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Gli automatismi legislativi quali vizi di arbitrarietà della legge

Verso una teoria costituzionale degli automatismi legislat

2. Gli automatismi legislativi quali vizi di arbitrarietà della legge

Lo strumento concettuale per tale operazione ci è offerto nuovamente da una felice intuizione di Gustavo Zagrebelsky: le ipotesi di irragionevolezza come casi di arbitrarietà della legge6.

È bene chiarire, però, che questa acuta ricostruzione verrà da noi utilizzato solo dopo averla emendata in due punti.

Innanzitutto, nella nuova edizione del suo manuale, scritto unitamente a Valeria Marcenò, se non si è male interpretato il pensiero degli Autori, sembra che gli automatismi costituiscano una categoria ulteriore7, che si va ad aggiungere a quelle originariamente individuate nella seconda edizione del suo manuale di giustizia costituzionale, in cui per la prima volta Zagrebelsky aveva teorizzato tale lettura della giurisprudenza costituzionale.

5 F. RIMOLI, Razionalità e ragionevolezza nel processo di positivizzazione del diritto: riflessioni brevi su una prospettiva teorica, in Scritti in onore di Franco Modugno a cura di M. Ruotolo, IV, Napoli, 2011, 2194 ss.

6 G. ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, cit., 147 ss., per un esame analitico di tale vizio si rinvia a quanto detto nel Cap. II, par. 3.

Gli automatismi legislativi nella giurisprudenza costituzionale

Diversamente da quanto proposto dai due Autori, chi scrive non ritiene che gli automatismi siano una categoria autonoma e concettualmente distinta dalle altre ipotesi di vizi di arbitrarietà della legge, ma una particolare forma di manifestazione di queste. E ciò del resto è confermato dal diffuso utilizzo dei consueti strumenti della ragionevolezza.

Secondariamente, l’Autore (e la posizione viene ripresa anche nell’ultima edizione del manuale8) ritiene che i vizi di arbitrarietà della legge si configurino come quei casi in cui la legge risulta in contrasto con la natura del diritto.

Anche su questo punto, proponiamo una correzione di rotta che, peraltro, ci permette di individuare l’essenza del fenomeno che ci occupa con specifico riguardo alla legislazione.

L’espressione “natura del diritto”, infatti, è carica di ambiguità, tanto da aver spinto il suo stesso Autore a doversi difendere dalle critiche e affermare che con l’espressione non si faceva riferimento ad un dato extra-giuridico, ma alla nozione di diritto come ordinamento9.

L’ambiguità, secondo noi, può essere risolta abbastanza agevolmente facendo rientrare le ipotesi di arbitrarietà della legge nella più generale categoria dei vizi della funzione legislativa.

Sul tema della configurabilità di tale funzione in termini di discrezionalità abbiamo già analizzato le posizioni della dottrina e quindi si rimanda a quanto scritto nelle pagine precedenti10. Di quell’analisi, qui è opportuno ricordare la sua conclusione, che ci offre un utile aggancio per ciò che appresso si dirà.

Abbiamo detto, infatti, che la pervasività, con la quale il controllo di ragionevolezza è entrato nella giurisprudenza costituzionale, raggiunge il suo apice proprio nelle ipotesi di automatismi legislativi, in cui gli strumenti della ragionevolezza assumono uno sviluppo sorprendente.

Sul punto riteniamo di aver già ampiamente scritto e, pertanto, non si vuole appesantire ulteriormente l’argomentazione, basti qui ricordare l’utilizzo congiunto

8 G. ZAGREBELSKY-V. MARCENÒ, op. cit., 195-196.

9 Nel suo intervento alla Corte costituzionale nel 1992, G. ZAGREBELSKY, Su tre aspetti della ragionevolezza raccolto poi nel volume AA.VV., Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza della Corte costituzionale, cit., 182, l’Autore ha precisato, infatti, che con l’espressione “natura del diritto” si riferiva alla nozione di diritto come ordinamento e pertanto la «parola “natura” non deve necessariamente spaventare».

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della coerenza e dell’evidenza per gli automatismi che si fondavano su una presunzione o il ricorso alla ragionevolezza come canone di adeguatezza per valutare la legittimità di norme costruite attorno ad una rigida predeterminazione di interessi, la quale impediva di tener in debito conto le eccezioni che la realtà opponeva loro.

Alla luce di quanto appena esposto si è suggerito di riconsiderare quelle dottrine, forse troppo facilmente accantonate, che predicavano la funzionalizzazione della legge all’attuazione e allo sviluppo della Costituzione.

Come dichiarato all’inizio di questo capitolo, qui non si vuole proporre nella sua completezza una teoria costituzionale, operazione, quest’ultima, la cui complessità impone che lo sforzo sia affrontato in una successivo e autonomo lavoro. Anche su questo punto, pertanto, ci limitiamo a sottoporre al lettore alcune suggestioni sorte nel corso dell’indagine.

Quanto ci apprestiamo ad esporre può essere così sintetizzato: nelle ipotesi di automatismi legislativi le leggi sarebbero incostituzionali perché arbitrarie e arbitrarie perché contrarie alla funzione propria della legge che è quella di dare il maggior grado di attuazione costituzionalmente possibile. In altri termini gli automatismi legislativi possono essere considerati come dei vizi prodotti dall’utilizzo arbitrario della sua funzione ad opera del Legislatore.

2.1. (segue) Gli automatismi e il maggior grado di attuazione costituzionalmente possibile

Come è facilmente intuibile, qui si ripropone quanto avanzato alcuni anni fa in dottrina da Franco Modugno, il quale già nel 1970 scriveva che le leggi devono ritenersi «tutte positivamente vincolate al fine, sia pure generico, di realizzare la Costituzione»11.

11 F. MODUGNO, L’invalidità legge, II, Milano, 1970, 335. Come ha avuto modo di chiarire in tempi recenti, ID., Le fonti del diritto, in ID. (a cura di), Diritto pubblico, Torino, 2012, 134-135, «la funzione legislativa consiste propriamente nel mantenimento e nello sviluppo (svolgimento) della Costituzione, ossia dei valori fondamentali di cui è sostanziato l’ordinamento». Ciò dipende dal fatto che la Costituzione è una manifestazione «istantanea, puntuale, irripetibile o difficilmente o straordinariamente ripetibile». Pertanto la funzione legislativa è indispensabile, perché permette di «rendere ordinario lo straordinario, duraturo l’istantaneo, normale l’eccezionale». Per le indicazione delle altre opere in cui l’Autore ha sostenuto tale tesi si rinvia al Cap. II, par. 6, nota 146. Tesi sostenuta, fra gli altri, anche da A.S. AGRÒ, Contributo ad uno studio sui limiti della funzione legislativa in base alla giurisprudenza sul principio costituzionale di eguaglianza, in Giur. cost., 1967, 900 ss.; ID. Commento all’art. 3, in

Gli automatismi legislativi nella giurisprudenza costituzionale

Tale affermazione può essere intesa in un duplice significato: negativo, nel senso che la legge non possa disporre oltre e contro i motivi e fini costituzionalmente previsti12 e positivo, in base al quale la legge è sviluppo e svolgimento della Costituzione.

Il significato cui ci riferiamo in questa ricostruzione è il secondo, che viene qui considerato nella sua accezione generica o minimale13: il Legislatore è vincolato solo a dare il massimo grado di attuazione possibile ai diritti e agli interessi costituzionalmente tutelati. In base a questa visione, il Legislatore, quando si trova davanti ad una opzione fra diverse scelte, deve privilegiare quella che offre una maggiore ed effettiva garanzia all’interesse costituzionalmente tutelato. Di conseguenza la Corte costituzionale sarebbe legittimata a dichiarare l’incostituzionalità delle leggi tutte quelle volte in cui riscontri che il legislatore non ha dato il massimo grado di tutela costituzionalmente possibile.

Ritornando alla ricostruzione che vede le varie figure di irragionevolezza come casi di arbitrarietà della legge e cioè come vizi contrari alla natura del diritto, la scelta teorica che qui si propone sembra dare ad essa un saldo fondamento, perché permette di ancorarla al diritto positivo.

In base a questa nostra ricostruzione, infatti, la natura della legge coincide con la sua funzione di attuazione e sviluppo della Costituzione e, pertanto, la Corte costituzionale, tutte quelle volte in cui dichiara l’incostituzionalità di un automatismo, sanziona la rigidità della previsione perché questa, comprimendo un diritto, non permette il maggior grado possibile di attuazione della Costituzione.

Come è evidente, inquadrare gli automatismi nei vizi che incidono sulla funzione propria della legge permette di avere come costante punto dialettico, nella ricostruzione del fenomeno, il dato positivo, la Costituzione.

Dando al termine “natura” della legge un significato che è pienamente riconducibile al diritto positivo, si supera il rischio di esporre l’analisi che ne facesse uso a critiche di

Commentario della Costituzione (Principi fondamentali), a cura di G. Branca, Roma-Bologna, 1975, 135; P. BARILE, Il soggetto privato nella Costituzione, Padova, 1953, 180-185.

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Disporre contro la Costituzione, infatti, implica una non attuazione della Costituzione.

13 E non in un’accezione massima, in base alla quale il Legislatore sarebbe vincolato al perseguimento di concreti e determinati fini costituzionalmente stabiliti. A noi pare, poi, che la scelta di questa visione minimale della vincolatività nel fine, che è genericamente individuato nel dare il maggior grado possibile di attuazione costituzionale, superi le critiche che si sono sempre mosse alla teoria della funzionalizzazione della legge, riassumibili nell’affermazione che una tale visione rischia di ingabbiare il sistema legislativo entro schemi e fini determinati una volta per tutte nel 1947: Cfr. A. CERRI, L’uguaglianza nella giurisprudenza della Corte costituzionale, Milano, 1976, 84 ss.

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derive giusnaturalistiche14 e i possibili tentativi di spiegazione del fenomeno in base all’equità, con tutte le inevitabili incertezze che tale categoria concettuale porta con sé15

. Porsi in quest’angolo visuale permette, pertanto, di affermare che anche nei casi in cui la norma è dichiarata incostituzionale, perché inadeguata alla tutela effettiva del diritto, ciò avviene non per ragioni di equità, ma in nome della Costituzione e del principio di supremazia costituzionale (sul quale si è già detto, ma si ritornerà nuovamente fra breve).

Cerchiamo di chiarire quanto affermato con il richiamo sintetico di due casi emblematici.

Quando la Corte riconosce la validità astratta di una regola, la quale, però, risulta viziata in concreto perché non permette l’adeguata tutela dell’interesse del minore, la scelta può essere spiegata pienamente con il dato positivo (anche qualora ad essa dovessero essere sottese ragioni di equità). In questi casi, ciò che trova un maggior grado di tutela attraverso la dichiarazione di incostituzionalità è, infatti, il preminente interesse del minore, derivante dal principio della speciale tutela di quest’ultimo, il quale, seppur con tutte le sue ambiguità, è positivamente riconducibile all’ordinamento costituzionale16.

Posto quest’ultimo dato, la Corte, quando dichiara l’incostituzionalità della legge, che nella sua rigida formulazione risulta comprimere irragionevolmente l’interesse del minore, permette, sì, di fornire una tutela più adeguata al caso di specie, ma fa valere anche il principio di supremazia costituzionale. In questi casi si afferma che la legge non deve essere solo astrattamente, ma anche concretamente conforme a Costituzione. Sulla scorta di ciò allora, tutte quelle volte in cui la legge, a causa della sua rigida formulazione linguistica, concretamente si palesi contraria a Costituzione deve essere dichiarata incostituzionale.

Ciò è quanto accade anche nel caso del sistema rigido di preclusione all’accesso alle misure alternative alla detenzione, che colpisce un soggetto che si trova in una situazione concreta, non riconducibile alla ratio della disciplina. Superare il rigido sistema legale in tali casi non significa operare in un’ottica equitativa, ma in un’ottica di pieno diritto positivo: la legge di specie risulta affetta dal vizio di irrazionalità in quanto

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Rischio che emerge dalle stesse parole di Gustavo Zagrebelsky, come abbiamo ricordato in questo capitolo, pag. 187 nota 9.

15 Sul punto si rinvia a quanto ricordato nel Cap. II, parr. 2 e 3.

Gli automatismi legislativi nella giurisprudenza costituzionale

incoerente. Essa, infatti, accomunando sotto la stessa disciplina situazioni tra loro diverse, risulta intrinsecamente incoerente con la sua ratio. Anche in questo caso trova applicazione il principio di supremazia costituzionale declinato attraverso l’imperativo di coerenza, insito in qualsiasi ordinamento, ma che ha trovato nuovo sviluppo in Costituzione, proprio attraverso l’art. 3, I co. Questo, infatti, sancisce un principio costituzionale rivolto a tutta la legislazione, che costituisce «il fondamento della inammissibilità della contraddittorietà interna della legge»17.

Come abbiamo ricordato, infatti, le varie manifestazioni di incostituzionalità degli automatismi legislativi si possono collocare idealmente su una scala di graduazione, che ha nel punto inferiore la richiesta di coerenza della legge, in attuazione del più generale principio di coerenza sotteso a tutti gli ordinamenti, e, al punto superiore, la richiesta che gli strumenti legislativi risultino adeguati ad offrire il maggior grado possibile di tutela agli interessi costituzionalmente rilevanti, compressi nel momento applicativo dalla rigida formulazione legislativa.

In questi casi, pertanto, la Corte altro non fa che affermare la prevalenza nell’ordinamento del principio di supremazia costituzionale, sul quale è ora opportuno spendere alcune riflessioni.

3. Ancora sul principio di supremazia costituzionale nelle sue varie declinazioni ed

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