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Illustrazione dei risultati finora raggiunt

Verso una teoria costituzionale degli automatismi legislat

1. Illustrazione dei risultati finora raggiunt

Terminata l’analisi tesa a delineare le caratteristiche degli automatismi legislativi, in queste ultime pagine vorremmo dare brevemente conto dei risultati raggiunti, al fine di formulare una definizione sintetica che riesca a descrivere l’intero fenomeno.

Una volta fatto ciò, si cercherà di abbozzare una teoria costituzionale degli automatismi legislativi, seppur il tema non verrà affrontato in modo esaustivo e verranno presentate al lettore soltanto alcune suggestioni nate nel corso dell’analisi. In tal modo si spera di indicare una serie di elementi che possano essere utili ad aprire un nuovo filone di indagine sul tema.

Tracciata la direttrice che si seguirà in queste ultime pagine, iniziamo con il ricapitolare i risultati del lavoro fin qui svolto.

Molte delle ipotesi dichiarate incostituzionali incidevano negativamente sulla libertà personale e ciò a causa dell’utilizzo del diritto punitivo in funzione marcatamente simbolica, quale strumento per neutralizzare determinate categorie di soggetti reputati pericolosi per la società.

La prima manifestazione dell’uso del diritto penale in tal senso si è avuta già nel codice Rocco, con le misure di sicurezza, ma è soprattutto sul finire del secolo appena trascorso che il diritto punitivo ha assunto nuovamente un carattere pervasivo e si è rivolto alla neutralizzazione di diverse categorie di soggetti.

Il perseguimento di questa funzione è stata sempre accompagnata da una particolare tecnica di costruzione della fattispecie, la quale si regge su una presunzione di pericolosità che annulla, o restringe fortemente, il potere del giudice di connotare la

LEONARDO PACE

fattispecie concreta, imponendogli l’applicazione rigida della norma anche a casi che potrebbero essere esclusi.

Si è visto, però, che gli automatismi legislativi tagliano trasversalmente l’intero ordinamento e, infatti, la Corte costituzionale in molteplici occasioni è intervenuta anche sul meccanismo di irrogazione delle sanzioni disciplinari. In queste ipotesi la Consulta ha applicato il modulo proprio della giurisprudenza costituzionale sulle rigide previsioni di legge, sebbene non fosse coinvolto un giudice1. E questa estensione trova ancora la sua chiave di lettura nel potere-dovere di connotazione della fattispecie concreta. Quando si applica una sanzione, poco importa se di carattere amministrativo, l’interprete-applicatore deve, infatti, sempre poterne modulare gli effetti e ciò è possibile solo se il suo potere di conoscenza del fatto non sia imbrigliato in rigidi schemi legali.

Senza dilungarci oltre sul punto, ricordiamo poi che in un’altra serie piuttosto ampia di casi, la Corte ha superato il rigido meccanismo legale in forza del principio costituzionale della speciale tutela del minore ed è arrivata a colpire una serie di norme in materia di adozione e in tema di pena accessoria della perdita della potestà genitoriale. Queste ipotesi, unitamente a quelle riguardanti l’applicazione della misura di sicurezza dell’ospedale psichiatrico giudiziario, sono state raggruppate in una distinta categoria, cui abbiamo dato il nome di automatismi distorsivi della disciplina, in cui è stato sanzionato il vizio di irragionevolezza-inadeguatezza.

Qui il vizio è stato ingenerato dalla pretesa del Legislatore di fare tutto da sé e, pertanto, le norme sottoposte al giudizio di costituzionalità non erano direttamente in contrasto con una norma o un principio costituzionale, ma sono state ugualmente sanzionate perché non apprestavano un adeguato grado di tutela rispetto a quello costituzionalmente richiesto.

In queste casi, in definitiva, non si ragiona in termini di dis-formità, ma di quantum di conformità2.

Similmente alle altre ipotesi, anche qui entra in gioco, ed anzi assume la massima importanza, il potere di connotazione del fatto da parte del giudice.

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È opportuno chiarire che, naturalmente, in questi casi la decisione dell’organo che esercita il potere disciplinare, mediante gli ordinari mezzi di gravame, arriva alla conoscenza della magistratura ed è quest’ultima che, ovviamente, solleva la questione di legittimità costituzionale.

Gli automatismi legislativi nella giurisprudenza costituzionale

Come abbiamo visto, il fatto, seppur con diverse intensità e sfumature, assume infatti una particolare importanza nelle dichiarazioni di incostituzionalità degli automatismi legislativi. E questa particolare prospettiva illumina un aspetto molto importante per la definizione del tema.

In definitiva, si può sostenere che l’elemento qualificante gli automatismi legislativi sia sempre l’interruzione del rapporto di fisiologica trasmissione fra il mondo del fatto e il mondo del diritto.

È questo l’elemento che, non solo accomuna tutte le ipotesi, ma spiega anche il perché ciò che apparentemente si dimostra come rispondente ai dogmi della moderna scienza giuridica, debitrice delle conquiste dell’illuminismo, venga dichiarato incostituzionale. In questi casi, infatti, le norme si presentano esteriormente come chiare e determinate: «al verificarsi d’una fattispecie concreta descritta con precisione» segue «la conseguenza doverosa, altrettanto precisamente definita dalla norma: se è a, deve essere b»3.

Il rigido e stringente rapporto di consequenzialità tra protasi e apodosi, che rappresenta «l’ideale perfetto delle norme giuridiche»4

viene ad essere viziato quando comprime fino ad annullare l’afflato vivificante del fatto sul diritto.

Con l’espressione automatismi legislativi, pertanto, si possono qualificare quelle norme nelle quali il rapporto di consequenzialità necessaria fra la protasi e l’apodosi risulta comprimere irragionevolmente un diritto. E ciò viene primariamente causato dall’interruzione del fisiologico rapporto di trasmissione fra la sfera del fatto e la sfera del diritto, in quanto la formulazione della protasi non riesce a ricomprendere con precisione il fenomeno fattuale. Ciò comporta un’irragionevole compressione dei poteri del giudice di modulare le conseguenze giuridiche sulle caratteristiche del caso venuto alla sua attenzione, con la conseguente irragionevole compressione dei diritti dei soggetti che illegittimamente vengono ricompresi nell’ambito di applicazione della norma.

È bene ricordare che la rigida previsione di legge viene sanzionata solo qualora la compressione del diritto da essa ingenerata risulti irragionevole. Come abbiamo già ricordato nel capitolo secondo e come, del resto, dimostrano le tipologie di vizi

3 G. ZAGREBELSKY-V. MARCENO, op. cit., 210. 4 G. ZAGREBELSKY-V. MARCENO, op. cit., 210.

LEONARDO PACE

sanzionati dalla Corte, la vicenda che si è qui descritta ruota tutta attorno al canone della ragionevolezza.

È stato efficacemente scritto, infatti, che, sebbene la ragionevolezza operi essenzialmente nella fase dell’applicazione del diritto, «come momento di utilizzazione di principi strumentali intesi come precetti di ottimizzazione», essa riguarda anche il momento fondativo del diritto. Tale criterio, infatti, investe l’«intero processo di positivizzazione del diritto, ossia […] quel continuum che procede dalla prima valutazione [del] legislatore che pone la norma fino all’interpretazione-applicazione»5

. Ed è su questo punto che occorre riprendere quanto lasciato in sospeso nel secondo capitolo e affrontare nuovamente il tema della ragionevolezza, per dimostrare che le due ipotesi sanzionate dalla Corte possono essere ricondotte ad una categoria generale ed unitaria. Operazione, questa, che ci permette di spostare il fuoco dell’analisi dal giudice al Legislatore e far emergere l’elemento di legittimazione della giurisprudenza costituzionale nei confronti di quest’ultimo.

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