura penale vigente, in aperta discontinuità, come vedremo nel prosieguo, rispetto al modello precedente.

Nell’intento di operare un tentativo di accostamento tra la codificazione attuale e quella previgente, può in via di principio affermarsi che le attività una volta collocate all’interno della c.d. “pre-istruttoria”, danno luogo, nel sistema odierno, alle indagini preliminari, che non si configurano come un intermezzo di una successiva fase istruttoria, in quanto l’esercizio dell’azione penale, cui esse sono strumentali, mira alla definizione semplificata del processo, tramite l’elusione dell’udienza preliminare o del dibattimento, ovvero alla installazione della fase

dibattimentale, sia pure mediante una decisione interlocutoria con effetti propulsivi resa dal giudice dell’udienza preliminare . 340

Con l’abbandono della fase istruttoria, tratto assolutamente peculiare della disciplina processuale contenuta all’interno del codice Rocco, era inevitabile che venisse superata anche quella fase preistruttoria denominata «degli atti di polizia giudiziaria», momento originario di sviluppo dell’attività di iniziativa della polizia alla quale il «rapporto» dava poi veste formale. La peculiarità di tale fase era rappresentata dal consentire agli organi della polizia giudiziaria di tessere una complessa rete di atti di investigazione culminanti con l’assunzione di vere e proprie prove : nel codice previgente, infatti, gli atti compiuti nella fase 341

preistruttoria della polizia giudiziaria divenivano utilizzabili quali fonti di prova e contribuivano a formare il materiale sul quale il giudice formava il suo convincimento e la conseguente decisione . 342

Il nuovo sistema processuale ha introdotto un processo essenzialmente accusatorio fondato sulla marcata distinzione tra la fase delle indagini preliminari e quella del giudizio, che appare la logica ed inevitabile opzione normativa discendente dalla cancellazione di quella ibrida fase intermedia destinata alla raccolta di elementi di prova da parte del pubblico ministero (istruzione sommaria) e del giudice istruttore (istruzione formale) . La fase delle indagini preliminari viene, per 343

l’appunto concepita come neutra ed estranea rispetto al dibattimento, proprio perché preprocessuale ed inidonea alla produzione probatoria, in ossequio al principio di impermeabilità tra le due fasi, peraltro soggetto a deroghe più o meno

D. Grosso, Polizia giudiziaria, in Enciclopedia Giuridica Treccani, cit., pag 27; si veda anche

340

sul tema G. Amato- M. D’Andria, Organizzazione e funzioni della polizia giudiziaria nel nuovo

codice di procedura penale, cit., pag. 5, ove si ribadisce che le indagini preliminari rappresentano

una fase meramente preparatoria e preprocessuale, nel corso della quale il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono, con maggiore celerità e segretezza, tutte le investigazioni necessarie per la raccolta delle fonti di prova e in funzione delle determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale.

G. Tranchina, Le indagini preliminari e l’udienza preliminare, in Diritto processuale penale,

341

cit., pag. 424.

L. D’Ambrosio - P. L. Vigna, Polizia giudiziaria e nuovo processo penale, cit., pag. 52

342

G. Conso - V. Grevi, Commentario breve al codice di procedura penale, cit., pag. 1113.

marcate attraverso “recuperi” dibattimentali degli atti delle indagini preliminari, inerenti di norma, ad atti irripetibili o divenuti tali per imprevedibili circostanze sopravvenute . 344

Come lucidamente affermato in dottrina , mutato l’assetto della dinamica 345

processuale e ridefinita in termini profondamente diversi la struttura, le finalità e gli stessi soggetti delle indagini preliminari, non avrebbe avuto senso alcuno comprimere l’attività della polizia giudiziaria in una sorta di «pre-fase» del tutto priva di autonomia concettuale e funzionale.

In questa luce si deve interpretare il senso della disposizione di sistema incardinata nell’art. 326 c.p.p., il quale, nel sancire le finalità delle indagini preliminari , presuppone e delinea una stretta collaborazione tra il pubblico 346

ministero e la polizia giudiziaria: la norma de qua – oltre ad atteggiarsi quale nucleo qualificativo del nuovo modello processuale, marcando una netta cesura tra la fase delle indagini e quella della giurisdizione e tra i corrispondenti protagonisti, id est p.m e polizia giudiziaria da un lato e giudice dall’altro – si configura come una direttiva di carattere generale e finalistico che, per quanto riguarda la polizia giudiziaria, trova specificazione nell’art. 55 c.p.p. e, per quanto riguarda il pubblico ministero, nell’art. 358 c.p.p., in cui virtuosamente si precisa come a questo spetti altresì di svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini.

Dal combinato disposto degli artt. 326 e 358 c.p.p. si evince che né al pubblico ministero né alla polizia giudiziaria è imposto, o consentito, il compimento di attività che non siano direttamente mirate alla raccolta degli elementi necessari per le determinazioni inerenti l’esercizio dell’azione penale in relazione al fatto che ha originato l’attività investigativa, dovendo gli organi dell’accusa preoccuparsi di raccogliere solo gli elementi tali da consentire il promuovimento dell’azione

P. Gaeta, sub art. 358, in Codice di procedura penale commentato, cit., pag. 4285.

344

G. Conti - A. Macchia, Indagini preliminari, in Enciclopedia Giuridica Treccani, vol. XVI,

345

1989, pag. 10.

«Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni,

346

penale e da rendere, in prospettiva, gli atti idonei a sostenere l’accusa in giudizio . 347

La polizia giudiziaria è, quindi, coinvolta in modo diretto, sebbene strumentale, nell’esercizio della funzione sancita dall’art. 112 della nostra Carta Fondamentale, ciò comunque non scalfendo la titolarità del pubblico ministero e la conseguente attribuzione ad esso di un potere direttivo sulla polizia giudiziaria, previsto dall’art. 327 c.p.p . Se la finalità espressa dalla disposizione codicistica consente 348

infatti di operare un raccordo tra l’attività investigativa dei due organi, implicitamente ci fornisce anche la ragione del diverso ruolo assunto dagli stessi: dalla circostanza che le indagini siano rivolte all’esercizio dell’azione penale è agevole trarre la conseguenza che il soggetto che è chiamato ad assumere le relative determinazioni vi assuma un ruolo di primazia.

Siffatta posizione di rilievo viene sancita esplicitamente dal richiamato art. 327 c.p.p., affermando che spetta al pubblico ministero dirigere l’indagine e che per tale ragione «dispone direttamente della polizia giudiziaria».

Il richiamo ossequioso da parte della norma alla formulazione di cui all’art. 109 Cost. pare l’indice più evidente della volontà del legislatore dell’attuale codice di ribadire che l’assetto dei rapporti tra i due organi non può che svilupparsi all’interno di un vincolo di dipendenza funzionale.


Da quanto appena affermato, ulteriormente corroborato dal combinato disposto degli artt. 326 e 330 c.p.p., si evince una stretta connessione tra tali soggetti, sia rispetto al momento della formazione della notizia di reato che rispetto alle attività strumentali e preparatorie all’esercizio dell’azione penale, indicando, il primo, tra gli organi delle indagini, uno accanto all’altro, pubblico ministero e polizia giudiziaria.


L. D’Ambrosio - P. L. Vigna, Polizia giudiziaria e nuovo processo penale, cit., pag. 52

347

Al riguardo si ricordano le parole acutamente espresse da D. Grosso, Polizia giudiziaria, in

348

Una giustapposizione che li individua compartecipi della medesima funzione investigativa, seppur, ovviamente, con differenti ruoli . 349

Icasticamente si è sottolineato che siffatta comunione di intenti dovrebbe condurre verso «una sorta di gestione manageriale del procedimento» in cui l’attività della polizia assuma le sembianze «di un osservatorio avanzato dal pubblico ministero e di agile strumento investigativo di nuova professionalità», mentre quella dell’organo dell’accusa si caratterizzi «per il suo proiettarsi verso il processo o in vista delle scelte processuali di volta in volta prescelte» . 350

Si accenna, inoltre, che la finalizzazione delle indagini preliminari all’assunzione delle determinazioni in ordine all’esercizio dell’azione penale racchiude in sé un altro principio accolto dal nuovo codice di procedura penale a chiara impronta accusatoria, quello della separazione delle fasi processuali: in particolare, gli «accertamenti investigativi» compiuti dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero durante la fase delle indagini preliminari possono essere utilizzati solo all’interno della fase stessa e non anche dopo la sua chiusura . 351

Il principio, detto della separazione delle fasi per sottolineare il netto discrimen tra la fase in cui le prove vengono solo ricercate (fase delle indagini preliminari), e quella in cui esse vengono formate (fase del dibattimento), subisce deroghe particolarmente rilevanti nei casi in cui la sua rigida applicazione impedirebbe 352

di addivenire al fine primario del processo penale: quello dell’accertamento della verità . 
353

F. Alonzi, Le indagini di polizia giudiziaria nell’ambito dell’accertamento penale, in Procedura

349

penale. Teoria e pratica del processo, cit.,, pag. 534; sul carattere unitario delle indagini si veda

anche S. Giambruno, Polizia giudiziaria, in Digesto delle discipline penalistiche, cit., pag. 597, secondo la quale la stessa collocazione della polizia giudiziaria tra i soggetti del procedimento è certamente significativa del carattere unitario che si è voluto riconoscere all’attività investigativa che viene a ripartirsi tra il pubblico ministero e la polizia giudiziaria.

In corsivo è riportato l’intervento di L. D’Ambrosio, Ruolo e attività della polizia giudiziaria

350

nelle indagini: breve considerazioni e qualche proposta, in Cassazione penale, cit., pag. 3003.

L. D’Ambrosio - P. L. Vigna, La pratica di polizia giudiziaria, cit., pag. 72.

351

Si fa riferimento al meccanismo delle contestazioni probatorie e della lettura degli atti indagini

352

preliminari per sopravvenuta impossibilità di ripetizione previste rispettivamente dagli artt. 500 e 512 c.p.p.

L. D’Ambrosio - P. L. Vigna, La pratica di polizia giudiziaria, cit., pag. 72. .

La rilevanza dell’intervento della polizia giudiziaria nella fase delle indagini preliminari, e segnatamente nella fase iniziale di essa, è, infatti, ancor più indiscutibile in una struttura processuale a carattere accusatorio ove la possibilità di pervenire ad un’esito della vicenda processuale dipende essenzialmente dalla capacità del pubblico ministero di dimostrare l’idoneità o l’inidoneità degli elementi acquisiti nelle indagini preliminari ai fini della prospettazione dell’accusa in giudizio, in aderenza a quanto disposto dall’art 125 disp. att. c.p.p . Ben consapevole di tale realtà il legislatore del codice delinea, nel 354

contesto del procedimento per le indagini preliminari, una serie di attività il cui compimento è demandato all’autorità di polizia giudiziaria . 355

Seguendo il solco disegnato dalle varie modifiche normative che si sono susseguite nel tempo, al fine di un inquadramento sistematico della relazione tra gli organi dell’accusa, emerge con evidenza un ampliamento degli spazi di autonomia concessi alla polizia, che hanno provocato sia inevitabili ripercussioni sull’assetto dei rapporti tra i due organi dell’investigazione sia condotto ad un serio ripensamento delle scelte compiute con l’adozione del nuovo modello processuale.


L’impostazione a carattere dirigistico – caratterizzante l’impianto originario del codice – prevedeva che, avvenuta la ricezione della notizia di reato da parte della polizia giudiziaria , il pubblico ministero potesse assumere prontamente la 356