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Parlando di attività d’informazione ci si riferisce a due momenti essenziali nel quadro delle attribuzioni conferite alla polizia giudiziaria, scanditi da una duplice situazione di dovere: «informarsi» e «informare» . 242

Secondo quanto disposto dall’art. 55 c.p.p., infatti, la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, ed è tenuta, altresì, a ricever le notizie di reato ad essa presentate o trasmesse (art. 330 c.p.p.) .
243

In quest’obbligo di acquisire comunque la notitia criminis si estrinseca il primo dei due profili dell’attività di informazione degli organi della polizia giudiziaria, quello relativo all’«informarsi», che, in definitiva, si colloca in una posizione preliminare rispetto a tutta l’area d’intervento dei predetti organi . In proposito 244

D. Grosso, Polizia giudiziaria, in Enciclopedia Giuridica Treccani, cit., pag. 27.

241

La distinzione tra «compito di informarsi» e un «compito di informare» risale a G. Foschini,

242

Sistema del diritto processuale penale, vol II, 2ª ed., Milano, Giuffrè, 1968, pagg. 45-46.

G. Tranchina, Le attività della polizia giudiziaria nel procedimento per le indagini preliminari,

243

in Diritto processuale penale, cit., pag. 425; si veda anche G. Amato - M. D’Andria,

Organizzazione e funzioni della polizia giudiziaria nel nuovo codice di procedura penale, cit., pag.

68, in cui si evidenzia il ruolo attivo svolto dalla polizia giudiziaria nel primo caso, comportante una vera e propria attività di apprensione della notizia criminis che è invece «non qualificata», in quanto non espressamente regolata dal codice di rito, per esempio, conoscenza diretta del fatto, informazione confidenziale, notizia giornalistica, voce pubblica, fatto notorio, ecc. Nel caso della ricezione della notizia di reato la polizia giudiziaria svolge un ruolo meramente passivo che, almeno di norma, rientra nella categoria delle notizie di reato «qualificate», ossia espressamente previste e disciplinate dalla legge processuale: denuncia (art. 331 e 333 c.p.p.), referto (art. 334), querela (art. 336 c.p.p.), istanza di procedimento (art 341 c.p.p., aggiungendo che la stessa presenta la peculiarità di essere presentata esclusivamente al pubblico ministero e non anche alla polizia giudiziaria.

Siffatto primo versante dell’attività d’informazione, come si è già notato sopra, non è esclusivo

244

della polizia giudiziaria, atteso che anche il pubblico ministero, in base all’art. 330, può prendere notizia dei reati.

si segnala in dottrina che l’attività di acquisizione – riservata espressamente, a 245

scanso di equivoci, anche al pubblico ministero – presenta una duplice forma: l’apprensione e la ricezione: l’art. 330 stabilisce in proposito che «il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti».

Nell’attività di ricezione, la polizia giudiziaria e il pubblico ministero svolgono un ruolo meramente “passivo”, fungendo da semplici collettori di notizie di reato provenienti da canali qualificati – oggetto di espressa disciplina normativa –, quali la denuncia (artt. 331 e 333 c.p.p.), il referto (art. 334 c.p.p.), nonché la querela (art. 337 c.p.p.), l’istanza (art. 341 c.p.p.), la richiesta (art. 342 c.p.p.) e l’autorizzazione a procedere (art. 343 c.p.p.), nella misura in cui svolgono anche una funzione informativa; al contrario nell’attività di apprensione, invece, gli organi inquirenti sono attivamente coinvolti nella “costruzione” della notizia di reato, frutto di una complessa attività euristico-ricognitiva pre-procedimentale messa in moto da un’informazione proveniente da canali non qualificati: si tratta, in sostanza, di una massa eterogenea di veicoli di conoscenza del reato – si pensi alle informazioni occasionali generiche provenienti dai mass media, alle denunce anonime (art. 333 comma 4, c.p.p.) , alle notizie confidenziali (art. 203 c.p.p.), ai colloqui investigativi con detenuti o internati (art. 18-bis legge 26 luglio 1975, n. 354) – che autorizza l’inquirente a svolgere, prima dell’apertura ufficiale del procedimento penale, vere e proprie inchieste preparatorie finalizzate a verificare se tra le maglie dell’informazione non qualificata si annidi una notizia di reato in senso tecnico. 


L’attività informativa è, quindi, diretta a prendere contezza della notizia di reato in tutte le sue sfaccettature, dal momento della realizzazione del fatto tipico e successivamente, al fine di ricostruire l’intera vicenda che sarà presentata al giudice, discendendo da essa tutta una gamma di atti, tra i quali le sommarie

E. Turco, Le indagini di polizia giudiziaria, in Le indagini preliminari e l’udienza preliminare,

245

informazioni dell’indagato e della persona informata, le sommarie informazioni sul luogo e nell’immediatezza del fatto e le informazioni della polizia giudiziaria, aventi la finalità di fornire elementi conoscitivi atti a dimostrare l’esistenza del reato e la riferibilità dello stesso ad un determinato soggetto.

Il momento di acquisizione della notitia criminis risulta inoltre particolarmente 246

rilevante, in quanto segna il passaggio tra l’attività di polizia amministrativa o di sicurezza e l’attività di polizia giudiziaria, da ciò conseguendo che dal momento di ricezione della notizia di reato prendono vita le funzioni di polizia giudiziaria, che risultano interamente regolate dalle disposizioni codicistiche di cui agli artt. 347-357 c.p.p.


Soffermarci, quindi, sulla nozione di notizia di reato non è ultroneo, in quanto per poter pervenire ad una adeguata interpretazione delle disposizioni in materia di informativa, è necessario in primo luogo fissare con la massima precisione cosa debba intendersi per notitia criminis.

Solo una corretta interpretazione di tale concetto infatti consente:

-

alla polizia giudiziaria di individuare entro quali limiti la sua preliminare attività investigativa possa svolgersi in assoluta autonomia e senza far sorgere l’obbligo di riferire al pubblico ministero;

-

al pubblico ministro di scrivere nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. solo quelle informative che effettivamente costituiscano «notizie di reato» e impongano di conseguenza sia le indagini preliminari sia la loro chiusura con un provvedimento di archiviazione o con l’esercizio dell’azione penale .
247

Enfaticamente descritta come «embrione dell’ipotetica domanda giudiziale », 248

Per un approfondimento sull’accezione sostanziale – id est l’informazione, appresa d’iniziativa

246

o ricevuta dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria, circa il fatto che un reato sarebbe stato commesso – e formale – ossia di strumento attraverso il quale l’informazione che un reato sarebbe stato commesso è acquisita dagli organi a ciò deputati – della notizia di reato, si veda B. Lavarini,

Notizie di reato e condizioni di procedibilità, in Le indagini preliminari e l’udienza preliminare,

cit., pag. 1-2.

L. D’Ambrosio - P. L. Vigna, La pratica di polizia giudiziaria, cit., pag. 163.

247

In tal modo si esprime a proposito della notizia di reato F. Cordero, Procedura penale, IVª ed.,

248

al pari del sistema abrogato, anche nel nuovo codice difetta una disposizione che offra una compiuta definizione di ciò che costituisce “notizia di reato”. Nell’intraprendere la ricostruzione di un concetto unitario di notizia di reato che si adatti al nuovo modello accusatorio, si rivela in primo luogo che il contenuto sostanziale ed indefettibile del concetto in esame debba rinvenirsi in un fatto che deve possedere, quanto meno, gli elementi minimi percettibili di un fatto di reato, idoneo a giustificare l’avvio delle indagini preliminari o l’esercizio dell’azione penale.

Ciò posto, pare opportuno da subito fugare ogni dubbio sulla eventuale coincidenza tra la nozione di notizia di reato e quella strettamente penalistica di reato in quanto, qualora si accettasse l’idea di una perfetta corrispondenza tra le due nozioni, asserendo che per aversi una “notizia” l’informativa debba aver ad oggetto un “reato” nella completezza dei suoi elementi, non solo si restringerebbe troppo la nozione de qua, ma, ancora una volta, si altererebbe la funzionalità dell’intero sistema processuale . 249

La disfunzione di una simile impostazione ben si comprende ove si tenga conto che, così opinando, sulla polizia giudiziaria sorgerebbe l’obbligo di riferire la notizia al pubblico ministero solo al termine di accurate indagini volte a definire compiutamente la fattispecie concreta; d’altra parte, conseguentemente, il dovere e l’obbligo del magistrato inquirente di assumere la direzione delle stesse, con tutte le ricadute processuali che una tale formalità determina , maturerebbe a 250

distanza di tempo dalla ricezione dell’informativa.


Oggetto della comunicazione, di conseguenza, non deve essere necessariamente “la” notizia completa di tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi, ritenendosi sufficiente “una” notizia di reato, dovendo, in ogni caso, al contrario distinguersi

A. Marandola, Notizia di reato e indagini preliminari, in Cassazione penale, 1999, pag. 3461,

249

in cui si aggiunge come sia condivisa l’opinione che ritiene improprio l’uso del termine «notizia di reato» posto che la notizia abbia ad oggetto un reato è un giudizio che si potrà dare, infatti, solo dopo il processo.

Si fa riferimento all’obbligo previsto dall’art. 335 c.p.p. di iscrivere nell’apposito registro

250

custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito.

la stessa dal semplice sospetto di reato . Sul punto si condivide la posizione 251

giurisprudenziale , consolidatasi nella vigenza del precedente sistema, che 252

precisava come il sospetto agisca prima e al di fuori del processo, determinando, quando insorga, la necessità di indagini, mentre la notizia di reato costituirebbe la risultanza, il prodotto di tale attività . 253

Se il concetto di notizia di reato va nettamente distino sul piano concettuale dal semplice sospetto di reato, è pacifico che pare particolarmente arduo individuare il

discrimen tra l’una e l’altra nozione: al fine di fornire un ausilio sia agli organi

dell’accusa sia all’interprete si è tentato di ricercare una nozione più tecnica di

notitia criminis, circoscrivendola esclusivamente all’informazione appresa dal

pubblico ministero, in quanto solo quest’ultima, e non quella appresa dalla polizia giudiziaria, costituisce presupposto unico e sufficiente per l’instaurazione della fase investigativa . In termini non dissimili si sono recentemente espresse le 254

Sezioni Unite, affermando che la locuzione “notizia di reato” «certamente [...] evoca un quid minus di ciò che rappresenta la base fattuale per elevare l’imputazione [...] ma è anche un quid pluris rispetto ad una indefinita ipotesi», ad un «semplice sospetto» di reato . 255

In merito si riscontra in dottrina un’opinione largamente condivisa sui caratteri che deve rivestire una comunicazione per essere qualificata come notizia di reato:

Ibidem.

251

Cass. pen., sez. I, 17 febbraio 1978, Bellandi. in Foro Italiano, II, pag. 201.

252

A. Marandola, Notizia di reato e indagini preliminari, in Cassazione penale, cit., pag. 3464.

253

Ivi, pag. 3467, aggiungendosi come non appaia irrilevante in tale ambito che il legislatore del

254

1988 ricorra al termine tecnico «notizia» in tutte le disposizioni che, successive a quella dell’art. 330 c.p.p., contengono la nozione e la disciplina delle “notizie qualificate”, mentre utilizza la locuzione «sospetto di reato» e «indizi di reato» nella formulazione degli artt. 116 (Indagini sulla morte di una persona per la quale sorge sospetto di reato) e 120 (Adempimenti conseguenti all'arresto o al fermo) disp. att. c.p.p.; sul punto si veda anche F.P. Giordano, Indagini preliminari.

Poteri e limiti del pubblico ministero e delle polizia giudiziaria, cit., pag. 290.

Cass., Sez. Un., 24 settembre 2009, Lattanzi, in Cassazione penale, 2010, pag. 503

questi sono, in via di principio, la concretezza e la specificità del fatto, 256 257

nonché, con riferimento al processo, la sua ipoteticità , potendosi affermare che 258

ci imbattiamo in una notizia in senso tecnico allorché si prospetti la «possibilità di reato» . In altri termini, non dovendosi confondere la notizia di reato sia con la 259

certezza che il fatto è avvenuto sia con il mero sospetto, è consolidato l’orientamento che ritiene la notitia criminis la rappresentazione in termini ipotetici, purché non palesemente inverosimili, di uno specifico fatto storico, attribuito o no a soggetti determinati, da cui risulti la possibile integrazione di una fattispecie incriminatrice . 260

I profili di fattispecie, che la notitia criminis deve consentire di individuare per potersi reputare tale, si riducono pertanto all’elemento oggettivo del reato, nelle componenti della condotta, dell’evento e del nesso causale. Considerato, infatti, che per espressa previsione normativa (artt. 331, comma 1 e 335, comma 1, c.p.p.) la notizia di reato non deve necessariamente individuarne l’autore, le indicazioni sull’elemento soggettivo non possono rappresentare un contenuto indispensabile della stessa, giacché nessuna, pur ipotetica, ricostruzione del titolo di attribuibilità soggettiva del fatto è possibile a fronte di autori non individuati . 
261

Ulteriore carattere della notizia di reato è l’accertamento della sua provenienza,

In tal senso si esprime L. Carli, La notitia criminis e la sua iscrizione nel registro di cui all’ art.

256

335 c.p.p., in Diritto penale e processo, 1995, pag. 730.

Sul punto de quo, A. Zappulla, Le indagini per a formazione della notitia criminis: il caso

257

della perquisizione seguita da sequestro, in Cassazione penale, 1996, p. 1081, che ritiene

imprescindibile il riferimento ad un «fatto specifico», presentato come violazione di un precetto penale, la cui consistenza, attendibilità e inquadramento giuridico andranno verificati a seguito delle indagini preliminari.

L’icastico è tratto da G. Aricò, Notizia di reato, in Enciclopedia del diritto, vol. XXVIII,

258

Milano, Giuffrè, 1978, pag. 760.

F. Cordero, Procedura penale, VIIª ed., Giuffrè editore, Milano, 1983, pag. 63.

259

B. Lavarini, Notizie di reato e condizioni di procedibilità, in Le indagini preliminari e l’udienza

260

preliminare, cit., pag. 3.

Ibidem.

rectius della riconoscibilità della fonte , nel senso che gli scritti o le 262

comunicazioni anonime, non essendo utilizzabili, al pari delle notizie confidenziali, non possono mai configurare gli estremi della notizia di reato, desumendo a contrario l’obbligo di escludere dall’ambito cognitivo dell’inquirente tutte quelle comunicazioni di cui, in ogni modo, non possa verificarsi la paternità e, di conseguenza l’attendibilità. 263

Siffatta digressione sulla notizia di reato trova la sua ratio nella constatazione che ogni potere ed attività di polizia giudiziaria vede la sua origine nel momento in cui quest’organo viene in contatto con una informazione che assuma i connotati di una notizia di reato, vero ed autentico tema dell’investigazione preliminare . 264

E’ in tale momento che la polizia giudiziaria assume il suo ruolo, in quanto una volta appresa la notitia criminis prende avvio l’attività di indagine in senso stretto e, quindi, il procedimento penale, dovendo la stessa essere portata a conoscenza del magistrato requirente, il quale assumerà, in tal modo, la sua veste di dominus dell’attività investigativa.

Alla luce di siffatta considerazione non appare assolutamente casuale che la disposizione normativa che introduce la disciplina dell’attività di polizia giudiziaria sia dedicata proprio al primo dovere che sulla stessa incombe una volta venuta a conoscenza della notizia di reato, ossia la comunicazione della stessa all’organo titolare dell’azione e dell’investigazione . 265

L’obbligo di riferire la notizia di reato costituisce il secondo aspetto della attività di informazione della polizia giudiziaria, l’«informare», disciplinato dall’art. 347

Ivi, pag. 4, ove si precisa che il carattere della riconoscibilità della fonte discenda a contrariis

262

dagli artt. 333, comma 1 e 240, comma 1 c.p.p., nella parte in cui vietano qualsiasi uso delle denunce e di altri documenti anonimi, salvo che costituiscano corpo del reato.

L’impostazione è condivisa in giurisprudenza, che ha ribadito che la notitia criminis, perché sia

263

suscettibile di utilizzazione processuale, deve essere contenuta in un atto del quale un soggetto si assume la paternità, escludendo che una notizia anonima o confidenziale possa essere considerata quale notizia di reato: si veda Cass. pen., sez. III, 8 marzo 1995, Ceroni, in Cassazione penale, 1996, pag. 1876.

F. Alonzi, Le indagini di polizia giudiziaria nell’ambito dell’accertamento penale, in Procedura

264

penale. Teoria e pratica del processo, cit., pag. 543

Ibidem; sulla natura obbligatoria dell’informativa si veda anche L. D’Ambrosio - P. L. Vigna,

265

c.p.p., e il suo assolvimento importa l’immediata iscrizione della stessa nel registro delle notizie di reato ex art. 335 da parte del magistrato requirente, con il conseguente decorso del termine di durata delle indagini preliminari, per il quale si rinvia agli artt. 405 ss e 553 c.p.p .
266

Da ciò si desume la natura di strumento conoscitivo della informativa, la quale consente al pubblico ministero di apprendere i dati necessari per la iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p., ponendolo in tal modo nelle condizioni di orientare e dirigere le indagini in ordine a un fatto-reato descrittogli dalla polizia giudiziaria, con tempestività e precisione, sia nei suoi elementi essenziali sia con riguardo all’attività investigativa compiuta nell’immediatezza . 267

Relativamente al termine entro cui l’informativa dovesse essere portata alla conoscenza dell’autorità giudiziaria, il legislatore del 1988 aveva previsto una chiara discontinuità rispetto al sistema previgente, prevedendo un rigido e determinato vincolo cronologico – le quarantotto ore dall’acquisizione della notizia di reato – che si differenziava apertamente dalla indicazione contenuta nel codice del 1930, per la quale la presentazione del rapporto era da effettuarsi «senza ritardo», locuzione, peraltro, interpretata altresì con particolare elasticità, facendo decorrere il dies a quo, non dal momento dall’acquisizione della notizia di reato, ma da quello del compimento di tutte le operazioni di polizia giudiziaria . E’ opportuno ricordare come la locuzione «senza ritardo» contenuta 268

nell’art. 2 del c.p.p. 1930, concedesse alla polizia un ampio margine di discrezionalità nella scelta del momento in cui trasmettere all’autorità giudiziaria la notizia di reato .
269

I termini per la conclusione delle indagini preliminari hanno una durata maggiore allorquando

266

si stia procedendo per un reato di particolare pericolosità e disvalore sociale, come quelli contemplati dall’art. 407 comma 2, c.p.p.

L. D’Ambrosio - P. L. Vigna, La pratica di polizia giudiziaria, cit., pag. 173, ove gli Autori

267

icasticamente asseriscono come la informatica si configuri come una segnalazione dettagliata. Si veda in proposito la previsione contenuta nell’art. 227 del codice di procedura penale del

268

1930

P. P. Paulesu, sub art. 347, in Codice di procedura penale commentato, cit., 3077.

Sovente, quindi, si riscontrava che il rapporto addivenisse all’esito di una pre- istruzione di polizia lunga e complessa, che finiva inevitabilmente per condizionare in maniera incisiva il lavoro istruttorio del pubblico ministero, indirizzandone le strategie investigative . 270

Per ovviare a tali inconvenienti, come anticipato, il legislatore del 1988, ha soppresso l’art. 2 del codice previgente, sostituendolo con una informativa dal contenuto rigorosamente descrittivo e soggetta all’esiguo termine temporale di quarantotto ore decorrente dalla data dell’acquisizione della notitia criminis. Nelle intenzioni del legislatore, l’introduzione di tale rigido limite cronologico avrebbe dovuto, da un lato, impedire alla polizia giudiziaria di arricchire la comunicazione al di là degli elementi essenziali del fatto, volendo con ciò scongiurare il rischio di possibili condizionamenti del p.m nello svolgimento dell’attività investigativa e, dall’altro, consolidare il ruolo (di dominus delle indagini preliminari) assegnato al magistrato requirente, consentendo l’intervento, nei tempi più rapidi possibili, di chi avrebbe potuto adeguatamente ipotizzare e prevedere gli sviluppi e le esigenze delle varie fasi dell’istaurando procedimento .
271

La disciplina del termine entro cui far pervenire al magistrato requirente la notizia di reato venne successivamente modificata dal legislatore della novella del 1992: la “manipolazione” operata con tale intervento legislativo sul primitivo regime dell’informativa del pubblico ministero sconta, dunque, la consapevole rinuncia, almeno in parte, ai valori che ne permeavano la ratio e trova una specifica motivazione soltanto nella desolante constatazione che il sistema originario non si

Ibidem, ove relativamente al rapporto si precisa come lo stesso, lungi dal rappresentare uno

270

strumento di conoscenza oggettivo e asettico, fosse solitamente permeato di giudizi di valore espressi dalla polizia giudiziaria in ordine al proprio operato, sublimandosi, così, ad autentico atto di chiusura in un autonomo segmento investigativo.

L. Bresciani, sub art. 347, in Commento al codice di procedura penale, (coordinato da M.

271

Chiavario), II° aggiornamento, Torino, Utet, 1993, pag. 128.

La rigida scansione temporale appariva del resto perfettamente funzionale all’obbligo del pubblico ministero di iscrivere immediatamente la notizia di reato nell’apposito registro previsto dall’art. 335 c.p.p., evitando qualsiasi slittamento dell’inizio della fase procedimentale; si veda anche F. La Marca, sub art. 347 c.p.p, in Commento al nuovo codice di procedura penale, cit., pag. 116, il rigido termine cronologico era volto a “canalizzare” sull’inquirente, quale dominus delle indagini, le notizie di reato.

è tradotto immediatamente in una cultura professionale adeguata ed ha finito, anzi, per essere immiserito da una polizia giudiziaria che, troppo spesso, ha preferito, alle faticose investigazioni di iniziativa, la “trasmissione burocratica” delle notizie di reato, attendendo poi le direttive del pubblico ministero . 272

Con la emanazione dell’art. 4, 1° comma, d.l. 8 giugno 1992 n. 306 (convertito con modifiche nella legge 7 agosto 1992, n. 356) viene meno, quindi, il termine di quarantotto ore entro le quali la polizia era tenuta ad informare il pubblico