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Il preminente interesse del minore e l’incostituzionalità della pena accessoria della perdita della potestà genitoriale

4. Gli automatismi legislativi e la loro adeguatezza rispetto al caso concreto

4.3. Il preminente interesse del minore e l’incostituzionalità della pena accessoria della perdita della potestà genitoriale

Come già ricordato all’inizio di questo paragrafo, l’interesse del minore è stato il perno sul quale la Corte ha fatto leva per superare le rigide previsioni normative in materia di adozione. Interesse, quest’ultimo, che negli anni a seguire ha acquistato un ruolo sempre più preponderante nell’ordinamento. È stato, infatti, lucidamente messo in evidenza che il principio del superiore interesse del minore, «apre – o meglio sfonda – tutte le porte, anche quelle del giudizio di costituzionalità» e la sua applicazione costantemente si risolve nell’attribuzione agli organi giudicanti della massima discrezionalità nella decisione del caso concreto, a seconda della situazione163. Per queste sue caratteristiche, il preminente interesse del minore funziona come una formula magica a disposizione del giudice per raggiungere un qualsiasi risultato e può essere paragonato a una scatola vuota, suscettibile di essere riempita di qualsiasi contenuto a seconda dei valori di riferimento dell’interprete164

.

Proprio grazie ad esso, la Corte ha potuto compiere operazioni sempre più complesse e importanti nel campo delle rigide previsioni di legge. Con le sentt. nn. 31 del 2012 e 7 del 2013 la Consulta ha superato, infatti, l’irragionevole automatismo legale della pena accessoria della perdita della potestà genitoriale in conseguenza di una condanna per i reati di alterazione dello stato civile (art. 567 c.p.) e soppressione dello stato civile (art. 566 c.p.).

2011 (e non ratificata dall’Italia). L’obiettivo da essa perseguito è quello di «prendere in considerazione le evoluzioni della società e del diritto, nel rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sottolineando che l’interesse superiore del bambino deve prevalere su qualsiasi altra considerazione» (così può leggersi sul sito ufficiale dell’unione europea http://conventions.coe.int.). Per ciò che qui interessa, la Convenzione stabilisce che l’età minima per l’adottante deve essere compresa tra i 18 e i 30 anni, la differenza di età tra adottante e l’adottato deve essere preferibilmente di almeno 16 anni. Per un’analisi di tale Convenzione si veda P. G. GROSSO, La Nuova convenzione europea sull’adozione dei minori, in Dir. fam., 2010, 400 ss.

163 E. Lamarque, Relazione di sintesi del gruppo di lavoro II, Famiglia e filiazione. Convegno annuale dell’Associazione “Gruppo di Pisa”, “La famiglia davanti ai suoi giudici” Catania, 7-8 giugno 2013, in www.gruppodipisa.it, 6.

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Sono sempre parole di LAMARQUE, Relazione di sintesi del gruppo di lavoro II, Famiglia e filiazione, cit., 6, che si rifà a quanto affermato da J. CARBONNIER, Droit Civil, I.2, La famille, les incapacitès, Paris, 1969 e da P. RONFANI, L’interesse del minore nella cultura giuridica e nella pratica, in C. MANGIONI-C. BARALDI (a cura di), Cittadinanza dei bambini e costruzione sociale dell’infanzia, Urbino, 1997, 254.

LEONARDO PACE

La particolarità di queste pronunce risiede nella circostanza che il giudizio è stato condotto non dall’angolazione di chi subisce effettivamente la pena accessoria, ma da quella di coloro sui quali «si irradiano le conseguenze delle restrizioni imposte»165. La Consulta, infatti, ha dichiarato l’incostituzionalità della pena accessoria della perdita della potestà genitoriale non per il pregiudizio che questa aveva sul destinatario della norma (il genitore), ma per le conseguenze patite dal minore.

Nella sentenza n. 31 del 2012, il cui impianto argomentativo sarà ripreso nella sentenza n. 7 del 2013166, si legge che la pena accessoria si poneva in contrasto con il principio di ragionevolezza poiché «ignorando l’interesse del minore, statuisce la perdita della potestà sulla base di un mero automatismo, che preclude al giudice ogni possibilità di valutazione e di bilanciamento, nel caso concreto, tra l’interesse stesso e la necessità di applicare comunque la pena accessoria in ragione della natura e delle caratteristiche dell’episodio criminoso, tali da giustificare la detta applicazione appunto a tutela di quell’interesse»167

. Ed allora su queste basi – come si legge nella successiva sentenza n. 7 del 2013 – l’accertamento giurisdizionale sul reato ha il solo «valore di “indice” per misurare la idoneità o meno del genitore ad esercitare le proprie potestà: vale a dire il fascio di doveri e poteri sulla cui falsariga realizzare in concreto gli interessi del figlio minore»168.

Le implicazioni teoriche insite in queste due pronunce saranno analizzati nel terzo capitolo di questo lavoro, qui per il momento è sufficiente rilevare che esse sicuramente segnano il punto più avanzato della giurisprudenza costituzionale in tema di

165 M. MANTOVANI, La Corte costituzionale fra soluzioni condivise e percorsi ermeneutici eterodossi: il caso della pronuncia sull'art. 569 c.p., in Giur. cost. 2012, 378.

166 Il profilo di interesse di questa ultima decisione, in realtà è un altro: l’aver utilizzato per la prima volta come parametro interposto non la CEDU, ma un diverso trattato internazionale recepito con legge. Essa, infatti, ha utilizzato come norme interposte ai sensi dell’art. 117, I co., Cost., due norme internazionali che prevedevano testualmente il criterio dell’interesse del minore: l’art. 3 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989 e l’art. 6 della Convenzione europea sull’esercizio dei diritti del fanciullo del 1996; cfr V. MANES, La Corte costituzionale ribadisce l’irragionevolezza dell’art. 569 c.p. ed aggiorna la “dottrina” del “parametro interposto” (art. 117, comma primo, cost.), in www.penalecontemporaneo.it, 5 e E. LAMARQUE, Relazione di sintesi del gruppo di lavoro II, Famiglia e filiazione, cit., 6.

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Corte cost. sent. n. 31 del 2012 cons. dir. punto 3.1. Secondo una lettura costituzionalmente orientate del reato della perdita della potestà genitoriale, per la quale si vedano F. BRICOLA, Delitti contro lo Stato di famiglia, in Enc. dir., XII, Milano, 1964, 55 e M. BERTOLINO, Il minore vittima di reato, Torino, 2010, 32 ss., in base alla quale tale sanzione è posta non a tutela dell’interesse punitivo dello stato ma proprio del superiore interesse del minore, il sistema delineato dal codice penale aveva addirittura effetti paradossali. Con il negare al giudice di merito la possibilità di valutare se la sanzione fosse o meno corrispondente all’interesse del minore, si arrivava a comprimere proprio dell’interesse tutelato dalla norma.

Gli automatismi legislativi nella giurisprudenza costituzionale

automatismi e mostrano, in definitiva, quanto l’esigenza di flessibilità sia divenuta pervasiva nella giurisprudenza costituzionale.

CAPITOLO II

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