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La defettibilità delle norme

Una rappresentazione unitaria del fenomeno

1. Il necessario equilibrio fra riserva di legge e riserva di giurisdizione

1.2. La defettibilità delle norme

È oramai nozione acquisita che le norme, in quanto generalizzazioni, siano selettive, tanto come inclusioni quanto come esclusioni, poiché soffermano la loro attenzione su un numero di proprietà limitate, sopprimendone tutte le altre.

Tali generalizzazioni si formano partendo da un caso paradigmatico, di una qualche categoria più generale, cui viene dato il nome di giustificazione, rispetto alla quale si andranno ad isolare quelle proprietà che sono causalmente rilevanti. Tutte le generalizzazioni, per quanto possano risultare vere in alcuni o in gran parte dei casi, non potranno necessariamente esserlo per tutti. E ciò comporta che esse, alle volte, potranno escludere delle proprietà che in determinati casi sarebbero potute essere rilevanti o, viceversa, includere proprietà che non hanno alcuna rilevanza7.

I predicati fattuali (o protasi) delle regole, pertanto, vertono «in alcuni casi su caratteristiche del caso che non sono di alcuna utilità per la giustificazione della regola, e in altri casi non riconoscono le caratteristiche del caso il cui riconoscimento sarebbe rilevante per la giustificazione della regola»8. Questi aspetti, denominati sovra o sottoinclusività delle norme, sono una caratteristica ineliminabile di queste ultime e, inoltre, non rendono una regola una cattiva regola, ma ne costituiscono solo la parte integrante. Il portato, potremmo dire genetico, di quanto appena detto è una inevitabile imprecisione nella descrizione del reale e, pertanto, una ineliminabile discrasia tra quanto astrattamente previsto (e quindi prescritto) e il campo del concretamente verificabile9.

7 Così F. SCHAUER, Playing by the rules. A philosophical examination of Rule-Based-Decision-Making in Law and Life, Oxford 1991, trad. it. Le regole del gioco. Un’analisi delle decisioni prese secondo le regole nel diritto e nella vita quotidiana, Bologna, 2000, 47 ss.

8 F. SCHAUER, op. cit., 70.

9 Sul punto è opportuno riportare le pagine di denso significato di G. CAPOGRASSI, Il problema della scienza del diritto, nuova edizione a cura di P. Piovani, Milano, 1962, 168 ss., tese a dimostrare l’inesattezza dell’immagine dell’astrazione come «travisamento del reale o meglio come una specie di impalcatura sovrapposta al reale» (p. 169). L’astrazione, infatti, «risponde al concreto perché corrisponde alla struttura composta e finita del concreto. Il quale effettivamente non vive in una totalità simultanea e con una perenne presenza di sé in sé stesso; è finito e vive appoggiandosi di posizione in posizionee

Gli automatismi legislativi nella giurisprudenza costituzionale

Questo deficit del mondo legale rispetto al mondo reale può anche generare quella che, in vario modo, è stata definita lacuna ideologica, assiologica o sostitutiva, volendosi intendere con queste espressioni, non la mancanza di una norma certa che disciplini la fattispecie, ma la mancanza di una norma giusta o ottimale10. In questi casi la scelta normativa risulta «assiologicamente inadeguat[a] [...] poiché il legislatore non ha tenuto conto di una distinzione di cui avrebbe dovuto tener conto». E su tale linea si suppone che se il legislatore avesse preso in considerazione la distinzione in questione «avrebbe dettato una disciplina differente» per quella determinata fattispecie11.

Da questa sommaria illustrazione si vede, allora, che la legge non prevede, e non potrebbe nemmeno prevedere, tutti gli infiniti connotati singolari dei fatti, ma può al massimo indicarne i criteri di valutazione12. In questo senso Herbert L. A. Hart, infatti, parlava di «penombra di incertezza che è destinata a circondare nella loro applicazione tutte le norme giuridiche»13.

muovendosi traverso continue accidentalità e momenti contingenti, in modo che si rende possibile procedere per divisioni e per distinzioni tra parti essenziali e parti accidentali […] il concreto […] non è tutta esplicazione, ma è esplicazione e implicazione. E, continua l’Autore, il «concreto è un composto di elementi essenziali e ed elementi accidentali e l’astrazione non fa che cogliere l’essenziale staccandolo dall’accidentale (rispetto alla parte colta con l’astrazione), non fa cioè che cogliere la parte rispetto al tutto» (pp. 171-172). E seguendo l’insegnamento dell’illustre Autore, L. TUMMINELLO, Il volto del reo. L’individuazione della pena fra legalità ed equità, Milano, 2010, 47, scrive che «la legge […] rendendosi

conto della complessità e totalità della realtà, tramite l’astrazione, per necessità di sistema ma anche di linguaggio, scevera dal concreto aspetti e parti […] si tratta di una misurazione che permette di orientare, riconoscere, comprendere e giudicare l’agire della vita storica, il quale è composto sia da elementi essenziali ma anche da elementi accidentali».

10 Così ricorda G. PINO, L’abuso del diritto tra teoria e dogmatica (precauzioni per l’uso), in G. MANIACI (a cura di), Eguaglianza, ragionevolezza e logica giuridica, Milano, 2006, 166.

11 E. ALCHOURRÓN-E. BULYGIN, Introducción a la metodología de las ciencias jurídicas y sociales, (1974), trad. it. Sistemi normativi: introduzione alla metodologia della scienza giuridica a cura di P. Chiassoni e G. B. Ratti, Torino, 2006, 158. E se si pone mente alla giurisprudenza analizzata in queste pagine, si può vedere che ci si è imbattuti in lacune di tale tipo quando la rigida previsione di legge si concretizzava nell’impossibilità di addivenire ad una diversa soluzione interpretativo-applicativa, la quale era pure imposta da un principio costituzionale, come il principio del minor sacrificio necessario, il principio di proporzione fra responsabilità e irroganda sanzione o il principio di speciale tutela del minore.

12

L. FERRAJOLI, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, X ed., Roma-Bari, 2011, 136. 13

H.L.A. HART, Positivism and the Separatione of Law and Morals (1958), trad. It. in Contributi all’analisi del diritto a cura di V. Frosini, Milnao, 1964, 130; sul punto si veda anche ID., The Concept of Law, trad. it. Il concetto di diritto a cura di M. A. Cattaneo, Torino, 2002, 148, il quale ricorda che «anche quando si usano norme generali formulate verbalmente possono saltare fuori in particolari casi concreti delle incertezze relative al tipo di comportamento da questo richiesto». E come è noto, l’Autore legava questa incertezza alla struttura stessa del linguaggio, infatti: «in tutti i campi dell’esperienza, non soltanto in quello delle norme, vi è un limite, insito nella natura del linguaggio, alla guida che il linguaggio in termini generali può offrire».

LEONARDO PACE

E del resto, già nella filosofia antica era ben presente questa insufficienza della legge rispetto alla particolarità dei casi concreti. Aristotele, infatti, nell’Etica Nicomachea14 scriveva che «ogni legge è in universale» e «non è possibile in universale prescrivere rettamente intorno ad alcune cose particolari». Quando, pertanto, «è necessario parlare in universale, ma non è possibile far ciò con retta precisione, la legge si preoccupa di ciò che è generalmente, non ignorando la sua insufficienza». Quando «in concreto avvenga qualcosa che non rientra nell’universale, allora è cosa retta correggere la lacuna là dove il legislatore ha omesso ed errato, parlando in generale». Ed è in questo contesto che, secondo lo Stagirita, entra in gioco l’equità, la cui natura è di «correggere la legge là dove essa è insufficiente a causa del suo esprimersi in universale». Poiché è impossibile «porre una legge fissa» intorno «ad alcuni particolari», la norma deve «essere indeterminata, come è il regolo di piombo che si usa nell’edilizia di Lesbo: esso infatti si piega alla forma della pietra e non rimane rigido, e altrettanto è del decreto rispetto ai fatti».

Come dimostra il lungo passo citato, la legge in quanto generalizzazione (o per usare la terminologia aristotelica: universale) deve possedere un coefficiente di indeterminatezza per lasciare aperte «“zone di possibilità” interpretative»15

. E per far ciò non deve prevedere, da un lato, una rigida e insuperabile consequenzialità logica fra predicato e conseguenze giuridiche dalla stessa predisposte e, dall’altro, la fattispecie astratta non può cristallizzarsi intorno alle caratteristiche essenziali da essa stessa connotate. Deve, infatti, essere sempre possibile, per il soggetto chiamato ad applicare le norme, la giusta comprensione delle circostanze di fatto sulle quali queste ultime sono chiamate ad operare.

Alla luce della connotazione strutturale delle norme, e seguendo il suggerimento di Luigi Ferrajoli, occorre non solo rivalutare il ruolo dell’equità negli odierni ordinamenti, ma anche (o se si vuole: in modo del tutto conseguente) non considerare il ricorso ad essa come un qualcosa di sussidiario o straordinario rispetto alla legge, ma come un’operazione ordinaria, propria, quindi, di ogni processo di applicazione della legge.

14

ARISTOTELE, Etica Nicomachea, a cura di A. Plebe, VII, 10, 1137b, Roma-Bari, 1979.

15 L. TUMMINELLO, op. cit., 47. Sul punto, M. LUCIANI, La produzione economica privata nel sistema costituzionale, Padova, 1983, 100, scrive che «il diritto è norma del domani, e la sua vitalità dipende dalla capacità di dominarlo».

Gli automatismi legislativi nella giurisprudenza costituzionale

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