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Rapporti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria: esigenze di coordinamento e di efficacia investigativa

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

RAPPORTI TRA PUBBLICO MINISTERO E POLIZIA

GIUDIZIARIA: ESIGENZE DI COORDINAMENTO E DI

EFFICACIA INVESTIGATIVA

Relatore:

Chiar.ma Prof.ssa Bonini Valentina

Candidato:

Bruno Edoardo

(2)

“Alla mia Famiglia”

(3)

RAPPORTI TRA PUBBLICO MINISTERO E POLIZIA

GIUDIZIARIA: ESIGENZE DI COORDINAMENTO E

DI EFFICACIA INVESTIGATIVA

INDICE

Pag.

Considerazioni introduttive

CAPITOLO I

LA POLIZIA GIUDIZIARIA: DAL VIRTUOSO APPRODO

RAGGIUNTO IN SEDE COSTITUENTE ALL’ATTUALE

CONFORMAZIONE

1. Oggetto dell’indagine ...V 2. Struttura della tesi e metodologia d’indagine ...IX

1. Considerazioni definitorie e prima collocazione della polizia giudiziaria

nell’ordinamento italiano ...1

2. L’art 109 della Costituzione ...9

2.1 Rilievi preliminari sulla contrapposizione emersa in sede Costituente ...9

2.2. Le contrapposizioni e le contraddizioni in sede costituente ...12

2.3. Le prime riflessioni sul dettato costituzionale: critica al modello della dipendenza esclusiva ...18

(4)

CAPITOLO II

L’ORGANIZZAZIONE DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA


CAPITOLO III

LE FUNZIONI DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA


3.1. La legge n. 517 del 18 giugno 1955: tra obiettivo raggiunto ed occasione

mancata ...23

3.2. Le deleghe al governo per un nuovo codice di procedura penale: la questione della polizia giudiziaria ...36

4. Le soluzioni adottate con il codice di procedura penale del 1989 ...42

1. Il rapporto tra pubblico ministero e le sezioni di polizia giudiziaria ...49

2. I servizi di polizia giudiziaria: la composizione e le relazioni con l’autorità giudiziaria ...56

3. Gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria ...65

3.1. Una distinzione non meramente terminologica ...65

3.2. Gli ufficiali di polizia giudiziaria a competenza generale e a competenza generale con limiti territoriali ...70

3.4. Gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria a competenza limitata ...75

3.5. La subordinazione degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria ...83

1. La tripartizione delle funzioni di polizia giudiziaria ...88

2. Ruoli e caratteristiche dell’attività di polizia giudiziaria ...95

3. L’attività informativa ...102

4. L’attività investigativa ...118

(5)

CAPITOLO IV

I RAPPORTI TRA POLIZIA GIUDIZIARIA E PUBBLICO

MINISTERO NELLA DINAMICA DEL PROCEDIMENTO

CAPITOLO V

LA PECULIARE RELAZIONE TRA GLI ORGANI

DELL’ACCUSA NEL PROCEDIMENTO DAVANTI AL

GIUDICE DI PACE

1. La dinamica del rapporto tra polizia giudiziaria e pubblico ministero nella rinnovata fisionomia delle indagini preliminari ...131 2. Il pubblico ministero come dominus delle indagini ...140 3. I poteri della polizia giudiziaria: l’attività ad iniziativa ...151 4. L’attività delegata: tra ossequio al pubblico ministero e persistente autonomia investigativa. ...160

1. Le ragioni del conferimento di una competenza in materia penale al giudice di pace ...172 2. La fase delle indagini e il ruolo della polizia giudiziaria: la marcata

discontinuità rispetto al procedimento ordinario ...181 3. La diversa natura dell’attività informativa e limiti imposti all’attività

investigativa ...187 4. Il peculiare rapporto tra pubblico ministero e polizia giudiziaria: la relazione sull’attività di indagine ...193 5. L’iscrizione della notizia di reato come parametro di elasticità delle indagini preliminari ...199 6. La chiusura delle indagini preliminari ...204

(6)

CONCLUSIONI ...224 BIBLIOGRAFIA ...231 RINGRAZIAMENTI ...251

(7)

CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

1. Oggetto dell’indagine

L’oggetto della presente trattazione è costituito dalla polizia giudiziaria e dai suoi rapporti con il magistrato del pubblico ministero, sia sotto il profilo statico che dinamico-investigativo, e dalle molteplici ripercussioni operative connesse a tale problematica relazione. Per siffatta specifica ragione tale lavoro non potrà esimersi dall’esporre – con occhio critico – la discussione che ha preceduto, caratterizzato e seguito l’adozione della formula di cui all’art. 109 della nostra Carta fondamentale, che sintetizza la relazione tra gli organi dell’accusa nei seguenti termini: «l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria», assegnando al verbo disporre una valenza prettamente funzionale, rifiutandosi da subito e fino ai giorni d’oggi l’istituzione di un corpo ad hoc di polizia giudiziaria o la sottoposizione della stessa alla dipendenza esclusiva della magistratura. Le motivazioni addotte a sostegno di tale esclusione si rinvengono principalmente nel timore che una piena ed esclusiva disponibilità della polizia giudiziaria consenta all’autorità giudiziaria di attuare una propria politica di repressione penale, ciò in aperta distonia sia con la eventuale mancanza di responsabilità per tale politica in capo alla stessa connessa alla propria posizione di indipendenza costituzionalmente prevista dal nostro ordinamento, sia con il principio di obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale di cui all’art. 112 della Costituzione che, da un lato, impone al pubblico ministero di esercitare l’azione penale dinnanzi a notizie di reato di cui abbia accertato la fondatezza e, dall’altro, vieta di selezionare discrezionalmente quale procedimento intraprendere.

Nel corso della trattazione analizzeremo l’evoluzione normativa successiva al disposto costituzionale di cui all’art. 109, ponendo l’attenzione dapprima sulla complessa e non soddisfacente attuazione – volta a limitare la gerarchia funzionale della magistratura ad alcuni soltanto degli appartenenti alle forze di polizia – operata dalla legge 18 giugno 1955, n. 517, pervenendo fino all’emanazione del codice di procedura penale vigente, che delinea la struttura di

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polizia giudiziaria secondo il tradizionale schema delle “tre polizie”, caratterizzate da una dipendenza dall’autorità giudiziaria ad intensità decrescente, diretta, ma non esclusiva per le sezioni, meramente funzionale per gli ufficiali e agenti di polizia appartenenti agli altri organi.

Alla struttura risultano strettamente connesse le funzioni della polizia giudiziaria – specificamente delineate dall’art. 55 del codice di procedura penale vigente – volte a reprimere le violazioni già perpetratesi e ad impedire eventuali ulteriori effetti, che saranno analizzate con particolare riguardo alla risalente tripartizione – attività informativa, investigativa ed assicurativa – che costituisce il veicolo necessario per la comprensione delle attività esperibili dalla polizia giudiziaria. L’attenzione posta sul versante statico del rapporto tra gli organi dell’accusa si rivela necessaria per l’analisi dei riverberi operativi ad essa connessa: la dipendenza funzionale della polizia giudiziaria da parte del magistrato requirente consente infatti la esaustiva conduzione delle indagini, le quali postulano un effettivo e diretto coordinamento tra il dominus e la propria longa manus volto ad evitare un esito archiviativo del procedimento, derivante non dall’infondatezza della notizia di reato, ma dalla lacunosa o inefficiente investigazione.

Dopo aver delineato la struttura e le funzioni della polizia giudiziaria, la presente tesi si soffermerà proprio sulla relazione tra pubblico ministero e polizia giudiziaria nella dinamica del procedimento, analizzando compiutamente le caratteristiche proprie dell’attività della polizia giudiziaria, tra riconosciuta autonomia dal magistrato requirente e permanente vincoli ai dettami dello stesso, in quel discrimine tra attività autonoma e attività delegata, essenziale per valutare le attività dalla stessa potenzialmente esperibili.

Nel quadro delle indagini il discrimine è rappresentato dall’intervento del pubblico ministero, il quale assumerà la veste di dominus delle indagini, impartendo direttive e linee guida investigative alle quali gli organi di polizia saranno tenuti ad uniformarsi, pur non essendo esclusa – come ribadito anche dalla giurisprudenza di merito e di legittimità – la possibilità di procedere ad atti di iniziativa successivamente alla trasmissione della notizia di reato, essendo la

(9)

polizia giudiziaria quindi legittimata e tenuta alla prosecuzione delle indagini ed ampliamento dell’attività investigativa.

L’effettivo ed efficiente coordinamento tra gli organi dell’accusa nel corso delle investigazioni risulterà appunto determinante al fine di una corretta scelta in ordine all’esercizio dell’azione penale e all’archiviazione, nel rispetto delle garanzie di tutti i soggetti che intervengono nel procedimento. La completezza dell’indagini, corollario della virtuosa relazione tra gli organi dall’accusa, ha ricevuto altresì un’eco altisonante al di fuori dei confini nazionali: la Corte europea dei diritti dell’uomo sostiene che la difesa dei diritti fondamentali, segnatamente degli artt. 2 e 3, ma anche 4 e 8 della Convenzione e.d.u., ha configurato, oltre ad obblighi negativi di astensione dal commettere atti lesivi dei beni tutelati dalle norme sovranazionali (vita, integrità psicofisica, libertà individuale), anche obblighi positivi, in forza dei quali i singoli Stati debbono predisporre ogni misura, di natura tecnico-amministrativa, legislativa o giudiziaria, idonea ad assicurare una tutela di quei diritti che sia concreta e non puramente formale. E’ nell’alveo degli obblighi positivi “procedurali” che si ravvisa l’importanza dell’efficiente relazione tra pubblico ministero e polizia giudiziaria, spettando alle autorità giurisdizionali e inquirenti di ciascuno Stato garantire l’identificazione e la punizione di coloro che si rendono autori di azioni lesive, operando attraverso una corretta interpretazione e applicazione delle norme penali e l’espletamento di indagini ufficiali, approfondite, celeri ed imparziali. Tornando nei confini nazionali, la relazione tra gli organi dell’accusa, come vedremo ampiamente, risulta configurata in maniera peculiare nel procedimento dinnanzi al giudice di pace, al cui interno si scorge una differente fisionomia delle indagini preliminari, caratterizzata da un maggiore ambito operativo riconosciuto alla polizia giudiziaria: viene meno infatti l’obbligo di comunicare la notizia di reato al pubblico ministero «senza ritardo», essendo legittimata la polizia giudiziaria a compiere di iniziativa tutti gli atti di indagine necessari alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole, riferendone al pubblico ministero mediante una relazione scritta da trasmettere entro il termine di quattro

(10)

mesi. In tale contesto la novità più significativa è rappresentata quindi dalla limitazione del ruolo del pubblico ministero dettata da ragioni di carattere deflativo – pur restando lo stesso nella piena discrezionalità di svolgere un più diretto e personale intervento nelle investigazioni –, accordando l’art. 11 del decreto legislativo n. 274 del 2000 alla polizia giudiziaria il compito di porre in essere un’attività investigativa completa, non limitata all’espletamento di atti urgenti o ad una prima informativa al pubblico ministero sulla notizia di reato. Come esporremo più dettagliatamente, nel procedimento davanti al giudice di pace si assiste quindi ad una inversione del collegamento tra polizia giudiziaria e pubblico ministero, da cui discende una metamorfosi dell’intera fase delle indagini preliminari, che si configurano non più come eterodirette dal magistrato requirente, ma “autodirette" dalla polizia giudiziaria, responsabile, in limine

investigationis, della gestione e della conduzione della stesse, così da assumerne

la veste di soggetto principale.

La peculiare relazione tra polizia giudiziaria ed autorità giudiziaria, nella persona del pubblico ministero, rappresenta anche la ragione per la quale ci si è risolti nell’intraprendere siffatta trattazione: un relazione essenziale per l’efficiente svolgimento delle indagini e la garanzia dei diritti delle parti interessate, a maggior ragione per la recente presa di posizione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ma anche travagliata, discussa e per certi versi tollerata da alcuni addetti ai lavori, derivante dalla dipendenza meramente funzionale della polizia giudiziaria dal magistrato requirente e dalla permanenza della dipendenza gerarchica dall’amministrazione di appartenenza. La scelta di mantenere tale tipologia di dipendenza della magistratura e di rifiutare l’eventualità dell’istituzione di un corpo ad hoc di polizia giudiziaria saranno esposte nel corso della trattazione, anticipandosi qua il timore per la concentrazione dei poteri in capo alla magistratura, senza la previsione di alcun filtro da parte degli altri poteri costituzionalmente riconosciuti, che avrebbe potuto provare il rischio di una distorsione eversiva dell’impiego della pubblica sicurezza.

(11)

2. Struttura della tesi e metodologia d’indagine

La tesi si compone di cinque capitoli che porranno l’attenzione dapprima sull’analisi dell’istituto di polizia dal versante statico, per poi addentrarsi specificamente nella relazione che intercorre tra organi dell’accusa nella dinamica del procedimento, giungendo sino a scorgere le nuove potenzialità applicative all’interno del procedimento del giudice di pace, onde si ravvisa un potenziamento del ruolo della polizia giudiziaria, impreziosita dalla recente attribuzione alla competenza del giudice di pace in tema di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato.

Nel primo capitolo, al seguito di un breve accenno sulla definizione di polizia, nelle accezioni amministrativa, di sicurezza e giudiziaria, si esporrà il dibattito intercorso in sede Costituente, che condusse al varo del disposto di cui all’art. 109 della Costituzione, stella polare per la comprensione dei rapporti tra gli organi dell’accusa, procedendo poi ad una critica della legge 18 giugno 1955, n. 517, licenziata allo scopo di dare attuazione al dettato costituzionale, ma come esporremo, dai risultati poco soddisfacenti e ambigui.

Il secondo capitolo sarà caratterizzato da una compiuta analisi dell’organigramma organizzativo attuale della polizia giudiziaria, enucleandosi le varie strutture di polizia giudiziaria – sezioni, servizi e ufficiali ed agenti appartenenti agli altri organi – ed il differente grado di dipendenze delle stesse dall’autorità giudiziaria, particolarmente stringente per il personale appartenente alle sezioni, meno rigido peri servizi, e meramente funzionale per l’ultima “polizia”.

Nel terzo capitolo si passerà ad analizzare le funzioni della polizia giudiziaria, analizzandone i portati applicativi e le caratteristiche, soffermandoci principalmente sulla tradizionale tripartizione: attività informativa – nel duplice versante dell’ “informarsi” (dovendo la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, prendere notizia di reati, ex art. 55 c.p.p.) e dell’ “informare” (incombendo sulla polizia giudiziaria, una volta acquisita la notitia

criminis, l’obbligo di comunicare la stessa all’organo titolare dell’azione e

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ricerca delle fonti di prova e degli autori dei reato, nonché di ogni altro elemento rilevante al thema probandum – ed, infine, attività assicurativa, che costituisce un completamento dell’attività investigativa.

Il quarto capitolo esporrà i rapporti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria nella rinnovata fisionomia delle indagini preliminari, analizzando sia il ruolo del pubblico ministero nelle investigazioni sia i poteri riconosciuti alla polizia giudiziaria prima e dopo il suo intervento, ossia prima e dopo che lo stesso abbia impartito le direttive o le deleghe cui gli organi di polizia debbono necessariamente uniformasi.

L’ultimo capitolo si sofferma diffusamente sulla particolare relazione tra gli organi dell’accusa nel procedimento davanti al giudice di pace, rammentando le ragioni che hanno suggerito il conferimento di competenze in materia penale al giudice di pace, e delineando la diversa finalità e conduzione delle indagini preliminari, strettamente connessa al potenziamento del ruolo esercitato dalla polizia giudiziaria e ad una limitazione della funzione del pubblico ministero dettata da esigenze deflative, pur restando la titolarità dell’azione penale in capo allo stesso. Sempre all’interno del capitolo finale, si riscontrerà come la peculiare relazione tra polizia giudiziaria e pubblico ministero incontri il suo apice nella recente competenza attribuita al giudice onorario in materia di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, ove si prevede l’applicazione degli istituti della presentazione immediata “ordinaria” (art. 20 bis d. lgs. n. 274 del 2000) e della presentazione immediata “abbrevviata” (art. 20-ter del medesimo decreto), ravvisandosi, in presenza dei presupposto indicati dalla norme di cui sopra, un ulteriore estensione dei compiti della polizia giudiziaria.

Infine, per la elaborazione della tesi, la metodologia d’indagine si è basata sullo studio delle monografie e dei commenti dottrinali relative alla polizia giudiziaria e al suo rapporto con il dominus nella fase delle investigazioni, con puntuali riferimenti alla giurisprudenza di legittimità e di merito, oltreché costituzionale.

(13)

CAPITOLO I

LA POLIZIA GIUDIZIARIA: DAL VIRTUOSO APPRODO

RAGGIUNTO IN SEDE COSTITUENTE ALL’ATTUALE

CONFORMAZIONE

SOMMARIO – 1. Considerazioni definitorie e prima collocazione della polizia giudiziaria nell’ordinamento italiano - 2. L’art 109 della Costituzione - 2.1. Rilievi preliminari sulla contrapposizione emersa in sede Costituente - 2.2. Le contrapposizioni e le contraddizioni in sede costituente - 2.3 Le prime riflessioni sul dettato costituzionale: critica al modello della dipendenza esclusiva - 3. Il percorso legislativo per l’attuazione dell’art 109 Costituzione - 3.1 La legge n. 517 del 18 giugno 1955: tra obiettivo raggiunto ed occasione mancata - 3.2 Le deleghe al governo per un nuovo codice di procedura penale: la questione della polizia giudiziaria - 4. Le soluzioni adottate con il codice di procedura penale del 1989

1. Considerazioni definitorie e prima collocazione della polizia giudiziaria nell’ordinamento italiano

Cercando di operare una ricognizione preliminare atta a delineare le funzioni a della polizia giudiziaria, dobbiamo necessariamente rammentare come in genere si denomini Polizia (dal greco Polis: stato città e politeia: ordinamento della città) quella branca della pubblica amministrazione cui è demandata la funzione di garantire l’organizzazione dello Stato ed il libero e pacifico svolgimento delle attività dei cittadini e della comunità tutta. Ciò in senso tecnico, poiché nel linguaggio comune il concetto di polizia è molto più ristretto, facendosi riferimento con siffatto termine all’insieme dei funzionari, ufficiali ed agenti

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dipendenti del Ministero degli Interni che hanno il compito di vegliare sull’osservanza delle leggi e sulla sicurezza dei cittadini . 1

La parola polizia è stata impiegata nella storia del diritto in vari significati: con riferimento ad esempio, all’intera attività amministrativa dello Stato, nel momento di piena affermazione dei regimi assoluti; in seguito solo con riguardo ad attività che pongono limite alla libertà dei privati e, ancora, all’attività di prevenzione e repressione dei reati . 2

Nella prima e tuttora più completa opera giuridica italiana sull'attività di polizia, la materia della polizia viene distinta da quella «delle opere e funzioni e spese dirette a scopi sia di conservazione, sia di benessere» . 3

Alla conservazione, esemplifica l’Autore da ultimo citato, è riconducibile la costruzione di argini, o la posizione di parafulmini o la erezione di parapetti dinnanzi a burroni, la costruzione di prigioni, manicomi e sifilocomi; al benessere tendono invece le strade, le ferrovie, i porti, i teatri le scuole e così via.

La polizia abbraccia, invece, «tutte quelle disposizioni che limitano l'attività dei singoli, sia proibendo alcuni atti assolutamente, sia sottoponendoli alla necessità di un permesso dell'autorità amministrativa, sia regolando la loro attività nelle sue manifestazioni, allo scopo di prevenire dei mali al tutto sociale ed ai singoli, o attenuarne la gravità, se si verifìcano» . 4

Al fine di una delucidazione definitoria, rileviamo come sovente tra gli studiosi si distingua una polizia amministrativa da una polizia di sicurezza; siffatta distinzione è tuttavia scevra di pratica rilevanza in quanto, nonostante le dotte osservazioni, non è possibile caratterizzare i due tipi di polizia le cui attività normalmente si distinguono.


S. Di Filippo, La polizia giudiziaria negli atti preliminari all’istruzione, Rimini, Maggioli, 1987,

1

pag. 15.

A. Cerri, Polizia giudiziaria, in Enciclopedia Giuridica Treccani, vol. XXIII, I) Diritto pubblico,

2

1990, pag 1.

O. Ranelletti, La polizia di sicurezza, in Primo trattato completo di diritto amministrativo

3

italiano, a cura di Vittorio Emanuele Orlando, vol IV, I, Milano, Società editrice libraria, 1904,

pagg. 276-278. Ibidem.

(15)

Come palesato in dottrina , infatti, soltanto per definire la polizia amministrativa e 5

di sicurezza sono stati scritti fiumi di inchiostro, non coadiuvata in alcun modo l’opera dei giuristi dal legislatore italiano, il quale non ha mai fornito una definizione della prima, mentre è sempre stato prodigo, fin dai tempi dello Stato piemontese, nell’offrire esaustive e precise definizioni di polizia di sicurezza ; 6

nonostante tale distonia, è stato rilevato come la definizione di polizia di sicurezza tuttora in vigore sia così vasta, che in essa sarebbe possibile ricondurre senza sforzo l’intera polizia amministrativa, e forse, alcuni aspetti della stessa attività amministrativa dello Stato. A suggello della appena richiamata osservazione si adduce l’art. 1 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (riportato in nota n. 6), nella cui formulazione viene aggiunto al compito di mantenere l’ordine pubblico, anche quello di curare «l’osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e speciali dello Stato, delle province e dei comuni» e quello di «prestare soccorso nel caso di pubblici e privati infortuni» . 7

La ragione giustificativa di una definizione così vasta si può rinvenire nella storia: nel regime assoluto francese infatti il termine «polizia» era impiegato al fine di indicare tutta l’attività interna dello Stato, esclusa in parte la giustizia e la finanza .
8

Alla Rivoluzione francese deve invece esser riconosciuto il merito di aver abbattuto lo «Stato di polizia» sia nei suoi presupposti teorici sia nelle manifestazioni concrete: l’introduzione del principio della separazione dei poteri, con funzione prettamente garantista delle libertà dei cittadini, ha sottratto alla

Tra gli altri: P. Tonini, Polizia e magistratura, Milano, Giuffrè, 1979, pag. 246.

5

L’art. 1 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) deriva

6

infatti dall’art. 6 della legge piemontese del 13 novembre 1859, secondo cui «gli Uffiziali e agenti di Pubblica sicurezza devono vegliare all’osservanza delle Leggi, ed al mantenimento del Pubblico ordine; e specialmente a prevenire i reati ed a far opera per sovvenire a pubblici e privati infortuni e per comporre pubblici e privati dissidi, uniformandosi a tal uopo delle leggi, ai Regolamenti ed agli ordini dell’Autorità competente»

P. Tonini, Polizia e magistratura, cit., pag. 247.

7

Idem, pag 18, ove l’Autore si sofferma sia sui luogotenenti generali di polizia dell’Ancien

8

Regime, ritenendoli «i lontani progenitori della polizia» e evidenziando le ampie funzioni ad essi demandate, sia sul concetto di «police», ricollegandolo al momento dell’affermarsi dello Stato assoluto sullo Stato feudale e rilevando come comprendesse tutta l’attività interna dello Stato escluse soltanto la giustizia e la finanza.

(16)

«polizia» il potere legislativo e quello giurisdizionale, inoltre l’ampliamento dei compiti dello Stato in funzione di promozione sociale ha comportato un incremento dell’importanza dell’attività amministrativa a scapito dell’attività di polizia . 9

Accogliendo l’accezione tecnica di polizia e prescindendo dalla distinzione appena accennata, non si può non riscontrare in essa la presenza di una funzione di mera osservazione e di prevenzione, come ribadito nel Primo Trattato completo

di diritto amministrativo italiano , ove le si attribuisce attività di osservazione, 10

prevenzione e repressione; senonché, mentre le prime due attività appartengono indiscutibilmente alla polizia, è certo che la terza sia appannaggio del potere giudiziario, cui è demandata istituzionalmente la funzione di punire, ergo, di reprimere.

Alla non definita delimitazione del contesto de qua si aggiunge quanto affermato da Alfredo Jannitti Piromallo secondo il quale «né minori difficoltà si incontrano quando si intende circoscrivere e fermare il modo onde l’attività di polizia può e deve esplicarsi per attuare le sue finalità; le quali non possono che essere di prevenzione mentre senza dubbio la repressione è nella sfera del diritto penale» . 11

A parziale smentita della considerazione del Piromallo, vi sono casi però in cui funzioni di repressione propriamente dette vengono esplicate dalla polizia: ciò si verifica quando essa interviene dopo che un reato è stato commesso, quando perciò, nulla più essendovi da osservare né da prevenire, l’unica cosa che residua è quella di assicurare alla giustizia il responsabile e raccogliere prove a suo carico, ossia reprimere un’attività delittuosa .
12

In un simile scenario tuttavia, non si tratta di polizia in genere ma di polizia giudiziaria: la distinzione tra polizia giudiziaria e polizia in genere non si basa su

Ibidem.

9

O. Ranelletti, La polizia di sicurezza, in Primo trattato completo di diritto amministrativo

10

italiano, cit., pag. 1154-1163.

A. J. Piromallo, Manuale delle leggi di pubblica sicurezza. Esegesi critica, Milano, Giuffrè,

11

1953, pag. 10.

S. Di Filippo, La polizia giudiziaria negli atti preliminari all’istruzione, cit., pag 16.

(17)

caratteristiche vaghe e inconsistenti, come quelle su cui si vuole basare la dicotomia tra polizia di sicurezza e polizia amministrativa, ma su caratteri distintivi di maggiore evidenza.


Il primo riguarda la composizione stessa della polizia giudiziaria, giacché come meglio vedremo in seguito, ne fanno parte elementi della Polizia di Stato , dei 13

Carabinieri, della Guardia di finanza, dei Vigili urbani, funzionari di numerosi enti pubblici e gli ulteriori soggetti previsti dalla legislazione speciale . 14

Altro elemento di differenziazione attiene alla particolare funzione degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, i quali sono subordinati, dal punto di vista funzionale, ad organi del potere giudiziario, cioè ai magistrati del pubblico ministero e non, come gli appartenenti alla polizia in genere, ad organi dell’esecutivo. A suffragio ti tale impostazione milita l’art. 109 della nostra Costituzione, ai sensi del quale la polizia giudiziaria infatti partecipa «direttamente» alla funzione giudiziaria, di cui costituisce uno strumento attuativo insostituibile.

A questa peculiarità ne risulta strettamente connessa un’altra, accennata nelle prime battute di questo capitolo, che connota la natura della polizia giudiziaria, rappresentata dall’attività essenzialmente di repressione della stessa, essendo diretta ad accertare le violazioni della legge penale già avvenute e, eventualmente, ad impedirne gli ulteriori effetti.

Da quanto affermato si desume coma la funzione di polizia giudiziaria si ponga anzi agli antipodi dell’altra attività tipica di polizia, quella di polizia amministrativa in senso lato (comprensiva dell’attività amministrativa stricto

sensu e della attività di polizia di sicurezza) che è invece essenzialmente

«preventiva», essendo volta a verificare, nei più vari settori della vita sociale, il rispetto della legge da parte dei consociati (polizia amministrativa stricto sensu),

Attuale denominazione della pubblica sicurezza, secondo la legge 1 aprile 1981, n.121, recante

13

disposizioni circa il “nuovo ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza”.

A fini meramente informativi si precisa che la categoria pur di vasta portata, comprendendo

14

soggetti contemplati sia dalla legislazione ordinaria sia da quella speciale, non si configura come aperta e disancorata da qualsiasi specifica previsione legislativa.

(18)

nonché a scongiurare i pericoli che minacciano la sicurezza pubblica e ad eliminare le turbative che pregiudicano l’ordine pubblico (polizia di sicurezza) . 15

Questi peculiari caratteri della polizia giudiziaria fanno sì che essa assuma la conformazione tutta particolare di emanazione dell’amministrazione della giustizia penale, distinguendosi, perciò, e nettamente, dalla polizia in genere. 
 D’altra parte tutto ciò non deve indurre nell’errore di considerare che l’attività svolta dalla polizia giudiziaria sia di carattere giurisdizionale o che abbia natura processuale: infatti, nonostante le caratteristiche della polizia giudiziaria sopra rilevate la sua attività è da considerarsi comunque di natura procedimentale, rimanendo perciò estranea al processo, collocandosi in un momento preliminare allo stesso . 16

La particolare posizione della polizia giudiziaria non è comunque un portato dei tempi più moderni, né esclusiva dell’ordinamento italiano. Secondo la celebre definizione contenuta nella legge francese del 3 brumaio dell’IV anno, 17

segnatamente nei disposti di cui agli artt. 19 e 20, e ripresa da molti giuristi, la polizia amministrativa «mantiene l’ordine pubblico», mentre la polizia giudiziaria «ricerca i delitti che la polizia amministrativa non ha potuto impedire» . 18

Da tale definizione si desume che la discriminante è rappresentata dalla situazione di «ordine pubblico» intesa in senso ampio, come assenza di turbative e pericoli per gli interessi pubblici: una volta che l’ordine pubblico è turbato il compito di intervenire spetta alla polizia giudiziaria . 19

S. Di Filippo, La polizia giudiziaria negli atti preliminari all’istruzione, cit., pag. 17; sulla

15

distinzione tra polizia giudiziaria, di sicurezza e amministrativa si veda anche P. Tonini, Polizia e

magistratura, cit., pag. 252, ove l’Autore sottolinea la problematicità derivante dalla carenza di

definizioni in seno alla legislazione italiana.. Idem, pag 18.

16

Il mese di brumaio (o brumale; in francese: brumaire) era il secondo mese del calendario

17

rivoluzionario francese e corrispondeva (a seconda dell'anno) al periodo compreso tra il 22/24 ottobre e il 20/22 novembre nel calendario gregoriano. Era il secondo dei mois d'automne (mesi d'autunno); seguiva vendemmiaio e precedeva frimaio.

Art. 20 loi 3 brumaire an IV (25 ottobre 1795): «La police judiciaire recherche les délits que la

18

police administrative n’a pas pu empêcher de commettre, en rassemble les preuves, et en livre les auteurs aux tribunaux chargés par la loi de les punir».

P. Tonini, Polizia e magistratura, cit., pag. 255, che precisa come la tesi sia sostenuta tra gli altri

19

(19)

L’istituto della polizia giudiziaria, nella forma che aveva assunto in Francia, fu poi diffuso in altri paesi, tra cui l’Italia, ove fu normativamente introdotto da Eugenio Napoleone di Francia, viceré per l’Italia dell’Imperatore francese.


Il codice di procedura penale emanato da Eugenio l’8 settembre 1807 recava un gran numero di disposizioni riguardanti la polizia giudiziaria, raggruppate nel libro I: premesso che «la polizia si distingue in polizia amministrativa, giudiziaria e punitrice», la legge de qua precisava all’art. 24 che «la polizia giudiziaria perseguita i delitti che la polizia amministrativa non ha potuto impedire, ne raccoglie le prove, e rimette gli imputati al giudice incaricato di punirli» . 20

L’attività di polizia veniva svolta secondo quel codice, non solo da appartenenti alla polizia, quali i commissari di polizia e gli ufficiali di gendarmeria, ma anche da «i podestà e i sindaci e, in loro assenza, il primo dei savi e degli anziani» (art. 39); erano però ufficiali di polizia giudiziaria anche i magistrati istruttori, in particolare «il regio procuratore presso il Tribunale correzionale» il quale, secondo quanto disposto dall’art. 36, «ha l’ispezione e la sopraveglianza su tutti gli altri ufficiali di polizia del circondario» e «in caso di qualunque loro mancanza o eccessi di potere li chiama all’ordine. Quando incontri ritardi o reticenza, ne fa rapporto al Tribunale e chiede al medesimo le opportune provvidenze» . 21

Ci imbattiamo in norme molto simili a quelle dianzi ricordate:

-

nel codice di procedura penale per gli Stati di Sua Maestà il Re di Sardegna, del 30 ottobre 1847;

-

nel codice di procedura penale per il Regno d’Italia approvato con r.d. 26 novembre 1865, n. 2598, ed in vigore dal 1° gennaio 1866;

-

nel codice di procedura penale approvato con r.d. 27 febbraio 1913, n. 127, in vigore dal 1° gennaio 1914 fino all’emanazione del codice del 1930.

In tutti e tre i codici che precedono il Rocco, si enucleavano le funzioni della polizia giudiziaria e si affermava la subordinazione di essa alla autorità giudiziaria. Per l’appunto, il codice del 1865 e quello del 1913 stabilivano anche

S. Di Filippo, La polizia giudiziaria negli atti preliminari all’istruzione, cit., pag. 18.

20

Ibidem.

(20)

quali fossero i magistrati cui era demandato il compito di dirigere la polizia giudiziaria:

• l’articolo 57 del codice del 1865 prevedeva che la polizia giudiziaria «viene esercitata sotto la direzione e dipendenza del procuratore del Re presso il Tribunale correzionale»;

• l’art. 163 del codice 1913 così statuiva: «gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria esercitano le loro attribuzioni sotto la direzione e alle dipendenze del procuratore generale presso la Corte di Appello e del procuratore del Re, osservate da ciascuno, in rapporto alla gerarchia ed al loro ordine rispettivo, le disposizioni delle leggi e dei regolamenti speciali. Devono anche eseguire gli ordini del pretore e del giudice istruttore».

Il codice Rocco del 1930 conteneva norme relative alla materia di cui trattasi, segnatamente negli artt. 219 a 230, precisando il primo che le funzioni di polizia giudiziaria consistono nel «prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, assicurarne le prove, ricercare i colpevoli e raccogliere quant’altro possa servire all’applicazione della legge penale» (con un dettato che sarà quasi letteralmente ripreso dal codice di procedura penale del 1989, e tuttora vigente), facendosi, invece, carico il secondo di ribadire il principio già affermatosi nella legislazione precedente, id est la subordinazione degli ufficiali ed agenti al procuratore generale presso la Corte d’appello e al procuratore del Re «osservate le disposizioni che nei rispettivi ordinamenti ne regolano i rapporti interni di dipendenza gerarchica» .
22

Questo appena delineato ci evidenzia gli intendimenti e il quadro storico-normativo che i costituenti avevano dinnanzi al momento dell’incipit dei lavori in sede costituente che, al termine di un greve dibattito, condussero ad esitare l’art. 109 della nostra carta fondamentale.

Il disposto costituzionale, stella polare della nostra trattazione, incardinato al vertice della gerarchia delle fonti dello Stato italiano schiude la via a complessi riverberi costituzionali in materia di separazione dei poteri e a difficili meccanismi

Ivi, pag. 19.

(21)

di attuazione che persistono ai giorni nostri, ad ormai un settantennio dal portato dei Padri Costituenti.

2. L’art 109 della Costituzione

2.1 Rilievi preliminari sulla contrapposizione emersa in sede Costituente

La caduta del Fascismo e il conseguente ritorno al regime di libertà politica non poteva non provocare riflessi sui rapporti tra polizia giudiziaria e magistratura, il cui operato era inevitabilmente destinato ad incrociarsi e ad essere foriero di un vigoroso dibattito in sede Costituente: a differenza dello Statuto Albertino, che non prevedeva niente al riguardo, la nuova Costituzione ha difatti preso una nitida posizione sul problema . 23

A conclusione della serie di norme concernenti l’ordinamento giurisdizionale e subito prima di determinare le competenze del Ministro della Giustizia in ordine alla organizzazione ed al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, la Costituzione stabilisce, all’art. 109, quale debba essere il rapporto tra l’autorità giudiziaria e la polizia giudiziaria : «l’autorità giudiziaria dispone direttamente 24

della polizia giudiziaria»

Ad una prima lettura del disposto costituzionale non può che catalizzare l’attenzione dell’interprete la questione, e più specificamente il problema, dei rapporti tra le due figure richiamate, autorità giudiziaria e polizia giudiziaria, e della duplicità di piani prospettici sui quali si dipana tale relazione:

• da una parte, infatti, si colloca la fisionomia istituzionale, e quindi statico-organizzativa;

• dall’altra rilevano le dinamiche di tali rapporti nel quadro dello svolgimento del procedimento.

P. Tonini, Polizia e magistratura, cit., pag. 273.

23

V. Zagrebelski sub art. 109, in La Magistratura, Tomo III, in Commentario della Costituzione,

24

(a cura di G. Branca- A. Pizzorusso), Bologna-Roma, Zanichelli-Società editrice del Foro Italiano 1992, pag 32.

(22)

Preliminarmente rileviamo che il quadro normativo che i Costituenti avevano 25

dinnanzi a sé, era caratterizzato da una limitata tutela conferita all’autorità giudiziaria quanto a disponibilità della polizia giudiziaria: era contemplata una generica direzione e vigilanza del procuratore della Repubblica e del procuratore generale, senza che fosse previsto un qualche potere relativamente alla organizzazione della polizia giudiziaria nel suo complesso. Per giunta a garanzia della subordinazione della polizia giudiziaria era prevista soltanto la possibilità di sanzionare disciplinarmente specifici fatti di violazione di legge o di negligenza da parte di singoli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, il che sollevava gravi dubbi di insufficienza operativa, che si riverberavano sulla effettività del rapporto di dipendenza con l’autorità giudiziaria . 26

Il codice del 1930 e l’ordinamento giudiziario del 1941 infatti, in ossequio alla tradizione, delineavano il rapporto tra polizia giudiziaria e magistratura in termini di dipendenza meramente funzionale: gli organi di polizia giudiziaria, cioè, pur dipendendo, quando alla loro attività, dal procuratore generale presso la Corte di Appello, e in subordine dal procuratore del Re, permanevano, quanto alla organizzazione, alla dipendenza dell’autorità ministeriale di appartenenza .
27

Tuttavia, così operando, il rapporto di dipendenza funzionale rimaneva una mera

In particolare si fa riferimento agli artt.:

25

• 220 codice di procedura penale nel testo originario del 1930 e vigente nel corso dei lavori preparatori, che stabiliva: «gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria esercitano le loro attribuzioni sotto la direzione e alla dipendenza del procuratore generale presso la corte d’appello e del procuratore della Repubblica, osservate le disposizioni che nei rispettivi ordinamenti ne regolano i rapporti interni di dipendenza gerarchica. Essi devono eseguire gli ordini del giudice istruttore e del pretore»;

• 229 del medesimo codice che prevedeva sanzioni disciplinari per gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che violassero disposizioni di legge per le quali fosse stabilita una sanzione speciale o che ricusassero o ritardassero un ordine dell’autorità giudiziaria, ovvero lo eseguissero solo in parte o negligentemente. Competente ad applicare tali sanzioni era il procuratore generale, il quale comunicava sanzione inflitta all’autorità dalla quale l’ufficiale o agente gerarchicamente dipendeva, perché vi desse esecuzione.

Inoltre v’è da menzionare al fine di comprendere lo scenario storico normativo in cui si imbatté il Costituente, il r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) all’art. 83, nel testo originario, prevedeva articolatamente la competenza del procuratore generale, del procuratore della Repubblica e del pretore.

V. Zagrebelski, sub art. 109, in Commentario della Costituzione, cit., pag. 35; nei medesimi

26

termini si veda G. D’Elia, Magistratura, polizia giudiziaria e costituzione, Milano, Giuffrè, 2002, pag. 3.

G. D’Elia, Polizia giudiziaria, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Agg. II, Torino, Utet,

27

(23)

enunciazione di principio, perché assorbito dalla più penetrante dipendenza organizzativa nei confronti di un’autorità ministeriale abile a farsi valere con strumenti, quali le promozioni e i trasferimenti, idonei ad incidere significativamente sullo status del personale di polizia . 28

Le distorsioni e le disfunzionalità di un simile regime ebbero una giusta risonanza nel dibattito in Assemblea Costituente, in cui si addebitò alla dipendenza degli organi di polizia al Potere esecutivo la circostanza che «nel campo penale mandati ed ordini di cattura sono stati sistematicamente ritardati ed ineseguiti dalla polizia giudiziaria […] e persino sentenze irrevocabili di condanna non sono state eseguite o sono state ritardate per mesi e talvolta per anni» . 29

In definitiva si censurò il sistema di dipendenza della polizia giudiziaria da due diversi poteri dello Stato con le inevitabili interferenze operative ad esso connesse, che provocarono inefficienze e prassi altamente biasimevoli: tale scenario venne icasticamente fotografato dall’on. Romano con il perspicace inciso «quando si devono servire due padroni si finisce per servire poco diligentemente quello dal quale meno si dipende» . 30

Il problema del rapporto tra polizia giudiziaria, da un lato, e autorità giudiziaria e potere esecutivo, dall’altro, fu dibattuto in Assemblea Costituente alla luce e come implicazione delle scelte effettuate a favore della piena indipendenza della magistratura da ogni altro potere dello Stato, collegandosi a tale orientamento altresì la scelta costituzionale di operare un distacco della figura del pubblico ministero dal Potere esecutivo, e segnatamente dal Ministro della Giustizia, attuata con l’art 39 r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, che sortì l’effetto di provocare una particolare attenzione in merito ai rapporti tra polizia giudiziaria e autorità giudiziaria, prima in qualche modo posti in ombra dalla dipendenza dello stesso magistrato requirente al potere esecutivo.

Ibidem.

28

In virgolettato l’intervento dell’on. Monticelli, seduta pomeridiana dell’11 novembre 1947, in

29

La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, a cura di

Camera dei Deputati, Segretariato generale, V , Roma, pag. 3759

On. Romano, nella seduta pomeridiana dell’11 novembre 1947, in La Costituzione della

30

(24)

Si anticipa in tal modo la soluzione data al quesito sul rapporto tra polizia giudiziaria e autorità giudiziaria, ossia attribuire all’autorità giudiziaria la disponibilità della polizia giudiziaria al fine di garantirne la dipendenza funzionale e disancorarla al potere esecutivo. Quest’ultima considerazione risulta confermata e ulteriormente esplicitata da due sentenze emesse negli anni ’60 del secolo precedente dal Giudice delle leggi, statuendo come il dettato di cui all’art 109 Cost. risponda «alle superiori esigenze della funzione di giustizia ed […] alla necessità di garantire alla Magistratura la più sicura ed autonoma disponibilità dei mezzi di indagine», pur ponendo la polizia giudiziaria di fronte all'autorità giudiziaria «in un rapporto di subordinazione meramente funzionale, che non determina collisione alcuna con l'organico rapporto di dipendenza burocratica e disciplinare in cui i suoi organi si trovano col potere esecutivo» , ed abbia altresì 31

il «preciso ed univoco significato di istituire un rapporto di dipendenza funzionale della polizia giudiziaria dalla autorità giudiziaria, escludendo interferenze di altri poteri nella condotta delle indagini, in modo che la direzione ne risulti effettivamente riservata all’autonoma iniziativa della autorità giudiziaria medesima» . 32

2.2. Le contrapposizioni e le contraddizioni in sede costituente

Ai fini di un’esaustiva analisi del dettato costituzionale è opportuno prendere le mosse e operare una ricognizione in merito ai lavori dell’Assemblea Costituente, che condussero non senza fatica al varo del testo definitivo dell’art. 109 della nostra Carta fondamentale. Pur nella pluralità delle soluzioni inizialmente prospettate, la necessità di presidiare l’indipendenza della magistratura, sventando

Corte cost., sent. 18 giugno 1963, n. 94, in Giurisprudenza costituzionale, 1963, pag. 782,

31

Corte cost., sent. 28 novembre 1968, n. 114, in C.E.D. Cassazione, 1968, con la quale è

32

dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 349, ultimo comma, prima parte, c.p.p. (facoltà dell’ufficiale agente di polizia giudiziaria di non rivelare i nomi delle persone che hanno ad essi fornito notizie), sollevata con ordinanza del 16 marzo 1966 dal giudice istruttore del Tribunale di Torino, con ordinanza marzo 1966, in riferimento agli artt. 109 e 3 della Costituzione.

(25)

il rischio che altri poteri dello Stato, e segnatamente il potere esecutivo, potessero operare interferenze destabilizzanti per l’amministrazione della giustizia rappresentò senza dubbio il punto di partenza dell’esame condotto in sede di Commissione dei Settantacinque (Sezione seconda).

Per addivenire a tale virtuoso approdo in sede Costituente emerse sin dagli albori l’orientamento che, come vedremo nel prosieguo della nostra trattazione, riteneva non differibile l’istituzione di un corpo di polizia giudiziaria totalmente privo di vincoli e posto, perciò, alle dipendenze dirette dell’autorità giudiziaria . 
33

Su tali intendimenti si incanalavano gli auspici della magistratura associata del secondo dopoguerra, espressi dalla ricostituita Associazione Nazionale Magistrati, mediante l’approvazione dell’ordine del giorno in tema di riforma dell’ordinamento costituzionale, che faceva voti affinché si pervenisse alla «istituzione di un corpo di polizia giudiziaria posto alle dirette dipendenze, gerarchiche e disciplinari, della magistratura» .
34

Meno radicali si palesavano due dei tre progetti posti a base della discussione, fautori di una dipendenza funzionale dall’autorità giudiziaria della polizia giudiziaria, ma subordinando la stessa alla dipendenza gerarchica dell’amministrazione di appartenenza:

• il progetto Leone (Democrazia Cristiana), che viene spesso trattato con precedenza a ragione della maggior affinità all’ordinamento allora vigente e nel cui proposito il problema della polizia giudiziaria era ricondotto nella più ampia esigenza di assicurare un collegamento tra il potere esecutivo e la magistratura: siffatta correlazione era assicurata dal pubblico ministero, che avrebbe assunto la qualità di «organo del potere esecutivo» posto sotto la direzione del Ministro della Giustizia, scartando quindi l’ipotesi dell’istituzione di un corpo di polizia giudiziaria ad hoc ; 35

G. Fiandaca - G. Di Chiara, Una introduzione al sistema penale. Per una lettura

33

costituzionalmente orientata, Napoli, Jovene, 2003, pag. 263.

Punto f) dell’ordine del giorno 3 novembre 1946, in La Magistratura, n. 9-10.

34

P. Tonini, Polizia e magistratura, cit., pag. 284.

(26)

• il progetto Calamandrei (Partito d’Azione) al contrario, proponendo il varo di una norma secondo cui «la polizia giudiziaria, che ha per compito la prevenzione, l’accertamento e la repressione dei reati, è posta alla dipendenza esclusiva e diretta dell’autorità giudiziaria» da un lato, prefigurava una sostanziale modifica ed una netta soluzione di continuità rispetto all’ordinamento allora vigente, dall’altro, evitava di attribuire la direzione della polizia giudiziaria al solo pubblico ministro, nonostante che questi fosse configurato alla pari del giudice, come magistrato indipendente e inamovibile . 36

Ben più estremistico si palesava l’ulteriore testo-base suggerito dall’on. Patricolo , il quale, portando alle estreme conseguenze la tesi del Calamandrei, 37

inseriva la «polizia giudiziaria» tra gli «organi del potere giudiziario» insieme alla «magistratura sia requirente che giudicante» e addirittura all’«amministrazione degli istituti di prevenzione e pena» . 38

Al termine del primo dibattito, la Commissione dei Settantacinque – scartata l’ipotesi della costituzione di un apposito corpo di polizia giudiziaria posto alle dipendenze dirette ed esclusive dell’autorità giudiziaria e posto in luce, da un lato, il carattere eccessivamente limitativo del riferimento al solo Pubblico Ministero da parte del progetto Leone e, dall’altro, la previsione smodatamente impegnativa della «dipendenza esclusiva» prevista nel progetto Calamandrei – licenziò un 39

testo dal tenore assai blando, il cui contenuto previsto dall’art. 100 del progetto preliminare (che divenne l’art. 109 Cost.), statuiva che: «l’autorità giudiziaria può disporre direttamente dell’opera della polizia giudiziaria» . 
40

La disposizione sopra menzionata provocò un vivace dibattito e numerosi

Ibidem.

36

Proposta dell’on. Patricolo nella seduta pomeridiana del 21 novembre 1947, in Atti Assemblea

37

Costituente, pag. 2319.

V. Zagrebelski, sub art. 109, in Commentario alla Costituzione, cit., pag. 36.

38

A. Cerri, Polizia giudiziaria, in Enciclopedia giuridica Treccani, cit., pag 1.

39

G. Fiandaca - G. Di Chiara, Un’introduzione al sistema penale. Per una lettura

40

(27)

emendamenti : di evidente matrice innovativa furono una serie di interventi che 41

ribadirono la necessità improrogabile dell’istituzione di un corpo di polizia giudiziaria posto all’esclusiva dipendenza anche disciplinare e amministrativa dall’autorità giudiziaria, allo scopo di garantirne la indipendenza funzionale; tale asserzione riformista incontrò l’opposto intendimento della Commissione per la Costituzione, al cui interno un’eco rilevante ebbe l’osservazione dell’On. Ruini, il quale sostenne come la polizia giudiziaria potesse sì considerarsi organo ausiliario della magistratura e come non fosse improprio affermare che la stessa configurasse un corpo speciale, ma rimase pervicacemente assertore della permanenza della stessa nella nozione di servizi relativi alla giustizia, di competenza del Ministero della Giustizia . 42

Il dibattito proseguì in Assemblea Plenaria nella seduta del 26 novembre 1947 e gli emendamenti presentati e successivamente discussi erano tutti riconducibili nell’alveo di due concetti distinti: quello della dipendenza esclusiva e quello della dipendenza diretta:

-

il primo concetto costituiva corollario della tesi di quanti sostenevano la necessità attuale di evitare ogni ambiguità nella formulazione del disposto costituzionale e di escludere ogni interferenza del potere esecutivo, ponendosi come presupposto teorico della richiamata tesi volta alla creazione di un corpo autonomo di polizia giudiziaria;

-

in un’ottica maggiormente conservatrice si poneva chi sosteneva la soluzione della dipendenza diretta, come emerge dagli interventi dell’on. Leone, relatore per la Commissione dei Settantacinque.

Il futuro Presidente della Repubblica italiana, infatti, pur augurandosi che «l’Italia si trovi in condizioni, anche sotto l’aspetto economico, da poter istituire un corpo di polizia giudiziaria autonomo, e come tale soltanto alle dipendenze dell’autorità giudiziaria, senza interferenze di nessun altro organo amministrativo», affermò

Si veda in merito G. D’Elia, Magistratura, polizia giudiziaria e costituzione, cit., pag. 6, ove si

41

riportano i contenuti degli emendamenti proposti dagli Onn. Carboni, Caccurri, Filippini, tutti concordi nello scorgere niente di innovativo nell’art. 100 del Progetto di Costituzione.

V. Zagrebelski, sub art. 109, in Commentario alla Costituzione, cit., pag 37.

(28)

che una formula che includesse e riproducesse tale concetto sarebbe risultata di ardua e avveniristica attuazione e concluse accogliendo la seguente edulcorata soluzione: «la polizia giudiziaria dipende direttamente dalla autorità giudiziaria», accogliendo e facendo proprio la Commissione l’emendamento presentato dagli Onorevoli Ghidini, Filippini e Rossi . 43

Sebbene l’emendamento adottato dalla Commissione per la Costituzione fu accolto dallo stesso Leone come un «miglioramento della formula del Progetto» , 44

si rileva in dottrina come in realtà lo stesso produsse un effetto opposto per due 45

ragioni: innanzitutto, questa ricostruzione cozza contro la significativa diversità lessicale tra «dipendere» e «disporre»; in secondo luogo, è mutato un termine del rapporto: nel Progetto è l’«opera» della polizia giudiziaria, nell’emendamento è

tout court la «polizia giudiziaria».

In particolare, la secca affermazione contenuta nell’emendamento rinvigorì il dibattito relativo alla distinzione semantica dei concetti di «dipendenza» e «disponibilità», ribadendosi come la «dipendenza» implichi effetti ben più vasti dalla «disponibilità», posto che la prima è da intendersi in senso tanto funzionale che gerarchico, mentre la seconda evoca una dipendenza funzionale, ma non anche gerarchica, sicché il magistrato è in grado di impartire direttamente istruzioni operative vincolanti all’operatore di polizia giudiziaria senza transitare per i superiori gerarchici dello stesso.

In questo scenario, dominato dalla richiamata dicotomia terminologica, si inserì la proposta emendativa avanzata dall’on. Uberti – «l’autorità giudiziaria dispone direttamente dell’opera della polizia giudiziaria» – che, da un lato, suggerì la sostituzione del termine «dipende» con «dispone», in quanto il primo, implicando una dipendenza non solo funzionale (il potere di impartire determinati compiti) ma anche gerarchica, si sarebbe posto in aperta contraddizione rispetto a quanto

V. Zagrebelski, sub art. 109, in Commentario alla Costituzione, cit., pagg. 37-38; si veda anche

43

G. D’Elia, Magistratura, polizia giudiziaria e costituzione, cit., pag. 7.

On. Leone, seduta pomeridiana del 26 novembre 1947, in La Costituzione della Repubblica nel

44

lavori preparatori della Assemblea Costituente, cit., pag. 4129.

G. D’Elia, Magistratura, polizia giudiziaria e costituzione, cit., pag. 7.

(29)

solennemente affermato dall’On. Leone e, dall’altro, esibì una formula che si configurava alla stregua di un revirement a quella dell’art. 100 del Progetto . 46

Al momento della votazione vi era da una parte il testo dell’emendamento Ghidini-Filippini-Rossi, fatto proprio dalla Commissione e che, quindi, per tale 47

ragione non necessitava di essere sottoposto al voto, dall’altra vi era l’emendamento proposto a nome personale dall’on. Uberti e che, in quanto tale, abbisognava di una esplicita votazione: qui avvenne la sorpresa, in quanto l’emendamento Uberti venne approvato contrariamente ad ogni lecita aspettativa, che avrebbe preteso l’accoglimento del testo fatto proprio dalla Commissione e condiviso da molti intervenuti. Sul come si sia formata tale inattesa maggioranza restò e resta tuttora un mistero . 48

Infine è prezioso rammentare che, in esito al dibattito e alla votazione sull’art. 109 Cost, l’Aula votò a maggioranza non qualificata (tanto è vero che fu necessaria una prova e controprova al termine della quale risultò approvato) un ordine del giorno presentato dall’on. Persico, peraltro analogo a quello deliberato dall’Associazione Nazionale dei Magistrati il 3 novembre 1941, che recitava: «l’Assemblea Costituente fa voti per la creazione di un corpo specializzato di polizia alle strette dipendenze della autorità giudiziaria».

Il contenuto dell’ordine del giorno costituisce un superamento della norma approvata, senza tuttavia svilire il contenuto della stessa, potendosi placidamente argomentare che la disposizione di cui all’art 109 della Carta fondamentale non implica necessariamente la creazione di un autonomo corpo di polizia giudiziaria

G. Fiandaca - G. Di Chiara, Una introduzione al sistema penale. Per una lettura

46

costituzionalmente orientata, cit. pag 264; P. Tonini, Polizia e magistratura, cit., pag. 290, in cui è

riportato l’intervento dell’on. Uberti, tratto dagli Atti Assemblea Costituente, pag. 2532, relativo alla contrapposizione semantica delle nozioni di «dipendenza» e «disposizione»: « Le spiegazioni date dall’onorevole Leone a me sembra siano a conforto non del nuovo testo che la commissione ha accettato, ma del suo primitivo testo: perché dire “dipende” non è solo stabilire una dipendenza funzionale, ma anche gerarchica. Invece quando si dice «può disporre», vi è la dipendenza funzionale, cioè la disposizione a poter comandare determinati compiti, ma non la dipendenza gerarchica. Si potrebbe anche arrivare a migliorare la formula dell’articolo primitivo; si potrebbe cioè mettere, invece di «può disporre», la parola «dispone», che mi sembra sia molto più chiara e molto meno dubbia dell’altra «dipende».

«La polizia dipende direttamente dall’autorità giudiziaria»

47

P. Tonini, Polizia e magistratura, cit., pag. 291.

(30)

alle dipendenze della magistratura, ma sicuramente non esclude aprioristicamente tale eventualità . 49

2.3. Le prime riflessioni sul dettato costituzionale: critica al modello della dipendenza esclusiva

Al termine di tale esposizione relativa ai lavori svoltesi in Assemblea Costituente, ci troviamo dinnanzi ad una disposizione costituzionale dal contenuto letterale così scarno da non residuare altra via se non quella di esaminare attentamente le singole posizioni emerse durante i lavori preparatori e valutarne il significato e i molteplici spunti di riflessione.

L’art 109 della Costituzione, infatti, si presta a ricostruzioni e sviluppi di profondità via via maggiori, nel cui solco si collocano i poli estremi che delimitano la scelta costituzionale in tema di polizia giudiziaria, i quali rispondono alle posizioni espresse durante il dibattito:

-

da un lato, chi prevedeva una dipendenza organica della polizia giudiziaria dal potere esecutivo;

-

dall’altro, chi optava per la completa estraneità del potere esecutivo da tutto ciò che riguardasse la polizia giudiziaria.

L’ampiezza e il contenuto del dibattito svoltosi durante i lavori preparatori dell’art. 109 Cost. non solo palesa come l’argomento fosse particolarmente sentito in seno all’Assemblea, ma evidenzia altresì come il Costituente avesse una piena consapevolezza dei problemi, anche di ordine pratico, che si accingeva ad affrontare, disegnando un determinato rapporto tra polizia giudiziaria e autorità giudiziaria . 50

Come diffusamene anticipato supra, secondo i fautori del modello di «dipendenza funzionale», la polizia giudiziaria, pur dovendo ottemperare alle disposizioni della

In tal senso V. Zagrebelski, Magistratura e polizia giudiziaria, in Politica del diritto, 1977, pag

49

234

G. D’Elia, Polizia giudiziaria, in Digesto delle discipline pubblicistiche, cit., pag. 604.

(31)

magistratura, doveva rimanere estranea, nella struttura, al Potere giudiziario; al contrario, per i sostenitori della «dipendenza esclusiva», occorreva affermare, non solo che la polizia giudiziaria dovesse eseguire gli ordini della autorità giudiziaria, ma altresì che quest’ultima dovesse anche disporre della organizzazione di quella . E’ evidente che dietro la contrapposizione tra i sostenitori della 51

dipendenza meramente funzionale e coloro che si battevano per realizzazione di una dipendenza esclusiva della polizia giudiziaria dalla autorità giudiziaria si celava il rilevante tema strettamente connesso alla teoria della separazione dei poteri, ossia quello della diversa concezione dell’autonomia della magistratura da ogni altro potere dello Stato.

Nel dibattito successivo alla entrata in vigore della Costituzione si è, inoltre, giunti alla inesorabile constatazione della impossibilità del modello di dipendenza esclusiva, in ragione della consistenza dei motivi che ne sconsigliano l’adozione. Un primo ostacolo alla realizzazione di tale modello si è individuato nella posizione costituzionale di piena indipendenza della magistratura e, in particolare, del pubblico ministero e conseguentemente nella ritenuta impossibilità di realizzare idonee forme di responsabilità, per la gestione della polizia giudiziaria, senza altresì minare l’indipendenza costituzionalmente garantita al magistrato. A ciò si aggiunga il rilievo che la realizzazione di un rapporto di dipendenza esclusiva della polizia giudiziaria in favore della magistratura consentirebbe a quest’ultima di impostare una propria politica di repressione penale, operando scelte concernenti l’allocazione delle risorse materiali e personali, la formulazione di indirizzi e programmi e la individuazione di priorità in chiara distonia con i dettami costituzionali, per l’assenza di una responsabilità politica in capo agli organi della magistratura . A suggello di quanto appena affermato milita la 52

previsione del testo costituzionale che individua quale unica politica legittima per la magistratura quella di procedere ogniqualvolta appaia possibile la sussistenza di

Ibidem.

51

G. D’Elia, Magistratura, polizia giudiziaria e costituzione, cit., pag. 19.

(32)

un reato , con ciò dirimendo ogni dubbio sulla possibilità che la magistratura 53

disponga della polizia giudiziaria per farne strumento di una propria politica di repressione penale . Quanto affermato, ovviamente, non vale ad escludere la 54

possibilità di azioni penali esercitate d’ufficio dal pubblico ministero quando, in assenza di notitiae criminis qualificate, venga comunque a conoscenza della commissione di reati, secondo quanto disposto dall’art 330 c.p.p.

La mancanza di un collegamento esclusivo tra autorità giudiziaria e polizia giudiziaria, invece, pone nelle mani dell’Esecutivo la possibilità e responsabilità di svolgere la predetta politica di repressione penale mediante la ricerca delle notizie di reato che, trasmesse al pubblico ministero, determinano il sorgere dell’obbligo di esercitare l’azione penale in ossequio al disposto di cui all’art. 112 Cost . 55

Sul tema dell’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale è altresì doveroso porre in evidenza come la dipendenza funzionale della polizia giudiziaria da parte del pubblico ministero sia necessaria per rendere effettiva e praticabile l’attuazione del disposto costituzionale: le indagini, infatti, non potrebbero essere condotte in modo esaustivo dal solo pubblico ministero, il quale fisiologicamente abbisogna di una polizia giudiziaria qualificata e disponibile, trovandosi in mancanza costretto a chiedere l’archiviazione non perché la notizia di reato sia infondata, ma perché la stessa è rimasta inesplorata per inefficienze operative e organizzative.

Altrettanto ricco di ripercussioni è il diverso rapporto che può legare la polizia giudiziaria alla magistratura in relazione a quei particolari procedimenti penali che, per la natura dei fatti verificatesi o la qualità dei soggetti coinvolti, interessano, nel loro svolgimento e nelle loro conclusioni, il governo e le forze

Si fa riferimento alla formulazione dell’art. 112 Cost. secondo il quale: «Il pubblico ministero ha

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l'obbligo di esercitare l'azione penale», con ciò non intendendosi il dovere del pubblico ministero di perseguire qualunque notitia criminis di cui venga a conoscenza personalmente o a seguito dell’operato della polizia giudiziaria, ma l’obbligo di esercitare l’azione penale di fronte ad una notizia di reato di cui abbia accertato la fondatezza.

G. D’Elia, Polizia giudiziaria, in Digesto delle discipline pubblicistiche, cit., pag. 604.

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V. Zagrebelski, sub art 109, in Commentario alla Costituzione, cit., pag. 39.

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politiche: non occorre un occhio particolarmente malizioso per scorgervi il pericolo che la polizia giudiziaria, nella ricerca della prova e nella esecuzione degli ordini della magistratura, riportando quanto affermato dall’on. Romano, «dovendo servire due padroni finisca fatalmente per servire meno diligentemente il potere dal quale meno dipende» . 56

Un ulteriore argomento che depone per la mancata adozione di un modello di dipendenza esclusiva si ravvisa nel timore per la concentrazione dei poteri, che conseguentemente verrebbe a verificarsi se la magistratura disponesse in via esclusiva della polizia giudiziaria. L’organizzazione della polizia giudiziaria, e la definizione del suo rapporto con la magistratura in modalità separata, assumono infatti il significato di rappresentare, con la emancipazione della polizia giudiziaria dall’Ordine giudiziario, l’unico momento volto ad evitare che la giurisdizione penale si esaurisca per intero all’interno del medesimo Potere, consentendo ad ognuno degli organi di limitare la tendenza, che ciascuno altrimenti potrebbe manifestare, di prevalere sugli altri (c.d. checks and

balances) . Di questa problematica sembra esserne stata cautamente consapevole 57

anche la stessa Assemblea Costituzionale, quando respinse il richiamato emendamento dell’On. Patricolo (ed altri), volto a definire espressamente la polizia giudiziaria come organo appartenente al Potere giudiziario . 58

Infine un impedimento alla realizzazione di un modello di dipendenza esclusiva insiste sul cumulo di funzioni di polizia di sicurezza e di polizia giudiziaria gravante sugli organi di polizia: adempiendo contemporaneamente a questa duplice funzione, conseguentemente, debbono restare, per la rispettiva parte, e

Così On. Romano, in Atti Assemblea Costituente, pag 1955.

56

G. D’Elia, Magistratura, polizia giudiziaria e costituzione, cit., pag. 73, ove si aggiunga in nota

57

n. 99 come nella teoria montesquieuviana, la divisione dei poteri non si esaurisce, infatti, con l’attribuzione di diverse funzioni ad organi distinti, ma si arricchisce di una organizzazione relazionale, in modo tale che ciascun potere possa, in linea di principio, arrestare l’altro.

On. Patricolo, seduta pomeridiana del 21 novembre 1947, in La Costituzione della Repubblica

58

nel lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, cit., pag. 3969, secondo il quale «sono organi

del potere giudiziario: a) la magistratura sia requirente che giudicante; b) la polizia giudiziaria; c) l’amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena»

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